TAR Puglia (BA) Sez. I sent. 121 del 23 gennaio 2009
Beni ambientali. Legittimazione associazioni ambientaliste

sussiste la legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349/1986, quando oggetto di ricorso sia il provvedimento riguardante la realizzazione di opere su di un'area già formalmente qualificata in sede amministrativa come avente un particolare pregio paesistico-ambientale.
N. 00121/2009 REG.SEN.

N. 02735/1999 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2735 del 1999, proposto da:
Associazione Italiana Onlus per il World Wide Fund for Nature (W.W.F. Italia), rappresentata e difesa dagli avv.ti Michele Di Lorenzo e Franco Piccolo, con domicilio eletto presso Franco Piccolo in Bari, presso lo studio dell’avv. E. Augusto, via A. Gimma, 147;


contro

Comune di Andria, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe De Candia e Giuseppe Di Bari, con domicilio eletto presso Giuseppe De Candia in Bari, presso lo studio dell’avv. A. Bagnoli, via Dante, 25;


per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della deliberazione n. 38 in data 8 luglio 1999, con la quale il Consiglio Comunale di Andria approva il progetto preliminare per il centro di accoglienza e servizi di Castel del Monte, e di tutti gli atti presupposti, conseguenti e connessi, compreso i pareri forniti su di esso;




Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Andria;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2008 il Presidente dott. Corrado Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

L’Associazione ricorrente ha impugnato la deliberazione n. 38 in data 8 Luglio 1999, con la quale il Consiglio Comunale di Andria ha approvato il progetto preliminare per un centro di accoglienza e servizi nei pressi di Castel del Monte, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi.

1) Eccesso di potere per: a) omessa o carente istruttoria, in quanto il Comune, nell'individuare l'area d’intervento, non ha svolto alcuno studio di fattibilità e di opportunità o di valutazione di impatto ambientale, assolutamente necessari, data la riconosciuta importanza storica, architettonica ed ambientale del sito, soggetto, peraltro, a vincolo paesaggistico, storico ambientale, idrogeologico e faunistico; b) contraddittorietà del comportamento dell’Amministrazione, perché il Comune, dopo aver deliberato l'approvazione del progetto impugnato, ha richiesto al progettista la ricerca di soluzioni diverse e più rispettose dell'ambiente, ma, pur avendo avuto conferma dell'esistenza di una diversa soluzione pienamente compatibile con i valori ambientali, ha omesso di revocare la deliberazione oggetto di impugnazione; c) illogicità e contraddittorietà dell'atto, considerato che l’intento di voler conservare il provvedimento per non perdere il finanziamento regionale non ha fondamento, risultando la deliberazione impugnata comunque intempestiva rispetto ai termini di finanziamento;

2) violazione di legge (art. 3 L. 241/90) ed eccesso di potere per difetto di motivazione non risultando individuate tutte le opzioni possibili, visto che successivamente all'approvazione del progetto sono state individuate altre soluzioni, tutte comunque più idonee di quella immotivatamente deliberata;

3) violazione di legge (art. 13 L. 25 giugno 1895 n. 2359 e art. 1 L. 3 gennaio 1978 n. 1), in quanto, pur risultando il progetto in questione approvato come opera pubblica in variante allo strumento urbanistico generale, con conseguente dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, il provvedimento non contiene i termini iniziali e finali delle espropriazioni e dei lavori;

4) Violazione di legge (art. 4 L.R. Puglia 3/98 - art. 7 L. 241/90; incostituzionalità dell'art. 4 L.R. 3/98 per contrasto con gli artt. 3, 42 e 117 Cost.), considerato che a norma del citato art. 4 della L.R. 3/98 la deliberazione di approvazione del progetto non costituisce mera adozione, ma comporta già approvazione di variante urbanistica, così eliminando ogni spazio di partecipazione al procedimento.

Il ricorso si conclude con la richiesta di annullamento degli atti impugnati, vinti spese ed onorari di giudizio.

Si è costituito il Comune di Andria, il quale ha eccepito, in via pregiudiziale, il difetto di legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e, nel merito, l’infondatezza del ricorso, di cui ha chiesto la reiezione siccome inammissibile e, comunque, infondato; con condanna della ricorrente al pagamento delle competenze di lite.

La causa è stata trattata all’udienza del 29 ottobre 2008, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.

DIRITTO

Il ricorso in esame è diretto all’annullamento della deliberazione n. 38 in data 8 luglio 1999, con la quale il Consiglio Comunale di Andria ha approvato il progetto preliminare di un centro di accoglienza e servizi, da realizzare sulle pendici di Castel del Monte, che, secondo quanto risulta dalla relazione tecnica, per il centro servizi sviluppa “una cubatura pari a 1645 mc per una superficie coperta di 358 mq, una superficie scoperta per piazzetta di raccolta e terrazza bar per 276 mq”, oltre ad un parcheggio "che solo nella prima fase prevede 32 posti autobus e 158 posti autovettura, in prosecuzione dei quali saranno previsti ulteriori aree per sosta delle autovetture pari a circa 20.000 mq".

Ad avviso dell’Amministrazione comunale resistente, tuttavia, nella fattispecie in esame, in capo all’Associazione ambientalista ricorrente, ancorché riconosciuta, manca con riguardo all’area interessata dal progetto un “interesse ambientale”, giuridicamente rilevante in forza delle previsioni normative positive, che l’abbia legittimata alla proposizione del ricorso.

L’interesse all’ambiente fatto valere nel presente giudizio, si sostiene, non ha qualificazione normativa con riferimento e nei limiti tracciati positivamente dalla legge n. 349 del 1986 oppure da altre fonti normative, intese ad identificare beni ambientali in senso giuridico. Da parte della ricorrente, infatti, si postulerebbe che il progetto approvato con la deliberazione impugnata - peraltro, redatto dalla stessa Soprintendenza per i beni ambientali, artistici, archeologici e storici della Puglia - se eseguito, potrebbe avere un “devastante impatto” sul “contesto architettonico ambientale” interessato, senza tener conto che l’area individuata come sede del controverso centro di accoglienza e di servizi sarebbe priva di una qualche valenza “ambientale” (nel senso indicato dalla legge 8 luglio 1986 n. 349, oppure da altre fonti legislative intese ad identificare beni ambientali in senso giuridico), avendo come uniche connotazioni qualificanti e tipizzanti l’essere “naturalisticamente intatta”, il presentare “le forme e i colori della tipica pseudo steppa murgiana” ed il vantare la presenza in loco di “una zona rimboschita con alberi ad alto fusto”. Si tratterebbe di un bene che in sé esprime una generica ed indefinita valenza naturalistica ed il cui rilievo ai fini della controversia starebbe essenzialmente nella sua “vicinitas” al maniero federiciano.

In sintesi, dunque, l’interesse alla tutela ambientale rispetto a detta area azionato dalla ricorrente sarebbe sì un interesse genericamente riferibile all’ambiente, ma non risulterebbe “giuridicizzato”, in relazione alla sfera di attribuzioni del Ministero dell’ambiente desumibili dalla legge n. 349/1986 come anche in relazione ad altre fonti legislative, grazie alle quali è possibile identificare beni ambientali in senso giuridico.

L’eccezione non può essere condivisa.

Neppure alla data di proposizione del ricorso in esame la tesi in essa sostenuta riscuoteva sufficiente consenso, intendendosi la legge invocata, non certo come diretta alla individuazione della nozione giuridica di “ambiente”, bensì alla semplice delimitazione delle competenze dell’apparato ministeriale con essa istituito e degli specifici interessi alla cura di questo affidati nell’ambito di una materia, quella dell’ambiente, la cui definizione dal punto di vista giuridico rimaneva - e tuttora rimane - ancora incerta. Cosicché non appare corretto ritenere, come fa l’Amministrazione resistente, che soltanto gli interessi nominati in quella legge siano da considerarsi “giuridicizzati” ed in quanto tali tutelati dall’ordinamento, anche attraverso la legittimazione ad agire delle associazione ambientaliste riconosciute ex art. 13 della L. n. 349 del 1986, che, pertanto, ad essi rimarrebbe circoscritta.

Dell’ascrivibilità al concetto giuridico di “ambiente” di ulteriori interessi, rispetto a quelli riguardati dalla legge istitutiva del (già) Ministero dell’ambiente si trova conferma nelle pronunce della Corte Costituzionale. Basti considerare la tutela del paesaggio, che proprio nel caso in esame, per il contesto naturale e culturale coinvolto assume particolare rilievo.

“Come si è venuto progressivamente chiarendo già prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione,” si legge nella sent. 7 novembre 2007, n. 367, “il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo”, è l’ “aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene”, cui si riconosce natura di “valore "primario", come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche "assoluto", se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987)”. Di qui l’inscindibilità della tutela ambientale e paesaggistica, siccome gravante su un bene complesso ed unitario (cfr. sentt. 30 maggio 2008, n. 180 e 27 giugno 2008, n. 232).

Il vero è che “nell'ordinamento giuridico italiano la protezione dell'ambiente, bene che assurge a valore primario e assoluto, è imposta dai precetti costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 9, 32, 41 e 42 Cost., mentre l'art. 18 della L. 8 luglio 1986 n. 349 ha funzione solo ricognitiva; pertanto, la configurabilità dell'ambiente come bene giuridico... non trova la sua fonte genetica in tale legge bensì nella Carta Costituzionale considerata come diritto vigente e vivente...” (Cassazione Civile sez. III, 3 febbraio 1998 n. 1087).

Nella fattispecie concreta sottoposta all’esame di questo Tribunale, peraltro, si controverte di un intervento che incide su di un’area compresa in zona assoggettata - com’è pacifico tra le parti - a vincolo paesaggistico (a norma delle leggi n. 1497 del 1939 e n. 431 del 1985), vincolo storico ambientale (ex lege n. 1089 del 1939), vincolo idrogeologico e vincolo faunistico (L.R. n. 10 del 1984).

Appare difficile, allora, negare la legittimazione attiva e l’interesse in capo ad un’associazione ambientalista debitamente riconosciuta ai sensi dell’art. 13 della L. 8 luglio 1986 n. 349, qual è la ricorrente, che agisce a tutela, non solo di quei profili più strettamente naturalistici della zona (le enunciate connotazioni qualificanti e tipizzanti: l’essere essa “naturalisticamente intatta”, il presentare “le forme e i colori della tipica pseudo steppa murgiana” ed il vantare la presenza in loco di “una zona rimboschita con alberi ad alto fusto”), ma soprattutto di quegli stessi valori che determinarono l’adozione del Decreto Ministeriale 18 novembre 1968, recante dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona del territorio di Andria e Corato “costituita dall'insieme inscindibile del Castello e dell'area circostante”, in quanto “complesso estetico - tradizionale di singolare bellezza, nonché un quadro naturale ricco di punti di vista e belvederi accessibili al pubblico dai quali si gode la vista di un panorama incomparabile...;” ed in considerazione del fatto che “l’importanza e la stessa iconografia di Castel del Monte … non si limitano all’edificio ma, per la singolarità dell’ubicazione e per la morfologia del terreno, vi resta interessata tutta l'estensione territoriale circostante” che si estende ben oltre l’area interessata dal contestato parcheggio e centro servizi.

Può, quindi, concludersi sul punto, come già riconosciuto in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3361) che sussiste la legittimazione a ricorrere delle associazioni ambientaliste, individuate ai sensi dell’art. 13 della L. n. 349/1986, quando oggetto di ricorso sia il provvedimento riguardante la realizzazione di opere su di un'area già formalmente qualificata in sede amministrativa come avente un particolare pregio paesistico-ambientale.

Nel merito il ricorso è fondato.

La dimostrazione più evidente che sia mancata, come sostiene la ricorrente, una preliminare fase istruttoria adeguata alla riconosciuta importanza storica, architettonica ed ambientale del sito, che consentisse una congrua valutazione dell’impatto ambientale dell’opera da realizzarsi, si rinviene nel confronto, sul punto, delle relazioni tecniche allegate ai due progetti per essa elaborati dalla Soprintendenza per i beni ambientali a.a.s. della Puglia.

In quella relativa al primo, approvato con la deliberazione impugnata, l'intervento - che, come più sopra si è detto, comporta una spianata destinata a parcheggio "che solo nella prima fase prevede 32 posti autobus e 158 posti autovettura, in prosecuzione dei quali saranno previsti ulteriori aree per sosta delle autovetture pari a circa 20.000 mq" - è riconosciuto, sia pure implicitamente, come capace di modificare l'aspetto orografico del territorio a causa della presenza di “evidenti elementi di varianza altimetrica”, costituiti dalla naturale digressione delle pendici di Castel del Monte, pur considerando il relativo impatto ambientale “sicuramente molto basso e poco significativo nel contesto d'insieme”.

Nella relazione annessa al secondo progetto, elaborato sempre dalla Soprintendenza su richiesta del Comune con localizzazione su di un’area diversa, più distante dal Castello e “praticamente pianeggiante, già destinata a parcheggi”, lo stesso progettista può definire l'intervento, compresa la costruzione del fabbricato destinato a centro servizi, “pienamente compatibile con i valori ambientali di insieme”.

L’accertata esistenza anche di una sola possibile diversa soluzione, più rispettosa dei valori ambientali - naturalistici e paesaggistici - del sito, induce a ritenere, insieme all’associazione ricorrente, che il provvedimento oggetto d’impugnazione si fondi su di una inadeguata considerazione dei luoghi e delle relative condizioni ambientali.

Tanto è sufficiente per accogliere il ricorso, assorbita ogni altra pur fondata censura.

Considerata la particolare natura della controversia, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti costituite spese e competenze di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione I, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2008 con l'intervento dei Magistrati:



Corrado Allegretta, Presidente, Estensore

Doris Durante, Consigliere

Savio Picone, Referendario







IL PRESIDENTE, ESTENSORE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/01/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO