Proporre ricorsi su ricorsi non vuol dire aver ragione: il caso di Cala Giunco (Villasimius).
di Stefano DELIPERI
Ci sono delle iniziative immobiliari o iniziative speculative, che dir si voglia, che si presentano con un’ostinata, quasi ottusa, perseveranza. Una di queste è certamente quella del Gruppo Immobiliareuropea, che – attraverso la Cala Giunco s.r.l. – vuole e fortissimamente vuole realizzare un complesso turistico-edilizio da 80 mila metri cubi in uno splendido lembo di costa, a Villasimius (CA). Fra la spiaggia di Cala Giunco e lo Stagno di Nottèri. Vincolo paesaggistico, sito di importanza comunitaria, piano paesaggistico regionale hanno detto “no” per infinite volte. Altrettante i Giudici amministrativi (qui una precedente sentenza, con commento, su Lexambiente).
Il Consiglio di Stato, Sezione VI (presidente f.f. ed estensore Domenico Cafini, Roberto Garofoli, Giancarlo Montedoro, Roberto Giovagnoli e Manfredo Atzeni consiglieri) ha dichiarato inammissibile – con la sentenza 28 giugno 2010, n. 4148 – il ricorso per revocazione avverso la precedente sentenza del Consiglio di Stato del settembre 2009 (sentenza sez. VI, 10 settembre 2009, n. 5459) che, per l’ennesima volta, bocciava le pretese edificatrici su Cala Giunco.
La Cala Giunco s.r.l. aveva inoltrato un ricorso per revocazione sul presupposto che i Giudici del Consiglio di Stato non avrebbero preso atto dell’avvenuta irreversibile modificazione dello stato dei luoghi prima dell’entrata in vigore della c.d. legge salva-coste (la legge regionale Sardegna n. 8/2004) a causa della realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Il Consiglio di Stato è stato chiarissimo: “non possono ravvisarsi, nella specie, i presupposti invocati dalla s.r.l. Cala Giunco a sostegno del mezzo di impugnazione esercitato, sia in quanto non è configurabile l’errore di fatto dedotto nell’odierno gravame, sia in quanto la detta asserita circostanza (dello stato dei luoghi irreversibilmente modificato) sarebbe risultata in ogni caso non influente ai fini della decisione della controversia, essendo di certo sufficiente l’avvenuto riconoscimento della insussistenza, nel caso di cui trattasi, del legittimo avvio delle opere in questione, in contrasto con quanto previsto dalla normativa regionale sopra richiamata”. In poche parole, non sussiste la pretesa irreversibile modifica dello stato dei luoghi e, in ogni caso, nemmeno legittimo inizio dei lavori. Bene avevano fatto la Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari a negare le autorizzazioni paesaggistiche e il Comune di Villasimius a negare le autorizzazioni urbanistico-edilizie.
Dott. Stefano Deliperi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 9419 del 2009, proposto da:
Cala Giunco s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Massa, Marcello Molé e Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marcello Molé in Roma, via della Farnesina, 272;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali e Soprintendenza per i beni archeologici, paesistici, storico artistici delle province di Cagliari e Oristano, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Villasimius, rappresentato e difeso dall'avv. Roberto Candio, con domicilio eletto presso Nicola Giancaspro in Roma, via Postumia, 1;
Regione autonoma della Sardegna, rappresentata e difesa dall’avv. Gian Piero Contu, con domicilio eletto in Roma, via Lucullo n.24;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n. 05459/2009, resa tra le parti, concernente PIANO DI LOTTIZZAZIONE IN TERRITORIO COSTIERO.
visto il ricorso con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni archeologici, paesistici, storico-artistici delle province di Cagliari e Oristano, della Regione autonoma della Sardegna e del comune di Villasimius;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010, relatore il Consigliere Domenico Cafini, uditi per le parti gli Avvocati Molè, Vignolo, Candio e l’Avvocato dello Stato Sabelli;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso in appello n.1689/2009, notificato il 16.2.2009, la s.r.l. Cala Giunco, proprietaria di una vasta area in località “Notteri” del comune di Villasimius, impugnava innanzi a questo Consiglio di Stato la sentenza del T.a.r. Sardegna n.1997 del 2008, con la quale, previa riunione dei ricorsi n.749/2006 e n.308/2007 - proposti, rispettivamente, avverso il decreto n.52/2006 del Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Cagliari e Oristano, con cui era stata negata, in via surrogatoria, l’autorizzazione paesaggistica richiesta dalla società istante per la realizzazione di talune opere di urbanizzazione del piano di lottizzazione denominato “Cala Giunco”, e avverso la nota 2.2. 2007 n.1885, di comunicazione, da parte del comune di Villasimius, del diniego di rilascio della concessione edilizia in relazione alle opere predette, non essendo stata soddisfatta la condizione prevista dell’art.6 della L.R. n.8/2004 - veniva, da una parte, respinto il primo gravame e, dall’altra, dichiarato improcedibile il secondo.
2. Con la decisione n.5459 del 2009 in data 16.9.2009, il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, respingeva il detto gravame in appello.
3. Avverso tale decisione la società Cala Giunco propone ora ricorso per revocazione, chiedendo, che, in via principale, e in sede rescindente, sia revocata - previo accertamento dell’esistenza dell’errore di fatto di cui all’art.395 c.p.c., dell’art.81 n.4 del R.D. n.642/2007 e dell’art.36 della L. n.1034/1971 - la decisione n.5459/2009 e che, in sede rescissoria, sia accolto il ricorso in appello n.1689/2009, come sopra proposto, riformando, per l’effetto, la gravata pronuncia del T.a.r. della Sardegna n.1997/2008, con annullamento conseguente degli atti impugnati; in via subordinata, l’odierna ricorrente chiede, altresì, che, previa sentenza di revoca della decisione impugnata, la causa sia rimessa con ordinanza sul ruolo ai fini della decisione sul merito.
A sostegno del ricorso per revocazione la s.r.l. Cala Giunco deduce il seguente motivo:”Unico motivo; errore risultante dagli atti e documenti di causa ai sensi dell’art.395 n.4 c.p.c. e degli artt.81 R.D. n.642/1907 e 36 L. n.1034/1971 e ss. mm.”; e ciò in quanto la contestata decisione - che avrebbe mostrato di non aver tenuto in alcun conto la circostanza, emergente dagli atti, che sia nel giudizio di primo grado sia in quello di appello l’odierna ricorrente aveva censurato l’erroneità dell’affermazione del provvedimento del competente Soprintendente di negata autorizzazione paesaggistica per insussistenza delle condizioni, richieste dall’art.15 delle Norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale del 2006, per la deroga alle norme di salvaguardia previste - sarebbe erronea “in punto documentale di fatto che ha tutti i connotati di errore “estrinseco” richiesti dall’art.395 n.4 c.p.c.” e che tale “error facti” sarebbe ravvisabile sul punto della consapevolezza dei presupposti e delle condizioni giuridico- fattuali della vicenda in questione, essendo incorso il Giudice di appello “in un vero e proprio difetto percettivo dei fatti risultanti in causa, a sua volta produttivo del vizio che ha viziato l’atto di volontà compiuto”.
Più specificamente, ad avviso dell’attuale ricorrente, la contestata decisione – laddove (al punto 10.2) ha respinto l’appello sul presupposto che la Cala Giunco s.r.l. avesse mancato di censurare il provvedimento circa l’affermazione del difetto del requisito della irreversibile trasformazione dei luoghi - avrebbe omesso di considerare “come sarebbe stato sufficiente a fugare l’equivoco, anche la sola epigrafe del IV motivo del primo atto introduttivo del giudizio e del II motivo di appello”; dal che la conseguenza che, dalla comparazione della statuizione emessa con gli atti e la documentazione versata in giudizio (dei quali la contestata decisione n. 5459/2009 non avrebbe tenuto conto) emergerebbe l’errore di fatto in cui la stessa decisione è incorsa “per un difetto di percezione” ovvero di “ricordo dell’atto della finale riflessione”.
In definitiva, la decisione revocanda, per l’odierna società ricorrente, non avrebbe valutato le ripetute affermazione della Cala Giunco s.r.l. relative al mutamento irreversibile della situazione dei luoghi, ritenendo invece insussistente tale assunto e ignorando così le epigrafi stesse dei ricorsi in entrambi i gradi, di cui si è fatto sopra cenno.
Nel giudizio per revocazione della decisione n.5459/2009 si sono costituite le Amministrazioni intimate che, con apposite memorie, hanno replicato alle argomentazioni della società ricorrente, concludendo per la reiezione dell’odierno gravame.
Anche la società Cala Giunco ha depositato memorie, con le quali ha più diffusamente illustrato le proprie tesi, insistendo per l’accoglimento del ricorso per revocazione in esame.
4. La causa , infine, è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 27 aprile 2010, dopo che i difensori delle parti hanno ulteriormente svolto le loro argomentazioni e conclusioni.
DIRITTO
1. L’odierno giudizio per revocazione si inserisce nell’ambito di una vicenda, prolungatasi nel tempo e della quale il Consiglio di Stato si è già occupato in passato, relativa al piano di lottizzazione “Cala Giunco”, situato nella zona F del Comune di Villasimius e più volte modificato negli anni sia in relazione all’oggetto (da insediamento a scopo residenziale a insediamento turistico alberghiero), sia in relazione alla volumetria e alle opere di urbanizzazione da realizzare; vicenda che, invero, per effetto della decisione 10.9.2009 n.5459/2009, sembrava essersi oramai definita, ma che invece, con l’odierno gravame, appare ancora una volta riproporsi all’attenzione di questa Sezione, ai fini di una nuova sua valutazione con riguardo, in particolare, al punto 10.2 della decisione stessa.
2. Il Collegio, prima di procedere all’esame dell’attuale ricorso per revocazione, ritiene opportuno, tuttavia, richiamare gli elementi più rilevanti che hanno caratterizzato la controversia instaurata dalla s.r.l. Cala Giunco, per poi soffermarsi sulle statuizioni della revocanda pronuncia, rese da questa Sezione nel respingere il ricorso in appello n.1689/2009, e, in particolare, sulla statuizione espressa al predetto punto 10.2.
2.1. A seguito dell’approvazione del piano di lottizzazione sopra menzionato, dopo l’entrata in vigore della L.R. 25.11.2004 n. 8, la società odierna ricorrente chiedeva alla Regione Sardegna l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere di urbanizzazione e, successivamente, la competente Soprintendenza statale - a cui la medesima società si era rivolta per un intervento sostitutivo a quello regionale - negava, con provvedimento 27.6.2006 n. 52, la chiesta autorizzazione paesaggistica, sul presupposto che l’intervento predetto risultava “non coerente con la disciplina transitoria relativa all’ambito di paesaggio costiero di cui all’art. 15 delle Norme tecniche di attuazione del piano paesistico regionale, adottato con decreto del Presidente della Regione n. 46 del 24 maggio 2006”.
La s.r.l. Cala Giunco proponeva quindi, innanzi al T.a.r. della Sardegna, il ricorso n 749/2006, chiedendo l’annullamento del provvedimento n. 52/2006, della delibera di Giunta regionale 24.5.2006 n. 22/3, concernente l’adozione del piano paesaggistico regionale (P.P.R.), nonché del decreto del Presidente della Regione Sardegna n.46/2006, dopo avere dedotto, in sintesi, che nella specie si era verificato il decorso dei termini per le misure di salvaguardia previste dall’art. 3 della L.R. n. 8/2004; che era illegittima l’estensione, da parte del piano paesistico, delle misure di salvaguardia previste dalla citata legge regionale oltre i termini ivi previsti; che non esistevano altre norme primarie idonee a fondare la competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia; che era comunque applicabile nel caso in esame, il regime di deroga alle misure di salvaguardia previsto dalla stessa L.R. n. 8/2004, essendo già state realizzate le opere di urbanizzazione.
2.2. La società odierna ricorrente avviava, quindi, un altro procedimento presso il comune di Villasimius, volto ad ottenere la concessione edilizia per le opere in questione, ma il comune stesso, al termine dell’iter istruttorio, rilevava il superamento della capacità insediativa massima nelle zone turistiche F, con conseguente diniego di rilascio in favore della società istante della concessione edilizia richiesta.
Dal che un altro gravame (n.308/2007) al T.a.r. Sardegna, da parte della società Cala Giunco - con cui venivano impugnate la nota 2.2.2007 n. 1885 (di comunicazione, da parte del menzionato comune, dell’impossibilità di rilascio della concessione edilizia per il completamento del piano di lottizzazione Cala Giunco, perché non risultava soddisfatta la condizione prevista dall’art. 6 della L.R. n.8/2004); la deliberazione consiliare del comune di Villasimius 19.1.2007 n. 2, di approvazione dell’atto di ricognizione dei volumi presenti nelle zone F del territorio comunale ai sensi degli artt. 4 e 6 della L.R. 25.11.2004 n. 8; la nota 28.2. 2006 n. 19662/DG con la quale il competente assessorato aveva invitato il comune di Villasimius a rettificare il calcolo dell’estensione costiera ed, infine, la delibera di della Giunta regionale 5.92006 n. 36/7 con la quale era stato approvato il piano paesistico regionale (P.P.R.), relativamente alla parte in cui condizionava il completamento dei piani attuativi approvati e convenzionati alla previa verifica della cubatura disponibile di cui all’art. 6, L.R. n. 8/2004 - gravame basato su motivi di erronea applicazione dell’art. 6 L.R. n. 8/2004 e del decreto ivi richiamato; di errata misurazione della lunghezza di costa; di violazione del procedimento previsto dalla circolare esplicativa 3.2.2005 n. 40/GAB, relativa alla determinazione dell’esistenza di eventuali volumi residui nelle zone F, e, in subordine, sull’illegittimità costituzionale della previsione della L.R.. n. 8/2004, con cui era stata dimezzata la volumetria edificabile nelle zone F anche con riferimento a lottizzazioni già approvate e convenzionate per le quali erano state già completate le opere di urbanizzazione.
2.3. L’adito T.a.r., con sentenza 12.11.2008 n. 1997, previa riunione dei due ricorsi sopra indicati, respingeva il gravame n.749/2006, diretto contro il diniego di autorizzazione paesaggistica e contro il piano paesaggistico regionale, ritenendo, da un lato, l’esistenza di una norma primaria regionale a fondamento della competenza del piano paesistico a prevedere misure di salvaguardia e, dall’altro, la non applicazione nella specie della deroga alle misure di salvaguardia, non essendovi, nell’ambito della lottizzazione Cala Giunco, “opere di urbanizzazione legittimamente avviate”; mentre dichiarava improcedibilità del ricorso n.307/2007, proposto contro il diniego di concessione edilizia e degli atti presupposti (per difetto di interesse derivante dalla impossibilità di conseguire l’autorizzazione paesaggistica, per effetto della reiezione del gravame proposto contro quest’ultima).
2.4. Avverso tale sentenza n.1997/2008 la società Cala Giunco proponeva in data 16.2.2009 il ricorso in appello n.1689/2009, con il quale venivano riproposte nella sostanza le censure dedotte in primo grado, rimodulandole anche con apposite critiche alle argomentazioni con cui le censure stesse erano state disattese dai primi giudici.
Con l’atto di appello anzidetto venivano riproposti, tra l’altro, i rilievi con cui era stato lamentato che il P.P.R. non avrebbe avuto competenza a fissare misure di salvaguardia, per difetto di una norma primaria regionale che lo consentisse, assumendosi, in particolare, che la norma primaria invocata dalla sentenza del T.a.r. della Sardegna, e segnatamente l’art. 11, comma 8, della L.R. n. 45/1989, era stata abrogata dalla L.R. n. 8/2004.
2.5 . Con la decisione n.5459 del 2009 di questa Sezione tale impugnazione veniva, nel suo insieme, respinta e la gravata pronuncia veniva in parte qua confermata, pur se con diversa motivazione, sulla base di varie argomentazioni, svolte dopo un ampio richiamo del complesso quadro normativo di riferimento.
In particolare, la decisione anzidetta - dopo avere disatteso la censura di genericità delle norme di salvaguardia contenute nel P.P.R. perché riferite ad aree non determinate con precisione e per mancanza, nel piano, di una specifica normativa di uso del territorio, in quanto, da un parte, la censura non poteva essere riferita all’intero P.P.R., per difetto di interesse, ma andava riferita solo alla parte di piano incidente sull’area di proprietà della ricorrente, e, dall’altra, le misure di salvaguardia erano, in parte qua, riferite al paesaggio costiero ed erano volte a spingere le amministrazioni comunali ad adeguare i piani urbanistici, sicché si trattava di misure ragionevoli e sufficientemente determinate sul piano oggettivo - si pronunciava, al punto 10, in ordine all’ultimo profilo di censura (relativo al diniego di autorizzazione paesaggistica) dedotto nell’appello, con il quale:
si osservava che, ai sensi dell’art. 4, L.R. n. 8/2004 e dell’art. 15, N.T.A. del P.P.R. - nelle zone F, quale quella oggetto della controversia - potevano essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi ove approvati e con convenzione efficace alla data del 10 agosto 2004 e ricadenti nella fascia di duemila metri dalla linea di battigia marina, purché a tale data fossero legittimamente avviate le opere di urbanizzazione, nel senso dell’avvenuta realizzazione del reticolo stradale, e si fosse determinato, inoltre, un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi;
si assumeva che erroneamente sia il provvedimento impugnato che i primi giudici avrebbero ritenuto che alla data del 10 agosto 2004 non fossero state legittimamente avviate nella specie le opere di urbanizzazione e che, comunque, era stato effettuato un verbale di sopralluogo in cui risultavano le opere realizzate;
si faceva presente che soltanto in grado di appello si adducevano elementi atti a dimostrare che le opere di urbanizzazione, oltre che anteriori al10 agosto 2004, sarebbero state legittimamente avviate in virtù di atti di assenso, succedutisi nel tempo.
Si riteneva in particolare nella contestata decisione che l’art.4 L.R. n.8.2004 e l’art.15 N.T.A., richiedevano non solo che le opere di urbanizzazione fossero legittimante avviate, ma anche che si fosse determinato un mutamento consistente ed irreversibile dello stato dei luoghi, presupposti questi concorrenti e non alternativi (sicché la mancanza anche di uno solo di essi avrebbe impedito l’applicazione del regime transitorio di deroga) e che l’impugnato diniego di autorizzazione paesaggistica si basava non solo sul mancato avvio delle opere di urbanizzazione, ma anche sul rilievo che non risultava irreversibilmente modificato lo stato dei luoghi.
La medesima decisione n.5459 del 2009 evidenziava, quindi, nel menzionato punto 10.2, che sia il ricorso di prime cure che quello di appello si incentravano solo “sulla questione del legittimo avvio delle opere di urbanizzazione, ma nulla obietta(va)no all’assunto del provvedimento secondo cui lo stato dei luoghi non è stato irreversibilmente modificato, sicché tale capo di provvedimento, in difetto di censure sul punto, era inoppugnabile e idoneo anche da solo, a fondare il diniego di autorizzazione”
In altri termini, la decisione n.5459/2009 ha ribadito la possibilità di fruizione, nel caso in esame, della deroga alle misure di salvaguardia previste dalle norme sopraindicate e, quindi, la possibilità di realizzazione degli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi purché approvati e con convenzione efficace alla data del 10 agosto 2004, sempre che a tale data fossero presenti i due presupposti “concorrenti e non alternativi”sopraindicati, sicché la mancanza di uno solo di essi non avrebbe consentito l’applicazione del regime transitorio di deroga, rendendo legittimo il diniego di autorizzazione paesistica, fondato, appunto, non solo sul mancato avvio delle opere di urbanizzazione (primo presupposto), ma anche sul rilievo che non risultasse la sussistenza dell’altro presupposto rappresentato dal mutamento irreversibile dello stato dei luoghi.
3. Ciò precisato, il ricorso per revocazione oggetto dell’odierno esame si incentra tutto sulle statuizioni anzidette, rese nella contestata decisione n.5459/2009 al suo punto 10.2, come sopra riassunto, con cui è stato rilevato in sostanza come la s.r.l. Casa Giunco abbia fondato i propri gravami soltanto sul primo dei due presupposti sopramenzionati, senza obiettare nulla di specifico circa la modifica dello stato dei luoghi, sicché, di fronte a tale difetto di censura, il provvedimento contestato, di diniego di rilascio della la chiesta autorizzazione, era inoppugnabile e comunque idoneo a fondare tale diniego.
3.1 Al riguardo la società ricorrente ha contestato quanto statuito dal T.a.r. Sardegna in ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto per il riconoscimento della deroga alla applicazione delle misure di salvaguardia previste dai P.P.R., ai sensi dell’art.4, comma 2, L.R. n.8/2004 e dell’art.15, comma 2, delle NTA del P.P.R., secondo cui, in particolare, nelle zone omogenee F possono essere realizzati gli intervento previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e convenzionati alla data di pubblicazione della delibera della G.R. 10.8.2004 n.33/1, soltanto ove “alla stessa data le opere di urbanizzazione siano legittimamente avviate ovvero si sia realizzato il reticolo stradale, si sia determinato un mutamento consistente dello stato dei luoghi”.
In relazione alla censura in merito a tale punto dedotta dalla s.r.l. Cala Giunco, nel IV motivo del gravame originario ( “eccesso di potere per falsa applicazione dell’art.3 della L.R..n.8 /2004 e dell’art.15 NTA del P.P.R; falsità del presupposto”), la sentenza del T.a.r. Sardegna ha posto la propria attenzione sulla circostanza che le opere in questione non potevano considerarsi legittimamente avviate alla data del 10 agosto 2004 - entro la quale, sulla base della richiamata normativa, ai fini della deroga, le lottizzazioni dovevano risultare legittimamente approvate e convenzionate - condizione questa che non risultava nella specie sussistere, atteso che l’autorizzazione paesaggistica regionale era stata già annullata con decreto del competente Soprintendente in data 22.6.2000 (ritenuto legittimo per effetto della decisione di questa Sezione n.3224/2002), per cui era stata annullata anche la concessione edilizia con ordinanza 27.8.2002 n.8; dovendo ritenersi, peraltro, la proposta di variante al piano di lottizzazione, ancorché approvata dal comune di Villasimius entro la data predetta, inefficace ai fini della sua attuazione, ai sensi dell’art.28,comma 5, L. n.1150/1942.
Tale conclusione, basata su adeguata documentazione, rendeva quindi non rilevante nella specie l’accertamento in ordine al punto ulteriore se le opere oggetto della controversia avessero o meno determinato pure l’irreversibile trasformazione dei luoghi, essendo, di certo, sufficiente, ai fini della esclusione della deroga all’applicazione delle misure di salvaguardia, che risultasse non realizzata una sola delle condizioni previste dalla normativa citata.
3.2. Ciò posto, in sede di appello, la s.r.l. Cala Giunco ha contestato la sentenza di prime cure, asserendo che le opere suddette fossero state legittimamente avviate e che nella relativa censura si sarebbe fatto cenno anche al fatto dell’avvenuta realizzazione di opere di urbanizzazione comportanti un mutamento consistente dello stato dei luoghi.
Al riguardo, deve osservare tuttavia il Collegio che nella detta censura del IV motivo, come sopra rubricato, non si rinvengono specifiche argomentazioni sul mutamento irreversibile dello stato dei luoghi, ma soltanto sull’avvio legittimo delle opere di urbanizzazione, sicché certamente il T.a.r. non poteva che decidere soltanto su quest’ultimo aspetto del rilievo, senza pronunciare quindi alcun assorbimento in ordine ad eventuali altre censure, nel caso comunque non sussistenti.
Nel II motivo dell’appello, dal titolo “error in judicando; erronea violazione della legittimità del provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesistica; violazione ed erronea applicazione dell’art.15 delle N.T.A. per inesistenza dei suoi presupposti”, la Cala Giunco s.r.l., invero, fa riferimento a quanto dedotto nel giudizio di primo grado, ove era stata dedotta la violazione della L.R. n.8/2004 e fatto cenno, tra i requisiti necessari, al “mutamento consistente dei luoghi”.
Tale accenno non appare, tuttavia, sufficiente per sostenere la proposta deduzione della sussistenza di entrambi i presupposti per le applicazione delle misure di salvaguardia, ossia, oltre a quello della realizzazione di opere di urbanizzazione, anche quello dell’irreversibile consistente mutamento dello stato dei luoghi.
Quindi, a volere ritenere che l’originario IV motivo di ricorso fosse interpretabile nel senso che la censura di cui trattasi era stata comunque formulata, le affermazioni contenute per inciso nell’atto di appello non erano, tuttavia, tali da consentire - come evidenziato anche dalla difesa erariale - di ritenere che in tal modo la soc. Cala Giunco avesse in esso riproposto le relative censure, essendosi invece l’appellante limitato ad argomentare, sia pur approfonditamente, in merito alle contestate valutazioni del T.a.r., espresse a fondamento della ritenuta abusività delle opere realizzate e della ritenuta inefficacia della variante al piano di lottizzazione apportata nel 2004.
3.3. Alla stregua di quanto ora considerato, la revocanda decisione appare quindi coerente sul piano logico, dovendosi ritenere corretta l’osservazione nella stessa contenuta che nessuna censura specifica fosse stata dedotta dalla società appellante nei confronti della motivazione del provvedimento impugnato in prime cure, secondo cui lo stato dei luoghi non sarebbe stato irreversibilmente modificato.
Da ciò la conseguenza che non possono ravvisarsi, nella specie, i presupposti invocati dalla s.r.l. Cala Giunco a sostegno del mezzo di impugnazione esercitato, sia in quanto non è configurabile l’errore di fatto dedotto nell’odierno gravame, sia in quanto la detta asserita circostanza (dello stato dei luoghi irreversibilmente modificato) sarebbe risultata in ogni caso non influente ai fini della decisione della controversia, essendo di certo sufficiente l’avvenuto riconoscimento della insussistenza, nel caso di cui trattasi, del legittimo avvio delle opere in questione, in contrasto con quanto previsto dalla normativa regionale sopra richiamata
In conclusione, il Collegio, condividendo la ricostruzione svolta nella revocanda decisione, ritiene che nella stessa non si rinvenga alcun errore di fatto; e ciò in quanto - come osservato anche dalla difesa del Comune di Villasimius - in nessuno degli atti della società ricorrente, a sostegno della sua pretesa, viene censurato specificamente il provvedimento di diniego di autorizzazione paesistico sotto il profilo della sussistenza del mutamento irreversibile dello stato dei luoghi.
D’altra parte, pur se risponde a verità quanto sostenuto dalla Cala Giunco s.r.l. nel II motivo di appello, che ripropone una doglianza già prospettata nel gravame di primo grado, che in effetti era stata assunta la sussistenza di entrambi i presupposti sopra menzionati utili ai fini dell’applicazione della deroga, deve ritenersi in proposito, tuttavia, che nel II motivo anzidetto l’appellante si limita in effetti ad accennare alla sola sussistenza nella specie del legittimo avvio delle opere di autorizzazione, leggendosi testualmente nel motivo stesso, come evidenziato dalla difesa comunale, “la Cala Giunco ha lamentato la illegittimità del provvedimento di diniego dell’autorizzazione paesistica per eccesso di potere ed, in particolare, per falsa applicazione dell’art.4 L.R. 8/2004 e dell’art.15 NTA del P.P.R.….. e per erroneità del presupposto con riguardo al mancato avvio delle opere di urbanizzazione entro la data del 10 agosto 2004”, pur citando, nel prosieguo, quali siano presupposti richiesti dalla legge è ai fini della deroga.
Comunque una volta enunciati i presupposti di legge, il ragionamento della società ricorrente risulta basato soltanto sulla sussistenza del legittimo avvio delle opere di urbanizzazione, né la sussistenza del secondo requisito richiesto appare evidente dalla documentazione depositata agli atti di causa.
4. Ciò posto, deve osservare, in ogni caso, il Collegio che, anche se nella revocanda decisione fosse stato commesso un errore circa la valutazione delle doglianze prospettate nei suoi atti difensivi dalla s.r.l. Cala Giunco, si sarebbe trattato certamente di un ipotesi di “ error in iudicando”, non censurabile, come tale, in sede di revocazione, e non di un ipotesi di errore di fatto, come sostenuto appunto nell’odierno gravame.
Dal che consegue, che il ricorso per revocazione oggetto di esame è inammissibile, in quanto l’errore prospettato non rientra nell’ambito degli errori di fatto, non è decisivo e, inoltre, il suo oggetto è stato comunque esaminato adeguatamente, con apposita valutazione dal Giudice di appello che si è pronunciato con la decisione oggetto di impugnazione.
5. In relazione a quanto precede, il Collegio ritiene di dovere richiamare, peraltro, i principi giurisprudenziali in materia di revocazione, in quanto nella specie l’errore prospettato non è, come accennato, decisivo; nella specie, inoltre, l’aspetto che consisterebbe nella asserita svista in ordine al contenuto dei motivi sopra indicati, lungi dal poter essere configurato come mera disattenzione percettiva, è stato oggetto di apposito esame da parte nella decisione oggetto dell’odierna revocazione.
La falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l'applicazione dell'art. 395 c.p.c., deve consistere, invero, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato, svista che, invero, non si ritiene essersi verificata nella fattispecie.
Del resto, l’errore revocatorio non può ravvisarsi in linea di principio quando è lamentata, come nella specie, una presunta erronea valutazione degli atti e delle risultanze processuali o un'anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, risolvendosi in questo caso il tutto in un errore di giudizio e non potendosi convertire la revocazione in un ulteriore e terzo grado di giudizio (ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 16.11.2007, n. 5837; 2.11.2009, n.6781)
In ordine alla esistenza dell’errore di fatto revocatorio, comunque, deve osservarsi ancora, sotto altro profilo, che esso non può consistere nell’inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, essendosi in tale caso in presenza di un “errore di giudizio” e non di una falsa rappresentazione della realtà, rimediabile, solo nel giudizio civile, con ricorso per Cassazione ex art. 360 n.5 c.p.c..
6. Per le considerazioni sopra svolte, il ricorso per revocazione va, in conclusione, dichiarato inammissibile.
La condanna alle spese del giudizio segue il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato,in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, dichiara la inammissibilità del ricorso per revocazione in epigrafe specificato.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidandole in complessivi euro 3000 (tremila), a favore del Ministero dei beni e delle attività culturali e del comune di Villasimius.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con l'intervento dei Signori:
Domenico Cafini, Presidente FF, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
Giancarlo Montedoro, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
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IL PRESIDENTE, ESTENSORE |
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Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione