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Cass. Sez. III sent. 33297 del 13 settembre 2005 (ud. 10 maggio 2005)
Pres. Papadia Est. Fiale Ric. Palazzi
Beni Ambientali – “Condono paesaggistico” introdotto dalla legge delega ambientale 308-2004

La disciplina del “condono paesaggistico” introdotto dalla legge delega ambientale n. 308 del 2004 non ha alcun collegamento con quella del condono edilizio.La presentazione della relativa domanda non determina pertanto la sospensione del processo penale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. PAPADIA Umberto - Presidente - del 10/05/2005
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - N. 980
Dott. VANGELISTA Vittorio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 30981/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PALAZZI Rosalba, n. ad Orte (VT) il 7.7.1948;
avverso la sentenza 8.6.2004 della Corte di Appello di Roma;
visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
udita in Pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
Udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. GERACI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, avv.to RODA Ranieri, il quale - come sostituto processuale dell'avv.to ABBATE Ferdinando Emilio - ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell'8.6.2004 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza 12,5.2003 del Tribunale monocratico di Vettetri, che aveva affermato la responsabilità penale dì Palazzi Rosalba in ordine ai reati di cui:
- all'art. 20, lett. c), legge n. 47/1985 (per avere realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesistico, in assenza della prescritta concessione edilizia, una tettoia in legno, di circa mq. 16, con manto in tegole - acc. in Ardea, località Tor San Lorenzo, il 9.8.2000);
- all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 (per avere realizzato l'opera anzidetta senza la necessaria autorizzazione paesaggistica) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., la aveva condannata alla pena complessiva di giorni 20 di arresto ed euro 6.000,00 di ammenda, con i benefici di legge e l'ordine di demolizione dell'opera abusiva.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Palazzi, la quale - sotto i profili della violazione di legge e della carenza di motivazione - ha eccepito:
- la nullità della sentenza di primo grado, in quanto pronunciata senza che fosse stato comunicato al proprio difensore di fiducia, avv.to Angelo Giuliani, il rinvio disposto alla precedente udienza dell'11.11.2002;
- La mancata sospensione del procedimento in seguito alla presentazione di domanda di condono edilizio, ex art. 32 del D.L., 30.9.2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24.11.2003, n. 326;
- la insussistenza del reato di cui all'art, 163 del D.Lgs. n. 490/1999, stante la modestia del manufatto, inidoneo anche in astratto a compromettere i valori del paesaggio.
Il difensore della ricorrente ha depositato istanza, presentata in data 28.1.2005 al Comune di Ardea, con richiesta di accertamento di "compatibilità paesistica" ai sensi dell'art. 1, comma 39, della legge 15.12.2004, n. 308.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Infondata è, anzitutto, la doglianza in rito, in quanto - nel giudizio di primo grado - all'udienza dell'11 novembre 2002, pervenne al Tribunale un'istanza dell'avvio Angelo Giuliani, il quale, sull'assunto di essere difensore di fiducia dell'imputata contumace, chiedeva un rinvio per impedimento professionale. Tale istanza venne rigettata sull'esatto rilievo dell'inesistenza di alcun atto di nomina fiduciaria e, essendo stato poi disposto comunque il rinvio, esattamente non venne dato alcun avviso allo stesso avv.to Giuliani, avendone avuto notizia il difensore di ufficio che era presente. 2. Quanto alla eccepita insussistenza della fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999, devono ribadirsi i principi già enunciati da questa Corte Suprema (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^: 27.11,1997, ric. Zauli ed altri; 7.5.1998, ric. Vassallo; 13.1.2000, ric. Mazzocco ed altro;
5.10.2000, ric. Lorenzi; 29.11.2001, ric. Zecca ed altro; 15.4.2002, ric. P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, ric. Migliore; 4.10.2002, ric. Debertol) secondo i quali il reato di cui all'art. 1 sexies della legge n. 431/1985 (poi art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 ed attualmente art. 181 del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42) è reato di pericolo astratto e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici;
Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla legge n. 431/1985 e sono attualmente disciplinate dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasi genere, non soltanto edilizi (ad eccezione degli interventi consistenti; nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; nell'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia).
Il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P.A. sia posta di fronte al fatto compiuto. La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la PA preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale. Ne consegue che l'offensività del fatto, in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta inosservante rispetto al bene finale, deve essere anzitutto correlata al rispetto del bene intermedio (o "funzione").
L'offensività del fatto illecito, in materia di tutela penale dell'ambiente, è stata diffusamente analizzata - nelle prospettazioni dottrinarie e giurisprudenziali e pure con riferimento ai connotati concettuali controversi - da Cass., Sez. 3^, 10.12.2001, Zucchini, ove è stato enunciato il principio che l'offensività del fatto concreto debba essere valutata in relazione una specifica condotta incriminata, con riferimento alla natura, finale o intermedia, dell'interesse protetto.
La fattispecie in esame - come esattamente evidenziato dalla Corte di merito - è caratterizzata ad evidenza dall'esecuzione di opere oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere l'ambiente: sussiste, pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale ex ante, nonché una violazione dell'interesse dalla PA ad una corretta informazione preventiva ed all'esercizio di un efficace e sollecito controllo. 3, Nella vicenda che ci occupa si verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili di sanatoria, ai sensi dell'art. 32 del D.L., n. 269/2003, poiché si tratta di nuova costruzione realizzata, in assenza del titolo abitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dal comma 26, lett. a).
Nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici la norma anzidetto ammette, infatti, la possibilità di ottenere la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore rilevanza (corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1; restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta atta tutela del vincolo.
In proposito, appare opportuno ricordare che la Relazione governativa al D.L. n. 269/2003 si esprime nel senso che "... è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano ... quelle realizzate m assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela. Per i medesimi interventi nelle aree diverse da quelle soggetto a vincolo, l'ammissibilità alla sanatoria è rimessa ad uno specifico provvedimento regionale".
4. Nessun effetto può farsi concretamente discendere dalla intervenuta presentazione della richiesta di accertamento di "compatibilità paesistica", espressamente formulata "ai sensi dell'art. unico, comma 39, della legge 15.12.2004, n. 308". 4.1 Si verte, nella specie, in tema di cd. "condono paesaggistico", introdotto dal comma 37 dell'unico articolo della legge n. 308/2004, applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il 30 settembre 2004.
Tale comma si riferisce genericamente ai lavori compiuti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa" ma pone poi la condizione "che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico".
Ulteriore condizione è che "che i trasgressori abbiano previamente pagato":
- la sanzione pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla metà;
- una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall'autorità amministrativa competente, tra un minimo di 3,000,00 euro ed un massimo di 50,000,00 euro.
La procedura è legislativamente delineata in termini estremamente scarni, in quanto viene previsto soltanto che il proprietario, il possessore o il detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati all'intervento, devono presentare la domanda per l'accertamento della "compatibilità paesaggistica" dei lavori eseguiti all'autorità preposta alla gestione del vincolo e che tale autorità deve pronunciarsi previo parere detta Soprintendenza. La pronuncia favorevole estingue il reato di cui all'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 e "ogni altro reato in materia paesaggistica". Non è prevista alcuna scansione circa i tempi dì svolgimento del procedimento: nulla è stabilito, in particolare, quanto ai contenuti della domanda, alla documentazione da allegare, alla dimostrazione della data effettiva di ultimazione dell'intervento, alle modalità ed ai tempi di pagamento delle sanzioni alla natura vincolante o meno del prescritto parere della Soprintendenza, al termine entro il quale l'autorità preposta alla gestione del vincolo deve pronunciarsi. La nuova normativa, poi, non ha alcun collegamento con quella del condono edilizio di cui al D.L. n. 269/2003, che trova i limiti dianzi enunciati in relazione agli abusi commessi in zona vincolata. Qualora gli stessi limiti si ritenessero non estensibili al cd. "condono paesaggistico" si dovrebbe paradossalmente ipotizzare - per gli interventi abusivi eseguiti in zona vincolata - la possibilità di estinzione dei soli reati paesaggistici e la sopravvivenza di quelli urbanistici che comportano però, comunque, l'obbligo dì demolizione.
Le nuove disposizioni non prevedono, infine, la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all'esaurimento della procedura.
In una situazione siffatta" mancando un'espressa previsione legislativa (analoga a quella di cui all'art. 38 della legge n. 47/1985), questa Corte non può sospendere "sine die" il procedimento, adottando una statuizione non consentita dalla disciplina edilizia ed in attesa di una pronuncia la cui emanazione è temporalmente rimessa alla discrezione dell'autorità preposta alla gestione del vincolo in una situazione che suscita ragionevoli dubbi anche sulla superabilità "per silentium" del parere della Soprintendenza (in assenza di una esplicitazione analoga a quella contenuta nel 7^ comma dell'art. 146 del D.Lgs, n. 42/2004). 4.2 È opportuno rilevare da ultimo, inoltre, che la ricorrente non ha inteso avvalersi della procedura di cui al comma 36 dell'articolo unico della legge n. 308/2004, che ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale - pur restando ferma l'applicazione delle misure amministrative ripristinatone e pecuniarie di cui all'art, 167 del D.Lgs, n. 42/2004 - non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal 1 comma dell'art. 181 dello stesso D.Lgs. n. 42/2004. Si tratta, in particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superaci utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell'art. 3 del T.U. n. 380/2001. Nei casi anzidetti deve essere presentata apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo, ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni. Nella fattispecie in esame correttamente la ricorrente non ha fatto ricorso alla procedura appena descritta, essendo stata realizzata, ex novo, una tettoia di natura e consistenza tale da ampliare in superficie e volume l'immobile preesistente. Anche secondo la giurisprudenza amministrativa, invero, la volumetria di un edificio deve essere calcolata con riferimento all'opera in ogni suo elemento costitutivo e quindi pure con riguardo a corpi sporgenti aggettanti, ancorché non suscettibili di utilizzazione abitativa (vedi C. Stato, Sez. 5^, 14.10.1998, n. 1467).
5. I reati non sono prescritti.
L'accertamento risale al 9.8.2000 e la scadenza del termine ultimo è. prescrizione coinciderebbe pertanto con il 9.2.2005. Va computata, però (secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza 11.1.2002, n. 1021, ric. Cremonese) una sospensione del corso della prescrizione, in seguito a rinvio disposto da questa Corte, su richiesta del difensore dal 3.2.2005 all'udienza odierna, non per esigenze probatorie ne' difensive.
6. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 10 maggio 2005.
Depositato in Cancelleria il 13 settembre 2005