TAR Campania (SA) Sez. II n. 2266 del 28 ottobre 2021
Beni Ambientali.Accertamento postumo della compatibilità paesaggistica

I commi 4 e 5 dell'art. 167, d.lgs. n. 42/2004 sanciscono, in linea di principio, la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali, aventi rilevanza paesaggistica; la ratio è quella di precludere qualsiasi forma di legittimazione del "fatto compiuto", in quanto l'esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell'intervento; il rigore del predetto precetto è ridimensionato da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull'assetto del bene vincolato; sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica gli interventi realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l'impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall'autorizzazione paesaggistica; i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia; l'art. 167 comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004 riguarda qualsiasi incremento volumetrico, finanche interrato, aggiungendosi che esulano dal concetto solo le opere aventi funzione servente e prive di funzionalità autonoma; peraltro, in ambito paesaggistico la nozione di “superficie utile” di cui all'art. 167 d. lgs. n. 42 del 2004 deve essere intesa in senso ampio e finalistico, ossia non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto del territorio e, quindi, l'idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio, sicché di superficie utile deve parlarsi in presenza di qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia


Pubblicato il 28/10/2021

N. 02266/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01433/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1433 del 2021, proposto da:
De Vivo Francesco, nella qualità di titolare della Impresa Agricola Orto Doc di Francesco De Vivo, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Ss Martiri Salernitani n. 31;

contro

Comune di Eboli, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Ministero della Cultura, Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Salerno e Avellino, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliata ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

1)del provvedimento prot. n. 15012-P del 09.07.2021, con il quale la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Salerno ed Avellino ha reso parere contrario al rilascio dell'autorizzazione chiesta dal ricorrente ai fini della “regolarizzazione di impianti serricoli realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica” alla Località Campolongo del Comune di Eboli;

2) della nota prot. n. 12760-P del 09.06.2021, recante la comunicazione dei motivi ostativi;

3) dell'eventuale provvedimento di diniego da parte del Comune di Eboli;

4) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura e della Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Salerno e Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 la dott.ssa Gaetana Marena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

Premesso che

il ricorrente, titolare di un’impresa agricola proprietaria di un’area sita nel Comune di Eboli, catastalmente identificata al foglio n. 50, particelle nn. 46, 47, 48, 49, 50 e 51, ricadente in Zona E del vigente P.R.G. ovvero in area espressamente destinata all’esercizio di attività agricola, depositava, in data 07.09.2018, SCIA per la realizzazione di un impianto serricolo a struttura metallica;

nel corso dei lavori e, soprattutto, ben prima della relativa copertura, essendo l’area sottoposta a vincolo paesaggistico, depositava al Comune di Eboli istanza di autorizzazione paesaggistica “per l’avvenuta realizzazione della sola struttura dell’impianto serricolo”;

con nota del 09.06.2021, la Soprintendenza comunicava i motivi ostativi e, con successivo provvedimento, prot. n. 15012-P del 09.07.2021, formalizzava parere contrario al rilascio dell’autorizzazione richiesta;

avverso l’atto de quo, insorge il titolare in epigrafe, proponendo gravame di annullamento, mediante ricorso, notificato il 4.10.2021 e depositato il 5.10.2021, assistito da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei motivi di gravame;

resiste in giudizio l’Ente intimato;

nell’udienza camerale del 27 ottobre 2021, la causa è introitata per la decisione;

Considerato che

sussistono le condizioni per una definizione della controversia mediante sentenza in forma semplificata ex artt. 60 e 74 cpa, stante la manifesta infondatezza del presente gravame, come tale, insuscettibile di positivo accoglimento;

il ricorso è rigettato;

vanno disattese, in quanto prive di pregio, tutte le censure, articolate dalla parte ricorrente, nei motivi di gravame, che si scrutinano insieme per affinità contenutistica;

la materia del contendere verte sulla sanabilità postuma, di tipo paesaggistico, di un impianto serricolo, di mq 62.497, consistente nella sola struttura in elementi tubolari metallici con elementi verticali portanti ed arcate sempre in tubolari metallici predisposte per il montaggio della copertura in film plastico”;

la Soprintendenza, nell’esercizio del suo potere consultivo, così statuisce: “gli impianti serricoli in argomento hanno cancellato, ostruendo peraltro la libera visuale dell’area occupata dalle serre, oltre 62 mila metri quadrati del paesaggio rurale (forma un quadro naturale di incomparabile bellezza, ricco di punti di vista e belvedere accessibili al pubblico dai quali si gode verso l’interno lo spettacolo della bellissima e fertilissima campagna), oggetto specifico di tutela del menzionato provvedimento di vincolo paesaggistico; detti impianti, avendo comportato, per le loro caratteristiche dimensionali (mq. 62.247), un nuovo, significativo ingombro volumetrico e di superficie, non appaiono suscettibili di essere ammessi alla particolare procedura di accertamento postumo della compatibilità paesaggistica ex art. 167 comma 1 lettera a) e c) del D.Lgs. n. 42/04, nulla rilevando se le opere siano reversibili e se la copertura delle serre sia stata con film plastico”;

e tanto basta per disattendere tutte le doglianze di parte ricorrente e reputare il parere gravato legittimo, atteso che l’impianto serricolo, oggetto dell’istanza, in quanto di notevole dimensioni, è qualificabile come intervento di nuova costruzione, che, perciò solo, creando nuovo volume e nuova superficie, inibisce l’operatività dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004;

peraltro, già questa Sezione si era pronunciata in una fattispecie analoga, con la sentenza del 15.04.2021, n.943;

in chiave ricostruttiva, gli impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole, di cui alla legge regionale 24 marzo 1995, n. 8, sono "strutture idonee a determinare, con l'ausilio delle moderne tecnologie, condizioni agronomiche ottimali per la messa a dimora, sviluppo e produzione delle colture orto - frutto - floricole a ciclo stagionale o ininterrotto, ovvero con ripetizione della stessa specie di prodotto senza soluzione di continuità; costituiscono opere di miglioramento fondiario finalizzate all’elevazione dei redditi in agricoltura, alla salvaguardia dei livelli occupazionali, alla valorizzazione dell’impresa diretto-coltivatrice” (art. 2. LRC 1995/8); nella loro realizzazione "è vietato il ricorso ad opere murarie eccedenti il piano di campagna o l'utilizzazione di pannelli prefabbricati che richiedono, per il relativo assemblaggio, l'esecuzione di opere murarie ovvero di altre tecniche di posa in opera che non ne consentono l'immediato e semplice smontaggio"; "sono consentite solo opere murarie, non continue, entroterra strettamente necessarie all'ancoraggio dei detti impianti"; "le chiusure laterali degli impianti serricoli, così come la copertura, devono essere realizzate con materiali che consentono, dall'esterno, la visione ed il controllo delle colture"; "sono, comunque, vietate [...]soluzioni che richiedono, all'atto della dismissione dell'impianto, attività di demolizione e non di semplice smontaggio" (art. 3);

com’è noto, i commi 4 e 5 dell'art. 167, d.lgs. n. 42/2004 sanciscono, in linea di principio, la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali, aventi rilevanza paesaggistica; la ratio è quella di precludere qualsiasi forma di legittimazione del "fatto compiuto", in quanto l'esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell'intervento; il rigore del predetto precetto è ridimensionato da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull'assetto del bene vincolato; sono suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica gli interventi realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; l'impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall'autorizzazione paesaggistica; i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (Cons. Stato, sez. VI, 06.02.2019; T.A.R. Milano, sez. III, 05/08/2019, n.1821); l'art. 167 comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004 riguarda qualsiasi incremento volumetrico, finanche interrato, aggiungendosi che esulano dal concetto solo le opere aventi funzione servente e prive di funzionalità autonoma (T.A.R. Napoli, sez. III, 01/04/2019, n.1783);

peraltro, in ambito paesaggistico la nozione di “superficie utile” di cui all'art. 167 d. lgs. n. 42 del 2004 deve essere intesa in senso ampio e finalistico, ossia non limitata agli spazi chiusi o agli interventi capaci di provocare un aggravio del carico urbanistico, quanto piuttosto considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto del territorio e, quindi, l'idoneità della nuova superficie, qualunque sia la sua destinazione, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio, sicché di superficie utile deve parlarsi in presenza di qualsiasi opera edilizia calpestabile o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia (TAR Milano, sez. II, 08/05/2019, n.1033);

e tanto basta per reputare inconferenti tutte le doglianze formulate dalla parte ricorrente circa il difetto istruttorio e motivazionale, di cui al sesto motivo di gravame, in relazione all’impatto negativo del manufatto nello scenario circostante, atteso che, a fronte di un nuovo volume (come nel caso in esame, pari a mq 62.497), il parere negativo assurge ad atto dovuto, stante l’incontestabile preclusione dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004;

la ricostruita qualificazione dell’opera in esame nei termini categoriali richiamati porta a disattendere, del pari, le ricostruzioni attoree profilate sia negli ultimi motivi di gravame sia quelle esplicitate nei primi due motivi di ricorso, circa la sussumibilità dell’intervento in contestazione negli allegati A e B del DPR 31/2017, con conseguente deduzione della tardività del parere reso, in ragione dell’operatività dei minori termini procedimentali;

non colgono, poi, nel segno i rilievi procedimentali formulati circa il vizio di violazione dell’art.10 bis L. 241/1990, esplicitato nel terzo e quarto motivo di gravame; il vizio di violazione art. 17 DPR 31/2017 sul dissenso costruttivo del quinto motivo di ricorso; nonché il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, di cui al settimo motivo di gravame;

il Collegio, sulla base della documentazione versata in atti, riscontra che la Soprintendenza, nell’esercizio del suo potere consultivo formalizzato nell’atto gravato, abbia articolato le sue considerazioni ostative proprio in relazione alle controdeduzioni profilate; né si appalesa la richiamata vulnerazione del contraddittorio, non ravvisandosi, all’interno della cornica argomentativa dell’atto impugnato, un motivo ostativo, nuovo ed ulteriore rispetto a quelli già espressi nella comunicazione preliminare; al più trattandosi di una mera specificazione degli stessi;

neppure può ritenersi predicabile l’inosservanza della regola del dissenso costruttivo, 17 del D.P.R. n. 31/2017, secondo cui “l’autorità preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 167, comma 4, del Codice, dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere”; appare incontestabile, sul punto, l’inoperatività della regola de qua, proprio in ragione della rilevanza dimensionale dell’opera, sia pure articolata nella sola struttura metallica, che, perciò solo, inibirebbe qualsivoglia diversa proposta costruttiva;

va, poi, respinta la deduzione della lamentata disparità di trattamento, in ragione del fatto che la Soprintendenza, nella dinamica valutativa, avrebbe adottato un trattamento differente, in relazione ad altre autorizzazioni paesaggistiche rilasciate per la realizzazione di impianti di maggiore estensione superficiale;

sul punto, infatti, la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che: “in caso di disparità di trattamento, il destinatario di un provvedimento illegittimo non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento più favorevole illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trovi in analoga situazione” (Con. St. sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2548; idem 8 luglio 2011, n. 4124) e che “Il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento (configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse), non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione; un’eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole (nel caso di specie, appurata la non condonabilità dell’abuso, non rileva la circostanza che, in casi analoghi, opere simili sono state condonate, atteso che, se pure esistesse identità di situazioni, la sanatoria rilasciata dovrebbe considerarsi illegittima e, come tale, inidonea a fungere da tertium comparationis, al fine di sorreggere il denunciato vizio di disparità di trattamento)” (Con. St. sez. VI, 5 marzo 2013, n. 2548);

per quanto premesso, il ricorso è rigettato;

stante la complessità della vicenda, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania- Sezione Staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Olindo Di Popolo, Consigliere

Gaetana Marena, Referendario, Estensore