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Sez. 3, Sentenza n. 46992 del 09/11/2004 Ud. (dep. 03/12/2004 ) Rv. 230424
Presidente: Zumbo A. Estensore: Grassi A. Relatore: Grassi A. Imputato: Giovannoni. P.M. Passacantando G. (Parz. Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib.Como sez.dist.Menaggio, 17 Marzo 2004)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - DETURPAMENTO - Configurabilità - Alterazione dello stato dei luoghi con effetto permanente - Fatto deturpante successivo ad altri - Ammissibilità - Obbligo di motivazione - Fattispecie relativa a deturpamento conseguente ad abbandono di rifiuti.

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Massima (Fonte CED Cassazione)
Per la sussistenza del reato di cui all'art. 734 cod. pen., non è necessario che l'alterazione del luogo protetto abbia carattere primario, ma la condotta di deturpamento può anche essere successiva ad altri fatti, sempre che il giudice motivi adeguatamente in ordine al verificarsi della permanente menomazione della situazione di bellezza naturale attribuita al sito. (Nel caso di specie, la Suprema Corte, pur ritenendo ammissibile il reato de quo in caso di condotta successiva a ripetuti comportamenti di illecito abbandono di rifiuti, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna, perché il giudice del merito non aveva dato congrua motivazione in ordine alla concreta idoneità causale della condotta di deturpamento).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 9/11/2004
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 2107
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 28022/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GIOVANNONI REMO, nato a Cosio Valtellino il 13 Dicembre 1943;
avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Como - sez. dist. di Menaggio - datata 17/3/'04;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Grassi:
Udito il S. Procuratore Generale Dr. G. Passacantando il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, perché infondato;
OSSERVA
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Como - sez. dist. di Menaggio - datata 17/3/04, Remo Giovannoni veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con i benefici previsti dagli artt. 163 e 175 c.p., alla pena di E. 1.950,00 di ammenda, in quanto colpevole dei reati, unificati sotto il vincolo della continuazione, di cui agli artt. 51 co. 2^ D. Lgs. 5/02/'97, n. 22 e 734 c.p., dei quali era chiamato a rispondere per avere, quale titolare della ditta omonima, abbandonato e depositato in modo incontrollato, fino al 2/7/01, i rifiuti provenienti da lavori di ristrutturazione edilizia effettuati sullo stesso terreno, censito al mappale 4612/A del Comune di Sorico, ricadente in area dichiarata di notevole interesse pubblico, di proprietà di Ferdinando ed Elio Buzzi Franoso (coimputati che hanno chiesto ed ottenuto l'applicazione di pena patteggiata), così alterando la bellezza naturale del luogo.
Affermava, fra l'altro, il Giudice di merito che dalle foto in atti e dalle deposizioni dei verbalizzanti Ciro Gattasio ed Antonio Guidi, era emerso:
a) che il terreno di che trattasi era stato da molti anni oggetto di discarica abusiva di rifiuti da parte di ignoti, sicché appariva già degradato;
b) che al Giovannoni era addebitarle un solo scarico di cumuli disordinati di rifiuti di costruzioni e demolizioni;
c) che l'imputato doveva ritenersi avere contribuito, con la propria condotta, alla alterazione della bellezza naturale del luogo, dichiarato di notevole interesse pubblico.
Avverso tale decisione il Giovannoni ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede lo annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.
Deduce, in particolare, il ricorrente:
1. che il materiale da lui depositato occasionalmente nel terreno di che trattasi era costituito solo da tegole asportate da un tetto, destinate al riutilizzo;
2. che mancava, in lui, lo "animus derelictionis";
3. che nella fattispecie in esame non sarebbe configurabile l'ipotesi del deposito incontrollato di rifiuti, ma semmai quella del loro deposito temporaneo;
4. che il reato di cui all'art. 734 c.p. sarebbe stato ritenuto sussistente illegittimamente e senza adeguata motivazione in ordine all'effettiva alterazione del luogo, da parte sua, nonostante fosse già degradato dal pluriennale deposito in esso, da parte di altri, di rifiuti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In tema di gestione dei rifiuti, per potersi configurare l'ipotesi del deposito controllato e temporaneo di essi, previsto dall'art. 6 lett. m) D.Lgs. 22/'97, occorre il rispetto delle condizioni dettate da detto articolo di legge (in particolare, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione e l'osservanza dei tempi di giacenza, in relazione alla loro natura e qualità, in mancanza delle quali si configura il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti di cui all'art. 51 co. 2^ del menzionato decreto legislativo, sempre che la condotta dell'autore del fatto sia reiterata e rivesta i caratteri dell'abitualità (v. conf. Cass. Sez. 3^ pen., 11/4/'02, Brustia).
Ove, invece, il deposito o l'abbandono dei rifiuti sia frutto di una condotta occasionale, il fatto non integra alcuna ipotesi di illecito penale ed è sanzionato amministrativamente dall'art. 50 D. Lgs 22/'97, a meno che non venga posto in essere da "titolari di imprese" o da "responsabili di enti" (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 10/11/00, Duclos).
Ciò perché l'art. 50 co. 1 D. Lgs. 22/'97, nel punire con sanzione amministrativa l'abbandono occasionale di rifiuti, fa salvo il disposto dell'art. 51 co. 2^ dello stesso decreto legislativo. Nel caso in esame il Giovannoni è stato imputato quale titolare dell'impresa omonima dalla cui attività i rifiuti di che trattasi erano derivati e, dunque, è stato legittimamente dichiarato responsabile del reato ascrittogli, nonostante la ritenuta occasionalità dello scarico.
La contravvenzione prevista dall'art. 734 c.p. ha carattere di reato istantaneo con effetti permanenti, la cui consumazione coincide con il momento in cui la condotta o il fatto lesivo cessano di essere posti in essere.
Essa è reato di danno per cui, ai fini della sussistenza dell'illecito penale, non è sufficiente la semplice alterazione dello stato naturale delle cose, ma occorre che questa abbia determinato la distruzione o il deterioramento di bellezze naturali, il che si verifica anche quando l'autore del fatto venga a turbare la sensazione di godimento estetico che i luoghi offrivano prima dell'atto lesivo della loro integrità (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 4/5'95, Sulligi e Sez. Un. pen. 21/1092, Molinari).
Qualunque condotta può essere idonea ad integrare il reato di che trattasi, per la cui esistenza non è necessario che l'alterazione del luogo protetto abbia carattere primario, ben potendo il fatto deturpante seguire ad altri, così aggravando lo stato di menomazione della bellezza naturale del sito (v. conf. Cass. Sez. Un. pen. 12/1093, Pulerà e sez. 3^ pen., 4/7/'95, Lombardo e 16/5/00, Cannarioto).
L'accertamento della sussistenza della distruzione o alterazione della bellezza naturale di un luogo soggetto alla speciale protezione dell'Autorità è demandato al Giudice di merito la cui valutazione è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata (v. conf. Cass. Sez. Un. pen. 21/10/'92, Molinari). Alla luce di tali principi di diritto la decisione impugnata merita censura nel capo relativo a tale reato in quanto il Giudice di merito, dopo avere premesso che il luogo era già degradato dal deposito in esso di rifiuti, protrattosi per parecchi anni, non ha spiegato come, perché ed in quale misura la condotta occasionale dell'imputato avesse ulteriormente alterato la bellezza naturale del luogo.
Dato il tempo trascorso dal fatto, risalente al Luglio '01, non e' pensabile che la motivazione sul punto possa essere utilmente integrata in sede di eventuale annullamento con rinvio della sentenza di primo grado la quale, alla luce delle esposte considerazioni, deve essere annullata senza rinvio nel capo relativo al reato sub b), mancando del tutto la prova che il Giovannoni lo abbia commesso, con conseguente eliminazione della pena di E. 150,00 per esso inflitta. Alla luce delle esposte considerazioni il ricorso in esame va, nel resto, rigettato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza emessa dal Tribunale, in composizione monocratica, di Como - sez. dist. di Menaggio - il 17/3/04 nei confronti di Remo Giovannoni, nel solo capo relativo al reato di cui alla lett. b) della rubrica (art. 734 c.p.), per non averlo egli commesso;
rigetta, nel resto, il ricorso presentato dal Giovannoni avverso la detta sentenza.
Così deciso in Roma, il 9 Novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 3 dicembre 2004