TAR Campania (NA), Sez. III, n. 3614, del 3 luglio 2015
Beni ambientali.Repressione degli abusi edilizi concorso di competenze tra Comune e Ente parco.

La giurisprudenza con riguardo al procedimento di repressione degli abusi edilizi, ha avuto cura di precisare che sussiste un concorso di competenze, individuandosi quali enti competenti sia il Comune che l’Ente parco, ma precisando che le valutazioni svolte dai due soggetti potrebbero divergere poiché il Comune deve tener conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia, mentre l'ente gestore del Parco considera la compatibilità paesistica dell'opera. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 03614/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02245/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2245 del 2008, proposto da: 
Molaro Gaetano, rappresentato e difeso dagli avv. Gaetano Perillo, Dante Iovino, con domicilio eletto in Napoli, corso Umberto I, 237 presso Avv. Maiello; 

contro

Ente Parco Nazionale del Vesuvio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio presso la stessa in Napoli, Via Diaz n. 11; 
Comune di Somma Vesuviana, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito; 

per l'annullamento

del diniego di condono edilizio di cui al provvedimento n.239 del 16.1.2008.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Nazionale del Vesuvio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'Udienza pubblica del giorno 25 giugno 2015 il dott. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1.1. Con il gravame in scrutinio, ritualmente introdotto, il ricorrente, dopo il positivo esito di una domanda di condono prot. 1983/1986 presentata al Comune di Somma Vesuviana il 30.4.1986 relativamente alla avvenuta edificazione di immobile per civile abitazione realizzato sin dal 1976, presentava istanza di permesso di costruire un tetto termico a falde inclinate a completamento funzionale del predetto immobile. In data 3.11.2003 la locale Commissione edilizia esprimeva parere favorevole con provvedimento n. 158 del 15.11.2003 e il Sindaco rilasciava l’autorizzazione (provvedimento n. 158 del 15.11.2003.

Con l’istituzione dell’Ente Parco Nazionale del Vesuvio si rendeva necessario ex art. 32 L. n. 47/1985 ottenere il parere dell’Ente Parco che il Comune richiedeva con nota prot. 7067 del 17.7.2007.

L’Ente intimato si pronunciava negativamente, previa comunicazione dei motivi ostativi del 18.6.2007, con provvedimento n. 239 del 16.1.2008 oggetto del presente giudizio, sulla scorta di una relazione naturalistica del 9.1.2008 postuma al citato preavviso di rigetto.

Con Ordinanza n. 1487/2008 la Sezione respingeva la domanda cautelare per la ritenuta natura monitoria dell’atto gravato.

Si costituiva in giudizio l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio con memoria difensiva e produzione documentale del 24.4.2013 a mezzo della difesa erariale.

Con Ordinanza Collegiale n. 3853/2013 la Sezione disponeva che il Comune di Somma Vesuviana depositasse il provvedimento conclusivo assunto sulla base del’impugnato negativo parere.

Il Comune ottemperava con relazione prodotta il 30.12.2014.

Il ricorrente depositava memoria per il merito il 22.12.2014.

Alla pubblica Udienza del 25 giugno 2015 sulle conclusioni delle parti il ricorso è stato ritenuto in decisione.

2.1. Con il primo mezzo il ricorrente, rubricando difetto assoluto di presupposto, di istruttoria e di motivazione, si duole della contraddittorietà insita nell’impugnato parere negativo nella parte in cui da un lato esprime parere favorevole al condono edilizio dell’intero fabbricato realizzato abusivamente mentre dall’altro rigetta il parere limitatamente alla costruzione del solo tetto termico a doppia falda. Ulteriormente censura l’aporia procedimentale insita nell’aver fondato il negativo avviso consultivo su di una relazione naturalistica del 9.1.2008 assunta dopo la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza in data 18.6.2007.

2.2. Le censure persuadono il Collegio, dovendosi convenire con il deducente in ordine all’intrinseca contraddittorietà insita nel provvedimento all’esame là dove, mentre esprime parere favorevole al condono dell’intero fabbricato abusivamente realizzato, successivamente nega il suo assenso alla costruzione del tetto termico a falda inclinata.

Non è chi non veda che se l’Ente ha ritenuto di esprimersi favorevolmente sul condono dell’intero immobile, evidentemente ciò è dipeso dalla valutazione di compatibilità paesistico – ambientale della costruzione con i valori tutelati.

Riesce difficile, pertanto, comprendere come possa essere poi negato favorevole esito al condono del solo tetto termico a falda inclinata, elemento dall’evidente carattere complementare rispetto all’edificio sottostante. Se non impatta il paesaggio un edificio nella sua consistenza muraria e volumetrica non si vede come possa ricevere negativa valutazione il solo elemento di copertura.

2.3. Parimenti fondata è la censura di discrasia procedimentale sottesa all’aver fondato la negativa avversata valutazione su di una relazione naturalistica redatta in data 9.1.2008, ossia in epoca successiva alla comunicazione dei motivi ostativi del 18.6.2007.

Da tale distonia consegue che il ricorrente non è stato preavvisato delle ragioni di diniego poi esitate nel provvedimento conclusivo, motivato sulla base di una relazione rispetto alla quale è mancato il contraddittorio procedimentale cui è preordinata la garanzia di cui all’art. 10 – bis della L. n. 241/1990, privandosi il ricorrente della possibilità di interloquire con l’Amministrazione con riguardo a tale fondamentale ragione di diniego.

3.1. Con il secondo motivo il deducente censura la valutazione negativa espressa dall’Ente Parco, lamentando che nonostante il suo progetto avesse conseguito le necessarie autorizzazioni ed anche il nulla osta della competente Soprintendenza, l’Ente Parco abbia fondato il diniego ritenendo che “in ogni caso l’incremento di SUL proposto con il progetto di copertura a tetto è superiore al limite massimo del 20% della SUL esistente”.

Per il ricorrente si doveva escludere dal computo della superficie lorda tutto il sottotetto, la cui altezza massima è inferiore a quella prescritta per ottenere l’abitabilità, sostenendosi che tutta l’area delimitata da un’altezza troppo bassa (inferiore a 150 cm) per effetto dell’inclinazione del tetto, non potrebbe concretizzare una superficie utile tale da superare il limite massimo del 20% consentito.

Ulteriormente si deduce che l’Ente parco abbia fondato il diniego su considerazioni di ordine urbanistico – edilizio che esulano dalla sua competenza, circoscritta alla tutela dei valori paesistici, per invadere quella di natura urbanistico edilizia propria del Comune.

3.2. Anche le riassunte doglianze appaiono al Collegio cogliere nel segno.

Quanto alla prima è lo stesso Comune di Somma Vesuviana, con la relazione prodotta il 30.12.2014 in ottemperanza all’Ordinanza istruttoria suindicata, ad attestare che la copertura a falda inclinata ha determinato “sottostante ricavo di volume non abitabile”.

Il che conforta l’assunto difensivo di parte ricorrente secondo cui la superficie determinatasi con la costruzione del tetto termico a doppia falda, per la sua intrinseca inclinazione, non può essere considerata SUL, ossia superficie utile lorda, non essendo abitabile per via della ridotta altezza (appena 150 cm.).

Parimenti degna di pregio è l’ultima riassunta censura, in ordine all’illegittimità del gravato diniego nella parte in cui riposa su considerazioni di natura urbanistica – l’asserito inesistente sforamento del 20% della superficie utile lorda – esulanti dalla competenza e dalle attribuzioni dell’Ente Parco, limitate al vaglio di compatibilità paesistico - ambientale degli interventi e non involgenti valutazioni di natura edilizia o urbanistica, rigorosamente riservate all’Amministrazione comunale.

La giurisprudenza, invero, con riguardo al procedimento di repressione degli abusi edilizi, ha avuto cura di precisare che sussiste un concorso di competenze, individuandosi quali enti competenti sia il Comune che l’Ente parco, ma precisando che “le valutazioni svolte dai due soggetti potrebbero divergere poiché il Comune deve tener conto dei limiti e dei divieti di natura urbanistico-edilizia, mentre l'ente gestore del Parco considera la compatibilità paesistica dell'opera” (T.A.R. Lombardia – Brescia, sez. I , 15 ottobre 2014 n. 1057 ).

3.3. Con altra sub – censura del secondo motivo il ricorrente contesta che il provvedimento abbia fatto applicazione, per interdire il suo intervento e denegare il parere favorevole al condono, dell’art. 25 delle NTA del piano del Parco, strumento che all’epoca dell’emissione del provvedimento di diniego gravato non era ancora in vigore, essendo stato meramente adottato e pertanto suscettibile di modifiche secondo il percorso di formazione definito all’art. 12 comma 3 della L. n. 394/1991. Ne consegue per l’esponente che in tale situazione di precarietà della norma addotta dall’Ente parco, sarebbe assurdo pretendere che il PRG comunale si uniformi ad essa, che al momento era priva dell’attributo della certezza in virtù della possibilità di una sua modifica nell’iter di approvazione.

3.4. La doglianza si prospetta fondata, considerato che il il Piano del Parco Nazionale del Vesuvio è stato approvato, come attesta lo stesso Comune di Somma Vesuviana nella relazione di riscontro all’ordinanza istruttoria n. 3853/2013 del 23.12.2014 versata in atti, è stato approvato dal Consiglio Regionale in data 21/1/2010 e pubblicato sul BURC n. 9 del 27/1/2010, ossia oltre due anni dopo l’adozione del provvedimento di diniego gravato.

Ne consegue l’inapplicabilità della norma dell’art. 25 del predetto piano alla fattispecie per cui è causa, atteso che al 16.1.2008, epoca in cui è stato assunto il provvedimento censurato, la norma non era ancora in vigore.

4.1. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione delle misure di salvaguarda previste dall’art. 6 coma 3 della L. n. 394/1991 a norma del quale “sono vietati fuori dei centri edificati (…) e, per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri abitati, l’esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti”.

Sul punto, avendo lo stesso Ente parco nel gravato provvedimento, dato atto che l’immobile del deducente rientra nel centro edificato di cui alla L. n. 865/1971, per poter applicare la suindicata misura di salvaguardia avrebbe dovuto esternare i “gravi motivi di salvaguardia ambientale”, mentre di essi non si fa ceno nell’atto impugnato. Il ricorrente cita all’uopo pertinente giurisprudenza d’appello che ha delineato la necessità di apposita motivazione onde estendere anche agli immobili posti nei centri edificati le divisate misure di salvaguardia.

4.2. Anche tale doglianza è fondata, atteso che dalla lettura del provvedimento all’esame emerge addirittura una espressa ammissione che, essendo l’edificio dell’esponente situato nel centro edificato, “la nuova edificazione e/o trasformazione delle costruzioni esistenti” è vietata, ai sensi dell’art. 6 comma 3 della L. n. 394/1991, “solo nel caso di gravi motivi di salvaguardia ambientale” (provvedimento gravato, pag. 2).

Purtuttavia, posta la corretta indicata impostazione, fa difetto nell’atto al vaglio della Sezione la dovuta estrinsecazione dei predetti “gravi motivi di salvaguardia ambientale”, non evincendosi nel passo motivo dedicato appunto all’applicazione della citata norma, né nei passi successivi, alcuno sviluppo motivazionale in ordine all’eventuale sussistenza delle predette gravi ragioni di salvaguardi, la cui emergenza è condizione di ammissibilità ed operatività del divieto di edificazione e/o trasformazione delle preesistenti costruzioni.

In definitiva, alla luce delle svolte considerazioni il ricorso si profila fondato e va accolto.

Le spese seguono la soccombenza nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio a corrispondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in € 1.500,00 oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 25 giugno 2015 con l'intervento dei Magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Vincenzo Cernese, Consigliere

Alfonso Graziano, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 03/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)