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Sez. 3, Sentenza n. 23866 del 25/05/2004 (Ud. 16/04/2004 n.00696 ) Rv. 229119
Presidente: Zumbo A. Estensore: Vangelista V. Imputato: P.G. in proc. Boffa. P.M. Albano A. (Diff.)
(Annulla con rinvio, App.Napoli, 17 luglio 2003).
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Beni tutelati per legge - Operatività "ipso jure" del vincolo - Applicazione del principio relativamente ai territori coperti da foreste e boschi - Mancata conoscenza dello specifico divieto di inedificabilità - Irrilevanza.
CON MOTIVAZIONE

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Massima (fonte CED Cassazione)
Il vincolo imposto sui beni ambientali indicati nell'art. 146 del T.U. emanato con D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490, ivi compresi, in particolare, i territori coperti da foreste e da boschi, opera "ipso jure", restando quindi irrilevante, ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 163 del citato T.U., che sia o meno portato a conoscenza del possessore il provvedimento che specificamente stabilisca la immodificabilità dei luoghi.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ZUMBO Antonio - Presidente - del 20/04/2004
Dott. RAIMONDI Raffaele - Consigliere - SENTENZA
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - N. 704
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GRILLO Carlo - Consigliere - N. 7042/2002
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONSERVA GIUSEPPE, nato a Martina Franca l'8 Agosto 1933;
avverso la sentenza della Corte d'Appello di Lecce - sez. dist. di Taranto- in data 30/10/'01;
Letti gli atti, il provvedimento denunciato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Grassi;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del S. Procuratore Generale Dott. F.M. Iacoviello, il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, perché manifestamente infondato;
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Osserva:
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Taranto - sez. dist. di Manina Franca- datata 27/9/'99, Giuseppe Conserva veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di un anno di arresto e dieci milioni di lire d'ammenda, con confisca dell'area e delle altre cose in sequestro, in quanto colpevole del reato previsto dall'art, 51 D, Lgs. 5/02/'97, n. 22, del quale era chiamato a rispondere per avere, quale titolare di un impianto di auto-demolizioni ed auto-rottamazioni, gestito, senza autorizzazione, una discarica di rifiuti pericolosi in un'area, di sua proprietà, sita in Martina Franca, via Madonna dell'Argo n. 94, nella quale erano ammassate autovetture demolite, cumuli di pezzi di ricambio, motori con oli esausti, pezzi di vetro, parabrezza, sportelli e carcasse di auto d'epoca senza mote, cerchi e mozzi, come accertato i 23/02/'98,
Contro tale decisione l'imputato proponeva impugnazione per chiedere l'assoluzione, da reato ascrittogli, per insussistenza del fatto ed, in subordine, la riduzione della pena infittagli, perché eccessiva. In particolare, l'appellante deduceva che era iscritto nel Registro storico italiano delle auto d'epoca di Torino e che molte delle autovetture rinvenute nell'area di che trattasi erano in via di sistemazione e reimmatrieolazione, sicché egli non aveva posto in essere, ne' gestito alcuna discarica abusiva di rifiuti, La Corte d'Appello di Lecce -sez. dist- di Taranto- con sentenza del 30/10/'01 disponeva la restituzione al Conserva delle autovetture in via di accertata reimmatricolazione e confermava, nel resto, la decisione impugnata, osservando, fra l'altro;
a) che alla luce dei rilievi fotografici e delle deposizioni dei verbalizzanti della Guardia di Finanza escussi in giudizio, doveva ritenersi accertata l'esistenza, nella vasta area in questione, di una discarica abusiva di rifiuti, anche pericolosi, stante l'elevato numero di carcasse di auto non d'epoca, di pezzi delle relative rottamazioni e di batterie ed oli esausti in essa da anni ammassati;
b) che la possibile, collaterale attività di recupero di auto d'epoca in corso di immatricolazione alcune delle quali rinvenute nella stessa area, non fa venir meno la esistenza del reato attribuito all'imputato;
c) che la pena a costui irrogata in primo grado in misura assai prossima al minimo edittale, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, appariva congrua ed adeguata al fatto, come tale non suscettibile di riduzione, stante l'ampiezza dell'area destinata a discarica ed il numero di anni durante i quali essa era stata gestita abusivamente.
Avverso la sentenza d'appello il Conserva ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede lo annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.
Deduce, specificamente il ricorrente:
- che le sentenze di condanna emesse a suo carico nei due gradi del giudizio di merito sarebbero nulle per genericità dell'imputazione elevata a suo carico, non essendo stata indicata quale delle diverse ipotesi di reato previste dall'art. 51 D. Lgs. 22/'97 gli è stata attribuita;
- che nei fatti ascrittigli sarebbe, al più, ravvisabile la contravvenzione di cui all'art. 50, ovvero 51 co. 1 D. Lgs. 22/'97, essendosi semmai trattato di abbandono di rifiuti o di raccolta temporanea di essi, non autorizzata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rileva, preliminarmente, la Corte che la contravvenzione della quale il ricorrente è stato dichiarato colpevole si è prescritta il 28/9/'02, dovendosi ai quattro anni e sei mesi del relativo termine, previsto dalla legge, aggiungere un mese e cinque giorni di sospensione di esso a causa di rinvio del dibattimento chiesto dal difensore dell'imputato non per ragioni di acquisizione della prova, nè per richiesta di termini a difesa.
Dalla motivazione della decisione impugnata non emergono elementi che consentano la adozione, nei confronti del Conserva, di formula di proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129 c.p.p.. In conseguenza, la sentenza in esame deve essere annullata senza rinvio, essendo il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
annulla senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Lecce - sez. dist. di Tarante- in data 30/10/'01, essendo il reato ascritto a Giuseppe Corona estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 20 Aprile 2004.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2004