Cass. Sez. III n. 3089 del 21 gennaio 2008 (Ud. 19 Dic. 2007)
Pres. Grassi Est. Teresi Ric. Serino
Rifiuti. Materie fecali

Le materie fecali sono escluse dal campo di applicazione della disciplina sui rifiuti a condizione che provengono da attività agricole e che siano riutilizzate in attività agricole
Osserva

Con sentenza 9 giugno 2006 il Tribunale di Matera in Pisticci condannava Serino Domenico alla pena dell’ammenda quale colpevole, essendo titolare dell’omonima ditta individuale, di avere effettuato attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi costituiti da letame animale in assenza della comunicazione di cui agli art. 31 e 32 dello stesso decreto.

Egli aveva realizzato all’interno dell’azienda un canale di scolo attraverso il quale il letame confluiva nel vallone sottostante la SS 277 provocando emissioni maleodoranti atte molestare le persone.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando

- violazione dell’art. 51, comma I lettera a) del citato decreto e del d.lgs. n. 152/1999 perché le materie fecali impiegate nelle pratiche agricole non sono considerate rifiuti;

- violazione di legge sul riconoscimento dell’elemento psicologico del reato che andava, invece, escluso perché egli versava in ignoranza incolpevole per la “quantità di norme che disciplinano la materia”;

- violazione di legge sulla configurabilità dei reato di cui all’art. 674 cod. pen. per il mancato accertamento del superamento della normale tollerabilità delle esalazioni.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il primo motivo non è puntuale.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte “le materie fecali sono escluse dal campo di applicazione del decreto n. 22 del 1997 sulla gestione dei rifiuti a condizione che provengano da attività agricole e che siano riutilizzate in attività agricole” [Cassazione Sezione III n. 37405/2005, Burigotto, RV 232355; Sezione III n.8890/2005, Gios, RV. 230981].

Correttamente, quindi, il Tribunale, in applicazione di tale principio, ha escluso che potessero essere sottratte alla disciplina sui rifiuti le deiezioni dell’allevamento di bovini gestito dall’imputato, essendo stato accertato, in fatto, con motivazione esente da censura, che il letame fuorusciva dal sito aziendale e veniva fatto confluire in un vallone fino al greto di un fiume che costeggiava la strada statale.

Inammissibile, per genericità e manifesta infondatezza, è il motivo sull’elemento psicologico del reato stante che la giustificazione addotta si traduce in ignoranza colpevole di norme penali.

E’ configurabile il reato di cui all’art. 674 cod. pen. [emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone] perché le emissioni provenivano, come accertato in sede di merito, dalla massa di letame smaltita e arrecavano concretamente disturbo alle persone superando la normale tollerabilità con conseguente pericolo per la salute pubblica, la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice.

Sulla qualificazione giuridica del fatto, va osservato che il reato de quo si configura in presenza di una violazione normativa che non può essere ricondotta al criterio di normale tollerabilità di cui all’art. 844 cod. civ., essendo necessario individuare parametri attinenti al funzionamento dell’impianto produttivo delle emissioni anche se indipendenti dalla fissazione di un tetto normativo.

Alla luce della ricostruzione fattuale, della ricognizione normativa e dell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte [secondo cui “la contravvenzione dl cui all’art. 674 cod. pen. è integrabile indipendentemente dal superamento dei valori limite d’emissione eventualmente stabiliti dalla legge, in quanto anche un’attività produttiva di carattere industriale autorizzata può procurare molestie alle persone, per la mancata attuazione dei possibili accorgimenti tecnici, atteso che il reato de quo mira a tutelare la salute e l’incolumità delle persone indipendentemente dall’osservanza o meno di standards fissati per la prevenzione dall’inquinamento atmosferico” - Cassazione Sezione III, n. 38936/2005, Riva, RV. 232359 - Cassazione Sezione III n. 38297/2004, Providenti, RV 2296l8: “Le emissioni in atmosfera di gas, vapori e fumi integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 674 cod. pen. in considerazione dell’indubbia idoneità di tali emissioni ad arrecare molestia alle persone, atteso che devono farsi rientrare nel concetto di “molestia” tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane di lavoro e dl relazione”] il gesto molesto, protrattosi nel tempo, era sicuramente ricollegabile all’irregolare gestione del’impianto produttivo.

Il quadro probatorio non è per nulla intaccato dalle flebili censure del ricorrente sostanzialmente elusive della problematica inerente al reato de quo.

In conclusione, la vagliata attendibilità dell’accusa e la logica spiegazione delle obiezioni segnalate dalla difesa hanno correttamente indotto il giudice di merito all’affermazione di responsabilità alla stregua del solido tessuto probatorio ricostruito.

Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.