TAR Sicilia (CT) Sez. I n. 2581 del 30 settembre 2022
Beni culturali.Dichiarazioni di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 1089/39

Le dichiarazioni di notevole interesse pubblico dei beni individuati ai sensi dell’abrogata legge n. 1089/39, lungi dall’essere state cancellate dall’ordinamento, non hanno mai perso efficacia e sono tuttora vigenti perché transitate ed espressamente “riconfermate” dalla disposizione legislativa di copertura dell’art. 13 del D.lgs. 490/1999 laddove, al comma 3° era previsto che “Le notificazioni eseguite a norma degli articoli 2, 3 e 5 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e le dichiarazioni adottate a norma dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n.1409 conservano piena efficacia” e dall’analoga previsione contenuta nell’art. 128, comma 2° del D.lgs. 42/2004”.


Pubblicato il 30/09/2022

N. 02581/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02987/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2987 del 2008, proposto da
Gioacchino Nardone e Loredana Scala, rappresentati e difesi dall'avvocato Giovanni Mania, Dario Seminara, e Vincenzo Sanfilippo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Comune di Portopalo di Capo Passero in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della nota n. 1925 del 2 agosto 2008 della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Siracusa, recante ordine di sospensione dei lavori e invito rivolto al Comune di Portopalo di Capo Passero all’attivazione dei procedimenti sanzionatori di competenza;

-della nota n. 5757 del 17 settembre 2008 della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Siracusa, con la quale è stata disposta la revoca in autotutela del precedente parere favorevole reso con nota n.5660 del 10 dicembre 2007 per la realizzazione di un fabbricato adibito a civile abitazione;

-dell’ordinanza n. 66 del 26 settembre 2008 con la quale Comune di Portopalo di Capo Passero ha disposto la revoca in autotutela del permesso di costruire n. 1/08 del 7 gennaio 2008, nonché l'immediata sospensione dei lavori;

-di ogni altro atto presupposto e connesso nonché di tutti gli atti consequenziali ed esecutivi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 settembre 2022 la dott.ssa Agnese Anna Barone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I ricorrenti sono proprietari di un terreno in località Scalo Mandrie del Comune di Portopalo di Capo Passero, distinto in Catasto al foglio 37 particelle 121 e 302 e ricadente in zona A del P.R.G.; tale terreno è, altresì, ricompreso nel decreto assessoriale n. 5240/1992 istitutivo di vincolo di interesse archeologico che per l’area in questione - rappresentata graficamente con segno di tratteggio - prevede espressamente (artt. 3 e 4) il divieto di costruzioni, ammettendo solo la “sistemazione di superficie” e la necessità di previa approvazione del progetto da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa.

Nel 2007, gli interessati presentavano un progetto edilizio per la realizzazione di un fabbricato sul citato terreno e ottenevano il titolo edilizio (permesso di costruire n. 1/2008), previo parere favorevole con prescrizioni della Soprintendenza di Siracusa- Servizio per i beni architettonici, paesaggistici ed urbanistici (nota n.5660 del 10 dicembre 2007).

Con nota n. 4625 del 2 settembre 2008, la Soprintendenza di Siracusa – Servizio beni archeologici ordinava la sospensione dei lavori ed invitata il Comune ad attivare le procedure per la demolizione delle opere già realizzate rilevando:

-che il manufatto insisteva su area sottoposta a vincolo archeologico istituito con DA n. 5240 del 18 marzo 1992 notificato al Comune e ai proprietari dei terreni;

-che il vincolo – sebbene impugnato da altri soggetti – era vigente non essendo stato adottato alcun provvedimento giurisdizionale;

- che né il Comune, né gli interessati avevano acquisito il parere del Servizio Beni archeologici della Soprintendenza.

Con successivo provvedimento n. 5757 del 17 settembre 2008, il Servizio per i beni naturali, paesaggistici ed urbanistici -“alla luce delle notizie fornite dal competente Servizio beni archeologici” circa il vincolo di interesse archeologico - revocava il precedente parere favorevole reso in relazione alle norme di tutela del centro storico “secondo la normativa del P.R.G.”, precisando che “la natura del vincolo nell’area interessata dall’intervento non comporta valutazioni ex art. 146 del vigente codice dei beni culturali mentre determina la piena conoscenza da parte della ditta proprietaria delle relative limitazioni”.

Quindi, con ordinanza n. 66 del 26 settembre 2008, il Comune di Portopalo di Capo Passero, preso atto della mancanza del necessario e vincolante parere della Soprintendenza, ritirava il titolo edilizio.

Con il ricorso in esame, parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti sopra citati e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1)Violazione del D.lgs. n. 490/1999 e dell’art. 142 del D.lgs. n. 42/2004. Insussistenza del vincolo posto ex lege 1089/39. In subordine: superamento dell'esistenza del vincolo a seguito del parere favorevole reso dalla Soprintendenza con nota n. 5660 del 10 dicembre 2007.

Parte ricorrente sostiene che il vincolo indiretto fu apposto nel 1992 ai sensi dell'art. 21 della legge n.1089/1939, medio tempore abrogata dal D.lgs. n. 490/1999 e che pertanto “essendo stata abrogata la legge, è venuto meno il vincolo de quo, la cui sopravvenuta inefficacia costituisce vizio dei provvedimenti impugnati, che si fondano sulla sussistenza di esso vincolo”. Ritiene, in ogni caso, che il vincolo sia stato superato dall’inclusione del terreno in zona A del vigente P.R.G. approvato in epoca successiva all’istituzione del vincolo. In subordine, ossia nel caso in cui si consideri ancora sussistente il vincolo archeologico, parte ricorrente afferma che il precedente parere favorevole abbia determinato la compatibilità del manufatto con il vincolo.

2) Illegittimità delle note della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Siracusa con le quali è stata dapprima ordinata l'immediata sospensione dei lavori nonché successivamente revocato in autotutela il parere favorevole all'edificazione, per contraddittorietà con propria precedente nota n. 5660 del 10.12.2007. Illogicità manifesta. Erroneità della presupposta sussistenza del vincolo ex D.A. 5240/92. Carenza di motivazione.

3) Illegittimità del provvedimento di revoca del Comune di Portopalo di Capo Passero per contraddittorietà con il proprio precedente provvedimento di rilascio del permesso di costruire. Illogicità manifesta. Erroneità della presupposta sussistenza del vincolo ex D.A. 5240/92. Carenza assoluta di motivazione.

La Soprintendenza intimata si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con successiva memoria ha chiesto il rigetto del ricorso evidenziando che:

- il terreno di proprietà dei ricorrenti è stato sottoposto a vincolo archeologico con D.A. n. 5240/92, regolarmente notificato ai proprietari e trascritto nei registri della Conservatoria immobiliare ai sensi della legge e che, pertanto, la validità dell’apposizione del vincolo non può in alcun modo essere contestata;

- l’art. 3, comma 3°, del D.lgs. n.490/99 espressamente prevede la piena efficacia delle notifiche di vincolo effettuate ai sensi termini della legge n.1089/1939 e l’art. 128 D.lgs. 42/2004, al comma 2°, conferma l'efficacia delle notifiche effettuate “… a norma degli articoli 2, 3, 5 e 21 della legge 1 giugno 1939, n. 1089”;

- il precedente parere favorevole era stato reso dalla Soprintendenza- Servizio beni paesaggistici e urbanistici, per quanto di competenza in materia urbanistica e in ottemperanza alla normativa di attuazione del P.R.G. vigente all’epoca dei fatti, che richiedeva il parere della Soprintendenza per la valutazione di compatibilità degli interventi da eseguirsi in zona A avente le caratteristiche storico- architettoniche del centro storico.

Con memoria depositata il 13 luglio 2022, i ricorrenti - previa ampia e articolata premessa in ordine a varie questioni riguardanti il successivo procedimento per la revisione del vincolo dagli stessi “prudenzialmente” avviato con istanza del 28 ottobre 2008 (v. pagg. 3-22 della memoria e relativa produzione documentale) cui si rinvia nel rispetto del principio di sinteticità degli atti processuali - hanno insistito per l’accoglimento del ricorso sostenendo che “gli atti istruttori di quel procedimento e le importanti pronunce del TAR confermano in ogni caso l’assenza di motivi legittimi per l’adozione dei provvedimenti impugnati”.

Hanno, inoltre, introdotto nuovi e ulteriori profili di censura dei provvedimenti impugnati (mancanza dei presupposti della revoca in assenza di un provvedimento ad efficacia durevole, mancanza di ogni altra condizione per il valido esercizio del potere di revoca), richiamando anche l’irrevocabilità del permesso di costruire ai sensi dell’art. 2 del DPR 380/2001 (v. pagg. 27-35 della memoria del 13 luglio 2022).

All’udienza del 14 settembre 2022, il ricorso è stato posto in decisione, come da verbale.

DIRITTO

1. Il ricorso concerne la legittimità del provvedimento di sospensione dei lavori e di ritiro in autotutela del precedente parere favorevole della Soprintendenza di Siracusa, nonché del conseguente ritiro in autotutela del permesso di costruire n. 1/2008 rilasciato dal Comune di Portopalo di Capo Passero motivati sulla riscontrata esistenza di vincolo archeologico istituito con DA n. 5240 del 18 marzo 1992 insistente sull’area oggetto dei lavori; risultano, pertanto, estranee alla controversia in esame le ulteriori considerazioni di parte ricorrente circa la contestata “attualità” del vincolo e la permanenza di effettive finalità di tutela desunte dall’evoluzione del diverso e autonomo procedimento di revisione del vincolo archeologico (tutt’ora pendente) avviato, ai sensi dell’art. 128, comma 3° del D.lgs. 42/2004, successivamente all’adozione dei provvedimenti di autotutela oggetto di impugnativa in questa sede. Al riguardo è sufficiente osservare come la legittimità di un provvedimento amministrativo vada verificata con riferimento allo stato di fatto e di diritto esistente al momento dell’adozione dell’atto secondo il principio del tempus regit actum, rimanendo del tutto neutrali i mutamenti (allo stato, peraltro, solo potenziali) del quadro istruttorio su cui su cui si fonda l'atto oggetto di impugnativa ( cfr. tra le tante: C.G.A 16 luglio 2019, n. 671; Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5711; Sez. VI 11 marzo 2015, n. 1261) con conseguente irrilevanza di atti successivi adottati nell’ambito di un autonomo e successivo procedimento amministrativo, non ancora definito.

1.1 Occorre, altresì, precisare che il ricorso giurisdizionale concernente il decreto istitutivo del vincolo di interesse archeologico (citato sia nel provvedimento impugnato, sia nel ricorso in esame - pag. 2) è stato dichiarato estinto per perenzione con decreto n. 4414/2014. Si tratta, quindi, di vincolo debitamente notificato al proprietario dell’immobile (nel caso di specie al dante causa dei ricorrenti) e non inciso da alcun provvedimento giurisdizionale. Il vincolo risulta, inoltre, espressamente menzionato nell’atto pubblico di compravendita dell’immobile (v. art. 3) con puntuale indicazione degli estremi dell’atto e del contenuto (“interesse archeologico su terreno in questione”) ed era pertanto a conoscenza degli interessati almeno a far data dal 28 giugno 2006.

2. Il ricorso è infondato.

2.1 Nel primo motivo di ricorso parte ricorrente contesta l’esistenza giuridica del vincolo che sarebbe venuto meno a seguito dell’abrogazione della norma primaria costituita dalla legge n. 1089/1939.

Il motivo è manifestamente infondato e tale circostanza esonera il Collegio dal rilievo della stessa ammissibilità della censura che doveva essere eventualmente dedotta nei confronti del decreto istitutivo del vincolo e non nei confronti del provvedimento di autotutela che fa applicazione di un decreto assessoriale, non impugnato dalla parte ricorrente.

Si osserva, innanzitutto che, in base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo (artt. 11 e 15 preleggi) l’abrogazione della norma opera con efficacia ex nunc, mentre nel caso di specie il vincolo - legittimamente istituito nel 1992 sulla base della disciplina all’epoca vigente - non potrebbe essere inficiato dalla successiva abrogazione della legge.

E’, dirimente, inoltre, la circostanza che le dichiarazioni di notevole interesse pubblico dei beni individuati ai sensi dell’abrogata legge n. 1089/39, lungi dall’essere state cancellate dall’ordinamento, non hanno mai perso efficacia e sono tuttora vigenti perché transitate ed espressamente “riconfermate” dalla disposizione legislativa di copertura dell’art. 13 del D.lgs. 490/1999 laddove, al comma 3° era previsto che “Le notificazioni eseguite a norma degli articoli 2, 3 e 5 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e le dichiarazioni adottate a norma dell'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n.1409 conservano piena efficacia” e dall’analoga previsione contenuta nell’art. 128, comma 2° del D.lgs. 42/2004”.

E del resto, proprio il procedimento di revisione del vincolo avviato dagli interessati ai sensi dell’art. 128, comma 3° D.lgs. 42/2004 presuppone l’attuale efficacia di un vincolo, per il quale è previsto un procedimento di “verifica” della persistente e attuale sussistenza delle condizioni per l'assoggettamento del bene a tutela.

2.2 Con ulteriore censura articolata nel primo motivo di ricorso parte ricorrente ritiene che, in ogni caso, il terreno in questione - siccome rientrante in zona A del P.R.G. approvato con il parere favorevole della Soprintendenza successivamente all'iscrizione del vincolo posto - non sarebbe più sottoposto ad alcun vincolo per effetto della disposizione dell’art. 142 del D.lgs. 42/2004 che escluderebbe dalle disposizioni di tutela “le aree che alla data del 6 settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici , ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee A e B”.

Anche tale rilievo è infondato giacché il richiamo all’art. 142 del D.lgs. 42/2004 (che concerne i beni “di interesse paesaggistico”) non è pertinente al caso di specie che ha ad oggetto, invece, un vincolo su un bene archeologico determinato (e non sul paesaggio sul quale insiste).

Al riguardo va precisato che la lett. m) dell’art. 142 citato laddove indica “le zone di interesse archeologico” costituisce uno dei diversi casi di c.d. tutela del paesaggio per categorie legali che si caratterizza per avere ad oggetto non già, direttamente o indirettamente, i singoli beni riconosciuti di interesse archeologico ma piuttosto il loro territorio (cfr. in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2022, n. 1059 che evidenzia la “sostanziale differenza” esistente tra il vincolo archeologico ed il vincolo paesaggistico determinato dall'esistenza di “zone di interesse archeologico” e afferma che “mentre il primo è riferito specificatamente ai singoli reperti archeologici, il secondo è preordinato alla tutela del contesto ambientale e del paesaggio di interesse archeologico”). Ne consegue, quindi, l’infondatezza anche degli ulteriori rilievi diffusamente articolati a pag. 23-27 della memoria difensiva del 13 luglio 2022 con le quali parte ricorrente insiste sulla ritenuta applicabilità alla fattispecie in esame della disposizione dell’art. 142 cit., fermo restando che l’erronea assimilazione tra due distinte categorie (vincolo di interesse archeologico su un determinato bene e “zone di interesse archeologico” ex art. 142, lett. m) non comporterebbe, in ogni caso, l’esclusione dall’applicazione del regime normativo di protezione poiché parte integrante del centro edificato alla data del 6 settembre 1985) e ciò per il dirimente rilievo che anche nei confronti dei beni paesaggistici, l’art. 157 del D.lgs. 42/2004, espressamente richiamato dall’art. 142 invocato dalla parte ricorrente, prevede una clausola di conservazione degli effetti delle anteriori dichiarazioni di importante interesse pubblico, analoga al quella prevista dall’art. 128 per i beni individuati dall’abrogata legge n. 1089/1939.

Pertanto, anche a voler ipoteticamente accedere alla tesi difensiva di parte ricorrente, in ogni caso, l’individuazione delle aree tutelate per legge secondo la disciplina prevista dall’art 142 del D.lgs. 42/2004, opera solo per il futuro facendo salve le dichiarazioni di interesse già notificate alla data di entrata in vigore della legge.

3. Nel secondo motivo di ricorso (pagg. 5-7), parte ricorrente censura la contraddittorietà degli atti adottati dall’amministrazione; contesta, inoltre, che l’amministrazione abbia “dato importanza” solo al vincolo di inedificabilità, senza prendere in considerazione le altre prescrizioni contenute del decreto istitutivo del vincolo; afferma, infine, che non sarebbe stato contemperato “il fine di interesse pubblico perseguito con il sacrificio imposto al privato, secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità”.

Il motivo, così come proposto nel ricorso introduttivo è infondato.

3.1 Occorre in primo luogo precisare che la contraddittorietà tra gli atti del procedimento, figura sintomatica dell'eccesso di potere, si può rinvenire solo allorquando sussista tra più atti successivi un contrasto inconciliabile tale da far sorgere dubbi su quale sia l'effettiva volontà dell'amministrazione, mentre non sussiste quando si tratti di provvedimenti che, pur riguardanti lo stesso oggetto, siano adottati all'esito di procedimenti indipendenti o, comunque, qualora si tratti di due diversi atti che, ancorché inerenti al medesimo oggetto, provengano da uffici diversi e non entrambi competenti a provvedere o siano espressione di poteri differenti, o ancora allorquando il nuovo provvedimento dell'Amministrazione, diverso da quello pregresso, sia stata adottata alla stregua di presupposti in parte differenti concretatisi medio tempore (cfr., tra le tante: Cons. Stato; Sez. II, 14 agosto 2015 n. 5261; Sez. IV, 19 febbraio 2013, n. 1023 e 6 luglio 2004, n. 5013; Sez. V, 5 settembre 2011 n. 4982 e 6 ottobre 2009, n. 6094; T.A.R. Sicilia –Palermo, Sez. I, 14 settembre 2017, n. 2154).

3.2 Ebbene, nel caso di specie, a fronte di un progetto nel quale era stata del tutto obliterata l’esistenza del vincolo indiretto sull’area in questione (e sul punto - occorre sottolinearlo - manca alcun principio di prova in ordine alla presentazione di un progetto o relazione tecnica che facesse espresso riferimento all’esistenza del vincolo archeologico), la nota n. 5660 del 10 dicembre 2007, era stata resa solo in relazione alla compatibilità dell’intervento da eseguirsi in zona A avente le caratteristiche storico- architettoniche del centro storico, senza alcuna valutazione del vincolo di interesse archeologico.

Tale motivazione - vale a dire la mancanza ab origine del parere (obbligatorio secondo le norme del decreto istitutivo del vincolo) da parte del Servizio beni archeologici - era stata rappresentata sin dall’adozione dell’ordinanza di sospensione lavori ed è stata ribadita nel provvedimento di autotutela ove è stato chiaramente evidenziato che il parere era stato (erroneamente) reso solo in relazione alle norme di tutela paesaggistica del centro storico, mentre nessuna valutazione era stata compiuta circa l’interesse archeologico, fermo restando che, in ogni caso, la natura e il contenuto del vincolo non comportavano alcuna valutazione ex art. 146 del D.lgs. 42/2004.

Tale circostanza, oltre ad escludere alcuna contraddittorietà tra determinazioni dell’amministrazione – trattandosi di due apprezzamenti valutativi diversi – comporta, in ogni caso, l’inidoneità del parere favorevole precedente reso a costituire titolo autorizzatorio dell’opera edilizia con la conseguenza che un ipotetico annullamento del provvedimento di autotutela non legittimerebbe, comunque, l’edificazione avviata in area di interesse archeologico con vincolo di sostanziale inedificabilità.

3.3 Quanto all’ulteriore censura con la quale parte ricorrente censura l’erroneità delle note impugnate con le quali l’amministrazione “dà importanza” soltanto al divieto di edificabilità “senza prendere in esame le ulteriori prescrizioni d'uso è sufficiente rilevare che sull’area in questione, normata dagli artt. 3 e 4 del decreto e rappresentata con segno di tratteggio è espressamente previsto il “divieto di nuove costruzioni”, mentre le ulteriori prescrizioni d’uso riguardano, ovviamente, le opere consentite dall’art. 3 (sistemazioni di superficie con eventuale piantumazione di verde).

3.4 E’ infondato, infine, anche l’ulteriore rilievo concernente l’asserita omessa considerazione, sotto il profilo dell’interesse pubblico, che “la cornice ambientale è ben coerente con l'edificio dei ricorrenti e che l'opera di questi non incide negativamente nel paesaggio” atteso che tali elementi di valutazione avrebbero potuto avere una certa rilevanza solo in caso di verifica della compatibilità paesaggistica dell’edificio, mentre nel caso di specie - come già in precedenza chiarito - si tratta della diversa fattispecie di edificazione in violazione del tutt’ora vigenti disposizioni di tutela archeologica che, per l’area in questione, prevedono il divieto di costruzioni. Ne consegue l’infondatezza delle ulteriori censure articolate alle pagg. 28- 34 della memoria difensiva del 13 luglio 2022, fermo restando che il motivo concernete la violazione dell’art. 21 quinquies della legge 241/90 e l’asserita mancanza, nell’atto impugnato, dei caratteri della “revoca” sono stati irritualmente e tardivamente proposti per la prima volta con la citata memoria e sono, pertanto, inammissibili.

4. Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente censura la legittimità del provvedimento di autotutela adottato dal Comune di Portopalo di Capo Passero e, in particolare, la contraddittorietà con il precedente titolo edilizio e la mancanza di adeguata motivazione anche in ordine all'affidamento ingenerato nel privato sulla persistenza e piena operatività del titolo ottenuto attraverso l'ordinario iter procedimentale. Il motivo è infondato.

4.1 Occorre in primo luogo osservare che la motivazione del provvedimento di autotutela adottato dal Comune di Portopalo di Capo Passero si basa - in conformità alla nota n. 5757/2008 della Soprintendenza - sulla mancanza di alcuna autorizzazione della Soprintendenza e costituisce, essenzialmente, atto rigidamente vincolato alla riscontrata carenza di un elemento necessario e fondamentale ai fini del rilascio del titolo edilizio.

Tale circostanza esclude in primo luogo la contestata contraddittorietà tra atti, poiché - come già rilevato in precedenza - non vi è stato alcun “ripensamento” su medesimi elementi già oggetto di istruttoria e valutazione, né da parte della Soprintendenza (che ha riscontrato la mancanza ab origine del parere obbligatorio sull’interesse archeologico e l’inefficacia del parere reso ai sensi dell’art. 146 del D.lgs. 42/2004), né a maggior ragione da parte del Comune che si è limitato a prendere atto della mancanza del necessario titolo rilasciato dall’ente di tutela a fronte della quale il ritiro del titolo edilizio risulta piuttosto doverosa.

4.2 In secondo luogo non sussiste, nella fattispecie, il lamentato vizio motivazionale in relazione all'affidamento del privato e il mancato bilanciamento tra l'interesse pubblico all'annullamento dell’atto e l'interesse privato, atteso che tale censura doveva essere eventualmente rivolta avverso il provvedimento di autotutela della Soprintendenza che ha a sua volta vincolato – senza margini di ulteriori valutazioni discrezionali – l’operato del Comune.

Il motivo è comunque infondato poiché la disciplina dell'esercizio del potere di autotutela, invocata dal ricorrente con riguardo all’esigenza di salvaguardare l'affidamento ingenerato nel privato, presume l’esistenza di un “provvedimento ampliativo” della sua sfera giuridica con il quale è stato attribuito al richiedente un “bene della vita” in precedenza non goduto. Ma nel caso di specie, per le ragioni già esposte sub 3.1, 3.2 e 3.3, il parere favorevole espresso con nota n. 5660/2007, adottato senza alcuna valutazione del vincolo di interesse archeologico e del conseguente vincolo di inedificabilità, non aveva prodotto alcun effetto perché (erroneamente) reso solo in ordine alla compatibilità del progetto con le norme di tutela del centro storico, non potendosi, quindi, configurare alcun effettivo provvedimento “ampliativo” in relazione al vincolo di interesse archeologico (conosciuto dagli istanti sin dall’atto di acquisto del bene immobile) e alcun “affidamento” del privato in ordine alla compatibilità del progetto con il vincolo archeologico.

4.3 Non è poi ravvisabile alcun difetto di motivazione dato che per giurisprudenza consolidata (cfr., tra le tante: Cons. Stato Sez. VI, 28 dicembre 2021, n. 8641 e 25 novembre 2019, n. 7989; Sez. IV, 18 giugno 2019, n. 4133) l'ambito di motivazione esigibile può essere integrato dall'allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell'interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono, che possono indubbiamente essere prevalenti rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall'eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l'Amministrazione.

Nel caso di specie, oltre alla riscontrata mancanza di alcuna posizione di “affidamento legittimo”, assume rilievo determinante preminente l’elemento posto a base dell’atto della Soprintendenza nei termini già sopra esaminati (che costituiscono motivazione per relationem nel provvedimento del Comune), vale a dire la vigenza del vincolo di interesse archeologico, l’immodificabilità del territorio e l’inidoneità della nota n. 5660/2007 a costituire titolo autorizzatorio.

4.4 Va infine precisato che anche in relazione al terzo motivo parte ricorrente ha irritualmente introdotto, nella memoria del 13 luglio 2022, un motivo nuovo (violazione dell’art.11 comma 2 del D.P.R. 380/01 e irrevocabilità del permesso di costruire) che è, pertanto, inammissibile (cfr., in termini, C.G.A. 8 luglio 2021, n. 649; T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. I, 26 luglio 2021, n. 2446).

5. In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza tra le parti costituite secondo la liquidazione operata in dispositivo, mentre nessuna statuizione è dovuta in relazione al Comune di Portopalo di Capo Passero, non costituito.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della Soprintendenza resistente che liquida nella somma complessiva di € 2000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Pancrazio Maria Savasta, Presidente

Agnese Anna Barone, Consigliere, Estensore

Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Primo Referendario