TAR Lazio (LT) Sez. I n. 6 del 11 gennaio 2017
Rifiuti.Rimozione del provvedimento di assenso tacito

Posto che l'art. 216 dlv 152\06 prevede espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio dell’attività ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che il potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto delle norme tecniche a presupposto delle quali viene svolta l'attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito (atteso che non è richiesta l'adozione espressa di un siffatto provvedimento ma è sufficiente l'iscrizione nel registro, operazione che sostituisce qualsiasi provvedimento autorizzatorio). Pertanto, nel caso in cui la denuncia di inizio di attività non sia corredata di tutti i presupposti e i requisiti per l’esercizio della medesima, la Provincia deve disporre il divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione (art. 214 comma 4).

Pubblicato il 11/01/2017

N. 00006/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00835/2014 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 835 del 2014, proposto da:
Rodesco Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Capasso, con domicilio eletto presso il Tar Lazio Sez. di Latina via A. Doria, 4;

contro

Comune di Ferentino e Provincia di Frosinone, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Pizzutelli, con domicilio eletto in Latina, presso l’Avv. S. Aurilio L. A. Celli n.3;

per l'annullamento

previa sospensiva,

della determina del 23.9.2014, a firma congiunta del Dirigente dell’Area Economica e Finanziaria e del Responsabile del procedimento SUAP del Comune di Ferentino – Settore Terzo – Finanziario – Attività Produttive, con la quale è stata disposta la conclusione negativa del procedimento ed il formale diniego dell’Autorizzazione Unica Ambientale AUA, richiesta dalla società ricorrente in data 27.1.2014;

della nota della Provincia di Frosinone prot. n. 414116 dell’11.4.2014 avente ad oggetto richiesta di integrazione documenti, trasmessa con nota del Comune di Ferentino del 16.4.2014;

della nota della Provincia di Frosinone prot. n. 0081911 del 15.7.2014;

della nota del Comune di Ferentino prot. 96411 del 25.8.2014;

della nota della Provincia di Frosinone prot. n. 0104628 del 12.9.2014;

e per l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalla società ricorrente, con conseguente condanna del Comune di Ferentino al pagamento;

di tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ferentino e della Provincia di Frosinone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il dott. Roberto Maria Bucchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Con ricorso notificato a mezzo servizio postale il 24/25 novembre 2014 e depositato il successivo 15 dicembre, la società Rodesco Ambiente s.r.l. - premesso di avere stipulato in data 15.10.2013 con la società Italambiente s.r.l. contratto di locazione ad uso industriale avente ad oggetto l’immobile sito nel Comune di Ferentino alla via Morolense n. 43 e di avere inoltrato, in data 27.1.2014, al SUAP del Comune di Ferentino istanza per il rilascio di Autorizzazione Unica Ambientale per l’impianto di messa in riserva R13 di rifiuti non pericolosi e attività di recupero R3 (al di sotto delle 10 tons/anno) ex art. 216 del D.lgs 152/2006 - ha impugnato il provvedimento descritto in epigrafe col quale il predetto Sportello Unico Attività Produttive ha disposto la conclusione negativa del procedimento e il diniego dell’autorizzazione.

2) Spiega l’Amministrazione che la conclusione negativa del procedimento scaturisce dalle determinazioni espresse dalla Provincia di Frosinone con note del 15.7.2014 e del 12.9.2014, con le quali sono state evidenziate problematiche tecniche e mancanza di alcune autorizzazioni, sinteticamente riassumibili:

- la quantità di rifiuti per la messa a riserva R13 (circa 21.000 tonns/anno) è di gran lunga superiore a quella che risulta possibile da recuperare in R3 (3.000 tonns/anno) e ciò non è consentito dalla normativa vigente artt. 6 e 7 del D.M. 5.12.1998;

- gli scarichi dei servizi igienici (acque nere) confluiscono in vasca a tenuta a svuotamento periodico il cui scarico necessita di autorizzazione;

- il nulla osta dell’ASI nonché l’agibilità dei locali sono stati rilasciati alla società Italambiente s.r.l. proprietaria dell’area, e non alla istante Rodesco s.r.l.; attualmente non è stata presentata alcuna attestazione di validità di tali certificazioni.

3) A sostegno del gravame, la ricorrente deduce le seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 216 del D.lgs 152/2006 e della L. 241/90. Eccesso di potere sotto diversi profili.

Illegittimamente l’Amministrazione ha esercitato la potestà inibitoria per motivi diversi da quelli (mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1) espressamente previsti dall’art. 216 del D.lgs 152/06, né ha diffidato la ricorrente ad adeguarsi alla normativa vigente entro il termine all’uopo concessogli.

II) Violazione e falsa applicazione del D.P.R. 13.3.2013 n. 53. Travisamento. Perplessità. Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti e difetto di motivazione.

Il DPR 59 del 2013, nell’indicare la procedura per il rilascio dell’autorizzazione unica a ambientale, prevede che il potere di verifica deve essere esercitato entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, decorso il quale questa si intende correttamente presentata.

III) Violazione degli artt. 1 e ss. della L. 241/90. Violazione del giusto procedimento. Sviamento. Violazione del principio di non aggravamento del procedimento.

Nonostante le integrazioni documentali prodotte dalla ricorrente, la Provincia di Latina ha chiesto al SUAP di archiviare il procedimento per nuove e ulteriori ragioni senza tenere conto dell’apporto collaborativo della istante.

IV) Ulteriore violazione dell’art. 216 del D.lgs 152/06 e del D.P.R. 59/2013.

Il provvedimento di diniego della domanda inoltrata dalla ricorrente non contiene l’indicazione delle norme, né delle prescrizioni tecniche, che si assumono violate. In particolare:

- Sulla quantità di rifiuti per la messa a riserva R13:

L’Autorità competente avrebbe potuto ridurre d’autorità le quantità di messa a riserva R13 proposte così da farla coincidere con quella ammissibile oppure imporre le relative prescrizioni;

- Sulla gestione degli scarichi:

Contrariamente a quanto assunto dall’Amministrazione, il procedimento di autorizzazione allo scarico dei reflui fognari del capannone in argomento si è concluso in data 17.7.2014, come da certificazione trasmessa all’ATO 5.

- Sulla mancanza del nulla osta dell’ASI e sull’agibilità dei locali:

Il nulla osta ASI è stato effettivamente rilasciato alla società Italambiente in data 5.6.2013 ed è ad uso del proprietario ovvero dei suoi aventi titolo qual è appunto la conduttrice odierna ricorrente.

L’agibilità dei locali è stata attestata dal Comune con atto del 30.6.1983.

La ricorrente quindi, contrariamente a quanto contestato dall’Amministrazione, è in possesso di tutte le autorizzazioni per l’esercizio dell’attività.

4) Con atti depositati il 3 gennaio 2015, si sono costituiti in giudizio la Provincia di Frosinone e il Comune di Ferentino, eccependo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

5) Con ordinanza n. 5 dell’8 gennaio 2015, la Sezione ha respinto la domanda di tutela cautelare.

6) Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2016, la causa è stata riservata per la decisione.

7) Il ricorso è infondato.

8) L’art. 216 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Codice dell'ambiente) prevede una procedura semplificata mediante denuncia di inizio attività, in sostituzione del procedimento autorizzatorio di smaltimento dei rifiuti disciplinato dall'art. 208 del decreto legislativo cit.

Al comma 1, è previsto che l'attività possa essere intrapresa decorsi novanta giorni dalla comunicazione d'inizio di attività presentata alla Provincia territorialmente competente, mentre il comma 3 prevede che entro quel termine la Provincia verifichi d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti per l'esercizio dell'attività, iscrivendo l'impresa che ha presentato l'istanza in un apposito registro; il successivo comma 4 prevede poi, che accertato il mancato rispetto delle norme tecniche e delle condizioni di cui al comma 1, la Provincia dispone il divieto d'inizio o di prosecuzione dell'attività.

Ciò premesso, posto che le succitate disposizioni prevedono espressamente che la Provincia verifica la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti, disponendo non solo il divieto di inizio dell’attività ma anche quello di prosecuzione della medesima, si deve ritenere che il potere di controllo sia esercitabile anche in caso di accertamento successivo alla decorrenza dei termini di inizio attività, qualora si verifichino irregolarità od il mancato rispetto delle norme tecniche a presupposto delle quali viene svolta l'attività, senza che sia necessaria la rimozione del provvedimento di assenso tacito (atteso che non è richiesta l'adozione espressa di un siffatto provvedimento ma è sufficiente l'iscrizione nel registro, operazione che sostituisce qualsiasi provvedimento autorizzatorio) (cfr. sul punto T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 7/10/2014, n. 10225).

Pertanto, nel caso in cui la denuncia di inizio di attività non sia corredata di tutti i presupposti e i requisiti per l’esercizio della medesima, la Provincia deve disporre il divieto di inizio o di prosecuzione dell’attività salvo che l'interessato non provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine e secondo le prescrizioni stabiliti dall'amministrazione (art. 214 comma 4).

Tanto è accaduto nella vicenda in esame, in cui la Provincia ha dapprima segnalato le criticità dell’iniziativa della ricorrente, sia con la richiesta di documentazione integrativa prot. 0041416 dell’11 aprile 2014, sia con la nota del 15 luglio 2014 e, successivamente - avendo la ricorrente trasmesso integrazioni (in data 27.5.2014) e proposto osservazioni (in data 25 e 28 luglio 2014) senza però adeguare l’impianto e fornire le autorizzazioni richieste - ha negato l’autorizzazione.

In particolare, come spiega l’Amministrazione, la ricorrente non ha mai provveduto:

- a produrre regolare certificato di agibilità, non potendosi ritenere ovviamente idoneo quello rilasciato nel 1983, posto che nel frattempo la normativa sugli impianti è profondamente cambiata;

- a produrre il nulla osta del Consorzio Sviluppo Industriale;

- a produrre l’autorizzazione allo scarico in fogna dei reflui dei servizi igienici, non potendosi ritenere sufficiente la sola presentazione della richiesta del 18.7.2014.

9) Inoltre, costituisce impedimento di per sé idoneo a giustificare il provvedimento impugnato, la circostanza che ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.M. 5.2.1998 non è ammissibile che la quantità dei rifiuti per la messa in riserva R13 (circa 21.000 tonn./anno) possa essere di gran lunga superiore a quella che risulta possibile recuperare con attività R3 (3.000 tonn./anno).

Come deduce l’Amministrazione, tale enorme differenza quantitativa tra rifiuti oggetto di messa a riserva e rifiuti recuperabili con attività R3 non viene giustificata, né viene chiarito dalla ricorrente come sia destinata la differenza quantitativa in argomento.

La fattispecie della “messa in riserva” R13, infatti, presuppone necessariamente che tale modalità di stoccaggio dei rifiuti sia in concreto finalizzata ad operazioni di recupero e l’impresa, quindi, aveva l’onere di indicare con quali specifiche modalità intendeva gestire l’ingente mole di rifiuti messi in riserva ma non recuperabili, al fine di verificare la compatibilità di quanto progettato con la rigorosa normativa in materia ambientale.

10) In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto siccome destituito di giuridico fondamento.

11) Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso R.G. 835/14 lo rigetta.

Condanna la ricorrente alle spese e competenze del giudizio, che liquida in complessivi € 3.000 (tremila), oltre spese generali, ex art. 14 tariffario forense, cpa e iva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Latina nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Taglienti, Presidente

Antonio Massimo Marra, Consigliere

Roberto Maria Bucchi, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Roberto Maria Bucchi        Carlo Taglienti