Cass. Sez. III n. 24370 del 7 giugno 2023 (UP 13 apr 2023)
Pres. Ramacci Rel. Noviello Ric. Ceravolo
Ambiente in genere.Reato di occupazione abusiva di spazio demaniale

Ai fini della configurabilità del reato di occupazione abusiva di spazio demaniale, l'appartenenza al demanio marittimo non deve necessariamente essere stabilita sulla base delle risultanze catastali, ben potendo ricavarsi dalla esistenza di caratteristiche naturali di demanialità, atteso che la tassativa elencazione dei beni facenti parte del demanio marittimo, ex art. 822, comma primo, cod. civ., è una tassatività per tipi, che consente la applicazione della normativa dei beni pubblici anche a beni che presentino tutte le caratteristiche di quelli menzionati, e ciò in quanto l'essenza del demanio marittimo è la destinazione necessaria e funzionale del bene a servire ai pubblici usi del mare.


RITENUTO IN FATTO

    1. Con ordinanza del 10 settembre 2021, il tribunale di Vibo Valentia condannava alla pena di euro 300,00 di ammenda Ceravolo Rita, in ordine al reato di cui agli artt. 54 1161 cod. nav.

    2.  Avverso tale sentenza Ceravolo Rita, mediante il proprio difensore, ha proposto ricorso, deducendo cinque motivi di impugnazione.

    3. Deduce con il primo vizi ex art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. Il tribunale avrebbe violato gli artt. 822 cod. civ e 28 RD 30/03/1942 n. 327 perché l’immobile relativo al ristorante “La Nave” non insisterebbe sul lido del mare, sulla spiaggia o negli altri luoghi integranti beni demaniali. Il tribunale non avrebbe poi considerato che ai sensi dell’art. 32 del R.D. citato, in casi incerti come quelli in esame l’autorità amministrativa accerta i confini demaniali certi con atto amministrativo di delimitazione.

    4. Con il secondo motivo rappresenta vizi di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, Il tribunale, da una parte, con riguardo alla occupazione della particella 154 avrebbe ritenuto sufficienti i dati catastali, dall’altra, avrebbe sostenuto l’occupazione di area demaniale in base alle caratteristiche naturali di demanialità che avrebbero i beni interessati. Così integrando una motivazione contraddittoria e mancherebbe un apparato argomentativo in grado di collegare i vari punti della decisione.


    5. Con il terzo motivo rappresenta vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo il tribunale travisato la prova, utilizzando informazioni inesistenti siccome non contenute nel verbale di sequestro e nel materiale fotografico cui il giudice rinvia. Il verbale di sequestro in particolare, non farebbe riferimento a presunte caratteristiche inerenti la demanialità della superficie ritenuta occupata dal manufatto “La Nave”, e inoltre diversamente da quanto sostenuto dal tribunale al verbale di sequestro non sarebbe allegato alcun materiale fotografico. Si aggiunge che la prova travisata sarebbe decisiva stante il contrasto tra gli atti processuali richiamati e il provvedimento impugnato.


    6. Con il quarto motivo rappresenta vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione, per travisamento della prova, con riferimento ad un verbale di delimitazione del 1891 – di cui il tribunale non avrebbe considerato l’illegibilità - , ad una istanza della ricorrete del gennaio 2018 rivolta al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, una nota di risposta del medesimo, una visura catastale del Comune di Pizzo, una nota dell’Agenzia del demanio, citati in ricorso e che nella sostanza deporrebbero per una incerta determinazione degli spazi demaniali di interesse. Le predette informazioni probatorie sarebbero state trascurate dal tribunale.
 
    7. Con il quinto motivo lamenta il vizio ex art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. Si osserva che il fascicolo fotografico citato dal giudice, non facendo parte integrante del verbale di sequestro sarebbe stato acquisito illegittimamente prescindendo da ogni richiesta ex art. 493 cod. proc. pen.




CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo, secondo e terzo motivo, omogenei siccome inerenti la individuazione certa delle caratteristiche demaniali delle aree occupate dalla ricorrente, e come tali da esaminare congiuntamente, appaiono manifestamente infondati atteso che il tribunale ha illustrato coerentemente e puntualmente ( mediante la citazione di una apposita testimonianza) da una parte le ragioni per cui ha ritenuto che il ristorante della imputata avrebbe occupato senza titolo la particella 154 per almeno 36 mq., dall’altra, per spiegare il carattere demaniale delle restanti parti, pure occupate, ha sostenuto di fare riferimento alle caratteristiche naturali della demanialità come evincibili non solo dal verbale di sequestro ma anche da un fascicolo fotografico.
Rispetto a tale complessiva motivazione la ricorrente non si è puntualmente confrontata, accentrando le proprie critiche sul contenuto del verbale di sequestro e trascurando la citata testimonianza nonché il rimando a dati fotografici (di cui appare, dagli atti cui può accedere questa Corte, la sussistenza, come del resto confermato dallo stesso quinto motivo di ricorso in esame quand’anche eventualmente non allegati al verbale di sequestro,),  complessivamente attestativi, secondo il giudice, della natura demaniale dell’area in contestazione. In linea, del resto, con l’indirizzo di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità del reato di occupazione abusiva di spazio demaniale, l'appartenenza al demanio marittimo non deve necessariamente essere stabilita sulla base delle risultanze catastali, ben potendo ricavarsi dalla esistenza di caratteristiche naturali di demanialità, atteso che la tassativa elencazione dei beni facenti parte del demanio marittimo, ex art. 822, comma primo, cod. civ., è una tassatività per tipi, che consente la applicazione della normativa dei beni pubblici anche a beni che presentino tutte le caratteristiche di quelli menzionati, e ciò in quanto l'essenza del demanio marittimo è la destinazione necessaria e funzionale del bene a servire ai pubblici usi del mare. (Sez. 3, n. 9644 del 18/01/2006 Cc.  (dep. 21/03/2006 ) Rv. 233558 – 01).
Invero il mancato completo confronto con la motivazione della sentenza impugnata sancisce di per sé l’inammissibilità del ricorso, posto il noto principio per cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).

2. Anche il quarto motivo è inammissibile. Occorre premettere che in tema di ricorso per cassazione, ai fini della configurabilità del vizio di travisamento della prova è necessario che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della stessa e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori da questi commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione o dell’atto (in tal senso Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017 (dep. 20/02/2018) Rv. 272406 – 01). Si è pertanto in proposito precisato che il giudice di legittimità può rilevare il dedotto travisamento solo qualora la difformità emergente sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito (il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio (cfr. in motivazione, Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015 Rv. 262575 – 01). Inoltre Il vizio di travisamento della prova deducibile in cassazione, ai sensi dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., può essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato ma anche da altri atti del processo specificamente indicati ed è configurabile non solo quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo ma anche, come si ritiene dalla difesa nel caso in esame, quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013 Rv. 257499 – 01).  
Ebbene, con le prove dedotte la difesa innanzitutto discetta della interpretazione delle stesse ai fini in esame,  così da non introdurre il diverso tema, eventualmente sindacabile in questa sede, del travisamento di prove obiettive e non opinabili, oltre che necessariamente decisive, e piuttosto introducendo una valutazione di merito. Inoltre, le stesse non appaiono decisive né è illustrata tale decisività, a fronte di una argomentazione del giudice che appare più che adeguata alla luce dei dati richiamati e del principio di diritto, inerente le caratteristiche del bene in questione, sopra già citato.
 
3. Manifestamente infondato è infine il quinto motivo di ricorso. Come noto, i rilievi fotografici devono ritenersi prove documentali acquisibili al fascicolo per il dibattimento (Sez. 3, n. 27118 del 05/03/2015 Rv. 264021 – 01). Rispetto ad essi quindi, la circostanza o meno della allegazione ad un verbale di sequestro non pregiudica la acquisizione, peraltro effettuabile dal giudice anche di ufficio. Per cui anche l’obiezione della assenza di richieste al riguardo ex art. 493 cod. proc. pen. di per sé non appare rilevante, oltre ad essere meramente assertiva. Va da ultimo anche ricordato che la formazione del fascicolo del dibattimento non si cristallizza con l'udienza di cui all'art. 431 cod. proc. pen. ma con la fine della discussione di cui all'art. 491 cod. proc. pen. e comunque l'eventuale erroneo inserimento di un atto assunto in violazione di specifici divieti probatori non preclude l'eccezione in ordine all'inutilizzabilità dell'atto a fini di prova, la quale è sempre rilevabile, anche d'ufficio, ex art. 191 cod. proc. pen. (sez. 5, n. 19473 del 10/01/2007 Rv. 236633 – 01). Nel caso in esame, oltre a non emergere per quanto finora osservato alcun vizio di inutilizzabilità della prova in questione, neppure emerge alcuna tempestiva obiezione proposta dalla parte, circa l’inserimento nel fascicolo dibattimentale, nei termini sopra indicati, o anche al momento dell’eventuale acquisizione delle foto nel corso del dibattimento e successivamente alla fase segnata dall’art. 491 cod. proc. pen. citata.

 4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende

Così deciso, Roma, 12 aprile 2023