TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 346 del 19 aprile 2018
Beni Culturali.Conservazione del bene culturale e finalità di fruizione
Ai sensi dell'art. 3 c, 1, del D.lgs. 42/2004 la conservazione del bene culturale è specificatamente connessa alla fruizione dello stesso, che costituisce il principale scopo della stessa protezione accordata ai beni culturali. Tale finalità di fruizione è d’altronde evidente in altre norme del Codice Beni Culturali, laddove si consente all’Amministrazione l’imposizione di prescrizioni volte ad assicurare la pubblica godibilità del bene (vedi ad es. art. 55 D.lgs. 42/2006 in materia di vendita di beni culturali). La fruibilità a favore della collettività è in funzione dunque della stessa “valorizzazione” dei beni culturali, non essendo sufficiente la sola “conservazione”: del resto - secondo autorevole dottrina - “il bene culturale è pubblico non in quanto bene di appartenenza, ma in quanto bene di fruizione”.
Pubblicato il 19/04/2018
N. 00346/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00205/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2017, proposto da:
Italia Nostra - Associazione Nazionale per la Tutela del Patrimonio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Carullo, Marcella Giuliante, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Carullo in Bologna, Strada Maggiore 47;
contro
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Bologna, via Guido Reni, 4;
Comune di Modena, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Villani, Stefano Maini, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria TAR in Bologna, Strada Maggiore 53;
nei confronti
Mm S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Matilde Palmieri, Elena Toni, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria TAR in Bologna, Strada Maggiore 53;
per l'annullamento
del provvedimento autorizzatorio prot. n. 13286 del 23.12.2016 con il quale il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha autorizzato i lavori previsti nel progetto di restauro ed adeguamento igienico funzionale con frazionamento ed ampliamento dell'immobile denominato “Villini Pollastri”, di proprietà della MM S.r.l., reso in data 23.12.2016 e conosciuto dalla ricorrente in data 3.3.2017;
- del permesso di costruire n. prot. 3840/2016 emesso in data 7.3.2017 dal Comune di Modena in favore della controinteressata avente ad oggetto il “progetto di ampiamento con aumento del carico urbanistico di edificio sottoposto a vincolo di “pubblico interesse” ai sensi dell'art. 15 comma 1 del D. Lgs. n. 42/2004 e con vincolo di riqualificazione e ricomposizione tipologica”;
- nonché di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale ed in particolare, per quanto occorrer possa, della nota prot. n. 5694 del 27.9.2016 recante indicazioni formulate dalla Soprintendenza ai fini del rilascio della richiesta autorizzazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo e di Comune di Modena e di Mm S.r.l. e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ferrara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2018 la dott.ssa Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha chiesto l'annullamento dei seguenti atti :
a). provvedimento autorizzatorio n. 13286 del 23.12.2016 pos. Archivio MO_M/1252 , Class. 34.19.07 con la quale il Ministero dei Beni e attività culturali ha autorizzato i lavori previsti nel progetto di restauro e adeguamento igienico funzionale con frazionamento e ampliamento dell’immobile Villino Pollastri di proprietà della MM SRL resa in data 23.12.2016 e conosciuta dalla ricorrente in data 3.3.2017;
b). permesso di costruire n. 3840/2016 emesso in data 7.3.2017 dal Comune di Modena in favore della controinteressata avente ad oggetto il “progetto di ampiamento con aumento del carico urbanistico di edificio sottoposto a vincolo di pubblico interesse ai sensi dell’art. 15, comma 1, DLGS 42/2004 e con vincolo di riqualificazione e ricomposizione tipologica”.
Il ricorso è stato supportato dai seguenti motivi di diritto :
1). Illegittimità per violazione di legge, violazione e falsa applicazione artt. 10, 13 e 29 DLGS 42/2004; violazione di legge per violazione L. 241/90; sotto il profilo del difetto di istruttoria, carenza di motivazione;
2). Illegittimità per violazione di legge, violazione e falsa applicazione art. 3 DPR 380/2001; eccesso di potere per falso presupposto di fatto, eccesso di potere per sviamento;
3). Illegittimità per violazione di legge, violazione art. 29, commi 1-4, codice dei beni culturali e del paesaggio, art. 3 comma 1, lettera c), TU in materia edilizia (DPR 380/2001) e art. A-9 dell’Allegato contenuti della pianificazione della LR Emilia Romagna n. 20/2000;
4). Illegittimità per violazione di legge, violazione e falsa applicazione art. 15.3 del RUE del Comune di Modena.
1). Con il primo motivo la ricorrente sostiene che non si tratta di “adeguamento” ma di “totale stravolgimento” dell’originale progetto architettonico caratterizzato non solo dal disegno liberty e dagli ornamenti connessi ma anche dal parco giardino che si integra con l’edificio, costituendo con esso un unicum riconosciuto e assoggettato alla tutela.
Precisa la ricorrente che <vengono realizzate n. 6 nuove unità abitative di limitate dimensioni in luogo delle 2 unità oggi esistenti; è previsto un nuovo corpo di fabbrica in stile completamente dissonante; è eliminato il rigoglioso verde di pertinenza>.
2). Con il secondo motivo la ricorrente sostiene poi che parlare di restauro con ampliamento di cubatura e aumento del carico urbanistico costituisce una contraddizione in termini e contrasta con il dettato normativo.
3). Con il terzo motivo di ricorso si sostiene che – sopravvenuto il provvedimento del Ministero beni e attività culturali (decreto del segretario regionale 26.11.2015) che dichiara l’immobile di interesse storico e artistico particolarmente importante - la disciplina di RUE è divenuta inapplicabile perché prevalgono le prescrizioni di cui all’art. 29 Codice beni culturali e paesaggio.
4). Infine con l’ultimo motivo di ricorso si sostiene che l’art. 15.3 del vigente RUE del Comune di Modena prevede che sulle costruzioni esistenti sono ammesse esclusivamente le trasformazioni espressamente previste; e il comma 1, lettera c) precisa che “nelle costruzioni esistenti sono ammessi i soli ampliamenti senza aumento del carico urbanistico”.
La ricorrente ha depositato memoria in data 15.9.2017. Nella stessa insiste nel sostenere che <la realizzazione del garage ipogeo (ulteriore ampliamento volumetrico) comporta la distruzione del giardino, essenziale pertinenza dell’insediamento residenziale sul modello di città giardino>.
La ricorrente insiste ancora – nella memoria del 29.9.2017 – nel sostenere che l’intervento così come autorizzato e risultante dai progetti comporta un aumento del 70% del volume originario del fabbricato considerato come dovuto anche il vasto volume della autorimessa interessata; inoltre, comporta la radicale alterazione del giardino perché il terreno è finalizzato alla realizzazione della autorimessa per otto posti auto.
Si sono costituite tutte le controparti con deposito di memorie e documenti.
Il Comune Modena, in replica, ha chiarito quanto segue :
a). il Villino Pollastri è di proprietà della ricorrente MM SRL ; si tratta di un immobile costruito nel 1923 rimaneggiato nel 1925 sopraelevato nel 1928 e poi ancora rimaneggiato (1950); lo stesso presenta interesse culturale; nel 2015 è stato vincolato dalla Soprintendenza con decreto 26.11.2015;
b). a livello urbanistico il Villino è assoggettato alla disciplina della ricomposizione tipologica attestata dal caratteristico simbolo (triangolo) apposto sull’area 03 della Zona elementare n. 442 del vigente PRG di Modena;
c). il vigente art. 22.4 del RUE dispone : si definiscono come interventi di riqualificazione e ricomposizione tipologica R3 le trasformazioni consistenti in interventi di adeguamento funzionale e distributivo, di consolidamento strutturale e di adeguamento degli impianti tecnologici e igienico sanitari, eventualmente associati a modesti ampliamenti, nei casi ammessi dalla disciplina specifica della zona elementare che, a seguito della lettura del processo costitutivo dell’edificio, si esplicitino nella logica di accrescimento del tipo edilizio. Tali trasformazioni devono essere informate ad un criterio di mantenimento e valorizzazione della configurazione volumetrica, compositiva e decorativa esterna, nonché degli elementi di strutturazione e configurazione interna di particolare pregio. L’immobile dunque non è assoggettato al diverso regime del restauro risanamento conservativo;
d). dunque il villino può subire ampliamenti poiché l’adeguamento funzionale e distributivo con modesto ampliamento è espressamente consentito dal vigente PRG;
e). è stato acquisito il parere del Settore Ambiente in data 8.2.2017 ; lo stesso riguarda l’abbattimento delle piante strettamente interferenti con l’ampliamento edilizio autorizzato dalla Soprintendenza (n. 5 piante : ippocastano, magnolia, ginkgo biloba; 2 aceri pseudoplatani);
f). nella perizia di parte dell’Ing. Maurizio Borsari emerge che : le piante abbattute non avevano età superiore a 27-30 anni;
g). nessuna tutela è stata accordata dalla Soprintendenza al giardino del villino;
h). il decreto di vincolo prescinde dalla consistenza volumetrica dell’immobile (frutto di trasformazioni) e si fonda sulla peculiarità della inconsueta altana e sui motivi architettonici ripetuti nonostante le continue superfetazioni nel tempo; di fatto, la Soprintendenza ha consentito “un ampliamento del fonte retrostante” e la “costruzione di un piano interessato”. La medesima Soprintendenza ha dato atto che “l’ampliamento di dimensioni limitate in pianta ed altezza si sviluppa in coerenza con le linee architettoniche dell’immobile tutelato, il quale peraltro risulta di più fasi costruttive a partire del 1923, fino al secondo dopoguerra”.
Replica anche la controinteressata MM SRL sostenendo che :
a). <per l’immobile in questione non sussistono, a causa della sua ordinarietà e delle numerose modifiche subite nel tempo, i requisiti di interesse particolarmente importante>;
b). la Soprintendenza ha espresso le proprie valutazioni <ritenendo che l’immobile presenti i previsti requisiti di interesse storico artistico in particolare per la peculiarità architettonica della altana, che lo caratterizza quale pregevole esempio di villino borghese degli inizi del XX secolo>.
A seguito dell’ordinanza istruttoria n. 737/2017 tutte le parti hanno depositato ulteriori memorie e documenti.
I). In via preliminare va richiamato il quadro normativo.
Ai sensi del T.U. D.P.R. 380/2001 la disciplina dell’attività edilizia può essere così ricostruita:
- attività edilizia totalmente libera: si tratta degli interventi edilizi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo né è prevista alcuna specifica comunicazione; la relativa disciplina è dettata dall’art. 6, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001;
- attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori: si tratta degli interventi edilizi eseguibili senza alcun titolo abilitativo ma previa comunicazione al Comune dell’inizio lavori; la relativa disciplina è dettata dall’art. 6, commi 2, 3, 4, T.U. D.P.R. 380/2001;
- attività edilizia soggetta a permesso di costruire: si tratta degli interventi edilizi puntualmente indicati all’art. 10 T.U. D.P.R. 380/2001 (interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica e di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici o, limitatamente alle zone A, mutamento di destinazione d’uso); la relativa disciplina è dettata dagli articoli da 10 a 21 del T.U. D.P.R. 380/2001;
- attività edilizia soggetta a super-Dia;
- attività edilizia soggetta a Scia;
La vigente disciplina dei beni culturali trova la sua fonte nel “codice dei beni culturali e del paesaggio” di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito “codice beni culturali”) entrato in vigore il 1 maggio 2004 (decreto che ha abrogato il precedente decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 che a sua volta aveva abrogato la legge 1 giugno 1939 n. 1089).
Per quanto riguarda i rapporti tra la disciplina dell’attività edilizia e la disciplina dei beni culturali, la norma di riferimento è l’art. 1, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001, il quale stabilisce che «restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali ... contenute nel D.lgs. 490/1999 (all’epoca in vigore e successivamente sostituito dal D.lgs. 42/2004)».
In pratica, nel caso di interventi materiali e/o strutturali su beni culturali si ha una sovrapposizione di discipline:
- la disciplina dettata dal T.U. D.P.R. 380/2001, volta ad assicurare il rispetto delle prescrizioni di carattere urbanistico (per un ordinato sviluppo edificatorio del territorio) mediante il controllo della conformità dell’attività edilizia, che in concreto si intende svolgere, alle leggi ed agli strumenti urbanistici vigenti;
- la disciplina dettata dal “codice beni culturali”, volta ad assicurare il rispetto delle prescrizioni poste a tutela dei beni culturali ossia dei beni immobili che presentano un interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico (in conformità al disposto dell’art. 9 della Costituzione).
Il “codice beni culturali” stabilisce che:
- i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi incompatibili al loro carattere storico ed artistico (art. 20, comma 1); la rimozione o la demolizione, anche con successiva ricostituzione dei beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali (art. 21, comma 1);
- l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente; il mutamento di destinazione d’uso deve essere comunicata al soprintendente (art. 21 comma 4);
- l’autorizzazione è resa su progetto o descrizione tecnica dell’intervento e può contenere prescrizioni; se i lavori non iniziano entro 5 anni il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione (art. 21 comma 5).
Particolare importanza, ai fini dell’armonizzazione della disciplina in materia edilizia con quella in materia di tutela dei beni culturali, assume, pertanto, l’autorizzazione del soprintendente di cui all’art. 21 comma 4, Codice beni culturali.
Infine, il testo unico dell’edilizia, DPR 380/2001, all’art.3 c.1 distingue i lavori nei seguenti tipi:
a) manutenzione ordinaria: gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) manutenzione straordinaria: le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
c) restauro e risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalita' mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
II). A questo punto va verificato il profilo della legittimazione ad agire.
L’eccezione, sollevata alla data fissata per l’udienza pubblica, è infondata.
Il recente precedente di questa Sezione (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, 10-07-2014, n. 741) ha affermato: “Va in proposito richiamato il consolidato principio per cui le associazioni ambientalistiche hanno sì titolo ad impugnare qualsiasi atto amministrativo, ma la specialità della loro legittimazione a ricorrere, condizionata a monte dagli scopi da esse perseguiti, consente loro unicamente la deduzione di censure funzionali al soddisfacimento di interessi ambientali e impedisce invece la proposizione di doglianze relative a violazioni di altra natura, le quali solo in via strumentale ed indiretta - e non in ragione della violazione dell'assetto normativo di tutela dell'ambiente - potrebbero semmai determinare un effetto utile ai fini della salvaguardia dei valori ambientali (v. Cons. giust. amm. Reg. Sic. 16 ottobre 2012 n. 933); pertanto, i profili di gravame devono essere attinenti alla sfera di interesse ambientale dell'associazione e, come tali, devono essere intesi al conseguimento di una utilità "direttamente rapportata" alla posizione legittimante (v. TAR Liguria, Sez. I, 29 giugno 2012 n. 905).
Nel caso di specie, sussiste la legittimazione della ricorrente trattandosi di questione che in sé attiene alla salvaguardia dell'ambiente.
III). Nel merito il ricorso è fondato e va accolto.
In punto di diritto - come ampiamente noto - le valutazioni effettuate dal MIBAC in materia di compatibilità ambientale e di compatibilità fra l'opera di restauro dei beni assoggettati a vincolo storico-artistico e l'esigenza di conservazione dei valori artistici e storici che i predetti beni esprimono, risultano espressione di un'ampia discrezionalità tecnica (ex multis Consiglio di Stato sez. sez. VI, 23 luglio 2015, n. 3652; T.A.R. Lazio sez. I, 15 luglio 2013, n. 6997) sindacabile dal g.a. solo sotto il profilo del travisamento dei fatti e della manifesta illogicità o irragionevolezza (Consiglio di Stato sez. VI, 14 ottobre 2015, n. 4750; id. 4 giugno 2015, n. 2751).
I motivi di ricorso sub 1-2 e 4 possono essere trattati congiuntamente per ragioni di connessione oggettiva e sono condivisibili.
E’ condivisibile, in particolare, l’argomentazione del ricorso secondo la quale <è previsto un nuovo corpo di fabbrica in stile completamente dissonante…ed è eliminato il rigoglioso verde di pertinenza … e che parlare di restauro con ampliamento di cubatura e aumento del carico urbanistico costituisce una contraddizione in termini e contrasta con il dettato normativo>.
In base agli atti depositati in giudizio si evince quanto segue :
a). in data 23.11.2015 è stata predisposta la relazione storico artistica da parte della Soprintendenza belle arti e paesaggio. In essa si legge : <il villino è una costruzione a tre piani a pianta quadrangolare compatta, con l’altana a filo della facciata su via Sabbatini in corrispondenza di un leggero avanzamento e scala esterna di accesso al piano primo. In pianta presenta ambienti regolari sui più livelli collegati in verticale da una scala interna collocata verso il retro>;
b). con la nota n. 17865 del 25.11.2015 la Soprintendenza belle arti e paesaggio ha trasmesso alla commissione regionale competente la proposta definitiva per l’emanazione del provvedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante dell’immobile in questione ai sensi del DLGS 42/2004, e ha espresso le valutazioni in merito alle osservazioni della società MMSRL ; in particolare emerge che <l’immobile presenta i requisiti di interesse storico artistico in particolare per la peculiarità architettonica della altana che lo caratterizza quale pregevole esempio di villino borghese degli inizi del XX secolo>;
c). con decreto di vincolo D0015 in data 26.11.2015 il Ministero beni e attività culturali ha affermato che il villino Pollastri <presenta interesse particolarmente importante ai sensi del DLGS 42/2004 in quanto l’edificio , frutto di successivi progetti eseguiti tra il 1923 e il 1936, rappresenta un pregevole esempio di villino borghese degli inizi del XX secolo, caratterizzato dalla particolare composizione architettonica formata da un corpo di fabbrica a due piani con finestre incorniciate e da una altana svettante su due livelli con aperture architravate tripartite, scandite all’ultimo piano da due colonne ciascuna>;
d). nella relazione storico-critica allegata alla proposta del soprintendente e fatta propria dalla decidente commissione regionale per la tutela dell’edificio risulta che : <il villino è una costruzione a tre piani a pianta quadrangolare compatta con altana a filo della facciata su Via Sabbatini.. in pianta presenta ambiente regolari sui più livelli collegati in verticale da una scala interna collocata verso il resto … >;
e). la progettata addizione del vasto corpo di fabbrica con pianta a trapezio irregolare che cresce dal prospetto posteriore (orientato a ovest) nel tratto di circa sei metri e sporgente per oltre un metro dal filo del fianco sud dell’edificio come espansione asimmetrica dell’appartamento a piano terra e di quello al primo piano, altera la composizione organica della struttura;
f). anche la trasformazione interna funzionale alla realizzazione di sei appartamenti, in luogo dei due del primo e secondo piano, comporta una radicale ristrutturazione che sovverte la pianta con la disposizione di ambienti regolari sui più livelli collegati in verticale da una scala interna.
Con valutazione che il Collegio reputa manifestamente illogica e irragionevole (e quindi sindacabile in sede di giurisdizione generale di legittimità) il MIBAC ha ritenuto possibile l’intervento in questione.
Ai sensi dello stesso art. 3 c, 1, del D.lgs. 42/2004 la conservazione del bene culturale è specificatamente connessa alla fruizione dello stesso, che costituisce il principale scopo della stessa protezione accordata ai beni culturali.
Tale finalità di fruizione è d’altronde evidente in altre norme del Codice Beni Culturali, laddove si consente all’Amministrazione l’imposizione di prescrizioni volte ad assicurare la pubblica godibilità del bene (vedi ad es. art. 55 D.lgs. 42/2006 in materia di vendita di beni culturali).
La fruibilità a favore della collettività è in funzione dunque della stessa “valorizzazione” dei beni culturali, non essendo sufficiente la sola “conservazione”: del resto - secondo autorevole dottrina - “il bene culturale è pubblico non in quanto bene di appartenenza, ma in quanto bene di fruizione”.
In ultimo, con il terzo motivo di ricorso l’interessata sostiene che – sopravvenuto il provvedimento del Ministero beni e attività culturali (decreto del segretario regionale 26.11.2015) che dichiara l’immobile di interesse storico e artistico particolarmente importante - la disciplina di RUE è divenuta inapplicabile perché prevalgono le prescrizioni di cui all’art. 29 Codice beni culturali e paesaggio.
I primi commi del citato articolo prevedono quanto segue :
<1. La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro.
2. Per prevenzione si intende il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto.
3. Per manutenzione si intende il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti.
4. Per restauro si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale>.
Anche tale doglianza merita condivisione avuto riguardo alla prevalenza della normativa contenuta nel predetto Codice beni culturali.
In particolare, il Collegio ritiene che – in relazione al bilanciamento di interessi in gioco - sia prevalente la valorizzazione del concetto di <bene culturale nel suo contesto>.
In conclusione, nel caso di specie, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Stante la peculiarità della vicenda le spese possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Mozzarelli, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Giuseppe La Greca, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Ada Russo Giancarlo Mozzarelli