TAR Veneto Sez. III n. 453 del 19 febbraio 2009
Beni ambientali. Condono

La determinazione del silenzio assenso sul condono per decorso dei ventiquattro mesi dalla data dell’istanza, non è sempre invocabile, bensì solo quando le opere risultino eseguite in aree non sottoposte ad alcun vincolo, sia di inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47/1985, sia paesaggistico ambientale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Stefano Mielli Referendario
Marina Perrelli Referendario, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n.1570/97, proposto da Benito Ferro, rappresentato e difeso dall’avv.to Paolo Ciatara, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Venezia, San Marco 1130;
CONTRO
Il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulio Gidoni e Maria Maddalena Morino, con domicilio eletto presso la Civica Avvocatura nella sede municipale;
La Provincia di Venezia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Roberta Brusegan e Cristina De Benetti, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente in Venezia, San Marco 2662;
PER L’ANNULLAMENTO
del provvedimento del 30.1.1997, notificato il 17.2.1997, con il quale è stata parzialmente rigettata la domanda di condono 20347/01 prot. 54965, presentata dal ricorrente l’1.10.1986; del parere sfavorevole espresso dalla Commissione Provinciale per i Beni Ambientali nella seduta del 6.9.1993, nonché di ogni atto presupposto e connesso e, in particolare, del decreto n. 241/C prot. n. 23830/93 del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Venezia.
Visto il ricorso, notificato il 18 aprile 1997 e depositato presso la Segreteria il successivo 17 maggio 1997, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale e provinciale, depositati rispettivamente il 3 giugno 1997 e il 20 settembre 1997 presso la Segreteria del T.A.R.;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza dell’11 dicembre 2008 - relatore il Referendario M. Perrelli - l’avv. Ciatara per la parte ricorrente e l’avvocato Ongaro per l’amministrazione comunale e l’avvocato Brusegan per l’amministrazione provinciale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Nel 1980 il ricorrente, proprietario di un immobile adibito ad uso abitazione e ad attività artigianale, sito in Comune di Cavallino, lo ampliava e lo sopraelevava parzialmente al fine di ricavarne due locali ad uso magazzino.
L’1.10.1986 il sig. Ferro presentava per le predette opere edilizie abusivamente realizzate istanza di condono ai sensi della legge n. 47/1985. Successivamente il 14.12.1988 il ricorrente provvedeva, su espressa richiesta dell’amministrazione comunale, ad integrare la documentazione prodotta.
Il 17.2.1997 venivano notificati al sig. Ferro l’invito a ritirare la concessione edilizia in sanatoria per parte delle opere e il diniego di condono in relazione al “corpo magazzino sul lato ovest”, adottato in conformità del parere negativo espresso dalla Commissione Consultiva Provinciale per i Beni Ambientali “in quanto per materiali, morfologia e tecnologia costruttiva altera l’ambiente circostante”.
Il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento de quo:
1) per violazione degli artt. 31 e 35 della legge n. 47/1985 poiché è decorso il termine di due anni dalla presentazione della domanda di condono con conseguente accoglimento della stessa ex lege; 2) per violazione degli artt. 31, 32 e 35 della legge n. 47/1985 poiché ai sensi del citato art. 35, nelle ipotesi di opere eseguite su aree sottoposte a vincolo, il termine biennale decorre dall’emissione del parere previsto dall’art. 32 e, quindi, nella fattispecie in esame, dal 6.9.1993, con conseguente accoglimento implicito del condono, ben prima dell’emissione del diniego gravato; 3) per violazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985 e della L.R. Veneto n. 11/1984, poiché il vincolo ambientale è stato imposto sull’area sulla quale insistono le opere abusive nel 1984 e, cioè in epoca successiva alla loro realizzazione, con conseguente inapplicabilità del disposto del richiamato art. 32;
4) per violazione di legge per carente e insufficiente motivazione e per difetto di istruttoria in assenza di qualsiasi indicazione in ordine ai materiali utilizzati che alterano l’ambiente circostante ed alle norme o ai canoni che ne vietino l’uso, nonché per l’omessa individuazione di modifiche o sostituzioni alla cui esecuzione eventualmente subordinare la concessione del condono; 5) per eccesso di potere per travisamento dei fatti dal momento che i materiali utilizzati per realizzare il magazzino lato ovest sono gli stessi rinvenibili anche nelle costruzioni limitrofe.
Il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, e la Provincia di Venezia, in persona del Presidente pro tempore, ritualmente costituiti in giudizio, hanno concluso per la reiezione del ricorso.
Con atto depositato l’11.9.2008 la sig.ra Angela Merola si è costituita in giudizio, quale erede del ricorrente Benito Ferro, deceduto il 15.5.2008, ai fini della prosecuzione del medesimo.
Con nota del 30.10.2008 il Comune di Venezia ha dato atto dell’istituzione del Comune di Cavallino Treporti con la legge regionale n.11/1999, nonché della successione del nuovo ente locale in tutte le situazioni giuridiche attive e passive del Comune di origine, con conseguente rinuncia al mandato da parte dell’avvocatura civica.
Non si è costituito in giudizio nessun nuovo difensore per il Comune di Cavallini Treporti.
Alla pubblica udienza dell’11.12.2008 il Collegio ha trattenuto la causa per la decisione.
DIRITTO
Con il provvedimento impugnato il Comune di Venezia respingeva, nell’anno 1997, l’istanza di condono, presentata dal ricorrente ai sensi della legge n.47/1985, relativamente al “corpo magazzino sul lato ovest” in conformità al parere della Commissione per i Beni Ambientali, contrario al mantenimento in opera del detto immobile “in quanto per materiali, morfologia e tecnologia costruttiva altera l’ambiente circostante”.
Occorre esaminare l’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sollevata dalla Provincia di Venezia.
Secondo la prospettazione dell’amministrazione provinciale il ricorrente non avrebbe più interesse ad impugnare il provvedimento espresso di diniego, non avendo tempestivamente agito avverso il diniego implicito conseguente al protrarsi del silenzio della P.A. per il termine di sessanta giorni di cui all’art. 13 della legge n. 47/1985.
L’eccezione deve essere disattesa poiché nel caso di specie non si è formato l’invocato silenzio rifiuto sull’istanza di condono presentata dal ricorrente in forza del disposto di cui all’art. 33 della legge n. 47/1985, trattandosi di opere soggette alla particolare disciplina di cui alla legge n. 1497/1939.
Nel merito il ricorso è fondato per le seguenti ragioni.
Con la prima censura parte ricorrente deduce la violazione degli artt 31 e. 35 della legge n. 47/1985 sostenendo che, ai sensi delle dette disposizioni, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta, ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme dovute e alla presentazione all’ufficio tecnico della documentazione necessaria. Decorso tale termine si forma, dunque, il silenzio assenso.
La tesi è destituita di fondamento.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza la determinazione del silenzio assenso sul condono per decorso dei ventiquattro mesi dalla data dell’istanza, non è sempre invocabile, bensì solo quando le opere risultino eseguite in aree non sottoposte ad alcun vincolo, sia di inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47/1985, sia paesaggistico ambientale (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. II, 9 aprile 2003, n. 1660). Tanto premesso è allora infondata la predetta censura poiché l’opera abusiva da sanare ricade in una zona sottoposta a vincolo ambientalistico di cui alla legge n. 1497/1939.
Devono altresì, essere disattese anche la seconda e la terza censura con le quali ci si duole della violazione e della falsa applicazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985 alla fattispecie in esame.
Infatti, ancorché, per ipotesi, l’istanza di condono sia relativa ad opere abusive realizzate prima dell'imposizione del vincolo paesaggistico, deve ribadirsi, conformemente al pacifico orientamento della giurisprudenza formatasi sul punto, l'obbligatorietà dell'acquisizione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 47 del 1985.
Ciò in quanto, anche se l'articolo 32 citato non precisa in quale momento il vincolo debba essere stato imposto perché sorga la necessità di acquisire il suddetto parere, in applicazione del principio tempus regit actum, si ritiene che debba essere applicata la normativa vigente al momento del rilascio della concessione in sanatoria.
Peraltro risulta dirimente sul punto la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 22 luglio 1999, la quale ha enunciato il principio secondo cui “la disposizione dell'art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47, in tema di condono edilizio, nel prevedere la necessità del parere dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ai fini del rilascio delle concessioni in sanatoria, non reca alcuna deroga ai principi generali e pertanto essa deve interpretarsi nel senso che l'obbligo di pronuncia dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto. Ciò in quanto tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.”
Orbene la necessità dell'acquisizione del parere di cui all'articolo 32 esclude che, nella fattispecie, possa conseguentemente ritenersi formato il silenzio-assenso sull'istanza di condono relativa al “magazzino sul lato ovest”, atteso il parere sfavorevole emesso dalla competente Commissione.
Con gli ultimi due motivi di gravame, infine, il ricorrente lamenta l’illegittimità del diniego: a) per violazione di legge per carente e insufficiente motivazione e per difetto di istruttoria in assenza di qualsiasi indicazione in ordine ai materiali utilizzati che alterano l’ambiente circostante ed alle norme o ai canoni che ne vietino l’uso, nonché per l’omessa individuazione di modifiche o sostituzioni alla cui esecuzione eventualmente subordinare la concessione del condono; b) per eccesso di potere per travisamento dei fatti dal momento che i materiali utilizzati per realizzare il magazzino lato ovest sono gli stessi rinvenibili anche nelle costruzioni limitrofe.
Tali censure sono meritevoli di accoglimento.
Ritiene, infatti, il Collegio di non poter condividere la tesi dell’amministrazione provinciale circa la sufficienza della motivazione del diniego.
In proposito, deve infatti osservarsi, innanzitutto, che la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l'iter logico-giuridico in base al quale l'amministrazione è pervenuta all'adozione di tale atto nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso in relazione alla tipologia dell'atto considerato (Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069).
Ciò che deve ritenersi necessario perché l'atto non risulti inficiato da censure nella sua parte motiva è che in esso siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile.
Nella specie, l'inadeguatezza delle indicazioni contenute nel provvedimento di diniego di "condono", e pertanto la sua illegittimità avuto riguardo all'obbligo motivazionale, è stata, in ogni caso, ribadita dalla giurisprudenza formatasi sul punto specifico ed alla cui stregua l'atto conclusivo del procedimento conseguente ad una domanda di sanatoria deve indicare specificamente le ragioni di diritto e di fatto poste a base del diniego opposto, anche per rendere edotto il titolare dell'interesse legittimo di carattere pretensivo sulle circostanze rilevanti nel caso di specie (in tal senso, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2001, n. 5392); decisione secondo la quale, appunto, devono ritenersi illegittimi, perché sforniti di adeguata motivazione, gli atti di diniego di sanatoria e di demolizione delle opere abusive che non rendano facilmente comprensibile il percorso giuridico che ha condotto l'Amministrazione ad adottare i provvedimenti impugnati
Ebbene, nella vicenda sottoposta all’esame del Collegio, emerge dagli atti depositati in giudizio che, con nota del 30.1.1997, il Comune di Venezia (Ufficio edilizia privata) ha comunicato al ricorrente che, in esito alla sua domanda di sanatoria edilizia, presentata ai sensi della legge n. 47/1985, la stessa veniva respinta a seguito del decreto della Provincia di Venezia n. 241/c del 20.9.1993 contrario "al mantenimento in opera del corpo magazzino sul lato ovest, in quanto per materiali, morfologia e tecnologia costruttiva altera l’ambiente circostante”.
Senonchè, tale motivazione, che emerge sia dal provvedimento comunale che dal decreto dell’Amministrazione Provinciale, non appare, all’evidenza, idonea a sorreggere in modo puntuale il diniego della domanda di sanatoria.
Infatti, in relazione a provvedimenti negativi in materia di nulla osta paesaggistico l'Amministrazione è certamente tenuta a motivare in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto sottoposto all'esame con i valori paesaggistici tutelati, indicando le specifiche ragioni per le quali le opere edilizie considerate non si ritengono adeguate alla caratteristiche ambientali protette, motivazione questa che deve essere ancor più pregnante nel caso in cui si operi nell'ambito di vincolo generalizzato, onde evitare una generica insanabilità delle opere, e anche nel caso in cui il diniego di "condono" intervenga dopo molto tempo dalla presentazione della relativa domanda (cfr. Cons. Stato, VI, 8 maggio 2008, n.2111).
Nel caso in esame le ragioni del diniego appaiono, invece, incentrate soltanto sull’espressione contenuta nel decreto provinciale di diniego: "in quanto per materiali, morfologia e tecnologia costruttiva altera l’ambiente circostante”, che per il solo riferimento generico "alla tipologia" della costruzione e alla "scelta dei materiali" utilizzati nella edificazione, non appare di certo sufficiente a sorreggere il diniego di concessione in sanatoria laddove esso deve (e qui manca) esplicare le ragioni di fatto poste alla base dell'atto di diniego, anche per rendere edotto il titolare dell'interesse legittimo di carattere pretensivo sulle circostanze rilevanti nel caso di specie.
In definitiva, nel caso in esame il diniego espresso in ordine alla domanda di sanatoria contiene una valutazione apodittica e non dimostrata, che non appare soddisfare - come evidenziato dal ricorrente - i requisiti minimali della motivazione, non essendo di certo sufficiente la mera affermazione secondo cui il manufatto in questione mal si inserirebbe nel contesto ambientale per i materiali utilizzati e la tipologia costruttiva, atteso che nulla viene specificato nel concreto per dimostrare il contrasto con l'interesse ambientale tutelato.
Dimostrazione, peraltro, ancor più necessaria nel caso di specie, atteso che la domanda di condono risale all’1.10.1986 e l'edificazione abusiva ad epoca ancora più risalente, antecedente anche all'imposizione del vincolo ambientale: il che imponeva una ancor più approfondita motivazione in ordine alla esigenza di detta tutela.
Sulla scorta delle predette argomentazioni il ricorso deve, pertanto, essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
Attesa l’oggettiva incertezza della fattispecie sottoposta all’esame del Collegio sussistono giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Terza Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie con conseguente annullamento dei provvedimenti.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, 11 dicembre 2008.
Il Presidente L’Estensore

Il Segretario

SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Terza Sezione