Le Zone A ex D.M. 1444/68 quali beni paesaggistici in potenza, a cui il Codice dei beni culturali e del paesaggio accorda anticipata tutela.

di Massimo GRISANTI

 

E’ opinione di chi scrive che “… le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi” – zone territoriali omogenee A ai sensi del D.M. n. 1444/1968 – siano beni paesaggistici in potenza, a cui il Codice accorda tutela anticipata.

L’affermazione è l’approdo finale di un ragionamento che parte dalla seguente statuizione di principio contenuta nell’art. 2 del Codice: “… Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge”.

Non utilizzando la locuzione “in base alla presente legge”, oppure “in base al Codice”, il legislatore ha chiaramente voluto affermare che – oltre a quelli indicati all’art. 134 – vi sono beni immobili che sono stati dichiarati di notevole interesse pubblico, o possono esserlo, al di fuori delle procedure di cui agli articoli 138 e ss. o di elaborazione del piano paesaggistico, ai quali, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, deve essere accordata adeguata tutela.

Una dichiarazione evidentemente avvenuta, o da farsi, a mezzo di atti amministrativi generali di natura regolamentare.

E poiché il Codice altro non è che il punto di arrivo di una complessa attività di conservazione del patrimonio nazionale, si è reso necessario ripartire con l’esame dalla primo provvedimento legislativo organico ovverosia dalla Legge n.1497/1939.

All’art. 7 della L. 1497 il legislatore dispose che i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell'immobile, il quale sia stato oggetto di notificata dichiarazione o sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle località non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge. Essi, pertanto debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente Regia Soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione.

Siffatto obbligo di autorizzazione, e quindi la tutela paesaggistica dei beni, iniziava a decorrere dal momento di pubblicazione all’albo pretorio comunale dell’elenco delle bellezze individuate dalla Commissione provinciale, a cui, come è noto, seguiva sia il periodo delle opposizione, sia il provvedimento conclusivo ministeriale con il quale il bene veniva dichiarato di notevole interesse pubblico.

Quindi, l’ordinamento conosce sin dal 1939 l’immediata tutela di beni paesaggistici in potenza (che possono anche non divenire stabilmente tali a seguito dell’accoglimento delle opposizioni o del rifiuto ministeriale di accogliere la proposta della Commissione).

In termini non dissimili dispone l’attuale art. 146 del Codice: “… i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”.

Ebbene, l’art. 136 del Codice recita che “… sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico … i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici …”.

Il caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale trova conformità (“a termini”) nei requisiti richiesti dall’art. 2 del D.M. 1444/1968 affinché il Comune e la Regione – quest’ultima quale Ente preposto, dalle disposizioni di principio fondamentale della legge statale, all’approvazione del P.R.G. a mezzo di apposito decreto del potere esecutivo con il quale, ex art. 10, c. 2, lett. c) della L. 1150/1942 e s.m.i., viene assicurata “… la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici” – possano legittimamente qualificare parti del territorio comunale quali zone territoriali omogenee A (centri e nuclei storici ed aree contermini) e, per l’effetto, sottoporle a specifica disciplina.

Pertanto, per le parti di territorio ivi individuate “zone A”, l’atto approvativo regionale dei piani regolatori generali porta seco la dichiarazione di interesse paesaggistico che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, c. 3, e dell’art. 136, comporta la loro tutela nelle forme previste dagli articoli 146 e 167 del Codice.

Siffatta tutela si atteggia a misura di salvaguardia in pendenza della formazione dei piani paesaggistici regionali, a mezzo dei quali tali parti del territorio comunale possono essere confermate beni paesaggistici ex art. 143, c. 1, lett. d), oppure no. In quest’ultimo caso, però, la decisione comporta la loro automatica de-qualificazione da “zona A” a zona bianca disciplinata dall’art. 9 del Testo Unico dell’Edilizia.

Del resto non si vede perché la Regione può dichiarare un bene singolo di notevole interesse pubblico a mezzo del procedimento delineato dall’articolo 138 e ss. del Codice, ma ciò non potrebbe avvenire, in base alla legge (art. 2 e 136 D.Lgs. 42/2004), a mezzo della dichiarazione approvativa lo strumento urbanistico generale, atteso che quest’ultimo viene formato previa partecipazione popolare e contiene le norme di attuazione quali specifiche prescrizioni d’uso (analoghe a quelle ex art. 138).

Non si dimentichi che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 379/1994, ha statuito che “… a riferita concezione "dinamica" del paesaggio, e la più ampia apertura del concetto di urbanistica, hanno avuto per risultato una sorta di mutualità integrativa, per effetto della quale la tutela dei valori paesaggistico-ambientali si realizza anche attraverso la pianificazione urbanistica …”.

Pertanto non è così irragionevole che in attesa del trapasso dal sistema pan-urbanistico (ove la tutela del paesaggio era perseguibile anche a mezzo di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali) al sistema pan-paesaggistico (assicurata dai puri piani paesaggistici, a cui devono adeguarsi quelli urbanistici), il legislatore statale abbia previsto una sorta di regime transitorio ove la tutela dei centri e nuclei storici – che fanno dell’Italia il paese più bello al mondo – sia assicurata dal combinarsi dell’effetto di pianificazione urbanistica (zone A) con quello della funzione autorizzatoria paesaggistica di beni riconosciuti identitari delle popolazioni locali.