Cons. Stato Sez. VI n. 3851 del 17 giugno 2010
Beni Ambientali.Vincolo paesaggistico sopravvenuto

Nell’esegesi degli artt. 139 e 146, d.lgs. n. 42/2004, si deve ritenere che il sopravvenuto vincolo paesaggistico non è opponibile, e dunque non impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e di cui sia già iniziata l’esecuzione; b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto non imputabile al soggetto autorizzato. Invece, il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e dunque impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per interventi edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo edilizio; b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato.

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 03851/2010 REG.DEC.
N. 02169/2010 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


sul ricorso numero di registro generale 2169 del 2010, proposto da Essebiesse Power s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Angelo Clarizia, Giovanni Battista Conte, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;


contro


Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Molise, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero, in Roma, via Albalonga, n. 7;
Associazione Italia Nostra, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Medugno, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Panama, n. 58;

per l’ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1020/2010, resa tra le parti, concernente AUTORIZZAZIONE ALLA REALIZZAZIONE DI IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA DI FONTE EOLICA.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Molise e dell’Associazione Italia Nostra;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 il consigliere Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati D'Angiolella (per delega dell'avv. Abbamonte), Clarizia, Conte, Colalillo, Medugno, nonché l’avvocato dello Stato Sabelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. L’odierna ricorrente Essebiesse Power s.r.l. (d’ora innanzi SBS) opera nel settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, e segnatamente si occupa di realizzazione e gestione di impianti eolici.

1.1. In data 12 novembre 2004 SBS ha inoltrato alla Regione Molise istanza di rilascio dell’autorizzazione unica (ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003), per la realizzazione di un impianto di energia elettrica di fonte eolica da 32 MW da ubicarsi nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo.

1.2. Dopo svariate vicende amministrative, rimanendo inerte la Regione Molise nel rilascio dell’autorizzazione unica, SBS ha proposto innanzi al Tar Molise azione volta ad acclarare l’illegittimità del silenzio – inadempimento.

Il Tar Molise, con sentenza n. 749/2006 ha ordinato all’Amministrazione di provvedere.

1.3. Rimanendo ulteriormente inerte la Regione, a seguito di ulteriore ricorso al Tar Molise, quest’ultimo con sentenza n. 749/2006 ha nominato un commissario ad acta con il compito di provvedere sulla domanda di autorizzazione unica entro novanta giorni.

1.4. Il commissario ad acta, con provvedimento n. 1000/CAA del 2 luglio 2007 ha autorizzato SBS a realizzare e gestire l’impianto.

1.5. Contro l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e contro la valutazione di compatibilità ambientale ha proposto ricorso al Tar per il Molise l’Associazione Italia Nostra.

Con la sentenza n. 115/2009 il Tar Molise ha accolto il ricorso proposto dall’Associazione Italia Nostra, annullando l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.

1.6. Su appello di SBS, la sentenza è stata riformata con la decisione di questo Consiglio di Stato 22 febbraio 2010 n. 1020, che ha fatto rivivere i provvedimenti amministrativi annullati dal Tar.

1.7. Il Ministero per i beni e le attività culturali – Direttore regionale di Campobasso, con decreto 8 marzo 2010 ha inibito la ripresa e la prosecuzione dei lavori di realizzazione dell’impianto eolico in questione, sul presupposto che con d.m. 23 luglio 2009 (pubblicato in G.U. 20 agosto 2009) è stato sottoposto a vincolo paesaggistico l’intero territorio dei Comuni di Cercepiccola, S. Giuliano del Sannio e Cercemaggiore.

2. Ha proposto ricorso per ottemperanza la SBS, lamentando che tale provvedimento è elusivo e violativo del giudicato, in quanto il giudicato avrebbe fatto rivivere i provvedimenti impugnati senza spazio per un riesercizio dell’azione amministrativa.

3. Si sono costituiti in resistenza il Ministero autore del provvedimento contestato e l’Associazione Italia Nostra. Si è costituita per aderire al ricorso la Regione Molise.

4. Giova anzitutto delimitare l’ambito del giudicato.

Oggetto del contendere nel giudizio di cognizione era la legittimità o meno dell’autorizzazione unica per l’impianto eolico, che valutava anche i profili paesaggistici in base allo stato di fatto e di diritto all’epoca di adozione, nel 2007, quando sull’area non vi era alcun vincolo paesaggistico.

Non si contendeva, invece, della eseguibilità attuale di tale autorizzazione, e della sua idoneità o meno attuale a far eseguire l’intervento, alla luce del sopravvenuto d.m. 23 luglio 2009 che non formava oggetto del contendere.

Nel giudizio di cognizione si poneva solo una questione di legittimità dell’autorizzazione unica, non di sua eseguibilità.

Né il d.m. del 2009 rilevava ai fini della valutazione dell’interesse all’appello, atteso che comunque l’autorizzazione unica autorizzava l’intervento sotto molteplici profili ulteriori rispetto a quello paesaggistico, e che il d.m. del 2009 non impone un vincolo di inedificabilità assoluta.

Su tale d.m., pertanto, il giudicato non si è pronunciato non essendo esso oggetto del giudizio, e facendosi solo questione di legittimità o illegittimità dell’autorizzazione unica rilasciata in epoca ben anteriore a detto d.m.

5. Pertanto, l’affermazione del giudicato invocata da parte ricorrente, e in particolare la frase “rivivere i provvedimenti impugnati, non essendoci spazio per un riesercizio dell’azione amministrativa” è formulata a tutt’altri fini, e in particolare con riferimento al capo di sentenza di primo grado secondo cui in sede di rinnovazione del procedimento amministrativo occorreva tener conto di una sopravvenuta legge regionale. Il giudicato statuisce che essendo riformata la sentenza del Tar e rivivendo gli atti annullati, non vi è spazio per il riesercizio dell’azione amministrativa, ovviamente avuto riguardo all’autorizzazione unica.

6. Tanto considerato, il presente giudizio di ottemperanza è chiamato a coprire uno spazio lasciato bianco dal giudicato, e afferente a questione successiva, quella delle eseguibilità o meno, in concreto, dell’autorizzazione unica rilasciata nel 2007, a seguito della sopravvenienza del d.m. di vincolo nel 2009.

7. Per la soluzione della questione non giova la tesi di parte appellante secondo cui tale d.m. non è retroattivo perché nessuna sua disposizione ne afferma la retroattività.

Infatti il d.m. si inserisce in una cornice normativa primaria che ne chiarisce gli effetti, in quanto l’art. 139, d.lgs. n. 42/2004, dispone che sin dalla data di pubblicazione della proposta che dà avvio al procedimento di imposizione del vincolo paesaggistico, si producono gli effetti che derivano dal vincolo medesimo una volta imposto, ai sensi del successivo art. 146, vale a dire la necessità di chiedere l’autorizzazione paesaggistica.

7.1. Il quadro di fatto è dunque il seguente:

a) è stata rilasciata un’autorizzazione unica nel 2007, con valutazione anche dei profili paesaggistici, ma in un quadro normativo e fattuale in cui l’area non era sottoposta a vincolo paesaggistico, sicché l’autorizzazione unica non poteva assorbire e valere anche come autorizzazione paesaggistica, all’epoca non necessaria;

b) in virtù del sopravvenuto d.m. del 2009 occorre ora autorizzazione paesaggistica.

7.2. Sul piano giuridico, occorre stabilire se il d.m. del 2009 costituisca una sopravvenienza normativa opponibile a chi ha ottenuto una autorizzazione unica sin dal 2007 e non ha potuto realizzare l’intervento non per fatto proprio, ma perché destinatario di un ricorso giurisdizionale, conclusosi in senso favorevole al titolare dell’autorizzazione unica.

Nell’esegesi degli artt. 139 e 146, d.lgs. n. 42/2004, si deve ritenere che il sopravvenuto vincolo paesaggistico non è opponibile, e dunque non impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica:

a) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e di cui sia già iniziata l’esecuzione;

b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto non imputabile al soggetto autorizzato.

Invece, il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e dunque impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica:

a) per interventi edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo edilizio;

b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato.

A tale soluzione interpretativa si perviene sulla base di un dato letterale e di un dato sistematico.

Il dato letterale si trae dall’art. 146, d.lgs. n. 42/2004, a tenore del quale l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e “presupposto” del permesso di costruire o altro titolo abilitativo edilizio. Anche nel regime precedente, si riteneva che il titolo abilitativo edilizio fosse condizionato al rilascio del titolo paesaggistico.

Data la portata condizionante del titolo paesaggistico rispetto a quello edilizio, l’avvenuto rilascio del titolo edilizio (ovviamente se legittimo) implica o che è stato già rilasciato il titolo paesaggistico, o che questo non è necessario.

Sul piano sistematico, l’art. 146 in commento deve coordinarsi con il principio della tutela dell’affidamento; chi ha ottenuto un titolo edilizio (del quale è condizione o presupposto il titolo paesaggistico o la non necessità di esso), non può vedere rimessa in discussione la validità ed eseguibilità del titolo edilizio per effetto del sopravvenuto vincolo paesaggistico.

Di tale principio dell’affidamento in siffatta materia si trae conferma dall’art. 15, comma 4, t.u. edilizia n. 380/2001, a tenore del quale il permesso di costruire decade ex lege in caso di contrastanti sopravvenienze urbanistiche (cui estensivamente devono assimilarsi quelle paesaggistiche), salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro tre anni dalla data di inizio.

All’ipotesi di inizio dei lavori deve assimilarsi quella in cui l’inizio non vi sia stato per factum principis non imputabile all’interessato, ove risulti che i lavori sarebbero potuti legittimamente e tempestivamente iniziare.

7.3. Alla luce di tale esegesi, si deve osservare che l’intervento per cui è processo è stato autorizzato sin dal 2007.

Parte ricorrente ha prodotto documentazione fotografica atta a dimostrare che i lavori sono già iniziati e ampiamente in corso (risulta realizzata la base della piattaforma con scavo e fondazioni oltre alla messa in sicurezza della strada “Il Tratturo” e all’allestimento del cantiere).

All’udienza odierna, su specifica domanda del Collegio, parte ricorrente, con risposta raccolta a verbale, ha dichiarato che i lavori sono iniziati dopo il rilascio dell’autorizzazione unica e sospesi a seguito dell’ordinanza cautelare emessa dal Tar Molise, che ha sospeso tale autorizzazione.

Tale circostanza di fatto non è stata contestata dalle altre parti.

La circostanza di fatto è comunque non rilevante, dovendosi equiparare al caso di lavori già iniziati prima dell’imposizione del vincolo il caso di lavori che non sono potuti iniziare per factum principis.

Nel caso di specie, dopo il rilascio dell’autorizzazione unica i lavori avrebbe potuto essere conclusi prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico. Il ritardo nella conclusione dei lavori è ascrivibile alla instaurazione di un giudizio da parte di controinteressati alla realizzazione dell’intervento. Il giudizio si è concluso nel senso della legittimità dell’autorizzazione unica. Pertanto, il soggetto autorizzato va rimesso nella situazione di fatto e di diritto esistente nel 2007 e il vincolo del 2009 non è ad esso opponibile.

7.4. Giova anche considerare l’elaborazione giurisprudenziale in tema di giudicato e sopravvenienze in materia edilizia-urbanistica (cui devono assimilarsi quelle in materia paesaggistica).

Costituisce principio consolidato quello secondo cui l’esecuzione del giudicato trova ostacolo e limite nelle sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza, restando irrilevanti solo le sopravvenienze successive alla notificazione medesima; siffatto orientamento è stato affermato soprattutto con riferimento alle sopravvenienze in materia di edilizia e urbanistica, rispetto a provvedimenti di diniego di concessione edilizia, annullati in sede giurisdizionale, e ha la sua giustificazione nella circostanza che l’interesse all’esecuzione del giudicato in materia edilizia-urbanistica deve essere mediato con l’interesse generale al rispetto dei nuovi assetti in materia nel frattempo intervenuti; più in generale, può affermarsi che le sopravvenienze di fatto e di diritto anteriori alla notifica della sentenza costituiscono un ostacolo e un limite all’esecuzione del giudicato laddove le stesse comportino un diverso assetto dei pubblici interessi che sia inconciliabile con l’interesse privato salvaguardato dal giudicato; ove siffatta inconciliabilità non vi sia, deve invece darsi piena espansione alla regola secondo cui la durata del processo non deve andare in danno della parte vittoriosa, e la parte vittoriosa ha diritto all’esecuzione del giudicato in base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell’adozione degli atti lesivi caducati in sede giurisdizionale (Cons. St., sez. VI, 22 ottobre 2002 n. 5816).

Il d.m. del 2009 costituisce una sopravvenienza anteriore al giudicato.

L’applicazione dei suindicati principi giurisprudenziali al caso di specie comporta due corollari.

Il primo corollario è che il d.m. del 2009 potrebbe rilevare come sopravvenienza normativa se comportasse un diverso assetto dei pubblici interessi radicalmente inconciliabile con l’assetto di interessi come cristallizzato nel provvedimento di autorizzazione unica del 2007 e come valutato dal giudicato; tale radicale inconciliabilità non si ravvisa per due ordini di ragioni: perché il vincolo imposto nel 2009 è relativo e non assoluto, e perché la compatibilità paesaggistica dell’intervento è stata comunque già valutata favorevolmente nel 2007; come statuito dal citato precedente, in difetto di radicale inconciliabilità della sopravvenienza con l’assetto precedente, deve darsi piena espansione al principio secondo cui la durata del processo non deve andare in danno di chi ha ragione, sicché il giudicato si esegue in base allo stato di fatto e di diritto vigente all’epoca del provvedimento amministrativo sottoposto a processo;

Il secondo corollario è che il d.m. del 2009 potrebbe rilevare come sopravvenienza normativa ove venissero in questione interessi pretensivi e dunque la necessità di un riesercizio dell’azione amministrativa in virtù del giudicato, riesercizio nell’ambito del quale andrebbero considerate le sopravvenienze normative. Infatti la giurisprudenza sulla rilevanza delle sopravvenienze in materia edilizia-urbanistica si è formata in relazione ai casi di interessi pretensivi (illegittimi dinieghi di titoli edilizi).

Nel caso di specie viene invece in considerazione un interesse oppositivo, perché il titolo abilitativo era stato rilasciato ed è stato attaccato da terzi in giudizio; a fronte di un giudicato che respinge l’attacco al provvedimento amministrativo e ne statuisce la legittimità, non c’è spazio per un riesercizio né per un ulteriore esercizio dell’azione amministrativa. L’interessato va rimesso nello stato di fatto e di diritto vigente alla data di adozione del provvedimento originario.

8. Alla luce di quanto esposto, il giudicato di cui si chiede l’esecuzione, riconoscendo la legittimità del provvedimento di autorizzazione unica, e rimettendo l’interessato nello stato di fatto e di diritto vigente nel 2007, comporta l’inopponibilità, ai fini della realizzazione dell’intervento, del sopravvenuto d.m. del 2009.

Per l’effetto, il provvedimento inibitorio adottato nel 2010 deve essere considerato violativo del giudicato e pertanto nullo.

9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Ministero e della società Italia Nostra e in favore della società ricorrente nella misura di euro tremila (3.000) a carico del Ministero e di euro duemila (2.000) a carico di Italia Nostra. Le spese di lite vanno invece compensate in relazione alla Regione Molise.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara nullo per violazione del giudicato il decreto 8 marzo 2010 del Ministero per i beni e le attività culturali.

Compensa le spese tra la ricorrente e la Regione Molise; condanna il Ministero per i beni e le attività culturali e l’associazione Italia Nostra al rimborso delle spese e onorari di lite nei confronti della ricorrente, nella misura, rispettivamente, di euro tremila e di euro duemila.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/06/2010