TAR Campania (SA) Sez. I n. 1487 del 7 settembre 2011
Beni Culturali. Interventi e progetto

L’articolo 21 del Codice prevede, al comma 4, che l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinato ad autorizzazione del soprintendente, prescrivendo, al successivo comma 5, che questa è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento. Essendo la finalità del procedimento autorizzativo quella di valutare la compatibilità dell’intervento con l’interesse culturale oggetto di tutela, risulta evidente che la norma pone l’obbligo di presentazione di un progetto che deve contenere una fedele rappresentazione dello stato di fatto, atteso che solo essa consente di valutare compiutamente l’incidenza delle opere che si intendono realizzare in termini di pregiudizio ovvero di salvaguardia dello specifico interesse pubblico e di compatibilità con esso. Da tanto consegue che l’ esecuzione di lavori sulla base di una non fedele rappresentazione progettuale dello stato di fatto ovvero di incongruenze tra quest’ultimo e gli elaborati progettuali prodotti costituisce fattispecie di “intervento iniziato contro il disposto dell’articolo 21”, come tale passibile della misura della sospensione dei lavori prevista dal richiamato articolo 28 del Codice. La violazione che giustifica la inibizione alla prosecuzione dei lavori  deve, invero, essere tale da recare concreto ed immediato pregiudizio all’interesse culturale oggetto di tutela, sicchè, in relazione alle opere  concretamente in corso di esecuzione, la sospensione dei lavori non sia in alcun modo procrastinabile. Deve, dunque, trattarsi di violazioni qualitativamente e quantitativamente rilevanti, pregiudizievoli in via immediata per l’interesse culturale, tali da non consentire una loro regolarizzazione nelle more della esecuzione di altre opere afferenti l’intervento.

 


 

N. 01487/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00800/2007 REG.RIC.

N. 00500/2010 REG.RIC.

N. 00512/2010 REG.RIC.

N. 00513/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 800 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Roma Teresa e Roma Lucia, rappresentate e difese dagli avv. Paolo Vaiano, Diego Vaiano, Antonio Brancaccio, Antonio Scuderi, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Scuderi in Salerno, via Velia N. 96;

contro

Ministero Per i Beni Culturali e Ambientali – Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Salerno e Avellino, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Colombis Alessio, Barela Aurelio, Pastore Gabriella, Barela Serena , rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Feleppa ed Aurelio Barela, con domicilio eletto presso il primo in Salerno, c.so V.Emanuele 120;
Associazione Verdi Ambiente e Societa' – V.A.S.- Onlus, rappresentata e difesa dall'avv. Pasquale Rago, domiciliata in Salerno presso la Segreteria del Tar ;



sul ricorso numero di registro generale 500 del 2010, proposto da:
Condominio Palazzo Santoro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Brancaccio, con domicilio eletto presso il procuratore in Salerno, largo Dogana Regia, N.15;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali – Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;

nei confronti di

Gabriella Pastore, Aurelio Barela, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Feleppa ed Aurelio Barela, con domicilio eletto presso il primo in Salerno, c.so V.Emanuele 120;
Comune di Salerno, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Piscitelli, Luigi Mea, Luigi Rinaldi, con domicilio eletto presso Antonio Piscitelli Avv. in Salerno, C/Palazzo di Citta' via Roma;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Alessio Colombis, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Feleppa, con domicilio eletto presso il procuratore in Salerno, c.so V.Emanuele 120;



sul ricorso numero di registro generale 512 del 2010, proposto da:
Teresa Roma, rappresentata e difesa dagli avv. Diego Vaiano ed Antonio Scuderi, con domicilio eletto presso il secondo in Salerno, via Velia N. 96;

contro

Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali – Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno e Avellino , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;

nei confronti di

Gabriella Pastore ed Aurelio Barela, rappresentati e difesi dagli avv. Aurelio Barela ed Antonio Feleppa, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Salerno, c.so V.Emanuele 120;
Condominio Palazzo Santoro;
Comune di Salerno, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Piscitelli, Luigi Mea, Luigi Rinaldi, con domicilio eletto presso Antonio Piscitelli Avv. in Salerno, C/Palazzo di Citta' via Roma;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Alessio Colombis, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Feleppa, con domicilio eletto presso il procuratore in Salerno, c.so V.Emanuele 120;



sul ricorso numero di registro generale 513 del 2010, proposto da:
Lucia Roma Barela, rappresentata e difesa dagli avv. Diego Vaiano, Antonio Scuderi e Marcello Fortunato, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Scuderi in Salerno, via Velia N. 96;

contro

Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali- Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Salerno ed Avellino, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata per legge in Salerno, corso Vittorio Emanuele N.58;

nei confronti di

Condominio " Palazzo Santoro "Salerno;
Comune di Salerno, rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Piscitelli, Luigi Mea, Maria Grazia Graziani, con domicilio eletto presso Antonio Piscitelli Avv. in Salerno, C/Palazzo di Citta' via Roma;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Gabriella Pastore, Aurelio Barela e Alessio Colombis, rappresentati e difesi dagli avv. Aurelio Barela ed Antonio Feleppa, con domicilio eletto presso il secondo in Salerno, c.so V.Emanuele 120;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 800 del 2007:

con il ricorso originario:

del provvedimento prot. n. 10918 del 16-4-2007, con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Salerno e Avellino aveva ordinato, ex art. 28 del d.lgs n. 42/2004, la sospensione dei lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio denominato Palazzo Santoro “in attesa di ricevere un’ulteriore integrazione grafica e fotografica che chiarisca le contraddizioni riscontrate da questo Ufficio tra lo stato di fatto rilevato con il sopralluogo…e i grafici integrativi trasmessi”;

con il primo atto di motivi aggiunti:

del provvedimento soprintendentizio prot. n. 22681 del 28-8-2007, con il quale veniva disposta una nuova sospensione dei lavori in corso sul predetto immobile, nelle more sottoposto a vincolo di tutela ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs n. 42/2004;

con il secondo atto di motivi aggiunti:

del provvedimento prot. n. 30086 adottato dalla Soprintendenza in data 2-11-2007, con il quale era pronunziata la revoca dei provvedimenti di approvazione di cui alle note nn. 35562/2006 e 37616/2006, che avevano autorizzato l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria nell’immobile, ribadendo la necessità di disporre quanto indicato con la nota prot. n. 28707 del 22-10-2007;

della nota n.28707/2007, recante richiesta di presentazione di un progetto di restauro contenente una serie di elaborati tecnici e grafici ivi elencati;

con il terzo atto di motivi aggiunti:

del provvedimento adottato dalla Soprintendenza in data 12-2-2008 al prot. n. 4605, nella parte in cui disponeva che “non si esclude a priori la realizzazione di opere finalizzate esclusivamente alla conservazione dell’esistente, se richieste, le quali dovranno essere, in ogni caso, preventivamente all’esecuzione, assentite da questo Ufficio”;

con il quarto atto di motivi aggiunti:

del provvedimento della Soprintendenza prot. n. 20229 del 17-7-2008, recante la mancata approvazione del progetto di restauro presentato dal Condominio di Palazzo Santoro in data 26-3-2008;

con il quinto atto di motivi aggiunti:

della nota adottata dalla Soprintendenza in data 7-8-2009, prot. n. 22068, di approvazione del progetto di restauro della parte orientale di Palazzo Santoro, nella parte in cui richiedeva la presentazione di un progetto di restauro anche per la porzione occidentale di esso ( dove già si era operato);

di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente;

nonché per ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’illecito comportamento dell’organo ministreriale;

quanto al ricorso n. 500 del 2010:

della nota soprintendentizia prot.n.965 del 14-1-2010,recante la sospensione degli effetti dell'atto autorizzativo, emesso con nota n. 22068/2009 di approvazione del progetto di restauro della parte orientale del Palazzo Santoro;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;.

quanto al ricorso n. 512 del 2010:

con il ricorso originario:

della nota soprintendentizia prot.n.965 del 14-1-2010,recante la sospensione degli effetti dell'atto autorizzativo, emesso con nota n. 22068/2009 di approvazione del progetto di restauro della parte orientale del Palazzo Santoro;

con atto di motivi aggiunti:

della nota soprintendentizia prot.n.3552 del 10-2-2011, recante la sospensione dell'efficacia della nota prot.n.22068/2009, relativa all'approvazione del progetto di risanamento e restauro conservativo del palazzo Santoro, sito in Salerno, al C.so Garibaldi;

nonché per il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illecito comportamento dell’organo ministeriale.

quanto al ricorso n. 513 del 2010:

con il ricorso originario:

della nota soprintendentizia prot.n.965 del 14-1-2010,recante la sospensione degli effetti dell'atto autorizzativo, emesso con nota n. 22068/2009 di approvazione del progetto di restauro della parte orientale del Palazzo Santoro;

con atto di motivi aggiunti:

della nota soprintendentizia prot.n.3552 del 10-2-2011, recante la sospensione dell'efficacia della nota prot.n.22068/2009, relativa all'approvazione del progetto di risanamento e restauro conservativo del palazzo Santoro, sito in Salerno, al C.so Garibaldi;

nonché per il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illecito comportamento dell’organo ministeriale.

 

Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio del Ministero Per i Beni Culturali e Ambientali, del Comune di Salerno e dei sig.ri Gabriella Pastore, Aurelio Barela e Colombis Alessio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2011 il dott. Francesco Mele e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato il 14-5-2007, depositato il 18-5-2007 ed iscritto al n. 800/2007 R.G., le signore Teresa Roma e Lucia Roma, in qualità di proprietarie di alcuni appartamenti ubicati nell’edificio denominato Palazzo Santoro sito in Salerno al corso Garibaldi n. 215 del predetto edificio, impugnavano dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il provvedimento prot. n. 10918 del 16-4-2007, con il quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico di Salerno e Avellino aveva ordinato, ex art. 28 del d.lgs n. 42/2004, la sospensione dei lavori di manutenzione straordinaria del predetto edificio “in attesa di ricevere un’ulteriore integrazione grafica e fotografica che chiarisca le contraddizioni riscontrate da questo Ufficio tra lo stato di fatto rilevato con il sopralluogo…e i grafici integrativi trasmessi”, deducendone l’illegittimità e chiedendone l’annullamento.

Deducevano in proposito: 1) Violazione dell’art. 28 d.lgs n. 42/2004 – eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti – eccesso di potere per manifesta sproporzione del provvedimento rispetto all’interesse pubblico da perseguire – contraddittorietà con precedenti determinazioni – sviamento di potere; 2) Violazione dell’art. 6, comma 1, lett. E della legge n. 241/1990.

Con primo atto di motivi aggiunti , notificato il 4-10-2007 e depositato l’11-10-2007, le signore Roma impugnavano il provvedimento soprintendentizio prot. n. 22681 del 28-8-2007, con il quale veniva disposta una nuova sospensione dei lavori in corso sul predetto immobile, nelle more sottoposto a vincolo di tutela ai sensi dell’art. 10, comma 3, del d.lgs n. 42/2004.

Denunziavano: 1)Violazione delle garanzie partecipative previste dall’art. 7 della legge n. 241/1990; 2) Eccesso di potere per difetto e perplessità della motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed irragionevolezza del provvedimento – sproporzione del provvedimento rispetto ai fini di interesse pubblico perseguiti.

Con secondo atto di motivi aggiunti, notificato il 7-12-2007 e depositato il 14-12-2007, veniva impugnato il successivo provvedimento prot. n. 30086 adottato dalla Soprintendenza in data 2-11-2007, con il quale era pronunziata la revoca dei provvedimenti di approvazione di cui alle note nn. 35562/2006 e 37616/2006, che avevano autorizzato l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria nell’immobile, ribadendo la necessità di disporre quanto indicato con la nota prot. n. 28707 del 22-10-2007, nonché gravata la medesima nota n.28707/2007, recante richiesta di presentazione di un progetto di restauro contenente una serie di elaborati tecnici e grafici ivi elencati.

Con terzo atto di motivi aggiunti , notificato il 29-2-2008 e depositato il 6-3-2008, le signore Roma Teresa e Roma Lucia gravavano il provvedimento adottato dalla Soprintendenza in data 12-2-2008 al prot. n. 4605, nella parte in cui disponeva che “non si esclude a priori la realizzazione di opere finalizzate esclusivamente alla conservazione dell’esistente, se richieste, le quali dovranno essere, in ogni caso, preventivamente all’esecuzione, assentite da questo Ufficio”.

Lamentavano al riguardo violazione ed elusione dei contenuti dell’ordinanza cautelare n. 47/2008, eccesso di potere per difetto di presupposti e sviamento di potere.

Con quarto atto di motivi aggiunti, notificato il 30-10-2008 e depositato il 7-11-2008, le predette proponevano ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento della Soprintendenza prot. n. 20229 del 17-7-2008, recante la mancata approvazione del progetto di restauro presentato dal Condominio di Palazzo Santoro in data 26-3-2008.

Con articolata prospettazione denunziavano: eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti – eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà e sproporzione del provvedimento – sviamento di potere.

Con quinto atto di motivi aggiunti, notificato il 13-11-2009 e depositato il 26-11-2009, le signore Roma Lucia e Roma Teresa impugnavano la nota adottata dalla Soprintendenza in data 7-8-2009, prot. n. 22068, di approvazione del progetto di restauro della parte orientale di Palazzo Santoro, nella parte in cui richiedeva la presentazione di un progetto di restauro anche per la porzione occidentale di esso ( dove già si era operato).

Deducevano in proposito: Violazione di legge ( artt. 29.30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del d.lgs n. 42/04 – incompetenza ( violazione dell’art. 32 del d.lgs n. 42/04) – violazione di legge ( artt. 1 e 3 della l. n. 241/1990) – eccesso di potere ( difetto assoluto ed erroneità dei presupposti – perplessità – illogicità manifesta – arbitrarietà- abnormità – difetto di motivazione – sviamento – contraddittorietà e difetto di istruttoria) - violazione dei principi di razionalità, proporzionalità , ragionevolezza ed adeguatezza, leale collaborazione, legittimo affidamento e correttezza – violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.

Si costituiva l’amministrazione statale intimata, rilevando l’infondatezza del ricorso originario e dei motivi aggiunti.

Spiegavano intervento ad opponendum i signori Colombis Alessio, Barela Aurelio , Barela Serena e Pastore Gabriella, nonché l’Associazione Verdi Ambiente e Società – V.A.S. – Onlus.

Con successivi ricorsi proposti dal Condominio di Palazzo Santoro ( notificato il 19-3-2010 , depositato il 26-3-2010 ed iscritto al n. 500/2010 R.G.), dalla signora Roma Teresa ( notificato il 26-3-2010 , depositato il 30-3-2010 ed iscritto al n. 512/2010 R.G.) e dalla signora Roma Barela Lucia ( notificato il 22-3-2010 , depositato il 30-3-2010 ed iscritto al n. 513/2010 R.G.) veniva impugnato il provvedimento di cui alla nota soprintendentizia prot. n. 965 del 14-1-2010, con il quale venivano sospesi gli effetti della autorizzazione alla esecuzione dei lavori di manutenzione starordinaria e restauro del Palazzo Santoro, rilasciata con nota n. 22068 del 7-8-2009 relativamente alla parte orientale del fabbricato ( scala A).

Con articolata prospettazione veniva denunziato: * Violazione di legge ( artt. 29.30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del d.lgs n. 42/04 – incompetenza ( violazione dell’art. 32 del d.lgs n. 42/04) – violazione di legge ( artt. 1 e 3 della l. n. 241/1990) – eccesso di potere ( difetto assoluto ed erroneità dei presupposti – perplessità – illogicità manifesta – arbitrarietà- abnormità – difetto di motivazione – sviamento – contraddittorietà e difetto di istruttoria) - violazione dei principi di razionalità, proporzionalità , ragionevolezza ed adeguatezza, leale collaborazione, legittimo affidamento e correttezza – violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione; * Violazione degli artt. 7 e ss. l. n. 241/1990 – eccesso di potere per difetto dei presupposti e di istruttoria – violazione del giusto procedimento – violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della p.a.; * Eccesso di potere – abnormità- violazione dell’art. 37 del dpr n. 380/2001 in relazione agli artt. 209 e ss. del d.lgs n. 42/2004.

Nei ricorsi iscritti ai nn. 512/2010 e 513/2010 proposti dalle signore Roma veniva , altresì, gravata, con atti di motivi aggiunti notificati il 30-3-2011 e depositati l’1-4-2011, la nota soprintendentizia prot. n. 3552 del 10-2-2011, con la quale l’amministarzione aveva inteso sospendere l’efficacia del provvedimento autorizzativo di cui alla nota prot. 22068 del 7-8-2009 di approvazione del progetto di risanamento e restauro della parte orientale del palazzo Santoro.

Veniva dedotto: eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed irragionevolezza grave e manifesta – sviamento di potere – violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e ss. del d.lgs n. 42/2004.

L’amministarzione statale intimata si costituiva in giudizio, sostenendo l’infondatezza dei ricorsi e chiedendone il rigetto.

Si costituivano pure in giudizio il Comune di Salerno ed i sigg.ri Barela Aurelio e Pastore Gabriella.

Spiegava intervento ad opponendum il sig. Alessio Colombis.

Con atti notificati il 26-11-2010 e depositati il 6-12-2010 le signore Roma Teresa e Roma Lucia avanzavano, nei giudizi iscritti ai nn. 800/2007, 512/2010 e 513/2010 R.G. domanda di condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni causati dall’illecito comportamento della stessa.

Le cause venivano discusse e trattenute per la decisione all’udienza del 9 giugno 2011.

 

DIRITTO

Deve in primo luogo essere disposta la riunione dei ricorsi iscritti ai nn. 800/2007, 500/2010, 512/2010 e 513/2010 R.G. per evidente connessione oggettiva e soggettiva.

Trattasi, invero, di ricorsi che interessano le medesime parti e che riguardano un’unica vicenda amministrativa, riguardante la realizzazione di interventi conservativi sull’edificio denominato “Palazzo Santoro” e la loro assentibilità sotto il profilo della tutela culturale e storico-architettonica.

Ciò premesso, e’ necessaria, ai fini della disamina della presente controversia, una breve esposizione della normativa disciplinatrice della materia, per la parte di interesse.

Il decreto legislativo n. 42 del 22-1-2004, recante “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, prevede, all’articolo 20, che “i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da arrecare pregiudizio per la loro conservazione”.

Il successivo articolo 21 elenca, invece, gli interventi soggetti ad autorizzazione del Ministero, disponendo, in particolare, che “… l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente” (comma 4) e che “l’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni…” (comma 5).

L’articolo 28 regolamenta i poteri cautelari e preventivi riconosciuti all’amministrazione, chiarendo che “il soprintendente può ordinare la sospensione di interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20, 21, 25, 26 e 27 ovvero condotti in difformità dell’autorizzazione” (comma 1), nonché ordinare l’inibizione o la sospensione di interventi anche quando non siano ancora intervenute la verifica o la dichiarazione di interesse culturale, con la precisazione che in quest’ultimo caso l’ordine si intende revocato qualora non sia intervenuta, entro trenta giorni dalla sua ricezione, comunicazione dell’avvio del procedimento di verifica o di dichiarazione ( commi 2 e 3 ).

Di particolare interesse è, poi, la disciplina relativa alla “conservazione” dei beni culturali ( artt. 29 e ss.).

Questa si realizza attraverso una “coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro” ( art. 29, comma 1), definendosi la “prevenzione” come “il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto” ( comma 2), la “manutenzione” come “ il complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti” ( comma 3) e il “restauro” come “l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali” ( comma 4).

Il Codice, dopo avere sancito l’obbligo di conservazione dei beni culturali di loro appartenenza in capo allo Stato, agli enti pubblici e privati nonché a carico dei privati, possessori o detentori (art.30), distingue tra interventi conservativi volontari ed interventi conservativi imposti.

I primi, disciplinati dall’art. 31, sono quelli ad iniziativa del proprietario, possessore o detentore e seguono la procedura di autorizzazione ai sensi dell’articolo 21.

I secondi, invece, sono previsti dall’articolo 32, il quale dispone che “il Ministero può imporre al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo gli interventi necessari per assicurare la conservazione dei beni culturali ovvero provvedervi direttamente”.

Il relativo procedimento nasce con la redazione, da parte del soprintendente, di una relazione tecnica e con la dichiarazione di necessità degli interventi da eseguire.

Spetta a tale organo scegliere se procedere immediatamente alla esecuzione diretta degli interventi ovvero chiedere al privato la presentazione di un progetto esecutivo ( da redigersi conformemente alla citata relazione tecnica e soggetto ad approvazione), procedendosi invece alla esecuzione diretta solo in caso di inadempimento all’obbligo di presentazione del progetto, mancata effettuazione delle modifiche richieste dal soprintendente o reiezione di esso ( art.33).

Alla luce della normativa sopra esposta può a questo punto passarsi all’esame del ricorso iscritto al n. 800/2007 R.G.

Con il ricorso originario le signore Roma Teresa e Roma Lucia hanno impugnato il provvedimento prot. n. 10918 del 16-4-2007, con il quale è stata disposta, ai sensi dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 42/2004, la sospensione dei lavori di manutenzione straordinaria del fabbricato Palazzo Santoro, sito in Salerno al Corso Garibaldi 215.

L’atto gravato, dopo aver richiamato gli atti autorizzativi dei lavori rilasciati dalla Soprintendenza e la richiesta di elaborati integrativi del progetto, ha evidenziato che “da sopralluogo eseguito da tecnici di questo Ufficio … gli elaborati grafici non riportano fedelmente lo stato dei luoghi ( vani di accesso al locale terraneo lato Lungomare, aperture piano quinto lato corso Garibaldi, finestre piano secondo , ecc.).

Ritenendo, quindi , la necessità di “acquisire un’ulteriore integrazione grafica e fotografica che chiarisca le contraddizioni riscontrate… tra lo stato di fatto rilevato con il sopralluogo ..ed i grafici integrativi trasmessi”, ha ordinato la sospensione dei lavori “in attesa di ricevere la necessaria documentazione”.

Con il primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 28 del d.lgs. n. 42/2004 sotto un duplice profilo.

Da una parte rileva che la acclarata incongruenza tra i grafici presentati e lo stato di fatto accertato in sede di sopralluogo non costituisce fattispecie sussumibile nel paradigma applicativo dell’articolo 28, il quale consente la sospensione dei lavori solo in ipotesi di “interventi iniziati contro il disposto degli articoli 20, 21, 25, 26 e 27 ovvero condotti in difformità dell’autorizzazione”, risultando in concreto i lavori pienamente conformi alle autorizzazioni rilasciate.

Dall’altra , lamenta violazione del principio di proporzionalità, sostenendo che le rilevate incongruenze ( difformità tra il reale stato di fatto e quello rappresentato nei grafici ) sarebbero comunque di lieve entità, frutto di meri errori, tali, dunque, da non giustificare la misura sospensiva irrogata.

Il primo profilo della censura è, a giudizio del Tribunale, infondato.

Come più sopra esposto, l’articolo 21 del Codice prevede, al comma 4, che l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinato ad autorizzazione del soprintendente, prescrivendo, al successivo comma 5, che questa è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento.

Essendo la finalità del procedimento autorizzativo quella di valutare la compatibilità dell’intervento con l’interesse culturale oggetto di tutela, risulta evidente che la norma pone l’obbligo di presentazione di un progetto che deve contenere una fedele rappresentazione dello stato di fatto, atteso che solo essa consente di valutare compiutamente l’incidenza delle opere che si intendono realizzare in termini di pregiudizio ovvero di salvaguardia dello specifico interesse pubblico e di compatibilità con esso.

Da tanto consegue che l’ esecuzione di lavori sulla base di una non fedele rappresentazione progettuale dello stato di fatto ovvero di incongruenze tra quest’ultimo e gli elaborati progettuali prodotti costituisce fattispecie di “intervento iniziato contro il disposto dell’articolo 21”, come tale passibile della misura della sospensione dei lavori prevista dal richiamato articolo 28 del Codice.

Il secondo profilo della censura è, invece, a parere del Collegio, fondato.

La violazione che giustifica la inibizione alla prosecuzione dei lavori deve, invero, essere tale da recare concreto ed immediato pregiudizio all’interesse culturale oggetto di tutela, sicchè, in relazione alle opere concretamente in corso di esecuzione, la sospensione dei lavori non sia in alcun modo procrastinabile.

Deve, dunque, trattarsi di violazioni qualitativamente e quantitativamente rilevanti, pregiudizievoli in via immediata per l’interesse culturale, tali da non consentire una loro regolarizzazione nelle more della esecuzione di altre opere afferenti l’intervento.

Orbene, rileva il Tribunale che tale situazione non è ravvisabile nella situazione rappresentata dalla ordinanza oggetto di impugnativa.

Essa, invero, descrive le rilevate incongruenze come relative a “vani di accesso al locale terraneo lato Lungomare, aperture piano quinto lato corso Garibaldi, finestre piano secondo”.

Parte ricorrente precisa in proposito ( è da evidenziare che copia del verbale di tale sopralluogo non risulta essere stato depositato in giudizio) che trattasi di “differenze ininfluenti ai fini della conservazione, sostanzialmente riguardanti dimensioni di porte e finestre spesso inserite in elementi decorativi estremamente ripetitivi e pertanto non modificabili nel corso dei lavori”, chiarendo che le aperture di due vani terranei, costituenti porte, sono state rappresentate come finestre e che le aperture dei piani alti sono state indicate di dimensioni leggermente inferiori a quelle reali; sottolineando , altresì, che tali imprecisioni, in relazione alla loro natura ( finestre in luogo di porte, aperture inferiori alle misure reali) , non possono in alcun modo ritenersi finalizzate alla realizzazione di opere abusive, non derivando da esse vantaggio alcuno.

Trattasi, dunque, di incongruenze lievi, di entità limitata rispetto al complesso dei lavori da realizzare e, dunque, suscettibili di chiarimento e regolarizzazione in corso d’opera , senza necessariamente ricorrere alla adozione della sospensione dei lavori.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte deve, pertanto, essere ritenuta la illegittimità dell’ordine di sospensione dei lavori prot. n. 10918 del 16-4-2007, del quale va pronunziato l’annullamento.

Le esposte coordinate interpretative concernenti gli ambiti di svolgimento del potere di sospensione riconosciuto all’amministrazione consentono, invece, di affermare la legittimità del provvedimento prot. n.22681 del 6 agosto 2007, impugnato con il secondo atto di motivi aggiunti.

Invero, le incoerenze rilevate tra lo stato di fatto e gli elaborati progettuali risultano ben più ampie e consistenti, le carenze progettuali rilevanti, onde può fondatamente affermarsi l’esistenza di violazioni suscettibili di incidere negativamente sull’interesse culturale oggetto di tutela, utili a fondare l’esercizio del potere di sospensione.

Basti in proposito richiamare la corposa motivazione posta a base del provvedimento, la quale è tesa ad evidenziare come le incongruenze rilevate pongono a rischio la possibilità di salvaguardia e ripristino della consistenza originaria del bene vincolato, la quale costituisce la finalità essenziale di ogni intervento di conservazione sullo stesso.

Si legge, invero, nell’atto impugnato:

“Considerato che a seguito di un primo esame di ulteriore documentazione reperita e messa a disposizione, in quanto consegnata brevi manu da alcuni condomini negli incontri avuti in questa Soprintendenza e da un approfondimento degli elaborati tecnici trasmessi dalla ditta interessata con le diverse istanze presentate si sono riscontrate incoerenze tra quanto rappresentato nei grafici e l’effettivo stato dell’immobile nei diversi periodi e una inadeguata elaborazione grafica, sia di rilievo che di progetto. Anche la documentazione con oggetto “Interventi di manutenzione straordinaria sulle facciate e sulle coperture – stato di avanzamento dei lavori all’atto della sospensione(29-9-2006) non è esaustiva rispetto a quanto sopra esposto e non indica chiaramente la consistenza degli elementi e/o delle porzioni murarie rimosse. A riguardo si citano solo a titolo esemplificativo le seguenti difformità ovvero modifiche allo stato preesistente: la composizione e la consistenza sia dei cornicioni presenti tra il 6° ed il 7° piano, che del parapetto dei terrazzi del 6° piano ( che anche poer la scala A e parte del corpo centrale si dovrebbero entrambi uniformare a quelli recentemente eseguiti nella scala B) come anche l’aspetto e la conformazione complessiva della parte elevata ( soprattutto dal cornicione principale) del nucleo centrale; considerato che è stata rilevata l’esecuzione di alcune opere precedentemente alla comunicazione di avvio del procedimento di vincolo le quali hanno influito negativamente sia sull’unità, che sulla qualità architettonica del fabbricato compromettendone elementi e situazioni particolari; considerato, altresì, che non sono state tuttora evidenziate inequivocabilmente le opere eseguite in modo illegittimo e che, anzi, gli abusi ( in parte oggetto di istanze di condono) appaiono modificati e/o incrementati( quali ad esempio il portico sul terrazzo del 5° livello, gli aggetti delle verande della corte interna e gli abbaini); considerato , inoltre , che la stessa documentazione tecnica trasmessa dall’ing. De Carluccio … non è esaustiva nella rappresentazione descrittiva, non è inequivocabilmente quotata planoaltimetricamente ( quanto meno agli ultimi livelli), non rispetta sempre la conformazione originaria ( ed in parte tuttora esistente) dei manufatti e non tutela e/o ripropone le caratteristiche ( architettoniche e formali) significative della costruzione…” .

La disposta sospensione appare, poi, propedeutica allo svolgimento di un procedimento di revisione delle autorizzazioni rilasciate ( atti prot. 35562/2006 e 37616/2006) e, dunque, legittimamente finalizzata ad impedire irreversibili modificazioni dello stato dei luoghi nelle more della sua definizione.

Essa, dunque, si pone nella specifica fattispecie anche come misura cautelare ed urgente, con la conseguenza che la sua adozione non doveva essere preceduta da avviso di avvio del procedimento e che essa stessa, come tra l’altro espressamente detto nel corpo dell’atto, costituisce avviso di avvio del procedimento di revisione ed autotutela degli atti abilitativi in precedenza emanati.

I motivi aggiunti proposti sono, pertanto, infondati e devono essere respinti.Con il secondo atto di motivi aggiunti parte ricorrente impugna il provvedimento soprintendentizio prot. n. 30086 del 2-11-2007, il quale, a conclusione del procedimento di revisione come sopra avviato, ha disposto la revoca dei provvedimenti di approvazione.

L’impugnato provvedimento di ritiro si palesa, a giudizio del Tribunale e ad una approfondita disamina dello stesso, legittimo, con conseguente infondatezza del proposto gravame.

E valga il vero.

Occorre in primo luogo rilevare, a fondare la sussistenza in concreto dei presupposti del disposto ritiro, che il palazzo Santoro, successivamente al rilascio delle autorizzazioni del 2006, è stato sottoposto formalmente a tutela ai sensi dell’articolo 10 , comma 3, del d,l.vo n. 42/2004, giusta decreto n. 72 del 10-5-2007 del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania.

L’esistenza di un vincolo storico- architettonico giustifica una tutela più intensa del bene e, dunque, nell’esercizio della discrezionalità che è propria dell’amministrazione preposta alla sua tutela, la necessità di un vero e proprio progetto di restauro che conservi e recuperi l’identità originaria del bene in luogo di un mero intervento di manutenzione straordinaria dell’esistente.

Il sopravvenuto vincolo costituisce, pertanto, esigenza di interesse pubblico che giustifica più incisivi interventi di conservazione dell’edificio.

Come in premessa esposto, il codice dei beni culturali assicura, con una serie di norme ( artt. 29 e ss.) la conservazione dei beni culturali, definendo gli ambiti possibili di intervento, ponendo obblighi conservativi a carico dei proprietari e riconoscendo, in capo all’amministrazione, il potere di imporre la presentazione di un progetto delle opere da effettuarsi.

Orbene, nella motivazione dell’atto impugnato la Soprintendenza evidenzia proprio la necessità “ di un progetto di restauro ( così come già evidenziato nel provvedimento n. 22681/2007) che tuteli effettivamente i valori storico-artistici-architettonici dell’edificio e le sue peculiari caratteristiche tipologiche e formali nonché rimuova le opere effettuate dissonanti con i medesimi”, evidenziando che “tale soluzione progettuale deve essere suffragata da documentazione completa e dettagliata. Successivamente al suddetto atto la Soprintendenza ha ribadito tale esigenza sia per le vie brevi durante i sopralluoghi, sia formalmente.Peraltro, con comunicazione con prot. 28707/2007 questo Ufficio ha ulteriormente chiarito la documentazione che deve essere contenuta in detto progetto”.

Di poi, si osserva che il disposto ritiro risulta motivato anche in relazione alla sostanziale insufficienza del progetto presentato ( ed assentito con le autorizzazioni oggetto di autotutela) ad assicurare l’integrità e la salvaguardia del bene, in relazione alle incongruenze, alle carenze ed alle difformità rilevate con lo stato di fatto, riproponendosi ed ampliandosi i rilievi già formulati con il precedente atto di sospensione prot. 22681 del 6-8-2007.

Si è in precedenza detto, nella esegesi dell’articolo 21 del codice, della importanza e della necessaria completezza degli elaborati progettuali; risultando finalità del procedimento autorizzativo quella di valutare la compatibilità dell’intervento con l’interesse culturale oggetto di tutela, la norma pone l’obbligo di presentazione di un progetto che deve contenere una fedele rappresentazione dello stato di fatto, atteso che solo essa consente di valutare compiutamente l’incidenza delle opere che si intendono realizzare in termini di pregiudizio ovvero di salvaguardia dello specifico interesse pubblico e di compatibilità con esso.

La incompletezza o la incongruenza del progetto, non assicurando il raggiungimento della prefata finalità di tutela, giustifica il ritiro degli atti autorizzativi che, in base ad esso siano stati rilasciati e la richiesta di un progetto di restauro che non si limiti esclusivamente alla manutenzione dell’esistente ma si estenda anche al recupero delle caratteristiche originarie dell’edificio.

Il riferimento al carattere sostanziale e determinante delle rilevate carenze ai fini della tutela del valori storico-artistici-architettonici dell’edificio ribadisce, in relazione alla esistenza del vincolo, la presenza di un interesse pubblico prevalente al ritiro.

L’interesse dei soggetti privati incisi dall’atto appare, poi, salvaguardato dalla prospettata possibilità di eseguire gli interventi edilizi sulla base di un progetto di restauro e dall’assenso alla esecuzione dei lavori non configgenti con le rappresentate esigenze di tutela.

Le considerazioni sopra svolte rivelano, pertanto, la legittimità della disposta revoca ( oggetto del secondo atto di motivi aggiunti), nonché della richiesta di presentazione di un progetto di restauro mirato a tutelare i valori storico-artistici-architettonici dell’edificio e le sue peculiari caratteristiche tipologiche e formali, formulata con la nota prot. n. 28707/2007 ( impugnata con il secondo atto di motivi aggiunti) e con la successiva nota prot. 4605 del 12-2-2008 ( gravata con il terzo atto di motivi aggiunti).

Vale al riguardo evidenziare che la reiezione del ricorso avverso la revoca induce a ritenere legittima anche la parte della nota prot. n. 4605 del 12-2-2008 in cui l’amministrazione afferma che “ non si preclude a priori la realizzazione di opere finalizzate esclusivamente alla conservazione dell’esistente, se richieste, le quali dovreanno essere, in ogni caso, preventivamente all’esecuzione , assentite da questo Ufficio”.

Come ha , infatti, chiarito il giudice di appello ( cfr. Cons. Stato, VI, ord. n. 3647/2008) , anche a seguito della imposizione di vincolo specifico sull’immobile, appartiene alla sfera di discrezionalità tecnica dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo la modulazione dell’intensità dei controlli sul bene interessato dagli interventi manutentivi.

Con il quarto atto di motivi aggiunti parte ricorrente ha impugnato il provvedimento adottato dalla Soprintendenza in data 17 luglio 2008 al prot. n. 20229, recante la mancata approvazione del progetto di restauro presentato dal Condominio di Palazzo Santoro.

Il ricorso, per tale parte, è , a giudizio del Tribunale, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Invero, come emerge dagli atti di causa, a seguito di tale diniego e di riunioni intercorse tra le parti, il Condominio ha provveduto alla presentazione di un nuovo progetto di restauro limitatamente alla parte orientale dell’edificio.

Tale progetto risulta essere stato approvato dalla Soprintendenza con atto prot. n. 22068 del 7 agosto 2009, imponendosi, peraltro, la prescrizione della presentazione, entro trenta giorni, di un progetto di restauro anche per la parte occidentale dell’edificio ( già oggetto di lavori manutentivi).

Orbene, osserva il Collegio che il pregiudizio riveniente dalla mancata approvazione del progetto presentato il 26-3-2008 risulta superato dalla avvenuta approvazione del nuovo progetto relativo alla parte orientale dell’edificio, che si pone, pertanto, in termini di soddisfacimento delle istanze del privato rappresentate con la produzione di una nuova istanza.

Quanto, poi, alla imposizione della presentazione di un progetto di restauro anche per la parte occidentale del fabbricato, si rileva che il pregiudizio origina dal nuovo atto del 7 agosto 2009 e che esso non potrebbe essere eliminato attraverso l’annullamento del primo diniego di approvazione del progetto.

Il quarto atto di motivi aggiunti è, dunque, improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Può a questo punto passarsi all’esame del quinto atto di motivi aggiunti, con il quale viene gravato il provvedimento adottato dalla Soprintendenza , prot. n. 22068 del 7 agosto 2009, di approvazione del progetto di restauro della parte orientale del palazzo Santoro “nella parte in cui richiede la presentazione di un progetto di restauro anche per la porzione occidentale del Palazzo Santoro ( ove già si è operato)”.

E’ bene in proposito richiamare i contenuti dell’atto impugnato.

La Soprintendenza evidenzia in parte motiva “ che in osservanza alle indicazioni di cui alla riunione operativa svoltasi presso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania in data 6 febbraio 2009, il progetto di cui alla presente nota concerne solo la parte dell’edificio dove attualmente risultano ancora in corso i lavori di cui all’oggetto (porzione orientale) mentre per la realizzazione di analoghe opere di restauro sulla parte occidentale ( dove i lavori risultano ultimati , ma ritenuti da questa Soprintendenza incompatibili con le esigenze di tutela architettonica dell’edificio storico) si sarebbe fatto riferimento ad un ulteriore progetto di restauro; che nonostante quanto emerso nel corso della riunione operativa del 6-2-2009 svoltasi presso la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, questa Soprintendenza ritiene fondamentale per la tutela dell’edificio denominato Palazzo Santoro, vincolato ai sensi del D.Lvo 42/2004 per effetto del DDR n. 72 del 10-5-2007, la redazione di un progetto di restauro anche della porzione occidentale dell’edificio ( dove già si è operato); che tale condizione è stata condivisa altresì nel corso della riunione tenutasi presso la Direzione Generale per i Beni Architettonici, Storico Artistici ed Etnoantropologici in data 22 luglio 2009”.

Conclude, dunque, in parte dispositiva con l’approvazione del progetto, specificando che “ Per quanto attiene la parte occidentale si invita l’Amministrazione del Condominio, a cui la presente è altresì diretta, di voler predisporre un progetto di ripristino delle facciate secondo un circostanziato progetto di restauro che tenga conto delle indicazioni già fornite da questo ufficio per la parte orientale soprattutto per quanto attiene il ripristino dello stato dei luoghi e delle decorazioni asportate nel corso dei lavori conseguenti alla DIA presentate al Comune di Salerno. Tale progetto dovrà pervenire entro trenta giorni dalla data di ricezione della presente. In mancanza questo Ufficio attiverà tutte le procedure previste dalla legge”.

Ciò premesso, parte ricorrente censura l’imposizione della presentazione di un progetto di restauro per la parte occidentale del fabbricato in primo luogo perché si porrebbe in contrasto con gli accordi raggiunti nell’incontro tenutosi in data 6-2-2009 presso la Direzione Regionale, nel quale sarebbe stata convenuta esclusivamente la presentazione di un progetto per la parte orientale.

Tanto troverebbe conferma nella relazione prot. 1923 dell’11-2-2009, a firma del direttore regionale e trasmessa al Ministero, nella quale viene precisato che , a seguito della citata riunione, è stata convenuta la trasmissione di un progetto di restauro relativa alla parte dell’edificio attualmente oggetto di intervento, senza riferimento alcuno a progetti da presentarsi anche per l’ala occidentale di esso.

Dal canto suo, la Soprintendenza nell’atto impugnato sembra smentire tale circostanza, laddove precisa che “…in osservanza alle indicazioni di cui alla riunione operativa …in data 6 febbraio 2009 ….per la realizzazione di analoghe opere di restauro sulla parte occidentale …si sarebbe fatto riferimento ad un ulteriore progetto di restauro”.

Le ulteriori specificazioni contenute nel provvedimento ( “…nonostante quanto emerso nel corso della riunione operativa del 6-2-2009 … questa Soprintendenza ritiene fondamentale …la redazione di un progetto di restauro anche per la porzione occidentale dell’edificio…; tale condizione è stata condivisa altresì nel corso della riunione tenutasi presso la Direzione Generale ….in data 22 luglio 2009…”) e la mancanza di verbali delle citate riunioni inducono ragionevolmente il Collegio a ritenere che nella riunione del 6 febbraio presso la Direzione Regionale si convenne la presentazione di un progetto di restauro solo per la parte orientale, rinviando la definizione delle controversie relative alla parte occidentale ad un futuro intervento conservativo non immediatamente legato al primo e non definito nei tempi di presentazione. La Soprintendenza, di sua iniziativa e probabilmente con l’avallo della Direzione Generale, ha poi ritenuto che tale ultimo progetto dovesse essere presentato nell’immediatezza ed i relativi lavori eseguiti quasi contestualmente a quelli della parte orientale, inserendo la relativa prescrizione nell’atto di approvazione.

Orbene, rileva il Tribunale che la vicenda sopra esposta , pur se inidonea a configurare in via diretta un comportamento illegittimo dell’amministrazione, evidenzia comunque la palesata possibilità al privato di un intervento autonomo e separato per la porzione orientale dell’immobile, non necessariamente ed immediatamente da eseguirsi in uno ad interventi di restauro anche sulla parte occidentale.

Verificandosi in tal senso un affidamento in capo al privato, diverse determinazioni assunte in sede provvedimentale impongono l’osservanza di un obbligo motivazionale particolarmente intenso sulle ragioni fondanti la ritenuta necessaria contestualità.

Sotto tale profilo il provvedimento impugnato è affetto dal lamentato vizio di carenza motivazionale, atteso che esso si limita ad affermare che la Soprintendenza ritiene “fondamentale per la tutela dell’edificio” la redazione di un progetto di restauro anche della porzione occidentale, senza specificarne affatto le ragioni sostanziali in uno alle esigenze di immediata esecuzione; specifica , inoltre, che i lavori (ultimati) nella prefata parte del palazzo sono ritenuti incompatibili con le esigenze di tutela architettonica dell’edificio senza indicarne i motivi né direttamente né, per relationem, attraverso il rinvio ad altri atti.

Il censurato vizio della motivazione si presenta anche sotto altro e rilevante aspetto.

Premette in proposito il Tribunale che i poteri riconosciuti all’amministrazione per la tutela di beni vincolati, risultando finalizzati alla cura dell’interesse pubblico, sono connotati da profili di discrezionalità amministrativa e di discrezionalità tecnica.

Le scelte in ordine alle modalità di cura e di salvaguardia dell’interesse culturale e storico- artistico ed architettonico si esprimono in un’ampia gamma di possibilità , riservate alla scelta dell’autorità amministrativa, salvi i limiti, sindacabili dal giudice amministrativo, della logicità, ragionevolezza, non contraddizione e dell’obbligo di motivazione.

Di poi, il potere impositivo di prescrizioni in sede di autorizzazione alla esecuzione dei lavori costituisce un potere generale riconosciuto all’amministrazione, come emerge, ad esempio, dai sopra citati articoli 21, comma 5, e 33, comma 4, che prevedono espressamente la possibilità di porre prescrizioni in sede di approvazione del progetto.

Essendo relative alla ipotesi progettuale presentata dal privato, le prescrizioni attengono ordinariamente ai lavori oggetto di autorizzazione e, dunque, agli interventi che il privato chiede di realizzare.

Ci si deve, pertanto, domandare se le stesse possano anche essere poste con riferimento ad ulteriori lavori non interessanti direttamente l’oggetto e l’opera su cui il privato ha chiesto di intervenire.

Questo è quanto è avvenuto nella fattispecie oggetto del presente giudizio, laddove il progetto presentato riguarda la parte orientale dell’edificio, mentre la prescrizione, inserita nell’atto autorizzativo dei lavori, di presentazione di un ulteriore progetto di restauro riguarda la porzione occidentale.

Ritiene il Tribunale , in linea astratta, che ciò sia consentito, purchè l’esercizio del potere sia finalizzato alla salvaguardia dello specifico interesse pubblico e si svolga nel rispetto dei prefati limiti della logicità, ragionevolezza e dell’ obbligo di motivazione.

Sempre in linea astratta, deve ritenersi che la prescrizione sia logica e ragionevole quando i lavori oggetto della prescrizione, pur se non direttamente concernenti il progetto oggetto di approvazione, riguardino comunque il medesimo bene vincolato.

Pur tuttavia, in concreto la legittimità della determinazione richiede una adeguata esternazione delle ragioni che fondano la necessità dell’intervento ai fini della tutela e conservazione del bene culturale nonché dei motivi che ne impongano l’esecuzione contestualmente ovvero in stretta correlazione cronologica con quelli richiesti dal privato ed oggetto di approvazione; ciò a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la porzione interessata dalla prescrizione non presenti fenomeni evidenti di degrado risultando recentemente essere stata interessata da lavori manutentivi ( ultimati nel 2006).

Come si è sopra visto, il provvedimento in questa sede impugnato non esplicita assolutamente tali ragioni, onde anche sotto tale profilo esso è illegittimo per vizio della motivazione.

Deve, di poi, essere osservato che la prescrizione oggetto di impugnativa costituisce sostanzialmente imposizione di un intervento di restauro sul bene vincolato ( nella specie la porzione occidentale dell’edificio).

Esso, pertanto, configura una fattispecie di “intervento conservativo imposto”, espressamente disciplinato dagli artt. 32 e ss. del Codice, i quali prevedono all’uopo uno specifico procedimento (di competenza del Soprintendente), caratterizzato dalla preliminare redazione di una relazione tecnica e di una dichiarazione di necessità degli interventi ( evidentemente finalizzate a dar conto delle ragioni fondanti tale necessità) nonchè dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Nella vicenda in esame tali adempimenti neppure risultano essere stati osservati.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, deve ritenersi la illegittimità della prescrizione di presentazione di un progetto di restauro per la parte occidentale dell’edificio contenuta nell’atto autorizzativo prot. n. 22068 del 7 agosto 2009, la quale va annullata in parte qua.

Il disposto annullamento dell’atto autorizzativo nella parte impositiva della richiamata prescrizione di presentazione del progetto di restauro consente di definire anche i giudizi introdotti con i ricorsi iscritti ai nn. 500/2010, 512/20010 e 513/2010 R.G., con i quali vengono impugnate la nota prot. 965 del 14-1-2010 la quale sostanzialmente “sospende” gli effetti dell’atto autorizzativo di cui alla nota prot. n. 22068 del 7-8-2009 e la successiva nota prot. n. 3552 del 10-2-2011, con la quale si dispone la sospensione dell’efficacia della predetta autorizzazione di cui alla nota n. 22068/2009.

Tali atti fondano la ritenuta inefficacia dell’autorizzazione sul mancato adempimento della prescrizione di presentazione del progetto di restauro per la parte occidentale dell’edificio.

Orbene, l’avvenuta eliminazione, per effetto dell’annullamento disposto in questa sede, della richiamata prescrizione determina il venir meno del presupposto giustificativo su cui esse si fondano.

Risultando affette da illegittimità derivata , esse devono di conseguenza essere annullate.

Quanto all’ulteriore motivo addotto a sostegno della nota prot. n. 3552 del 10-2-2011, consistente nel fatto che il progetto assentito con l’atto prot. 22068/2009 sarebbe stato sottoscritto anche dall’arch. Arianna De Luzio, tecnico alla data di approvazione ancora non incaricata dal Condominio, pure se ne ravvisa l’illegittimità.

Invero, condizione richiesta dalla normativa è che il progetto di restauro sia sottoscritto da un architetto.

Tale presupposto risulta esistente nella specie, ove si consideri che gli elaborati progettuali sulla base dei quali è stata adottata l’autorizzazione risultano sottoscritti, oltre che dall’ing. Carluccio, anche dall’arch. De Luzio.

Il progetto, inoltre, risulta essere stato presentato dal Condominio, onde deve ritenersene la riferibilità anche relativamente al tecnico redattore; circostanza, poi, confermata dall’ avvenuto formale conferimento dell’incarico all’arch. De Luzio in data 28-11-2010.

Le prefate circostanze, in uno al fatto che il formale conferimento dell’incarico è avvenuto precedentemente all’adozione del provvedimento impugnato, inducono il Collegio a ritenere che la riscontrata irregolarità ( peraltro attinente ai rapporti interni del condominio) fosse stata sanata, con conseguente impossibilità di ritenere inficiato l’atto autorizzativo a suo tempo rilasciato.Sulla base delle considerazioni sopra svolte deve, pertanto, pronunziarsi l’annullamento delle note prot. n. 965 del 14-1-2010 e prot. n. 3552 del 10-2-2011 con riferimento alla disposta ( ovvero ritenuta) inefficacia dell’atto autorizzativo del 7-8-2009.

Devono, peraltro, essere effettuate ulteriori precisazioni, utili a meglio definire l’effetto conformativo della presente pronunzia e ad orientare la futura azione dell’amministrazione, rilievi che in parte sono stati già svolti nelle pronunzie cautelari del 30-4-2010.

Deve in primo luogo essere evidenziato che il provvedimento di autorizzazione del 7 agosto 2009 , ad un esame letterale, non qualifica affatto la presentazione di un progetto di restauro per la parte occidentale dell’edificio in termini di condizione di efficacia del provvedimento stesso.

Invero, il termine “condizione” presente in parte motiva ( pagina 1, in fine) risulta smentito dal contenuto della disposizione , la quale precisa che “ Per quanto attiene la parte occidentale , si invita l’amministrazione del Condominio… di voler predisporre un progetto di ripristino delle facciate secondo un circostanziato progetto di restauro….Tale progetto dovrà pervenire entro trenta giorni dalla data di ricezione della presente. In mancanza questo Ufficio attiverà tutte le procedure di legge”.

Non è, dunque, previsione di un evento che incide automaticamente sulla efficacia del provvedimento – come le note impugnate sembrano ritenere – quanto piuttosto imposizione di un obbligo a seguito della ritenuta necessità dell’intervento di restauro con conseguente invito al privato di presentazione del progetto.

La non automatica incidenza di esso sulla efficacia dell’atto è, poi, confermata dalla ulteriore previsione che “in mancanza questo Ufficio attiverà tutte le procedure di legge”, inciso il quale evidenzia la necessità di un intervento dell’amministrazione per il caso di inosservanza e non certo una automatica caducazione degli effetti abilitativi dell’autorizzazione.

Trattasi piuttosto, come più sopra già evidenziato, di una prescrizione posta nell’atto autorizzativo.

In precedenza si è detto delle condizioni di legittimità di una tale prescrizione.

Ora ci si deve soffermare brevemente sui poteri esercitabili dall’amministrazione in ipotesi di sua inosservanza.

La prescrizione pone ordinariamente una modalità di realizzazione dei lavori di cui al progetto del privato ma in esso non prevista , onde di questo costituisce modificazione in termini di abilitazione all’intervento, specificando i contenuti dell’autorizzazione in termini diversi rispetto alla richiesta del privato.

In questo caso, pertanto, la violazione della prescrizione costituisce realizzazione dei lavori in difformità dall’autorizzazione e consente l’esercizio del potere di sospensione previsto dall’articolo 28 del Codice.

Quando, invece, come nel caso di specie, la prescrizione pone l’obbligo di ulteriori lavori su di una porzione distinta del fabbricato non interessata dal progetto presentato dal privato, è più arduo configurare l’esercizio del potere di sospensione per difforme esecuzione dei lavori rispetto all’autorizzazione.

Poiché, infatti, oggetto principale dell’abilitazione sono i lavori richiesti dal privato ( e non quelli, su parti diverse del bene, richiesti dall’amministrazione) e giacchè il richiamato articolo 28 consente la sospensione solo per “interventi condotti in difformità dall’autorizzazione” , la sospensione è possibile solo ove risulti sussistente ( ed evidentemente si esterni adeguatamente tale condizione) un indefettibile ed inscindibile legame tra i lavori richiesti e quelli imposti ( tanto da renderli un unicum non parcellizzabile) , sicchè risulti pregiudicata la finalità dei primi ( in relazione al perseguimento dell’interesse pubblico tutelato) senza la contestuale realizzazione dei secondi.

Viceversa, qualora tali condizioni non risultino sussistenti, la mancata osservanza della prescrizione , trattandosi sostanzialmente di un intervento conservativo imposto, giustificherà l’esercizio del potere di intervento diretto dell’amministrazione, nel rispetto evidentemente della normativa di cui agli artt. 32 e ss. del Codice.

In tale ipotesi, invero, ove l’intervento di restauro autonomamente richiesto dall’amministrazione non risulti, da un punto di vista oggettivo, attività necessariamente condizionante la esecuzione dei lavori di restauro richiesti dal privato, la realizzazione del secondo ben potrà avvenire successivamente, in coerenza di insieme con i primi, oggetto di autorizzazione.

Difatti, la sospensione di questi ultimi, in attesa della presentazione del progetto di restauro per altra parte dell’immobile, finirebbe per tradire la causa tipica del potere esercitato, in quanto si risolverebbe in uno strumento finalizzato esclusivamente ad attuare la prescrizione e non anche a curare l’interesse storico-architettonico alla cui realizzazione l’esecuzione dei lavori richiesti dal privato ed autorizzati correttamente attendono, in quanto oggettivamente consentono di attuare la conservazione della parte di edificio di interesse senza necessità di contestuale esecuzione degli altri interventi imposti.

Può a questo punto passarsi all’esame delle domanda risarcitoria avanzata dalle parti ricorrenti.

La stessa, a giudizio del Tribunale non può essere allo stato accolta.

Va in primo luogo evidenziato come, per alcuni provvedimenti oggetto di impugnativa, questo Tribunale abbia acclarato nella presente decisione la legittimità.

Di conseguenza, in relazione ad essi ed agli effetti ritenuti pregiudizievoli dalle parti ricorrenti, non è in radice configurabile la fattispecie dell’illecito aquiliano.

In relazione, poi, alla prima ordinanza di sospensione oggetto di impugnativa ed annullata da questo Tribunale, può rilevarsi che la incidenza negativa della stessa risulta essere stata sostanzialmente posta in non cale dalla ordinanza cautelare n. 524/2007, resa dal Tribunale in data 31-5-2007 a distanza di circa un mese dalla sua adozione, e successivamente assorbita dal nuovo provvedimento di sospensione prot. 22681 del 6-8-2007, del quale il Collegio ha riconosciuto la legittimità.

Quanto, invece, alla controversia relativa alla legittimità della imposizione dell’obbligo di eseguire i lavori di restauro anche per la parte occidentale dell’edificio ( mediante richiesta di presentazione del relativo progetto )contestualmente ai lavori conservativi autorizzati per la parte orientale e, dunque, alla legittimità della prescrizione all’uopo inserita nell’atto autorizzativo n. 22068 del 7 agosto 2009 ed alle conseguenti sospensioni dei lavori, è ben vero che il Tribunale ne ha riconosciuto l’illegittimità, disponendone l’annullamento.

Va, peraltro, considerato, a fondamento comunque della esclusione di un obbligo risarcitorio, quanto segue.

La prescrizione contestata da parte ricorrente è inserita in un’autorizzazione alla esecuzione di lavori di restauro richiesta dal privato.

Come tale essa limita l’interesse pretensivo azionato dal privato con la richiesta di abilitazione alla esecuzione dei lavori limitatamente alla porzione orientale del fabbricato.

L’azione della pubblica amministrazione censurata nel presente giudizio, dunque, incide su di un interesse pretensivo del privato.

In tale fattispecie, la sussistenza dell’illecito aquiliano ed il conseguente riconoscimento dell’obbligo risarcitorio passano necessariamente per la verifica della spettanza del bene della vita , negato dall’amministrazione.

Orbene, il riconoscimento della illegittimità degli atti impugnati contenuto nella presente pronunzia ( ed il conseguente loro annullamento) non contiene un accertamento di tipo sostanziale sulla spettanza del bene della vita.

Rinviando a quanto sopra detto in sede di giudizio demolitorio, la riconosciuta illegittimità della prescrizione imposta dalla Soprintendenza e, dunque, del mancato integrale soddisfacimento dell’interesse pretensivo azionato è, invero, avvenuta per difetto di motivazione, senza accertamento di tipo sostanziale.

Per l’effettuazione di quest’ultimo, sia pure nei limiti consentiti dall’ordinamento alla cognizione del giudice amministrativo in ambiti connotati dall’esercizio di discrezionalità tecnica ed amministrativa, è necessaria l’eventuale rinnovazione della determinazione amministrativa.

Si osserva ancora che l’atto autorizzativo n. 22068/2009 , così come formulato, non impediva di per sé l’esecuzione dei lavori autorizzati e che la successiva nota di sospensione n. 965/2010 risulta essere stata sospesa dal Tribunale nella camera di consiglio del 30-4-2010.

Non risulta , infine, ai fini degli effetti di cui agli artt. 2056 e 1227 del codice civile, che i privati abbiano, in presenza di atti impeditivi alla esecuzione dei lavori di restauro e di manutenzione straordinaria, avanzato di richiesta di autorizzazione alla esecuzione di opere provvisionali ed urgenti , anche ai sensi dell’articolo 27 del d.lgs n. 42/2004.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, pertanto, le richieste risarcitorie avanzate devono essere allo stato respinte.

Le spese dei giudizi, in relazione alla peculiarità della controversia ed all’esito complessivo della lite, possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, sussistendone giusti motivi.

P.Q.M.

definitivamente giudicando sui ricorsi in epigrafe, così provvede:

riunisce i ricorsi iscritti ai nn. 800/2007 , 500/2010, 512/2010 e 513/2010 R.G. ;

quanto al ricorso n. 800/2007 R.G., in parte lo respinge, in parte lo dichiara improcedibile nei sensi in motivazione specificati ed in parte lo accoglie disponendo per l’effetto l’ annullamento dell’ordine di sospensione dei lavori prot. n. 10918 del 16-4-2007 e dell’atto prot. n. 22068 del 7-8-2009 in parte qua nei sensi di cui in motivazione;

quanto ai ricorsi iscritti ai nn. 500/2010, 512/2010 e 513/2010 R.G., li accoglie e , per l’effetto, annulla la nota prot. n. 965 del 14-1-2010 e la nota prot. n. 3552 del 10-2-2011 nei sensi di cui in motivazione.

Respinge le domande di risarcimento danni.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Onorato, Presidente

Sabato Guadagno, Consigliere

Francesco Mele, Consigliere, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/09/2011

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)