Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2903, del 15 giugno 2015
Beni Culturali.E’ insufficiente l’interesse culturale e architettonico dell’edificio per l’imposizione del vincolo

Le valutazioni operate dall’autorità amministrativa preposta alla imposizione del vincolo sulla scorta di una valutazione di sufficienza delle ragioni assunte a fondamento del vincolo, sia con riguardo al valore architettonico e tipologico della costruzione, sia con riguardo al valore testimoniale degli aspetti culturali e sociali che hanno caratterizzato la vita civile della comunità di braccianti di Mezzano, non sono sufficienti ad evidenziare l’interesse culturale particolarmente importante dell’edificio denominato Teatro Italia. Non v’è dubbio d’altra parte che, a fronte di una tale scarsa consistenza del quadro motivazionale, sostenere l’intangibilità dell’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione competente alla tutela del vincolo vorrebbe dire operare un così esteso self-restraint in ordine al vaglio giurisdizionale sull’esercizio della discrezionalità tecnica, da comportare il rischio di scivolare verso inammissibili forme di sostanziale non giustiziabilità delle posizioni giuridiche soggettive. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 02903/2015REG.PROV.COLL.

N. 04413/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4413 del 2009, proposto da: 
Domus s.r.l. S.U., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Dante Marangoni e Claudio Staderini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, Via della Giuliana, 80; 

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 28/2009, resa tra le parti, concernente dichiarazione di immobile di interesse particolarmente importante;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2015 il Cons. Maddalena Filippi e udito per le parti l’avvocato dello Stato Tortora;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. – Oggetto di appello è la sentenza 16 gennaio 2009, n. 28, con cui il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna ha respinto il ricorso presentato da Domus S.r.l. avverso gli atti del procedimento dichiarativo dell’interesse particolarmente importante, ai sensi degli articoli 10 e 13 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, dell’immobile denominato Teatro Italia, sito in Mezzano, nel Comune di Ravenna.

La società appellante – proprietaria dell’immobile – espone che l’avvio di tale procedimento è stato comunicato quando erano iniziati i lavori di ristrutturazione dell’edificio, sulla base di una denuncia di inizio attività presentata al Comune di Ravenna, per un intervento che avrebbe comportato la realizzazione di 26 unità abitative.

2. – La sentenza impugnata ha ritenuto infondate le censure con cui la società appaltante aveva sostenuto l’illegittimità degli atti del procedimento lamentandone la nullità per carenza di potere, nonché l’illegittimità sia per eccesso di potere - sotto i diversi profili della omessa, carente e perplessa motivazione, dell’illogicità e del travisamento dei fatti – sia per violazione della disciplina del procedimento di dichiarazione dell’interesse particolarmente importante.

3. – Con l’atto di appello Domus S.r.l. ripropone cinque delle sei censure dedotte in primo grado.

Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si è costituito in giudizio sostenendo l’inammissibilità dell’appello e chiedendone comunque il rigetto per i motivi indicati nella memoria depositata in vista dell’udienza.

4. - Alla pubblica udienza del 5 maggio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello merita accoglimento.

In via preliminare va rilevata l’infondatezza dell’eccezione con cui il Ministero deduce l’inammissibilità dell’appello perché si esaurirebbe nella “pedissequa ripetizione di motivi di ricorso”.

Ad escludere la fondatezza dell’eccezione è sufficiente il rilievo che i motivi dedotti in sede di appello, nel riproporre le censure già formulate con il ricorso in primo grado, evidenziano gli errori, le omissioni e il travisamento in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata.

2. – Quanto al merito, è fondata la censura – illustrata con il terzo ed il quarto motivo di appello – con cui si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto congrua ed adeguata la motivazione che sorregge l’atto dichiarativo dell’interesse particolarmente importante dell’immobile di proprietà della società appaltante.

La sentenza ha disatteso le censure della società Domus s.r.l. incentrate sul difetto di motivazione in ordine alle ragioni del vincolo, sul rilievo della tradizionale intangibilità, nel merito, delle valutazioni operate dalla autorità amministrativa preposta alla imposizione del vincolo e sulla scorta di una valutazione di sufficienza delle ragioni assunte a fondamento del vincolo, sia con riguardo al “valore architettonico e tipologico della costruzione”, sia con riguardo al “valore testimoniale degli aspetti culturali e sociali che hanno caratterizzato la vita civile della comunità di braccianti di Mezzano”.

2.a - Il Collegio è ben consapevole del consolidato orientamento secondo cui il giudizio che presiede all’imposizione di una dichiarazione di interesse culturale è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa che implica un apprezzamento da parte dell’Amministrazione competente alla tutela - in rapporto al principio fondamentale dell’art. 9 Cost. – sottratto al controllo di legittimità se non entro i limitati margini del sindacato esterno, sotto i diversi profili del difetto di motivazione, del palese travisamento dei fatti, della abnorme illogicità o della manifesta irrazionalità (da ultimo, Cons. St., VI, 2 marzo 2015, n. 1000).

2.b – Peraltro, con riguardo al caso di specie, il Collegio ritiene che proprio tale sindacato esterno evidenzi come gli elementi indicati dalla Soprintendenza nella proposta di vincolo – e recepiti nel provvedimento definitivo del direttore regionale - non siano sufficienti a supportare la dichiarazione di interesse particolarmente importante dell’edificio.

2.c - La società appellante, nel censurare l’impugnata sentenza, lamenta in particolare la mancata considerazione di una serie di circostanze che connotano il procedimento in questione: il riferimento è in particolare all’assenza di documentazione circa le attività che si sarebbero svolte all’interno del Teatro a partire dal 1921 (data di asserita ultimazione ed inaugurazione del Teatro), allo scarso interesse storico-culturale di tali eventi, alla inadeguatezza dell’unico riferimento bibliografico consistente nella pubblicazione di un autore locale.

2.d – Sul punto la sentenza impugnata afferma che la “relazione storico artistica allegata al provvedimento illustra ampiamente la storia del Teatro Italia di Mezzano spiegando non solo il valore architettonico e tipologico della costruzione ma lo specifico e significativo valore testimoniale degli aspetti culturali e sociali che hanno caratterizzato la vita civile della comunità dei braccianti di Mezzano”, aggiungendo che “…da tale relazione e dagli atti correlati alla dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante si evince, infatti, che nel piccolo contesto locale di Mezzano, il Teatro Italia rappresenta un bene da tutelare e salvaguardare in quanto testimonianza dell’ identità e della storia di quella comunità”.

2.e – Ad avviso del Collegio, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza, il contenuto della relazione storico artistica – richiamata quale parte integrante della motivazione dell’atto – non è idoneo dar conto delle ragioni che inducono ad imporre la tutela, né sotto il profilo del valore architettonico e tipologico della costruzione, né sotto quello del valore testimoniale degli aspetti culturali e sociali che hanno caratterizzato la vita civile della comunità dei braccianti di Mezzano.

Va infatti osservato, sotto quest’ultimo profilo, che la relazione si è limitata, come lamenta la società appaltante, ad un mero elenco degli eventi che avrebbero costituito le attività prevalentemente effettuate all’interno del Teatro.

Peraltro gli eventi richiamati (ed in particolare la “programmazione lirica di grande pregio dal ’24 al ’28, con cartelloni competitivi con lo stesso Teatro Alighieri di Ravenna”) non solo non risultano documentati, ma nemmeno sono accompagnati da qualche indicazione da cui far discendere un sicuro rilievo sotto il profilo del particolare interesse culturale.

Altrettanto vale con riguardo al profilo del valore storico-architettonico dell’edificio: la relazione storico artistica si limita infatti ad un elenco delle caratteristiche del fabbricato (tipologia, impostazione, apparato decorativo di chiara derivazione liberty), senza tuttavia evidenziare gli elementi che inducono a ritenerne la meritevolezza storico-architettonica. Gli unici riferimenti che contengono un positivo apprezzamento – il “forte valore semantico” della particolare tipologia della costruzione, “la buona fattura” del portale esterno, i dettagli quali maniglie in ferro ed inferriate che risultano “particolarmente curati” – non sono idonei a dimostrare quel pregio sotto il profilo storico-architettonico che rende l’interesse culturale alla tutela tanto importante da giustificare l’imposizione di un regime vincolistico (con effetti paralizzanti l’intervento di ristrutturazione già autorizzato e legittimamente avviato).

Va poi aggiunto che, come osserva la società appellante, l’unico riferimento bibliografico richiamato nella relazione non è sufficiente a rafforzare la motivazione del vincolo. Il libro in questione – “Mezzano. Un paese nato dal fiume” – illustra la storia e la vita del paese descrivendo, come si legge nei vari capitoli, temi come I fiumi privi di arginature, La bonificazione gregoriana, La costruzione o il rifacimento della chiesa nel 1666, Gli infortuni sul lavoro, Il primo esperimento di risaie,I lavoratori nell’800, i Mezzanesi illustri, I parroci, Lo zuccherificio Eridania, La Cassa Rurale e Artigiana).

Il riferimento al Teatro Italia è contenuto all’interno del capitolo 11, dedicato a La ricostruzione delle nostre campagne a mezzo di una lunga bonifica. La scuola elementare gratuita, ove – a proposito della Cooperativa Agricola Braccianti – si legge che il Comune di Ravenna dette vita a cooperative di produzione, tra le quali, la “Cooperativa agricola braccianti che col tempo poté avere in gestione poi in proprietà l’azienda Marianella, seguita dalla Marianna. Ebbe inoltre il merito di costruire il Teatro Italia offrendo a tutti gli abitanti possibilità di svago e di cultura per vari decenni” (cfr. doc. 13 della parte appellante, pagg. 172-173).

2.f - Il Collegio ritiene che gli elementi evidenziati nella relazione della Soprintendenza - nella quale sono compendiati gli apprezzamenti tecnico-discrezionali assunti a fondamento della determinazione vincolistica – non siano sufficienti ad evidenziare l’interesse culturale particolarmente importante dell’edificio denominato Teatro Italia.

Non v’è dubbio d’altra parte che - a fronte di una tale scarsa consistenza del quadro motivazionale - sostenere l’intangibilità dell’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione competente alla tutela del vincolo vorrebbe dire “operare un così esteso self-restraint in ordine al vaglio giurisdizionale sull’esercizio della discrezionalità tecnica”, da comportare il rischio, già evidenziato da questa Sezione, di “scivolare verso inammissibili forme di sostanziale non giustiziabilità delle posizioni giuridiche soggettive” (cfr. Cons. St., VI, 28 ottobre 2014, n. 6046).

3. – La fondatezza della censura comporta l’accoglimento dell’appello.

4. – Ragioni di completezza inducono il Collegio ad esaminare anche gli altri motivi dedotti avverso la sentenza impugnata.

4.a - Con le prime due censure si lamenta assoluta carenza di potere: si sostiene in particolare che la società appellante – avendo ottenuto il rilascio di tutte le autorizzazioni edilizie necessarie al compimento delle opere di ristrutturazione per la realizzazione di 26 unità abitative – era titolare di un diritto soggettivo perfetto, con la conseguenza che il Ministero per i Beni e le Attività Culturali non avrebbe potuto attivare il procedimento per la declaratoria di bene di particolare interesse culturale dell’immobile oggetto di intervento, ma avrebbe dovuto seguire la procedura espropriativa disciplinata dagli articoli 95-100 del Codice dei beni culturali; la natura sostanzialmente espropriativa del procedimento attivato sarebbe inoltre evidente in relazione agli effetti del vincolo imposto sull’immobile che finirebbe per impedirne futuri utilizzi, con conseguente inevitabile deperimento del bene oggetto di tutela.

Il motivo non è fondato.

La circostanza che la società appellante avesse ottenuto il necessario titolo edilizio per la realizzazione dell’intervento di ristrutturazione e che avesse dato avvio ai lavori non impediva l’esercizio del potere – previsto dagli articoli 13, s.s., del Codice dei beni culturali - di dichiarare l’interesse particolarmente importante del bene oggetto di intervento.

Come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, l’articolo 28 del medesimo Codice stabilisce infatti che “Al soprintendente spetta … la facoltà di ordinare l'inibizione o la sospensione di interventi relativi alle cose indicate nell' articolo 10 , anche quando per esse non siano ancora intervenute la verifica di cui all' articolo 12 , comma 2, o la dichiarazione di cui all' articolo 13”.

Va d’altra parte rilevato che i lavori erano appena iniziati: come si ricava dallo stato di avanzamento delle opere di ristrutturazione (cfr., pag. 2 dell’atto di appello) l’avvio del procedimento di declaratoria di bene di particolare interesse culturale è stato comunicato quando l’edificio conservava le caratteristiche che avevano indotto l’Amministrazione a disporne la tutela.

4.b – E’ infondato anche l’ultimo motivo con cui la società appellante lamenta la violazione dell’art. 14, comma 5, del Codice dei beni culturali, dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e del DM 13 giugno 1994, n. 495, in relazione al mancato rispetto dei termini stabiliti per la conclusione del procedimento.

Vero è che, nella specie, il procedimento di declaratoria dell’interesse particolarmente importante del Teatro Italia - il cui avvio è stato comunicato in data 29 dicembre 2005 – si è concluso solo 1° agosto 2006, e dunque alcuni giorni dopo la scadenza del termine di 210 giorni stabilito (dal richiamato DM n. 495 del 1994) per la conclusione di tale procedimento.

Ma la natura ordinatoria di questo termine si ricava, a contrariis, dallo stesso articolo 14 che, dallo spirare del termine medesimo, fa discendere effetti con esclusivo riferimento al permanere dell’efficacia delle norme di salvaguardia (comma 5). Deve quindi escludersi che il mancato rispetto del termine anzidetto comporti il venir meno del potere di adozione dell’atto conclusivo del procedimento.

5. – L’appello va quindi accolto e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso originario, vanno annullati i provvedimenti gravati in primo grado.

In ragione dell’oggetto della lite, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti anche per questo secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello (r.g. n. 4413 del 2009), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento del ricorso originario, annulla i provvedimenti gravati in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Carlo Mosca, Consigliere

Maddalena Filippi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/06/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)