Consiglio di Stato Sez. III n.8669 del 23 dicembre 2019
Caccia e animali.Calendario venatorio
L'art. 18, secondo comma, della L. 157/1992, nel consentire una modifica dei termini del calendario di cui al primo comma, e quindi anche nel caso di disposta apertura anticipata della caccia, impone alla Regione di contenere i termini "tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell'anno nel rispetto dell'arco temporale massimo indicato al comma 1". Dalla lettura del chiaro dettato normativo, che fa riferimento all'"arco temporale massimo" e non ad altri criteri di computo (e, segnatamente, al numero di giornate di effettivo svolgimento della caccia), deriva che la modifica del termine finale, a compensazione dell'apertura anticipata, deve essere correttamente riferita all'intero periodo compreso tra l'inizio dell'apertura anticipata e l'inizio ordinario della stagione venatoria previsto dalla legge, e non all'effettivo numero di giornate di caccia in esso compreso, che resta pertanto irrilevante.
Pubblicato il 23/12/2019
N. 08669/2019REG.PROV.COLL.
N. 04452/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4452 del 2019, proposto dalla Federazione Italiana della Caccia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Maria Bruni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Flora Neglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Crisci in Roma, piazza Giuseppe Verdi, 9;
WWF Italia Onlus, LAV Onlus, ENPA Onlus, LAC Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Valentina Stefutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Aurelio Saffi, 20;
LIPU Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Valentina Stefutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Ambito Territoriale di Caccia - A.T.C. Firenze 5, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 420/2019, resa tra le parti, concernente l’apertura anticipata della caccia e le modifiche al calendario venatorio 2018-2019;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di: Regione Toscana, WWF Italia Onlus, LAV Onlus, ENPA Onlus, LAC Onlus e LIPU Onlus;
Visto l’appello incidentale adesivo proposto dalla Regione Toscana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Pres. Franco Frattini e uditi per le parti gli avvocati Alberto Maria Bruni, Valentina Stefutti e Stefano Crisci, su delega dell’avvocato Flora Neglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con Delibera di Giunta regionale n. 767 del 9 luglio 2018 la Regione Toscana approvava il Calendario Venatorio regionale 2018/2019, in applicazione dell’art. 18 della L. 157/1992 e della L.R. 20/2002 e previa acquisizione, ai sensi dell’art. 18, comma 4, L. 157/1992, del parere dell’ISPRA del 13 giugno 2018.
Con successiva Delibera di Giunta regionale n. 963 del 27 agosto 2018, la Regione approvava inoltre le disposizioni relative all’apertura anticipata della caccia e modifiche al calendario venatorio, ai sensi dell’art. 8 L.R. 20/2002.
2. Avverso tali provvedimenti, Lega Italiana Protezione degli Uccelli – Lipu Bird Life Italia Onlus, Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.) Onlus, Lega per l’Abolizione della Caccia - L.A.C., L.A.V. - Lega Antivivisezione Onlus ente morale ed Associazione Italiana World Wide Fund for Nature (WWF) Ong-Onlus proponevano ricorso collettivo dinanzi al Tar per la Toscana, citando in giudizio la Regione e, quale controinteressato, l’A.T.C. Firenze 5, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia.
Si costituiva in giudizio la sola Regione Toscana, chiedendo la reiezione del ricorso.
Inoltre, nel corso del giudizio, la Federazione Italiana della Caccia, la Federcaccia Toscana e la Confederazione Cacciatori Toscani spiegavano atto di intervento ad opponendum, parimenti chiedendo la pronuncia di inammissibilità o reiezione del ricorso.
3. Il Giudice di prime cure negava alle ricorrenti l’invocata tutela cautelare, con ordinanza n. 632 del 17 ottobre 2018, la quale veniva tuttavia riformata da questo Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, con l’ordinanza III Sezione n. 6157 del 17 dicembre 2018 di accoglimento e sospensione in parte qua delle impugnate Delibere, lì dove: “- per le specie interessate all’apertura anticipata, viene prevista (punto 13) l’anticipazione della data di chiusura di “pari durata delle giornate concesse nell’apertura anticipata” (anziché di durata corrispondente al periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio della stagione venatoria previsto dalla legge); - il termine del periodo di caccia alla beccaccia viene posticipato rispetto alla data del 10 gennaio 2019”.
4. Con atto depositato il 30 gennaio 2019 le ricorrenti dichiaravano, ai sensi e per gli effetti dell’art. 84 c.p.a., di voler parzialmente rinunziare al ricorso. Conseguentemente, i motivi di ricorso risultavano così ridefiniti:
a) Violazione dell’art. 18, comma 2, L. 157/1992, in quanto il punto n. 13 del Calendario Venatorio toscano, avendo disposto una preapertura della caccia nei giorni 1 e 2 settembre, avrebbe illegittimamente disposto l’anticipazione della data di chiusura di “pari durata delle giornate concesse nell’apertura anticipata” anziché di durata corrispondente all’intero periodo compreso tra la prima giornata di preapertura e la terza domenica di settembre (data di inizio della stagione venatoria secondo la legge regionale);
b) Violazione dell’art. 18, comma 1 bis, L. 157/1992, in quanto la Regione avrebbe posticipato il termine del periodo di caccia alla beccaccia al 31 gennaio, disattendendo senza congrua motivazione il parere ISPRA, nel quale si indicava a tal fine la data del 10 gennaio, con conseguente sovrapposizione del periodo di caccia con i periodi della riproduzione o della migrazione di ritorno stabiliti a livello nazionale;
c) Violazione dell’art. 18, comma 4, L. 157/1992, in quanto la Regione avrebbe autorizzato, senza chiedere il parere, pur necessario, dell’ISPRA, l’apertura anticipata della stagione venatoria nelle giornate dell’1 e 2 settembre per le specie: storno, tortora, colombaccio, merlo, gazza, ghiandaia, cornacchia grigia, alzavola, germano reale e marzaiola.
5. All’esito dell’udienza pubblica, il Giudice di prime cure pronunciava la sentenza n. 420, pubblicata il 22 marzo 2019 e qui impugnata, con la quale accoglieva il ricorso con riferimento ai primi due motivi (respingendo il terzo) e, per l’effetto, annullava la Delibera di approvazione del Calendario Venatorio toscano 2018 – 2019 “nella parte in cui, per le specie interessate all’apertura anticipata, viene prevista (punto 13) l’anticipazione della data di chiusura di “pari durata delle giornate concesse nell’apertura anticipata” anziché di durata corrispondente al periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio della stagione venatoria previsto dalla legge regionale; nonché nella parte in cui il termine del periodo di caccia alla beccaccia viene posticipato rispetto alla data del 10 gennaio 2019”.
6. Avverso tale sentenza la Federazione Italiana della Caccia ha proposto appello, chiedendone l’annullamento, al pari della Regione Toscana, la quale ha proposto appello incidentale adesivo.
Si sono costituite in giudizio Lega Italiana Protezione degli Uccelli – Lipu Bird Life Italia Onlus, Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.) Onlus, Lega per l’Abolizione della Caccia - L.A.C., L.A.V. - Lega Antivivisezione Onlus ente morale ed Associazione Italiana World Wide Fund for Nature (WWF) Ong-Onlus, insistendo per la reiezione del gravame.
7. In vista dell’udienza pubblica, le parti hanno prodotto memorie e repliche.
8. All’esito dell’odierna udienza pubblica, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo, la Federazione Italiana della Caccia, appellante principale, censura la sentenza in epigrafe nella parte in cui ha ritenuto, “tra le due interpretazioni possibili, maggiormente convincente la tesi delle ricorrenti, peraltro avvalorata dal Consiglio di Stato in sede cautelare, il quale, basandosi sulla lettera del comma 2 dell’art. 18, ha rilevato come tale norma, nel consentire una modifica dei termini del calendario indicati al comma 1 (come avviene in caso di apertura anticipata), richiede comunque il “rispetto dell’arco temporale massimo” ivi indicato, così da dover riferire la modifica del termine finale, “a compensazione” della disposta apertura anticipata, al periodo compreso tra l’inizio della apertura anticipata e l’inizio della stagione venatoria previsto dalla legge, a prescindere dal numero di giornate di caccia in esso comprese, come suggerito anche dall’ISPRA nel parere fornito al WWF in data 17 settembre 2010. Peraltro, la delimitazione temporale del prelievo venatorio, essendo rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, ha un senso solo se riferita ad un periodo complessivo e non a singole giornate di caccia isolatamente considerate; nel caso di specie dunque, l’individuazione di alcune giornate di caccia nei primissimi giorni di settembre comporta l’inizio anticipato della stagione venatoria al 1° settembre e quindi la necessità di chiudere la stagione anticipatamente, senza che vi sia spazio per interpretazioni alternative, invocando il numero di giornate non menzionate dall’art. 18 della legge quadro nazionale”.
Nella lettura dell’appellante, tale conclusione sarebbe erronea, illogica ed ingiustamente lesiva del diritto all’esercizio dell’attività venatoria, poiché l’ISPRA si sarebbe limitato, nel parere fornito, ad affermare un’ovvietà tecnica, ossia che “l’arco temporale si deve intendere come il periodo intercorrente tra il primo e l’ultimo giorno di caccia ad una determinata specie indipendentemente dal numero delle giornate di caccia in esso contenute”, senza con ciò affermare (come erroneamente ritenuto dal T.A.R.) la necessità che dall’ordinario arco temporale di caccia che va dalla terza domenica di settembre alla data di chiusura sia sottratto, in caso di anticipazione, l’intero arco teorico di preapertura dal 1° settembre alla terza domenica di settembre.
Né tale obbligo discenderebbe, secondo l’appellante, dall’art. 18, comma 2, L. 157/1992, così che al complessivo periodo di caccia andrebbero sottratti (e, quindi, disposta la chiusura anticipata di) soli due giorni, con conseguente immunità di quanto disposto al punto 13 del Calendario Venatorio toscano dai vizi dedotti in primo grado ed erroneamente riconosciuti sussistenti dal T.A.R.
1.1. Con il secondo motivo, l’appellante principale censura poi la sentenza gravata nella parte in cui ha dichiarato l’illegittimità della chiusura posticipata della caccia alla beccaccia al 31 gennaio 2019, anziché al 31 dicembre 2018 o, in subordine, al 10 gennaio 2019.
L’appellante lamenta, a tal proposito, l’omesso esame di un fatto decisivo per la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in quanto il T.A.R. avrebbe omesso di esaminare la propria eccezione di inammissibilità sollevata con riferimento al secondo motivo del ricorso di primo grado, ritenuto estremamente generico nella sua interezza ed anche con riferimento alla specie della beccaccia, assunta quale mero “esempio” a fondamento delle proprie censure; di ciò, sostiene inoltre l’appellante, si sarebbe avveduto anche questo Collegio in sede di appello cautelare.
Conseguenza dell’inammissibilità dell’intero secondo motivo del ricorso in primo grado sarebbe poi, nella tesi dell’appellante, l’impossibilità di estrapolare da esso una censura specificamente riferita alla sola specie della beccaccia e nata a mo’ di esempio: al contrario, si tratterebbe di un motivo di ricorso autonomo, e come tale inammissibile perché surrettiziamente introdotto in una fase avanzata del processo, ben oltre il termine di decadenza dell’impugnativa.
1.2. L’appellante contesta anche nel merito la decisione del Giudice di prime cure sul punto, nella parte in cui ha ritenuto non congruamente giustificato lo scostamento delle Delibere regionali dal parere fornito dall’ISPRA con riferimento al termine di chiusura della caccia alla beccaccia: secondo il T.A.R., infatti, pur avendo l’ISPRA riconosciuto la situazione della beccaccia come di Least concern (di minima preoccupazione), aveva tuttavia concluso nel senso di ritenere “idonea per la conservazione e la razionale gestione della specie la chiusura della caccia al 31 dicembre”, e di ammettere, ma solo dopo approfonditi studi sulla sostenibilità di tale scelta, una eventuale estensione massima del periodo di caccia al 10 gennaio e non oltre.
La scelta della Regione, di posticipare la chiusura della caccia alla beccaccia al 31 gennaio, veniva pertanto ritenuta illegittima dal T.A.R. poiché non teneva in considerazione la forte pressione venatoria e la vulnerabilità della specie e, soprattutto, poiché determinava la sovrapposizione del periodo di caccia con il periodo di migrazione prenuziale, individuato a livello nazionale nella seconda decade di gennaio.
L’appellante contesta integralmente tali assunti, sostenendo:
a) che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., la Regione avrebbe adeguatamente dimostrato l’esistenza di peculiarità del territorio toscano, emerse a seguito di una “capillare istruttoria” e comprovate da evidenze scientifiche versate in atti e non confutate dall’ISPRA, né il T.A.R. avrebbe potuto (come invece ha fatto) ignorare tali evidenze sol perché “non ancora recepiti in documenti ufficiali”, requisito questo non richiesto da alcuna disposizione legislativa;
b) che la migrazione prenuziale della beccaccia ha inizio in Toscana non prima della seconda decade di febbraio, come del resto avviene ed è riconosciuto a livello normativo negli altri Paesi mediterranei (per tutti, la Francia);
c) che, anche a voler ammettere che la suddetta migrazione prenuziale abbia inizio nella seconda decade di gennaio, il principio di “sovrapposizione teorica” delle decadi consentirebbe la caccia fino al 20 gennaio.
1.3. Infine, l’appellante contesta la sentenza sia nella parte in cui si riporta ad un fatto asseritamente di comune esperienza, e cioè “che i recenti mutamenti climatici hanno influenzato i tempi della migrazione degli uccelli, determinando generalmente un anticipo dei movimenti di risalita verso i quartieri di nidificazione legato ad una partenza più precoce dalle aree di svernamento africane”, sia nella parte in cui afferma che “il termine alla caccia alla beccaccia stabilito, dal comma 1 dell’art. 18 citato, al 31 gennaio [sarebbe] solo un riferimento di legge non più compatibile con le date del ‘Key Concepts’ e dunque con i principi e le indicazioni della direttiva comunitaria sull’attività venatoria”.
L’appellante, infatti, controdeduce rispettivamente che i più attendibili studi scientifici dimostrano, al contrario, che i mutamenti climatici hanno prodotto un ritardo (e non un’anticipazione) dell’inizio della migrazione invernale al pari di quella primaverile e che il T.A.R. finisce per attribuire ai Key Concepts, pacificamente privi di vincolatività giuridica, un valore superiore alla legislazione vigente di cui all’art. 18 L. 157/1992.
2. La Regione Toscana ha proposto, a sua volta, appello incidentale adesivo, sostanzialmente articolando le medesime censure e le medesime conclusioni già formulate dall’appellante principale.
3. Si sono costituite in giudizio le associazioni appellate, chiedendo la reiezione degli appelli e sostenendo quanto segue:
a) infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso di primo grado sollevata dall’appellante principale;
b) dal tenore letterale dell’art. 18 citato e dal riferimento, ivi contenuto, al computo dell’arco temporale massimo si evince l’impossibilità di valorizzare unicamente le singole giornate di caccia concesse in preapertura e la necessità, di contro, di considerare globalmente il periodo che va dalla prima giornata di preapertura della caccia alla data di inizio ordinario della stessa secondo la legge regionale.
Tale tesi, peraltro, sarebbe stata già accolta da questo Collegio in sede di appello cautelare e risulta confermata dallo stesso T.A.R. Toscana nella recente ordinanza 5 novembre 2019 n. 645 (ricorso RG 1158/19), pronunciata su ricorso proposto dalle odierne appellate avverso il Calendario Venatorio annuale adottato nel frattempo dalla Regione Toscana e contenente una disposizione identica a quella censurata in questa sede: il T.A.R. ha infatti accolto l’istanza di sospensione, rilevando il “contrasto del calendario venatorio impugnato con l’art. 18, commi 1 e 2, della legge 157/1992, richiedendo tale norma comunque il “rispetto dell’arco temporale massimo” ivi indicato – così da dover riferire la modifica del termine finale, “a compensazione” della disposta apertura anticipata, al periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio della stagione venatoria previsto dalla legge a prescindere dal numero di giornate di caccia in esso comprese – come già stabilito dalla Sezione con la sentenza n. 420/2019”;
c) quanto al prelievo della beccaccia, infine, il relativo motivo di appello sarebbe inammissibile e/o improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto si sarebbero esauriti gli effetti del provvedimento. L’improcedibilità, più precisamente, investirebbe il secondo motivo di appello ma non il primo, perché la delibera regionale varata per l’anno in corso recherebbe contenuto identico alla delibera per cui è causa, tanto che, come detto, la sua efficacia è stata sospesa dal Tar Toscana nel giudizio RG 1158/19.
In ogni caso, le appellate ribadiscono, nel merito, l’illegittimità dell’operato della Regione Toscana per essersi discostata senza adeguata motivazione dal parere ISPRA; che i dati forniti dall’ISPRA sono assolutamente attendibili ed aggiornati al 2017, contrariamente a quanto rappresentato da controparte, ed in ogni caso dotati di peso maggiore rispetto ai dati forniti dagli Istituti regionali, ai sensi dell’art. 18 comma 4, L. 157/1992; che, anche a voler condividere la tesi dell’incertezza scientifica in materia, la Regione avrebbe dovuto agire nel rispetto del principio di precauzione; che, infine, dal momento che la sovrapposizione tra il periodo di caccia ed il periodo di migrazione prenuziale si avrebbe per un periodo superiore ad una decade, la sovrapposizione non sarebbe più “teorica” ma a tutti gli effetti “reale” e, quindi, inammissibile.
4. Ritiene il Collegio di dover dichiarare improcedibili gli appelli principale ed incidentale per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
5. Il primo motivo di censura contenuto nell’appello principale è infondato, al pari delle analoghe contestazioni formulate dalla Regione nel proprio appello incidentale.
Ritiene, infatti, questo Collegio di dover dare seguito all’orientamento già espresso nella propria ordinanza cautelare n. 6157 del 17 dicembre 2018 ed accolto successivamente dal Tar Toscana nella sentenza n. 420 del 22 marzo 2019, qui gravata, e nell’ordinanza n. 645 del 5 novembre 2019.
L’art. 18, secondo comma, della L. 157/1992, nel consentire una modifica dei termini del calendario di cui al primo comma, e quindi anche nel caso di disposta apertura anticipata della caccia, impone alla Regione di contenere i termini “tra il 1° settembre ed il 31 gennaio dell’anno nel rispetto dell’arco temporale massimo indicato al comma 1”.
Dalla lettura del chiaro dettato normativo, che fa riferimento all’”arco temporale massimo” e non ad altri criteri di computo (e, segnatamente, al numero di giornate di effettivo svolgimento della caccia), deriva che la modifica del termine finale, a compensazione dell’apertura anticipata, deve essere correttamente riferita all’intero periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio ordinario della stagione venatoria previsto dalla legge, e non all’effettivo numero di giornate di caccia in esso compreso, che resta pertanto irrilevante.
Come bene ha rilevato il Giudice di prime cure, infatti, “la delimitazione temporale del prelievo venatorio, essendo rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili, ha un senso solo se riferita ad un periodo complessivo e non a singole giornate di caccia isolatamente considerate”.
Aderendo ad una diversa interpretazione si tradirebbe la ratio che permea l’intero impianto della L. 157/92, con la quale il Legislatore ha individuato il punto di equilibrio tra la necessità di tutelare e salvaguardare il patrimonio faunistico nazionale e la libertà di esercitare l’attività venatoria, compiendo una precisa scelta di campo nel senso di ritenere la prima preminente nel confronto con la seconda (non a caso, qualificata in termini di concessione dall’art. 10 della medesima legge).
L’attrazione della materia, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s, Cost., nell’orbita della competenza esclusiva dello Stato, deputato a fissare un livello minimo inderogabile di tutela della fauna, circoscrive qualitativamente e quantitativamente lo spazio normativo che residua in capo alle Regioni, con la conseguenza che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività venatoria in deroga ai periodi fissati ex lege nell’art. 18, comma 1, L. 157/1992 resta subordinata al rispetto dei limiti fissati dal secondo comma del medesimo articolo (così, Corte Cost., 21 ottobre 2005 n. 393): “ne risulta, inequivocabilmente, che alle regioni è attribuito il potere di modificare, in meglio, il contenuto delle disposizioni recate dalla normativa statale nei limiti temporali e qualitativi fissati da quest’ultima, ovvero assicurando un livello di tutela più elevato” (Tar Toscana, Sez. II, ord. 20 ottobre 2011, n. 1532).
Una scelta, come quella compiuta dalla Regione in sede di predisposizione ed approvazione del Calendario Venatorio, che pretenda di sottrarre al complessivo periodo di caccia sole due giornate a fronte di un’apertura anticipata di ben tre settimane, si presenta come elusiva del dettato normativo e palesemente riduttiva della protezione della fauna selvatica, con conseguente contrasto con la normativa statale e costituzionale poc’anzi citata.
Gli appelli devono pertanto essere respinti in parte qua, e per l’effetto confermata integralmente la decisione del Giudice di prime cure sul punto.
6. Quanto al secondo profilo di censura, relativo alla chiusura posticipata della caccia alla beccaccia, esso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
6.1. Sul punto, le associazioni appellate hanno sollevato, nella memoria ex art. 73 c.p.a. depositata il 10 novembre 2019, eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità dell’appello limitatamente al secondo motivo, “essendosi esauriti gli effetti del provvedimento, in un contesto in cui è stato altresì sostituito, per l’annata in corso, da un provvedimento che, per stessa ammissione della Regione (v. fascicolo elettronico ricorso Tar Toscana n. 1158/19) sul punto ha contenuto diverso”.
Le associazioni appellate riferiscono, a tal proposito, dell’intervenuta adozione del nuovo Calendario Venatorio 2019/2020 da parte della Regione Toscana e della pendenza del relativo giudizio impugnatorio (promosso dalle stesse dinanzi al Tar Toscana con ricorso n. RG 1158/19), nel corso del quale è stata pronunciata l’ordinanza 5 novembre 2019 n. 645 di accoglimento dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della Delibera.
6.2. La Federazione Italiana della Caccia ha controdedotto sul punto nella memoria di replica del 21 novembre 2019, sostenendo il perdurante interesse delle associazioni venatorie all’accoglimento del secondo motivo di appello.
7. Il Collegio aderisce alle prospettazioni delle associazioni appellate.
7.1. Ancora di recente, questo Consiglio di Stato ha avuto modo di tornare sul dibattuto tema della natura e dello scopo del processo amministrativo, e quindi sulla portata dell’art. 100 c.p.c., espressione di un principio generale valido anche nel processo amministrativo, secondo il quale “costituisce condizione per l’ammissibilità dell’azione, oltre alla titolarità di una situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo, anche la sussistenza dell’interesse a ricorrere, inteso quest’ultimo non come idoneità astratta dell’azione a realizzare il risultato perseguito ma, più specificamente, come interesse proprio e concreto del ricorrente al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale) a mezzo del processo amministrativo; vale a dire, nell’ottica di un processo di stampo impugnatorio – annullatorio che assume come suo presupposto la sussistenza di un interesse all’eliminazione del provvedimento che il ricorrente ritiene lesivo della propria sfera giuridica” (così, da ultimo, Cons. St., sent. n. 6014 del 2 settembre 2019).
7.2. Orbene, nel caso di specie, viene all’esame di questo Collegio un provvedimento (il Calendario Venatorio per l’annualità 2018/2019) che è venuto meno, perché spirato il suo termine annuale di efficacia e, soprattutto, perché sostituito integralmente da una nuova delibera con il medesimo oggetto (Delibera 22 luglio 2019, n. 970, recante nuovo Calendario Venatorio regionale 2019/2020, e successiva Delibera 27 agosto 2019 n. 1086 di approvazione dell’apertura anticipata della caccia).
Né risulta che la nuova Delibera riproponga – per quanto attiene al periodo di prelievo della beccaccia - le medesime disposizioni asseritamente lesive, come invece si è visto essere accaduto con riferimento al tema, prima affrontato, del computo del termine complessivo del periodo di caccia: pertanto, se su quel profilo – di cui al già esaminato primo motivo - una pronuncia di principio s’impone ed appare necessaria al fine di correggere ed indirizzare l’operato futuro dell’Amministrazione, essa risulta per il secondo profilo, di converso, ultronea, atteso il mutamento delle determinazioni regionali, non più riproduttive del contenuto a suo tempo censurato.
7.3. È quindi evidente la mancanza di interesse delle parti alla decisione in simili ipotesi, dal momento che la pronuncia resa nel merito in nulla gioverebbe alla parte appellante (ma lo stesso è a dirsi per la parte ricorrente, ove simili evenienze si verifichino nel corso del primo grado di giudizio): la pronuncia andrebbe infatti ad incidere su un atto che è non più esistente e suscettibile di essere corretto ed anzi, a ben vedere, su un atto che è già stato corretto, ex post, dalla stessa Amministrazione.
8. Per tutto quanto sopra esposto, gli appelli sono dichiarati in parte infondati ed in parte improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse delle parti alla decisione.
9. In ragione della complessità e della novità delle questioni dibattute, sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, principale e incidentale, come in epigrafe proposti in parte li respinge ed in parte li dichiara improcedibili.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere