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Sez. 3, Sentenza n. 21022 del 05/05/2004 (Ud. 24/02/2004 n.00355 ) Rv. 229038
Presidente: Rizzo AS. Estensore: Onorato P. Imputato: Alberti e altro. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, App.Milano, 5 giugno 2002).
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - IN GENERE - Territorio montano - Ampliamento delle piste da sci senza nulla osta ambientale - Reato contravvenzionale.
CON MOTIVAZIONE


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Massima (Fonte CED Cassazione)

In tema di reati ambientali, la realizzazione senza autorizzazione, in zona paesaggistica vincolata, di opere costituite dal collegamento tra due piste da sci preesistenti, mediante rettifica e livellamento dei terreni e scorticamento del manto erboso, integra la contravvenzione di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490 del 1999, punibile anche a titolo di colpa, per la consumazione della quale è sufficiente l'alterazione della morfologia ambientale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. RIZZO Aldo Sebastiano - Presidente - del 24/02/2004
Dott. ONORATO Pierluigi - est. Consigliere - SENTENZA
Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - N. 355
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. NOVARESE Francesco - Consigliere - N. 36540/2002
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ALBERTI Eugenio, nato a Valfurla (SO) il 16.12.1947;
2) CONFORTOLA Bernardino, nato a Valfurla (SO) il 29.9.1938;
avverso la sentenza resa il 5.6.2002 dalla Corte d'appello di Milano;
Vista la sentenza denunciata e il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. Pierluigi ONORATO;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PASSACANTANDO Guglielmo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Osserva:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 - Con sentenza del 5.6.2002 la Corte d'appello di Milano ha confermato quella resa il 24.9.2001 dal tribunale monocratico di Sondrio, che aveva dichiarato Bernardino Confortola e Eugenio Alberti colpevoli di due reati previsti e puniti dagli artt. 146 lett. d) ed f), 151 e 163 D.Lgs. 490/1999, perché - il primo quale presidente e legale rappresentante della Sci S. Caterina Impianti s.p.a., committente ed esecutrice dei lavori, il secondo quale amministratore delegato della stessa società ed effettivo direttore dei lavori - avevano realizzato in zona vincolata senza la prescritta autorizzazione varie opere (rettifica del terreno riguardante la pista da sci denominata Adler, pista carrabile, trincea paramassi, due valli, raccordo tra le piste da sci Adler e Cevedale, scorticamento del manto erbaceo e livellamento del terreno per una superficie complessiva di mq 10.750 in località Plaghera): in Valfurla sino al 30.8.1999.
Il primo giudice aveva riunito i reati nella continuazione e condannato entrambi gli imputati alla pena di otto giorni di arresto e lire 21.000.000 di ammenda, con i doppi benefici per il Confortola. Aveva inoltre assolto gli imputati dai connessi reati urbanistici, perché non era risultata "prova piena e tranquillante della modifica della destinazione urbanistica", e dalla contravvenzione di cui all'art. 734 c.p., perché non sussisteva distruzione o deturpamento delle bellezze naturali.
Aveva anche ritenuto che non sussistessero le condizioni per ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, perché l'area era già stata inerbita e quindi sostanzialmente ripristinata (salvo i massi rimossi durante i lavori).
La Corte d'appello, in assenza (ritenuta ingiustificabile) di impugnazione del Pubblico Ministero, ha disposto ex art. 130 c.p.p. la correzione dell'errore materiale della sentenza di primo grado, inserendo la frase "ordina la demolizione delle opere abusive e la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a cura e spese dei condannati".
2 - Il difensore degli imputati ha proposto ricorso per Cassazione deducendo tre motivi a sostegno. In particolare lamenta:
2.1 - erronea applicazione degli artt. 151, 152 e 163 D.Lgs. 490/1999 e mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Sostiene al riguardo che, una volta che la Corte di merito (come prima il tribunale) aveva ritenuto applicabile il principio di offensività anche ai reati ambientali, era incorsa in manifesta illogicità laddove da una parte aveva qualificato l'intervento come semplice miglioramento delle piste esistenti e dall'altra aveva ritenuto l'alterazione del paesaggio.
Aggiunge il difensore che i lavori effettuati erano soltanto di manutenzione straordinaria e come tali non richiedevano ne' concessione edilizia ne' autorizzazione paesaggistica, e che comunque sussisteva la buona fede;
2.2 - erronea applicazione delle stesse norme, difetto di motivazione e violazione dell'art. 521 c.p.p. in ordine alla mancata assoluzione dell'Alberti per non aver commesso il fatto. Sostiene che questi era rimasto estraneo alla condotta criminosa; che non era stato direttore effettivo dei lavori; che anche come direttore dei lavori doveva rispondere ex art. 6 legge 47/1985 solo delle difformità (nel caso inesistenti) tra concessione ed opere; che mancava la corrispondenza tra accusa e sentenza, laddove i giudici di merito avevano affermato che egli comunque un ruolo l'aveva avuto;
2.3 - erronea applicazione dell'art. 130 c.p.p. e dell'art. 163, comma 2, D.Lgs 490/1999, giacché l'ordine di demolizione non poteva essere inserito in sentenza con la procedura della correzione dell'errore materiale, posto che il giudice di primo grado aveva esplicitamente motivato in contrario, mentre l'ordine di rimessione in pristino, seppure formalmente corretto, era irrazionale e inutile per le considerazioni svolte dal primo giudice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3 - Il primo motivo è infondato.
A parte la considerazione che il reato ambientale contestato ha natura formale e perciò non gli è applicabile il principio di offensività, la corte territoriale non è incorsa in alcuna manifesta illogicità laddove da una parte ha affermato che lo scopo dell'intervento era quello di migliorare le piste da sci esistenti e dall'altro ha ritenuto che comunque era stata realizzata una alterazione della morfologia ambientale. Sotto ogni profilo, quindi, non può dubitarsi della sussistenza del reato.
Anche dal punto di vista psicologico, non sussiste la buona fede invocata, considerato che si tratta di contravvenzione, per la quale è sufficiente la colpa dell'agente.
Meno che mai può sostenersi che l'intervento era di semplice manutenzione straordinaria, senza considerare che anche per gli interventi di questo tipo è necessario richiedere e ottenere previamente il nulla osta ambientale.
4 - Il secondo motivo è inammissibile, perché deduce circostanze di fatto non risultanti dal testo della sentenza impugnata e come tali precluse alla cognizione del giudice di legittimità. Sul punto la sentenza richiama espressamente le deposizioni di Baroni, Vitalizi Ettore e Lelio, Andreola e Alessi, ritenute prova tranquillante della corresponsabilità dell'Alberti, sia come direttore effettivo dei lavori, sia come amministratore delegato della s.p.a. Santa Caterina Impianti, committente ed esecutrice dei lavori stessi. 5 - È invece fondato l'ultimo motivo di ricorso.
Il giudice di primo grado aveva espressamente escluso l'ordine di remissione in pristino dello stato dei luoghi con una motivazione palesemente errata in fatto e in diritto: la circostanza che l'area fosse stata inerbita poteva attenuare l'impatto ambientale, ma non configurava certamente un ripristino dello status quo ante, considerata la pacifica, e molto rilevante, immutazione del territorio.
Ciò posto, tuttavia, l'errore poteva essere rimediato solo attraverso l'appello del Pubblico Ministero, che nel caso è inopinatamente mancato. In presenza del gravame dei soli imputati, la Corte d'appello non poteva procedere alla correzione dell'errore, giacché - contrariamente al requisito espressamente richiesto dall'art. 130 c.p.p. - la correzione comportava una modificazione essenziale del provvedimento (impugnato e) corretto. P.Q.M.
La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'ordine di demolizione e riduzione in pristino dello stato originario dei luoghi, che elimina; e rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2004.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2004