Sez. V, n. 20256 del 9 ottobre 2015
Presidente: Merone  Estensore: Napolitano
Regione Toscana (Mosca ed altro) contro Regione Toscana ed altri
Rifiuti.Ecotassa

In tema di tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (cd ecotassa), spetta all'Amministrazione finanziaria l'onere di dimostrare l'esistenza di un grado d'inquinamento delle terre e rocce da scavo superiore ai parametri di legge che ne impedisca il riutilizzo e comporti l'applicabilità del tributo, a norma dall'art. 8, comma 1, lettera f bis, del d.lgs. n. 22 del 1997 ("ratione temporis" vigente), così come interpretato autenticamente dall'art. 1, commi 17, 18 e 19, della legge n. 443 del 2001.

  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Il Consorzio CAVET (Consorzio per l'Alta Velocità Emilia Toscana) propose ricorso dinanzi alla CTP di Firenze avverso il diniego sull'istanza di rimborso del 14 giugno 20G5, avente ad oggetto la somma di Euro 154.924,21 versata per il "tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti solidi", di cui alla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 24 e 25 relativa al periodo 4^ trimestre 2004 - 1^ trimestre 2005, notificatogli dalla Regione Toscana, eccependo preliminarmente l'esistenza di giudicato esterno con riferimento a precedente pronuncia afferente ad analogo contenzioso, ma relativa a differenti periodi ed a siti parzialmente diversi e, nel merito, che nella fattispecie le rocce e terre da scavo, provenienti da lavori per la realizzazione della rete ferroviaria dell'Alta Velocità, non potessero qualificarsi, alla stregua della normativa ambientale vigente, come rifiuti.

    La CTP di Firenze accolse il ricorso nel merito, disattesa l'eccezione di giudicato esterno.

    Avverso detta pronuncia propose appello la Regione Toscana dinanzi alla locale Commissione tributaria regionale, che, con sentenza n. 32/8/08, depositata il 13 giugno 2008, rigettò l'appello, confermando la sentenza impugnata, ritenendo sussistenti tutte le condizioni perchè nella fattispecie in esame dovesse escludersi l'attribuzione della qualità di rifiuti alle rocce e terre da scavo depositate dal Consorzio nei siti (OMISSIS), entrambi ubicati nel Comune di Fiorenzuola, indicati rispettivamente con le sigle DT 29 e DT 30.

    Avverso detta pronuncia ricorre per cassazione la Regione Toscana in forza di sei motivi.

    Il Consorzio resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un unico mezzo, cui la ricorrente principale resiste a sua volta con controricorso.
    
    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo la ricorrente principale Regione Toscana deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, "omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio", relativamente ad avere la sentenza impugnata omesso di esaminare che dai provvedimenti autorizzatori allegati in atti emergeva la natura di discariche dei siti in oggetto, cioè destinati allo stoccaggio definitivo dei materiali ivi depositati, sicchè essi non potevano essere contestualmente considerati come depositi temporanei volti al riutilizzo dei materiali medesimi.

    2. Con il secondo motivo la ricorrente Amministrazione regionale deduce ancora, in relazione al medesimo parametro normativo, "omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio anche in relazione alle previsioni di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè all'art. 2697 c.c.", osservando che il Consorzio non avrebbe offerto riscontri probatori in ordine all'esistenza di un progetto per opera accessoria comportante il riutilizzo dei materiali depositati nei siti in oggetto, sicchè la sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha omesso qualsiasi motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio riguardante la certezza del riutilizzo del materiali depositati al fine di poterne escludere la qualificazione come rifiuti.

    3. Con il terzo motivo la ricorrente Regione Toscana, sempre con riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta "omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio" in relazione al "rispetto del limite di concentrazione di inquinanti del materiale".

    Osserva in proposito la ricorrente che avendo essa contestato, nei gradi di merito, l'unico documento all'uopo prodotto da controparte, in quanto esso non si riferisce al materiale estratto nel periodo (4 trimestre 2004 - 1 trimestre 2005) cui attiene invece la richiesta di rimborso, la sentenza impugnata è carente di motivazione sul fatto, controverso e decisivo per il giudizio, del rispetto dei limiti di concentrazione d'inquinanti del materiale depositato, ciò che costituisce una delle condizioni in forza delle quali legittimare l'esclusione della qualità di rifiuti alle terre e rocce provenienti dai lavori di scavo.

    4. Con il quarto motivo la ricorrente principale deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, artt. 6, 7 e 8 come interpretati dalla L. n. 443 del 2001, art. 1, commi 17, 18 e 19", come modificati "dalla L. n. 306 del 2003 (normativa in materia di rifiuti alla luce della giurisprudenza comunitaria)", censurando la sentenza impugnata per avere escluso l'attribuzione della qualità di rifiuto al materiale in questione in contrasto con la normativa di riferimento nazionale e comunitaria indicata in rubrica, che richiede un riutilizzo certo ed oggettivo, anche alla luce dell'interpretazione datane dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte di Giustizia dell'U.E., ma sulla base di un riutilizzo meramente eventuale, ipotetico e non documentato.

    5. Con il quinto motivo la Regione Toscana deduce, sempre in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, "violazione del D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 2, comma 1, lett. g) (norme su deposito temporaneo)".

    Affermando la sentenza impugnata che non esiste automatismo tra produzione di materiale ed utilizzazione dello stesso, ne deriverebbe di conseguenza che sarebbe legittimo lo stoccaggio delle terre e rocce da scavo in un deposito temporaneo in attesa di riutilizzo e quindi sostanzialmente a tempo indeterminato, ciò contrastando con la norma indicata che chiaramente distingue tra la nozione di discarica e quella di deposito temporaneo.

    6. Con il sesto motivo, infine, la ricorrente principale censura la sentenza impugnata, sempre in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per "violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 8, comma 1, lett. f-bis come interpretato dalla L. n. 443 del 2001, art. 1, comma 17", come modificato "dalla L. n. 306 del 2003, e del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 1, lett. g), per avere la sentenza impugnata erroneamente ricondotto l'attività disciplinata dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 1, lett. g) - avente ad oggetto il ripristino dei luoghi a seguito della chiusura di una discarica, necessario per restituire all'ambiente un sito il meno compromesso possibile dall'attività di stoccaggio definitivo dei rifiuti - al riutilizzo dei materiali temporaneamente depositati di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 8, comma 1, lett. f- bis).

    7. Con l'unico motivo di ricorso incidentale, il Consorzio CAVET censura invece la sentenza impugnata "nella parte in cui ha respinto l'eccezione del Consorzio in ordine all'esistenza di un giudicato esterno intervenuto in suo favore, perchè recante una motivazione contraddittoria in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

    8. I primi tre motivi, che sviluppano censure incentrate tutte sul dedotto vizio di omessa motivazione su specifici fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo applicabile, ratione temporis, al presente giudizio, possono essere esaminati congiuntamente, facendosi precedere, tuttavia, al loro esame, un'opportuna precisazione sulla disciplina effettivamente applicabile.

    La decisione impugnata ha dato atto della successione di norme in materia, che giova riepilogare nei suoi tratti essenziali.

    Il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi fu istituito dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 24 e 25 "al fine di favorire la minore produzione di rifiuti e il recupero dagli stessi di materia prima ed energia". La norma in oggetto rinviava, quindi, alla definizione dei rifiuti solidi quale contenuta dal D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 2. La relativa disciplina dei rifiuti solidi urbani fu innovata dall'approvazione del c.d.

    Decreto Ronchi (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22) che all'art. 6 stabiliva che s'intende per rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; le tre attività alternativamente previste in capo al detentore sono state oggetto d'intervento d'interpretazione autentica da parte del legislatore, con il D.Lgs. 8 luglio 2002, n. 138, art. 14. Il citato Decreto n. 22 del 1997, art. 7 in particolare, al comma 3, lett. b) qualificava come rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonchè i rifiuti pericolosi che derivano dalle attività di scavo".

    Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 8, comma 2, lett. c) escludeva, peraltro, nella sua originaria formulazione, dalla categoria dei rifiuti "i materiali non pericolosi che derivano dall'attività di scavo", ma, a seguito di osservazioni al c.d. Decreto Ronchi di cui alla nota della Commissione europea del 29 settembre 1997, n. 6465, con il D.Lgs. 8 novembre 1997, n. 389, art. 1, comma 9 fu disposta l'abrogazione del citato D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 8, comma 2.

    Successivamente, con la L. 23 marzo 2001, n. 93, art. 10 fu modificato l'art. 8 dello stesso decreto, disciplinante le ipotesi di esclusione dall'applicazione della predetta normativa, aggiungendosi tra queste, con l'inserzione della lett. f - bis) dopo la lett. f), quella riferita alle "terre e rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiore ai limiti di accettabilità stabiliti dalle norme vigenti.

    Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7, comma 3, lett. b) e l'art. 8, comma 1, lett. f- bis) sono stati quindi oggetto d'interpretazione autentica dalla L. 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1 commi 17, 18 e 19 quale modificata dalla L. 31 ottobre 2003, n. 306, art. 23. Conviene, quindi, per chiarezza, espositiva, riportarne il testo, come novellato dal menzionato L. 31 ottobre 2003, n. 306, art. 23: Comma 17. "Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 7, comma 3, lett. b), ed art. 8, comma 1, lett. f- bis) si interpretano nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, perciò, escluse dall'ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo solo nel caso in cui, anche quando contaminate, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzate, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a VIA" (valutazione d'impatto ambientale) "ovvero, qualora non sottoposto a VIA, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente previo parere dell'ARPA" (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) "semprechè la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti.

    Comma 18. "Il rispetto dei limiti di cui al comma 17 può essere verificato in accordo alle previsioni progettuali anche mediante accertamenti sui siti di destinazione dei materiali da scavo. I limiti massimi accettabili sono individuati dall'all. 1, tab. 1, colonna B, del D.M. Ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, e successive modificazioni, salvo che la destinazione urbanistica del sito non richieda un limite inferiore". Comma 19. "Per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione a differenti cicli di produzione industriale, purchè sia progettualmente previsto l'utilizzo di tali materiali, intendendosi per tale anche il riempimento delle cave coltivate, nonchè la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorità amministrativa competente previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a VIA, parere dell'ARPA, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 18 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalità di rimodellazione ambientale del territorio interessato. Qualora i materiali di cui al comma 17 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorità amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli, provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine l'utilizzatore è tenuto a documentarne provenienza, quantità e specifica destinazione".

    Il D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23 octies convertito, con modificazioni nella L. 27 febbraio 2004, n. 47, ha poi stabilito che "la L. 31 ottobre 2003, n. 306, art. 23 octies si applica ai lavori in corso alla data del 30 novembre 2003 a decorrere dal 31 dicembre 2004".

    In tale quadro normativo di riferimento la decisione in questa sede impugnata ha ritenuto, al fine dell'attribuzione o meno della qualità di rifiuti alle "terre e rocce da scavo" provenienti dai lavori in corso sulla rete dell'Alta Velocità, che nella, fattispecie in esame, concernente ricorso, presentato nel 2005, per impugnazione del diniego di rimborso riguardo ai due trimestri a cavallo del 2004 e del 2005, dovesse trovare retroattivamente applicazione, "superato il periodo di congelamento" di cui al D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23 octies convertito con modificazioni nella L. 27 febbraio 2004, n. 47, la norma interpretativa di cui alla L. 21 dicembre 2001, n. 443, art. 1, commi 17, 18 e 19 quale modificata dalla L. 31 ottobre 2003, n. 306, art. 23 come sopra testualmente trascritta.

    Su detta statuizione del giudice di secondo grado, si è in ogni caso formato il giudicato interno, non essendo stata la relativa statuizione oggetto di specifica impugnazione, anche alla stregua di quanto si avrà di seguito (cfr. par. 9) modo di osservare in ordine al motivo al quale il Consorzio ha affidato il proprio ricorso incidentale.

    Ciò rende superflua, nella fattispecie, la disamina specifica della relativa questione, con precipuo riguardo al contesto sovranazionale di riferimento, alla base delle modalità con cui fu disposta la moratoria - per il succitato limitato arco temporale - nell'applicazione della succitata normativa d'interpretazione autentica.

    8.1. Ciò premesso, può passarsi all'esame delle doglianze della ricorrente principale afferenti a ciascun dedotto vizio di motivazione come sviluppate nei primi tre motivi di ricorso. Secondo la succitata normativa d'interpretazione autentica del D.Lgs. n. 22 del 1997, degli art. 7, comma 3, lett. b) e art. 8, comma 1, lett. f- bis) applicabili, nei termini sopra precisati, al presente giudizio, affinchè sia legittimamente esclusa la categoria di rifiuti a terre e rocce da scavo debbono ricorrere congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'esistenza di un progetto che autorizzi l'utilizzo (cioè il reimpiego) del materiale prodotto, con indicazione dei quantitativi necessari per la realizzazione dell'opera; b) l'esistenza dell'autorizzazione del progetto da parte dell'autorità competente; c) la contezza, in detta autorizzazione, del rispetto del limite di concentrazione degli inquinanti ammessi secondo quanto previsto dal succitato L. n. 443 del 2001, art. 1, comma 18 quale modificato dalla L. 31 ottobre 2003, n. 306, art. 23.

    8.2. La sentenza impugnata, quanto alla ricorrenza nella fattispecie dei primi due requisiti, ne afferma l'esistenza, dando atto dell'esistenza di un progetto concordato con la Conferenza dei servizi, che prevede non solo e non tanto la realizzazione dell'opera ma anche la riutilizzazione del materiale prodotto, progetto sottoposto a valutazione d'impatto ambientale senza che nel merito siano state sollevate osservazioni, mentre, con riferimento al terzo requisito, afferma che Il rispetto dei limiti di concentrazione degli inquinanti è stato correttamente provato dal Consorzio, avendo effettuato le analisi non solo e non tanto in occasione delle "caratterizzazioni" ma anche sui campionamenti in prossimità dei fronti di avanzamento delle gallerie e sempre con la partecipazione dell'ARPAT. Va premesso che - con riferimento alla stessa disciplina qui ritenuta applicabile ratione temporis - questa Corte ha avuto modo di affermare in materia che spetta al contribuente, trattandosi di prova relativa a causa di esclusione da un determinato tributo, nella fattispecie denominato tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (c.d. ecotassa), provare l'effettivo riutilizzo dei materiali in modo compatibile con l'ambiente, essendo sufficiente a tal fine la produzione del progetto approvato nel quale dette opere siano contemplate e disciplinate (cfr. Cass. civ. sez. 5 25 luglio 2012, n. 13115).

    Ciò posto, quanto ai primi due requisiti va osservato che nella fattispecie in esame la Regione Toscana non solo aveva contestato la sussistenza di detto progetto, ma, con riferimento ai siti in oggetto, aveva allegato che gli unici provvedimenti che davano atto del legittimo conferimento del materiale da scavo nei siti in oggetto erano provvedimenti della Provincia di Firenze n. 32 del 24 gennaio 1997 e n. 2268 del 19/9/2001. Il contenuto di questi ultimi, riprodotto nel ricorso per cassazione in ossequio al principio di autosufficienza, era di presa d'atto che il CAVET avrebbe potuto conferire, tra gli altri, nei siti DT 29 e DT 30 interessati dalla presente controversia, giusta autorizzazione rilasciata a seguito della Conferenza dei servizi "rifiuti inerti CER 17051 terre e rocce" secondo le potenzialità indicate e, come specificato dal più recente provvedimento dirigenziale, fino al 19.9.2006, dunque per un tempo ampiamente più lungo di quello annuale, che ne avrebbe potuto giustificare la natura di deposito temporaneo; sicchè l'unico intervento progettuale effettivamente approvato era quello attinente alle prescrizioni per il ripristino dei siti già adibiti a discariche dopo la loro prevista chiusura, ciò che non poteva essere confuso con i progetti di riutilizzo di materiali da scavo temporaneamente depositati.

    Risulta quindi fondata - riguardo ai primi due motivi - la doglianza di omessa motivazione rivolta alla sentenza impugnata per avere totalmente trascurato di motivare in ordine all'esistenza ed al contenuto dei suddetti provvedimenti amministrativi, che, ove esaminati ed opportunamente valutati, avrebbero avuto valenza decisiva ai fini di una diversa ricostruzione del fatto da parte del giudice di merito, tale da far pervenire il giudice di merito ad una diversa conclusione (cfr., tra le molte, oltre a quelle indicate in termini dalla ricorrente, più di recente, Cass. civ. sez. lav. 4 marzo 2014, n. 4980; Cass. civ. sez. lav. 27 febbraio 2009, n. 4849;  Cass. civ. sez. 3 17 maggio 2007, n. 11457).

    8.3. A diversa conclusione si deve pervenire quanto al vizio di motivazione di cui al terzo motivo, con il quale la Regione ricorrente ha dedotto che la CTR non ha in alcun modo evidenziato nel percorso logico - giuridico che l'ha condotta alla decisione assunta di ritenere provata la sussistenza anche del requisito del rispetto dei limiti di concentrazione d'inquinanti, di avere tenuto conto della contestazione dell'inerenza delle sostanze esaminate al periodo di riferimento oggetto di causa, trattandosi di analisi del 2002, e comunque, dell'insuscettibilità che le stesse potessero ritenersi idonee ad assolvere l'onere della prova incombente a carico del Consorzio, avendo l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente per la Toscana partecipato alla sola fase di prelievo dei campioni da analizzare.

    Il motivo, infatti, è articolato su un presupposto errato in diritto e cioè l'incombenza, in questo caso, in capo al Consorzio, dell'onere di provare il rispetto dei limiti di concentrazione d'inquinanti. Questa Corte (cfr. Cass. civ. sez. 5 7 settembre 2010, n. 19145), sia pur con riferimento a diverso arco temporale, relativo al periodo 1998 - 99 per conferimenti nello stesso sito DT 29 (OMISSIS), ebbe modo di affermare che, riguardo a tale ultimo profilo, concernente il rispetto dei limiti di concentrazione d'inquinanti, spetta comunque all'Amministrazione, pur nel contesto del menzionato intervento d'interpretazione autentica di cui alla L. n. 443 del 2001, art. 1, commi 17, 18 e 19 nel testo modificato dalla L. n. 306 del 2003, art. 23 l'onere di provare l'esistenza di un grado d'inquinamento dei materiali superiore ai parametri di legge che ne impedisca il riutilizzo, trattandosi di prova relativa alle ragioni di esclusione della deroga al normale regime di rifiuti.

    Restano assorbiti gli ulteriori motivi con i quali la ricorrente Amministrazione regionale ha denunciato le violazioni delle norme di diritto riportate in epigrafe all'illustrazione dei motivi dal quarto al sesto.

    9. L'accoglimento del ricorso principale determina la necessità di pronunciarsi sul ricorso incidentale proposto dal Consorzio CAVET, parte vittoriosa nel giudizio di merito, dovendo qualificarsi detto ricorso - che investe la previa eccezione di giudicato esterno, disattesa con espressa statuizione in ciascun grado di merito - come ricorso incidentale condizionato, l'attualità del cui interesse si pone appunto in conseguenza della ritenuta fondatezza del ricorso principale (cfr. Cass. civ. sez. un. 6 marzo 2009, n. 5456; Cass. civ. sez. un. 25 marzo 2013, n. 7381).

    9.1. Il motivo, con il quale il Consorzio censura in via incidentale la sentenza impugnata, è formulato sotto il profilo della contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta, da parte della CTR, insussistenza dell'eccepito giudicato esterno in forza della sentenza n. 95 del 2003 della CTP di Firenze, depositata il 7 gennaio 2003, la quale ha accolto i ricorsi proposti dal Consorzio avverso avviso di accertamento n. 144 e avverso l'atto d'irrogazione di sanzioni n. 145, relativi al tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi urbani riguardante il sito DT 30, per gli anni 1997-2000. Il motivo è inammissibile. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in materia, costituendo il giudicato esterno la regula iuris del caso concreto, la violazione della stessa dà luogo ad error in iudicando, per mancata applicazione del giudicato sostanziale, ex art. 2909 c.c. (cfr. Cass. civ. sez. un. 28 novembre 2007, n. 24664; Cass. civ. sez. 3 12 dicembre 2006, n. 26523), non potendosi sollecitare, sotto il profilo del vizio motivazionale, indagini circa il contenuto sostanziale della pronuncia, attività demandata dal giudice di merito.

    Ne consegue, pertanto, l'inammissibilità della censura della sentenza prospettata per vizio motivazionale (contraddittoria motivazione) circa l'affermazione di esistenza o, come nella fattispecie in esame, d'inesistenza di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

    10. La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, rigettato il terzo ed assorbiti gli altri, mentre va emessa declaratoria d'inammissibilità del ricorso incidentale.

    In relazione ai motivi accolti la causa va dunque rinviata per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Toscana, che pronuncerà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
    
    P.Q.M.

    La Corte accoglie il ricorso principale in relazione ai primi due motivi, rigettato il terzo ed assorbiti gli altri e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

    Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti del ricorso principale e rinvia la causa a diversa sezione della CTR della Toscana per nuovo esame anche in ordine alla pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.

    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 aprile 2015.

    Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2015