Tribunale Palermo Sez. III 9 maggio 2017
Beni Culturali.Articolo 170 dlv 42\2004 e reato permanente
Il reato previsto e punito dall’art. 170 dlg 42/2004 (che incrimina ogni uso distorto dei beni culturali -di cui all’art. 10 stesso dlg-, incompatibile cioè con la loro destinazione, con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità) ha natura di reato permanente, nel senso che, posto in essere l’uso improprio del bene sottoposto a tutela, la situazione antigiuridica che ne deriva perdura fintanto che l’agente volontariamente o coattivamente non dismetta il suddetto uso illecito (la fattispecie esaminata dal Tribunale riguarda l’occupazione del tetto della navata destra di una chiesa monumentale del ‘500 con un locale abusivo di 15 mq adibito a sala operatoria della clinica del palazzo contiguo, e l’occupazione del tetto della navata sinistra della stessa chiesa, con un locale adibito a cucina dell’appartamento al terzo piano del palazzo confinante a sinistra col monumento).
N. 6819/2014 RGNR
N. 3618/2012 RGTrib.
TRIBUNALE DI PALERMO
SEZIONE III PENALE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice, dott.ssa Marina Petruzzella;
all’udienza del 9 maggio 2017, ha emesso . SENTENZA
nei confronti di
xxx nato a xxx già presente, difeso di fiducia dall’avv.to xxx;
xxx nato a xxx, già presente, difeso di fiducia dall’avvocato xxx;
IMPUTATI
XXX XX
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del reato di cui all’art. 170 dlg. n.42 del 2004, perché in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della casa di cura per xxx, sita a Palermo Piazza Fonderia n. 23,destinava parte del complesso monumentale della chiesa di San Sebastiano ad uso incompatibile con il suo carattere storico artistico o pregiudizievole della sua conservazione o integrità. Condotta consistita:
1. nell’aver occupato, mediante la realizzazione di un corpo di ampliamento della predetta clinica, in muratura, alluminio e vetri, una porzione del terrazzo della predetta chiesa per una superficie di 15 mq circa;
2. nell’avere installato nel medesimo terrazzo delle cisterne idriche unite dai congegni e delle tubature necessari al loro funzionamento;
3. Nell’aver effettuato il convogliamento di una conduttura di scarico attraverso il terrazzo di cui ai punti precedenti fino al pluviale fuori uscente all’esterno della facciata;
In Palermo fino al 10 aprile 2013
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del reato di cui all’articolo 733 codice penale, perché, nella qualità anzidetta, deteriorata o comunque danneggiava gli affreschi presenti sul soffitto sulle pareti della chiesa di San Sebastiano deturpati dall’immissione di liquami di scarico provenienti dalle opere descritte nel capo precedente.
In Palermo fino al 10 aprile 2013
XXX XX
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del reato di cui all’articolo 170 decreto legislativo numero 42 del 2004, perché, in qualità di proprietario dell’immobile sito in piazza San Sebastiano numero nove, destinava parte del complesso monumentale della omonima chiesa ad uso incompatibile con il suo carattere storico o artistico o pregiudizievole per la sua conservazione o integrità. Condotta consistita:
1) nell’avere occupato, mediante la realizzazione di una tettoia in ondulato plastico, una porzione del terrazzo della predetta chiesa per una superficie corrispondente a metri quadrati 12 circa;
2) nell’avere collocato un recipiente in eternità con relative condutture in pvc sul tetto del campanile della chiesa, di cui al punto precedente;
3) nell’avere installato delle antenne televisive sul tetto del campanile della medesima chiesa.
In Palermo fino al 10 aprile 2013
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del reato di cui all’articolo 733 codice penale, perché nella qualità anzidetta, mediante le condotte descritte al capo precedente deteriorava o comunque danneggiava la sagoma della chiesa di San Sebastiano.
Accertato in Palermo il febbraio 2012
Conclusioni
Pm: condannarsi ciascuno degli imputati alla pena di mesi otto di arresto ed euro 2.000,00 di ammenda;
Difensore di xxx: facendo richiamo anche ai documenti prodotti in udienza (v.motivazione), assoluzione con la formula più ampia, in subordine sentenza di non doversi procedere per prescrizione dei reati, in ulteriore subordine applicarsi l’articolo 131 bis c.p..
Difensore di xxx: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, in subordine sentenza di non doversi procedere per prescrizione, in ulteriore subordine, il minimo della pena e i benefici di legge concedibili.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Pm presso il Tribunale di Palermo, con atto del 10 gennaio 2014 citava davanti a questo Tribunale XXX e XXX per rispondere delle accuse di cui esattamente in epigrafe. All’udienza del 2 dicembre 2014, dichiarata l’assenza degli imputati e l’apertura del dibattimento, il giudice provvedeva sulle istanze istruttorie delle parti (il Pm produceva titolo di proprietà con nota di trascrizione e fascicoli fotografici dei luoghi). All’udienza del 19 maggio 2015 veniva sentita la teste Maria Teresa Tusa, della Soprintendenza (su accordo delle parti veniva acquisita nota a firma della teste relativa al sopralluogo effettuato il 26 settembre 2012 congiuntamente agli ufficiali di Pg del Nucleo di Tutela Patrimonio Artistico; veniva esibita alla medesima teste la documentazione fotografica, pure acquisita agli atti). All’udienza del 29 settembre 2015, il giudice, prendendo atto della richiesta di rinvio del difensore del xxx, rinviava la trattazione del processo, disponendo la sospensione dei termini di prescrizione dei reati. All’udienza del 9 febbraio 2016 veniva escusso il teste Marco Matranga, all’epoca del NTPA Pol. Mun. Di Palermo (cui la difesa del Triolo mostrava sua documentazione fotografica).
All’udienza del 5 aprile 2016, presenti entrambi gli imputati, sull’accordo delle parti veniva acquisito il verbale di Sit del teste Pietro Scaduto, parroco della chiesa, il quale veniva quindi esaminato. All’udienza del 28 giugno 2016 veniva disposto un rinvio a causa dell’assenza giudice da ultimo designata. All’udienza del 8 novembre 2016 il giudice procedeva alla rinnovazione degli atti, ricevendo il consenso di tutte le parti all’utilizzazione degli atti compiuti. I difensori insistevano nelle richieste di esame degli imputati. All’udienza del 6 dicembre 2016 si procedeva all’esame prima del Triolo (il suo difensore produceva documentazione fotografica nonché, stralcio di ordinanza sindacate e due note, con allegati, trasmesse al Comune di Palermo). Veniva di seguito esaminato il xxx. Anche la difesa del xxx veniva ammessa alla produzione di documenti, e contestualmente, sempre accogliendo la richiesta del difensore, il giudice revocava l’ordinanza ammissiva del teste consulente di parte. All’udienza del 18 aprile 2017 venivano sentiti i testi della difesa Giuseppe Randazzo, della congregazione di San Sebastiano, e Giuseppe Sansone, un dipendente della clinica xxx.
All’udienza del 9 maggio 2017, infine, dichiarata la chiusura del dibattimento, raccolte le conclusioni del Pm e dei difensore, il giudice, all’esito della camera di consiglio, emetteva sentenza, dando lettura del dispositivo in atti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I.
Premesse
I reati accertati a carico degli imputati si inseriscono in un contesto di condotte di arbitraria utilizzazione e di mancata tutela del monumento di rilevante gravità, per le ragioni che appariranno evidenti all’esito della disamina dei risultati dell’istruttoria dibattimentale. Si contesta:
al xxx di occupare il tetto a terrazza di copertura della navata sinistra della chiesa cinquecentesca di San Sebastiano martire, con un locale abusivo di 15 mq, in muratura alluminio e vetro, adibito a sala operatoria della clinica da lui amministrata adiacente al monumento (cnfr.: p. 16 trascr. delle dichiarazioni del xxx su detta destinazione, all’udienza 6.12.2016; planimetrie prodotte dalla difesa), e di usare inoltre il tetto della chiesa per tenervi collocati condizionatori d’aria, altri vari vibranti macchinari della clinica, da cui fuoriescono liquami, che hanno provocano ristagni e infiltrazioni, con danni agli affreschi delle pareti e del soffitto sottostanti del monumento, che ha aggravato il suo stato di degrado (che nel 2014 ne ha comportato il sequestro penale);
al xxx di occupare il tetto a terrazza di copertura della navata sinistra della stessa chiesa, con una tettoia in ondulato plastico di 12 mq, di avere occupato il campanile della chiesa con un recipiente in eternit, con relative condutture in pvc e con antenne televisive (ma, nota il giudice, è anche presente un cucinotto in muratura posto in prossimità del prospetto del monumento).
Tali condotte vengono contestate a ciascuno dei due imputati ai sensi dell’art. 170 decreto legislativo n. 42/2004, e dell’art. 733 c.p..
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Principi generali e art. 170 dlg 42/2004; valore e tutela non negoziabili del bene monumentale.
E’ bene preliminarmente ricordare che l’art. 170 cit. punisce “la destinazione dei beni culturali (indicati nell’articolo 10 stesso dlg 1 ) ad usi incompatibili con il loro carattere storico od artistico o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità (condotta già sanzionata dall’articolo 59 della legge 1089\39 e dal T.U 6490\99). La giurisprudenza definisce uso incompatibile con la funzione e le caratteristiche del monumento e per esso pregiudizievole «.. l'uso del bene culturale che ne determini la distorsione dal godimento che gli è proprio, ovvero di studio, ricerca o piacere estetico complessivo » (Cass. Sez. III n. 14377, 17 marzo 2005; Cass. Sez. III n. 42065, 16 novembre 2011) 2 . I l reato viene integrato anche mediante interventi sul bene culturale (incidenti sulla sua conservazione od integrità) non finalizzati a valorizzarne la natura storica od a garantirne un migliore utilizzo, ma piuttosto a soddisfare beni ed interessi privi di relazione con la sua natura e con la sua destinazione pubblica. Costituisce danno implicito nel reato in esame anche la diminuzione del godimento estetico, prodotto mediante opere non compatibili con l’opera tutelata.
Il reato previsto dall’art. 170 dl 42/2004, va pure notato, ha carattere permanente, nel senso che la sua consumazione perdura per tutta la durata in cui chi ne è responsabile continui a fare o a permettere l’uso illecito del monumento, e non vi ponga rimedio ripristinandone l’integrità violata. E infatti palese che la lesione dello stesso bene e di tutti gli interessi tutelati dalla norma incriminatrice si protragga fin tanto che perduri l’uso arbitrario del monumento (cnfr. Cass. in relazione alla fattispecie di cui all’art. 172 cod. beni cult. e più avanti, sotto il paragrafo Conclusioni).
L’evidente ratio della norma è quella di tutelare la funzione connaturata al bene culturale e di vietare che ne sia messa in pericolo l’integrità e che ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Tale disciplina penale tutela, come è noto, gli interessi di rango costituzionale del diritto alla cultura e alla tutela dei monumenti, che si rispecchiano proprio nel dettato dell’art. 9 della Costituzione, che prevede La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione ». Ad esso si connette l’art. 117 della Cost. che attribuisce alle Regioni la promozione, l’organizzazione delle attività culturali e la ricerca scientifica e tecnologica. In Sicilia per via dello statuto speciale, la tutela dei beni culturali è una prerogativa dell’Assessorato ai beni culturali ed ambientali.
Tali disposizioni costituzionali delineano i principi della cosiddetta Costituzione culturale, che si fonda sui principio fondamentali : dell’impegno dello Stato in tutte le sue articolazioni a preservare, valorizzare e incentivare attraverso la promozione della cultura il progresso culturale, scientifico e tecnico del paese,in competizione con i Paesi più progrediti; della tutela del paesaggio e dei beni culturali ed ambientali. In particolare il rispetto dei beni culturali e la loro tutela consiste sia nella preservazione della loro integrità fisica, che nella valorizzazione della loro funzione, intesa come massima «fruibilità» per il singolo e le formazioni sociali.
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Caso qui in esame. Contesto e descrizione del monumento e degli abusi.
Il caso qui in esame riguarda dunque l’uso improprio e la connessa deturpazione della chiesa cinquecentesca di San Sebastiano alla Cala 3 , in piazzetta Fonderia, ricadente nel mandamento di Castellammare, tra il porto della Cala, la chiesa quattrocentesca di Santa Maria la Nova e la chiesa di San Domenico. La zona è una della più dense di notevoli monumenti e delle più importanti, sotto l’aspetto urbanistico-storico e artistico, del centro storico della città di Palermo 4 (cnfr. tra l’altro la planimetria prodotta dal difensore del XXX della clinica XXX Zancla all’udienza del 9.5.2017 e tutte le foto acquisite agli atti del monumento).
Ciò posto, e considerato che non è possibile allegare alla sentenza immagini fotografiche dei luoghi, né aerofotogrammetrie, per una più realistica cognizione dei fatti è necessario premettere una breve descrizione del monumento, in base a quanto è consentito dalle foto acquisite in dibattimento: il prospetto principale su piazzetta Fonderia, è caratterizzato da una simmetria rinascimentale ed è composto da una facciata e da un ampio frontone sovrapposto, che culmina in un piccolo timpano triangolare. Sulla facciata si aprono un predominante portale centrale e due porte laterali più piccole, ciascuna di queste ultime con una finestra sovrastante, della stessa dimensione. Tutte le descritte aperture sono incorniciate da lesene e timpani. L’ampio frontale, che, si ripete, sovrasta la facciata, ha una forma che si iscrive idealmente in un triangolo, con i due lati spioventi, “spezzati” da eleganti volute (che fungono da elementi architettonici, tipici dell’architettura cinquecentesca), inquadrati da lesene, che si ricongiungono con quelle sottostanti, che inquadrano il portale centrale (cnfr. foto n. 1 album 30.1.2012, foto n. 1 album 3.5.2011, foto n. 1 album 15.11.2011 del NTPA della Pol. Municipale di Palermo). La struttura del tetto della chiesa, nota il giudice, è composto da un corpo centrale più alto a due spioventi, corrispondente alla navata centrale, che si erge al disopra delle due navate laterali a copertura piana “a terrazza ” (come le ha definite la Soprintendenza; cnfr. foto n. 5 dell’album del 15.11.2011 del NTPA e le 11 foto prodotte dalla difesa del Triolo, riproducenti il tetto coperto da tegole della navata centrale).
Al centro svetta una torretta più piccola circondata da finestre, che culmina in una cupoletta. Sul fianco sinistro, volgendo lo sguardo alla facciata, si alza un muro con due alte finestre arcuate che fungono da campanile (cnfr. tra le altre le foto nn. 7, 8 e 9 dell’album del NTPA della Pol. Mun. di Palermo del 3.5.2011).
Renderà ancora più agevole la comprensione dei fatti sapere che la parte della chiesa su cui risulta accertato si consumano le appropriazioni e le utilizzazioni arbitrarie, di cui è processo, è proprio il tetto, composto, si ripete, da due terrazze piane di copertura, corrispondenti una alla navata destra e l’altra alla navata sinistra. Tra questi due terrazzamenti piani, si ribadisce ancora, si erge il volume della navata centrale, che è dotato di ampie finestre, che si affacciano sulle due terrazze e con la torretta sovrastante, di cui pure sopra.
Molto in sintesi, le già richiamate annotazioni del Nucleo di tutela del patrimonio artistico della Pol. municipale di Palermo e quella della Sovrintendenza, (intervenuta sui luoghi, su richiesta della Pg, il 26 settembre 2012) 5 , evidenziano quanto segue :
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La terrazza della chiesa corrispondente alla sua navata destra è occupata da una costruzione abusiva, che la Sovrintendenza definisce “a sbalzo”, in muratura, alluminio e vetri, della superfice di 15 mq, adibita a locali della sala operatoria della clinica XXX . L’abuso costituisce in sostanza una proiezione del volume della sala operatoria, che va ad occupare la spazio del tetto della chiesa, occludendo le luci della navata centrale (v. foto n. 1 allegata al verbale della Sovrintendenza del 26.9.2012 e foto n. 4 album NTPA del 3.5.2011. La clinica occupa i cinque piani della palazzina confinante da quel lato). La base di questa costruzione abusiva “a sbalzo” (secondo la terminologia utilizzata dalla Soprintendenza), si regge su travi di ferro a doppio T, che vanno ad incastrarsi nel muro esterno della navata centrale della chiesa . Tra il muro del corpo abusivo della clinica XXX e il suddetto muro della chiesa si forma un corridoio a cielo aperto (all’epoca del sopralluogo), poco più largo di un metro, la cui lunghezza è percorsa da un ballatoio in ferro, largo circa un metro (cnfr. foto n. 3, 4, 2 bis, allegate al cit. Verbale di Sopralluogo effettuato il 26 .9.2012 della Soprintedenza, avente ad Oggetto: Palermo-convocazione sopralluogo congiunto verifica di lavori abusivi a ridosso della chiesa di San Sebastiano ). Questo ballatoio è posto alla stessa altezza del piano di calpestio del medesimo corpo abusivo, cui si accede mediante una porta (cnfr. foto n. 1 e 1 bis allegate al verbale del 26.9.2012 sopra cit.). Alle due estremità del ballatoio ci sono due scale rette in ferro, attraverso le quali si scende nell’area vuota sottostante (e cioè nel tetto a terrazza della navata destra della chiesa; cnfr. foto n. 2 e 2 bis e 3 all. verbale ora cit.), su cui, al momento del sopralluogo della Soprintendenza, erano allocate diversi macchinari e apparecchiature della clinica di vario tipo, condizionatori d’aria, alcuni serbatoi d’acqua, con un apparato di tubature aggrovigliate di ogni genere, vicino ai quali sono stati rilevati dalla Pg e dalla delegata della Sovrintendenza RISTAGNI d’acqua, diffusi in più punti della medesima terrazza (cnfr. soprattutto foto, n, 1 bis, 3 e 4 allegate al verbale del 26.9.2012 cit.; alcune di tali tubature sono visibili anche guardando il prospetto della chiesa -cnfr. foto album delle foto scattate dalla Pg, in particolare foto n. 1 e n. 2 dell’album del 3.5.211 e foto n.3 dell’album del 30.1.2012). La fuoriuscita d’acqua, rilevata, ristagnante sul pavimento del tetto della chiesa determina rischi di infiltrazione e di danni alla struttura del monumento e agli affreschi settecenteschi delle pareti e del soffitto (cnfr. le immagini dell’album fotografico della Pg del 18.1.2011);
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la terrazza di copertura della navata sinistra è invece gravata da una costruzione in muratura abusiva, “aggettante”, “prossima alla facciata principale della chiesa”, che -recita il verbale della Soprintendenza- “ ospita la cucina di pertinenza dell’abitazione”, con copertura in eternit (al momento del sopralluogo cit.), davanti cui è posta una tettoia in ondulato plastico, fissata tra il muro dell’appartamento e il muro della chiesa, cui si accede da casa del XXX, al terzo piano della palazzina di via San Sebastiano n. 3, confinante da quel lato con la chiesa (foto n. 3 album NTPA del 3.5.2011); le ampie finestre vedute della navata centrale della chiesa , che si aprono sulla terrazza, così inglobata nell’appartamento dell’imputato, sono state oscurate con fogli di truciolato (cnfr. ultimi periodi del verbale della Soprintendenza del 26.9.2012 e foto nn. 5 e 6 allegate e foto n. 2, 3, e foto 6 album della Pg del 3.5.2011 e foto album del 5.11.2011).
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Sicurezza non verificata.
Ancora preliminarmente all’esame delle questioni sollevate nel processo, non può farsi a meno di rilevare che tale stato di cose potrebbe comportare prima di tutto rischi statici, configura poi un uso arbitrario ed incompatibile con la funzione del monumento, deturpa la sagoma architettonica del monumento, offende il decoro urbano e crea le condizioni che favoriscono infiltrazioni d’acqua e connessi rischi di danni strutturali alle pareti e al soffitto della chiesa e agli importanti affrescati settecenteschi che la arricchivano.
Quanto al primo aspetto, deve notarsi che il menzionato ampliamento abusivo del quarto piano della clinica XXXX, stando alla descrizione del verbale di sopralluogo del settembre 2012, gravando su una struttura di ferri a doppia T (IPE), incastrati al muro esterno della chiesa, potrebbe determinare un appesantimento statico della muratura del monumento, mai calcolato e verificato dagli organi competenti del Genio civile (trattandosi di costruzione abusiva anche da tale punto di vista). Oltretutto il muro della chiesa non pare possa essere stato progettato per sopportare carichi ulteriori e la struttura della chiesa ha manifestato la sua fragilità, né risulta che vi sia stata mai cura da parte dell’ente ecclesiastico proprietario, da parte degli uffici tecnici o della Soprintendenza di compiere una verifica di tali profili di sicurezza seguita da interventi concreti (almeno fino al termine dell’indagine; (cnfr. ordinanza sindacale di urgenza, dell’aprile del 2016, di cui oltre).
II.
Deposizioni dei testi ed esame degli imputati
Le questioni che il caso pone, collegate all’abbandono impietoso del monumento-operato dai titolari della proprietà del bene e delle autorità amministrative preposte alla sua tutela e al rispetto della normativa edilizia- e al suo uso distorto, operato dagli imputati, rendono opportuno un esame per quanto possibile pedissequo delle deposizioni dei testi del Pm e di quelli a discarico, del contenuto degli atti a loro firma ed infine delle dichiarazioni difensive rese dagli imputati durante i loro rispettivi esami.
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Teste Maria Serena Tusa, della Soprintendenza
La deposizione della teste Tusa, autrice della già citata nota del 26 settembre 2012 (dalla stessa richiamata e consultata durante l’esame) si è distinta per parsimonia di parole e per la difficoltà della stessa a fornire una rappresentazione più compiuta della vicende del monumento e dello stato dei luoghi, rispetto a quella contenuta nella sua breve nota, avendone d’altra parte -ha rivelato- una conoscenza soltanto parziale, essendo lei intervenuta soltanto presso l’appartamento del XXX e presso la clinica XXXXX, per verificare lo stato delle terrazze in questione, perché richiesta, per un solo sopralluogo, dalla Polizia giudiziaria del nucleo NTPA, e non avendo mai quindi visitato l’interno la chiesa.
Va pure notato che la teste, senza mai esprimere valutazioni tecniche di alcun tipo, si è astenuta dal parlare di abusi edili e di danni del monumento provocati da “interventi di questo tipo” (non avendo appunto mai visitato la chiesa), che ha pur descritto, nella citata nota in questo modo:
il giorno 26 del mese di settembre 2012 i tecnici di quest’ufficio architetto Maria Serena TUSA e il fotografo Filippo Crisanti con i commissari Matranga e Cessati, si sono recati sui luoghi oggetto di verifiche, in particolare, l’ultimo piano della clinica XX XXX e il terzo piano dell’edificio di via San Sebastiano n.1, immobili entrambi confinanti con la Chiesa.
Per quanto premesso si è constatato che:
-l’ultimo piano della clinica si estende a nord-ovest con un corpo a sbalzo sostenuto da travi in ferro a doppio T incassate nella muratura esterna della chiesa di San Sebastiano (foto 3), attraverso la porta si accede ad un ballatoio con struttura in ferro, sviluppa per tutta la lunghezza del corpo a sbalzo (foto numero 1,1 bis).
Dai due estremi del ballatoio si dipartono due scale rette, anch’esse in ferro, che permettono di scendere nell’area sottostante, tetto piano a terrazza della navata destra della chiesa (foto nn. 2 e 2 bis). Si constata, altresì, che sul tetto citato sono appoggiate unità esterne di condizionamenti, serbatoi d’acqua e macchinari vari, e che la superficie calpestabile risulta bagnata con permanenza di ristagni d’acqua in più parti (foto numero e 3 e 4).
-L’appartamento al piano terzo dell’edificio di via San Sebastiano numero uno 11, ha accesso sul terrazzo che si sviluppa sul tetto piano della navata sinistra della chiesa; su di esso si aprono le finestre della navata centrale della chiesa che si presentano oscurate da fogli truciolato ; sulla superficie del terrazzo prossimo al prospetto della chiesa gravano un corpo aggettante che ospita la cucina di pertinenza dell’abitazione (foto n.6) .
Va notato che attraverso le foto allegate alla nota in oggetto, che riguardano il locale sul tetto della chiesa, collegato alla clinica XX XXX, soltanto a fatica si riesce a mettere a fuoco la sua architettura e l’orientamento dal quale le immagini sono state riprese. Le stesse comunque, messe in relazione con i contenuti sia pur minimali della nota e con la deposizione del teste di Pg, restituiscono l’immagine delle caratteristiche dell’opera che riguarda il Triolo, delle cisterne dei macchinari, delle tubature, del camminamento in ferro e delle pozzanghere d’acqua diffuse sul tetto della chiesa in prossimità di tali macchinari della clinica, di cui pure la Tusa ha riferito.
La foto n. 5, rileva ancora il giudice, mostra che la chiusura del vano delle due finestre della navata della chiesa coi fogli di compensato, ha formato una sorta di nicchia, inglobata dunque nella parte della terrazza della chiesa che il XXXX destina a cucina di pertinenza della casa: nel momento in cui la foto fu scattata sulla base di queste due nicchie così formate, erano poggiate una confezione di bottiglie di plastica di acqua minerale, dei sacchetti di plastica pieni, e una pila di fogli di giornale, le gambe di due sedie di plastica allineate; tra le due nicchie si erano delle corde per stendere il bucato, attaccate a due pali di ferro conficcati nel muro della navata centrale della chiesa, sul pavimento -della stessa terrazza- un tubo di plastica e un tavolo ricoperto da una cerata a quadretti.
La foto n.6, cui la Tusa ha fatto riferimento a proposito del corpo aggettante, relativo all’appartamento del xxx, mostra un’obbrobriosa copertura, fatta di lastre di materiale ondulato, tenute ferme tra di loro con delle grandi grate, che vi poggiano sopra -che sembrano proprio quelle tolte dalle finestre della chiesa, al posto delle quali è stato collocato il compensato-, e da tavole di legno, a loro volta poste precariamente sopra le suddette grate.
Tornando alla deposizione, la teste in sostanza, ricordando di avere redatto e sottoscritto la enunciata nota, a seguito del Sopraluogo congiunto con la Polizia del 26 settembre 2012, ha spiegato che la Chiesa ha un tetto piano a terrazze calpestabili sulle due navate; la navata destra, guardando la facciata, è quella che confina con la clinica XXX XX, la navata sinistra quella che confina con il palazzo in cui si trova all’ultimo piano l’appartamento del XXX. Già negli anni ‘50 –ha riferito- erano state contestate dalla Sovrintendenza infiltrazioni d’acqua nella chiesa. Durante il sopralluogo, che si era svolto -non dentro la chiesa, per cui lei non era in grado di dire cosa vi accadesse-, sicuramente aveva constato che il pavimento della terrazza -sotto, va notato, la struttura abusiva della clinica XXX XX- era bagnato e la presenza di ristagni d’acqua e che su di esso erano allocati le unità esterne dei condizionatori d’aria della clinica, i serbatoi dell’acqua, macchinari, che probabilmente provocavano la fuoriuscita dell’acqua, che ristagnava sulla terrazza della Chiesa.
Per quanto riguarda la navata sinistra –ha pure riferito- quella confinante con l’abitazione del Riccobono, aveva constatato che le finestre della chiesa erano tampognate da pannelli di truciolato e che sulla terrazza (della chiesa) gravava un corpo chiuso all’interno, che fungeva da cucina dell’appartamento del XXX, con accesso diretto sul medesimo terrazzo della Chiesa (anche queste opere, ha aggiunto, in passato erano state segnalate dalla Sovrintendenza).
Rispondendo al difensore del Triolo, l’architetto Tusa ha ricordato che aveva fatto accesso alla terrazza adiacente alla clinica XXXX attraverso i locali di questa, salendovi dal suo ingresso principale e accompagnata da qualcuno della clinica (e non dalla chiesa, che -ha ribadito- non aveva invece nemmeno visitato. Non aveva verificato quindi come dalla chiesa si accende alle due terrazze, anche se sicuramente -ha aggiunto- ci saranno stati dei mezzi di accesso, ché normalmente le chieste hanno delle scalette a chiocciola. Sempre rispondendo al difensore del XXX la teste ha dichiarato di non avere effettuato accertamenti diretti a verificare l’epoca in cui le opere erano state realizzate. Ha aggiunto che l’immobile del XXX non è soggetto a vincolo dei Beni Culturali, ma che è gravano da vincoli imposti dal piano particolareggiato esecutivo del centro storico, e che quindi -ha sottolineato- sarebbe di competenza dell’ufficio del centro storico del Comune verificare questo genere di “operazioni”, o rilasciare eventuali autorizzazioni, “ come del resto, dico, abbiamo anche dichiarato in altre note”. Alla domanda del difensore sulla data in cui la chiesa di San Sebastiano era stata affidata alla Curia e che cosa ne facesse in precedenza la Soprintendenza, ha risposto che i dirigenti della sua unità operativa avevano rilasciato delle dichiarazioni al Nucleo Tutela patrimonio artistico della Polizia municipale, che erano state verbalizzate e trasmesse (non ha precisato a chi).
Nel rispondere alle domande del difensore del XXX ha dichiarato di non essere in grado di sapere a che epoca risalgano il vano che “ospita la cucina”, gravante sulla navata sinistra, cui si accede dell’appartamento di questo imputato e la tettoia di 12 mq sulla stessa terrazza della chiesa (il difensore ha mostrato alla teste le fotografie scattate in occasione del suo sopralluogo il 26 settembre 2012; confr. pag. 13 della trascr. ud. 19.5.2015 ).
Deve concludersi che il verbale di sopralluogo a firma dell’arch. Tusa e dei commissari di Pg Matranga e Cessati, sopra riportato e soprattutto le foto descrivono il degrado dei luoghi e l’entità e le conseguenze degli abusi del monumento, con un’immediatezza e un’efficacia che sono mancate alle parole della rappresentante della Soprintendenza ai beni culturali e ambientali.
b) Teste Matranga, del Nucleo di tutela del patrimonio artistico
All’udienza del 9 febbraio 2016 il teste Marco Matranga, all’epoca degli accertamenti componente del NTPA, rispondendo alla domanda del Pm sui sopralluoghi effettuati fino al 3 aprile 2013, ha rievocato l’evoluzione dell’indagine.
Il 3 maggio 2011 partecipò ad un sopralluogo, originato da una segnalazione di infiltrazioni di liquami all’interno della chiesa di San Sebastiano martire. Furono pertanto da lui e dai colleghi intervenuti ispezionate le navate della chiesa (già il 18 gennaio 2011 c’era stato un accesso alla chiesa nel corso della quale era state fotografate le parti ammalorate degli affreschi della chiesa-cnfr. albm fotografico di tale data; ndg;). Quindi si erano recati nell’appartamento al terzo piano della via San Sebastiano di proprietà del XXX, allora abitato dalla Monsuri Nued, che lo aveva avuto in locazione dall’imputato. Parte del terrazzo era stato trasformato in pertinenza dell’appartamento, attraverso la realizzazione su di esso di un vano in cemento, adibito a cucina, coperto con una tettoia di eternit, della superficie di circa 9 mq. Inoltre era presente sulla stessa terrazza una pensilina in ondulato plastico, di circa 12 mq, con struttura in ferro, incorporata tra il muro dell’edificio e le mura del corpo centrale della chiesa (cnfr. album fotografico del 3 maggio 2011). Era stata la Monsuri a riferire che il proprietario dell’appartamento fosse XXX XX.
Passando alla casa di cura XXX XX, in presenza del presidente e amministratore della clinica, dott. XXX, ispezionando il terrazzo in oggetto, verificarono che era presente un camminamento in ferro costruito con ferri a doppia T, incassati nella muratura della chiesa. Alle estremità di questa passerella di ferro vi erano due scale che permettevano di scendere fino al calpestio del terrazzo di copertura della chiesa, dove erano presenti dei serbatoi, materiali di pertinenza della chiesa, tubazioni. Là notavano la presenza di acqua stagnante.
Il 30 gennaio 2012 , vi fu un altro sopralluogo, diretto all’ispezione del campanile della chiesa, al quale fecero accesso dall’interno della chiesa attraverso una scala a chiocciola in cemento e un portoncino. Giunti alla sommità del campanile, affacciandosi scorsero la tettoia di amianto e la tettoia in ondulato plastico, collocata sopra la struttura in ferro, piantata nella parete della chiesa (la casa era ancora abitata dalla Monsuri Noed). Sempre allora constatarono la permanenza dell’ampliamento della clinica sul terrazzo della chiesa, con il manufatto della superficie di 15 mq in muratura, alluminio e vetri, con un’intelaiatura di pilastri in ferro a doppia T., e la permanenza del manufatto cucina in muratura con tettoia in eternit e copertura in ondulato plastico a ridosso del muro della chiesa, lato XXX.
Il 26 settembre 2012 venne effettuato il noto sopralluogo congiunto con l’architetto Serena Tusa, della Soprintendenza.
Successivamente , a seguito di delega di indagine, ricevuta dalla Procura della Repubblica, in relazione a questi rilevati abusi edilizi, vennero acquisiti dei documenti presso l’ufficio del centro storico. Si constatò che la chiesa è sottoposta a vincolo monumentale della Sovrintendenza, ai sensi della legge 42/2004, mentre gli immobili adiacenti rientrano nel piano particolareggiato del centro storico, e quindi competente per tutte le autorizzazioni è l’ufficio tecnico del centro storico del comune di Palermo.
Non può tacersi che al riguardo il teste ha rappresentato che presso quest’ultimo ufficio del comune fu acquisita la nota 89. 81119, del 17 dicembre 2012, avente ad oggetto tali opere abusive compiute sul terrazzo di copertura della chiesa, redatta dall’architetto Porretto, il quale -ha pure riferito il teste- attestava che il terrazzo e la cucina risultassero già esistenti nella planimetria catastale d’impianto ed inoltre che la “ditta” aveva provveduto alla dismissione della pensilina. Inoltre presso la Sovrintendenza venne sentita a sommarie informazioni l’architetto Lina Bellanca (anche la teste Tusa aveva riferito che la dirigente del suo ufficio aveva rilasciato delle sommarie informazioni alla Pg; ndg).
Per risalire all’epoca dei manufatti erano stati consultate le mappe relative ai voli del 15 maggio 2006 e quelle del 1956, “ ma non si riusciva ad individuare alcun opera sul bene culturale”. Inoltre era stato sentito a sommarie informazioni padre Scaduto, parroco della chiesa di San Sebastiano, e pure sentito presso la curia di Palermo il commissario della confraternita di San Sebastiano, sacerdote Giuseppe Randazzo.
Era risultato dagli atti che la cucina abusiva (dell’appartamento del XXX) esistesse già nel 1948 e che allora fosse già stata emessa un’ordinanza di demolizione da parte della Soprintendenza . Un’altra pattuglia aveva fatto un ulteriore sopralluogo sul campanile (da cui avevano potuto vedere le opere). Sul tetto del campanile constatavano la presenza di una cisterna di eternit e delle antenne televisive. Erano intervenuti perché c’erano dei liquami che danneggiavano gli affreschi all’interno della chiesa, e fu verificato, che c’erano delle macchie e tracce di umidità che portavano degrado alla chiesa.
Alla domanda del giudice se avessero rilevato da dove provenisse l’acqua, il teste ha risposto che con l’architetto della Soprintendenza avevano verificarono che c’era un ristagno d’acqua nella parte della terrazza di copertura della chiesa utilizzata dalla clinica, dove c’erano i serbatoi, i condizionatori e le tubazioni collegate alle cisterne, di cui sopra (ha precisato che nella parte del XXX non c’erano ristagni d’acqua). Il teste, ad un’altra domanda del giudice, ha aggiunto che “ c’era un convogliamento di una conduttura di scarico proveniente dal corpo sul terrazzo, attraverso una conduttura del pluviale fuoriuscente all’esterno del pluviale, provocando allagamento con infiltrazioni all’interno della chiesa e conseguenti danni agli affreschi ”. Esternamente si vedeva la cisterna in eternit e anche le antenne dei televisori si intravedevano dal campanile della chiesa (cnfr. foto enunciate).
Va pure notato che il teste, rispondendo al difensore del XXX, ha chiarito che a riferire che gli abusi della clinica fossero presenti nel 2008 era stato il sacerdote Scaduto.
Le foto dell’album del 15 novembre 2012-ha precisato il teste- vennero scattate dal commissario Crucitti, nel corso di uno dei diversi sopralluoghi presso il monumento.
Il difensore ha contestato al teste la relazione istituita tra i ristagni e il danno agli affreschi e l’assenza di una perizia al riguardo e il teste ha replicato che la consulenza l’avevano chiesta alla Soprintendenza che aveva inviato l’architetto Tusa, la quale aveva rilevato i ristagni d’acqua. L’avv.to, inoltre, rimarcando che il tetto della chiesa non fosse stato ispezionato e non ci fosse stata una perizia sul tetto, per stabilire che le infiltrazioni potessero dipendere dalla sua cattiva manutenzione ha mostrato le foto delle tegole (si tratta delle 11 foto acquisite in atti e indicate in premessa).
Il Matranga ha anche ricordato che nel 2014 la chiesa fu posta sotto sequestro, per via delle sue condizioni di degrado.
Rispondendo anche al difensore del XXX ha ricordato l’atto di vendita stipulato dal XXX nel 1996 al momento dell’acquisto dal precedente proprietario, che indicava la presenza della cucina abusiva nel 1937.
c) Teste Scaduto, parroco della chiesa dal 2008
All’udienza del 5 aprile 2016 prima di procedere all’escussione del teste Scaduto su accordo delle parti è stata acquisito il verbale delle sue sommarie informazioni, rese alla Pg l’8 marzo 2013, da cui emerge la preoccupazione prevalente dello stesso, in quella sede investigativa, di dimostrare l’assenza di ogni propria responsabilità in ordine alle condizioni e alle modalità di tenuta della chiesa di San Sebastiano (e le maggiori eventuali colpe della Soprintendenza), che secondo quanto da lui stesso affermato gli fu affidata dalla Curia nel 2008, posto che anche la vicina chiesa di Santa Maria la Nova, a lui già da prima affidata, necessitava di opere di messa in sicurezza. Questo il contenuto del verbale:
Domanda: da quanto tempo è a conoscenza dei manufatti realizzati sul tetto della chiesa sia sul lato sinistro sia di pertinenza della clinica XXX?
Risposta: sono parroco della chiesa di Santa Maria la Nova dal 2003, nel 2008 la curia di Palermo mi ha affidato la chiesa di San Sebastiano poiché dovevano essere effettuati dei lavori di messa in sicurezza della chiesa di Santa Maria la Nova, in questa data, come ho dichiarato del 2008, sono venuto a conoscenza dei manufatti realizzati sul terrazzo della chiesa di San Sebastiano sul lato sinistro e di altri interventi realizzati dal proprietario della clinica XXX che ricadono sul lato destro della chiesa di San Sebastiano. Tengo a precisare che la chiesa di San Sebastiano prima che la curia l’affidasse a me è stata chiusa per circa sessant’anni, e ne aveva disponibilità solo loro la Soprintendenza ai BBCCAA, che la usava come deposito .
In udienza padre Scaduto ha riferito nuovamente di essere reggente della Chiesa dal 2008 e ha dichiarato che le opere della clinica nel 2003 erano già presenti. Ma alla domanda del giudice di chiarire a quali opere si riferisse ha risposto vagamente : “ credo che c’erano fatte delle cose per l’aria condizionata”.
Interrogato dal difensore ha ripetuto che la Soprintendenza prima di affidarla alla Curia usava la chiesa come deposito di materiali lapidei. Era stato il dottor Triolo a consentirgli di dare una sbirciata all’interno della chiesa di San Sebastiano nel 2008, prima che gli venisse consegnata. Dalla terrazza del dottor XXX, aveva cercato di intravedere attraverso le finestre in che stato si trovasse l’interno. Sempre rispondendo al difensore del XXX ha rappresentato che dalla Chiesa non c’è alcun accesso a questa terrazza, da cui si arriva esclusivamente dalla clinica.
Alla domanda sulle condizioni e sulla statica attuali della chiesa, padre Scaduto ha risposto dichiarando che sono buone e di saperlo poiché c’erano entrato appena qualche settimana prima, con l’ingegnere incaricato di redigere una relazione, dopo aveva ottenuto dal Tribunale il dissequestro temporaneo del monumento. Essendo rimasta abbandonata avrebbe avuto solo bisogno di essere pulita, anche perché è destinata al culto, e dal sequestro del novembre 2014 era rimasta chiusa.
Sempre a domanda della difesa del Triolo h a dichiarato di non essere in condizioni di dire se dal campanile si fossero staccati pezzi di cornicione, poiché non gli sarebbe stato possibile salire sulla chiesa, senza passare dalla clinica .
A richiesta del giudice il teste Scaduto ha poi risposto di non ricordare che quando nel 2008 era salito col dottor XXX ci fosse questa struttura di 15 mq in muratura, alluminio e vetro e ha dichiarato di ricordare soltanto che c’erano dei condizionatori d’aria e basta, ma non di non essere nemmeno in grado di dire se ci fossero delle cisterne, perché era rimasto là appena un quarto d’ora.
d) teste Randazzo, commissario arcivescovile dal 2009 della confraternita di San Sebastiano di Palermo , proprietaria della chiesa.
Il teste Randazzo, interrogato dal difensore del XXX ha riferito di essere commissario della confraternita di San Sebastiano dal 2009, per nomina dell’arcivescovo, che la soprintendenza adibiva a deposito di materiali lapidei, altari ed altro, fino al 2002, quando fu consegnata alla sua congregazione. Nel rievocare ciò il teste ha reso nota l’importante circostante che la confraternita, da lui presieduta, è la proprietaria della chiesa di San Sebastiano martire. Ha rievocato che la soprintendenza allora restituì il tempio alla Confraternita poiché aveva trovato altri locali dove depositare quel materiale. La chiesa era stata poi rimessa in sesto ed adibita dal nuovo parroco, che è anche rettore della chiesa, ad usi religiosi, ma nel 2014 è stata sequestrata, per i pericoli ricordati. Fino a due anni prima vi si celebravano le messe. La Soprintendenza aveva fatto dei lavori di manutenzione sul tetto e il prospetto, ma non oltre gli anni ’90.
Il teste ha affermato di non sapere dire nulla di preciso circa la costruzione sul tetto della chiesa utilizzata dalla clinica XXX, al di fuori del fatto che la Sovrintendenza avesse avanzato dei rilievi.
e) teste Sansone, dipendente della clinica XXX
Questo teste, chiamato sempre a discolpa del Triolo, ha dichiarando di essere coordinatore infermieristico della casa di cura XXX XX, e rispondendo alla domande del difensore se conoscesse il locale sul terrazzo di pertinenza della clinica ha risposto di averne constatato l’esistenza dalla data dalla sua assunzione presso la clinica, vale a dire dal 1996.
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Dichiarazioni del XXX.
Ordinanze del sindaco di Palermo del 2014 e dell’ aprile del 2016.
Il XXX durante il suo esame ha rivendicato la piena conformità alla legge della struttura che gli viene contesta come abusiva e la piena legittimità dell’appartenenza del medesimo locale a chi è proprietario dell’edificio della clinica XXX, locale che egli stesso ha dichiarato essere funzionale all’uso della sala operatoria (posta al quarto piano della clinica; v. piante della clinica trasmesse alla ASL, depositate in udienza dal difensore). Ha sostenuto al riguardo che si tratterebbe di un vano già esistente da tempo immemorabile, che già nel dopoguerra venne ristrutturato insieme a tutto il resto della palazzo della clinica, e che le uniche opere compiute su di esso sono state da quel momento di mera manutenzione, e dirette al rispetto della normativa afferente all’impianto sanitario da lui gestito. Altri elementi su cui il XXX ha insistito, rivendicandoli con forza come attestazione di legalità del suo operato (e di quel vano corpo “aggettante” sul tetto della chiesa) e definendo sempre la terrazza della chiesa come di proprietà della clinica, sarebbero la circostanza che a tale terrazza sia possibile accedere null’affatto dalla chiesa, ma esclusivamente dalla sua clinica ed altresì la risalenza a tempo quasi immemorabile dell’opera di cui è accusato nel processo. L’imputato ha offerto come prova di tale suo assunto non dei documenti relativi all’acquisto della proprietà dell’immobile, ma una fotografia, che ritrae poggiato accanto alla struttura il padre già anziano, il quale, rispondendo alla domanda del suo difensore, ha detto essere deceduto nel 1996 ( TXXX :assolutamente sì, sicuramente sono opere, che intanto non sono manufatti, successivi alla ricostruzione dell’edificio dopo i bombardamenti dell’ultima guerra, sono stati mantenuti perché per la funzione che svolge la struttura dobbiamo avere sempre una manutenzione continua che viene peraltro controllata, verificata e ha tutti i crismi della regolarità degli enti che ci controllano, vale a dire l’assessorato alla salute, tutte quelle che sono le normali funzioni che vengono svolte, sicuramente nel 1996, questo dico sicuramente perché ci sono delle prove documentali fotografiche di questo fatto.. AVVOCATO : che ora io le esibirò. TXXX : queste strutture già esistevano, che siano state mantenute non cambiate successivamente è un dato di fatto assolutamente certo rimonta sicuramente all’epoca in cui sono state, dico, è stato edificato tutto lo stabile, ripeto, dopo i bombardamenti, successivamente chi mi ha preceduto ha provveduto alla rimessa in funzione di opere edili che erano usate per altro scopo. AVVOCATO : si. IMPUTATO XXX : ma questo sicuramente.. è un fatto..GIUDICE:può essere un pochino più chiaro? TXXX: si, la storia evolutiva del palazzo che è limitrofo alla chiesa, vede in varie epoche delle acquisizioni da parte della società pure che prima non erano nella società, stiamo parlando degli anni 50, anni 60, queste strutture che già esistevano nonostante che sono state poi strutturalmente adeguate, sempre negli anni 60, alla funzione che pongono adesso . GIUDICE : sta parlando del palazzo? TXXX: certo. GIUDICE: (incompr.) corpo della Chiesa.. TXXX : del palazzo, assolutamente il palazzo, ma il terrazzo è proprietà del palazzo della casa di cura, della struttura che si trova la , già queste cose che esistevano. AVVOCATO: si. TXXX : questo è il concetto. AVVOCATO : giudice, io desideravo con suo permesso esibire delle fotografia all’imputato . GIUDICE : sì, le faccia vedere anche a noi.. TXXX: queste sono.. Le fotografie che mostrano già all’epoca lui il, quello che era l’amministratore fino al 1996, che poi ha smesso la funzione perché deceduto, era presente è rappresentato immagine fotografica, questo a testimoniare che già esisteva quell’epoca. AVVOCATO: chi è questo signore? TXXX: è mio padre che all’epoca era all’amministrazione della casa di cura. AVVOCATO: e quando è deceduto. TXXX: il 9 settembre del 1996…AVVOCATO: dico ma chiediamo, quando parliamo della realizzazione delle opere poste in essere da parte di suo padre parliamo del corpo di ampliamento e anche delle cisterne? TRIOLO: no, no, quale ampiamente! Quello esisteva già.. Quello è stato solamente mantenuto è destinato ad altro scopo. AVVOCATO: ok e la presenza delle cisterne su quel terrazzo a quando… TXXX : era sul trattamento uguale perché la funzione era quella e dovevano, erano al servizio. GIUDICE : quest’acquisto quando è avvenuto? TXXX:acquisto di che? GIUDICE: di questo pezzo con l’opera già.. TXXX: no, no, non mi sono spiegato sono stato poco chiaro, dopo la guerra dopo i bombardamenti è stato rifatto tutte cose , prima, ma parliamo di storia, non so se a loro interessa per comprendere le cose: nello stesso immobile c’erano solamente un’unità abitative, nel 1948 parte di queste unità abitative sono state stabilite ad attività sanitarie da mio nonno, successivamente parte, da parte di mio padre, sono state acquisite le altre unità immobiliari, che erano così trasformate in struttura sanitaria).
L’imputato ha inoltre ribaltato le accuse, ripercorrendo la storia sfortunata del monumento di San Sebastiano martire (abbandonato dalla Sovrintendenza per lunghi decenni dal dopo guerra e usato come deposito di materiale lapideo, depredato dai ladri di importanti reperti nel 2000 etc.., nel 2000 restaurata e poi dopo una breve ripresa delle attività religiose tra il 2004 e il 2006, nuovamente abbandonata, sequestrata nel 2014 dal Comune, i cui agenti di polizia accusano lui), addossando le responsabilità dello stato della chiesa alla Soprintendenza e al comune di Palermo, che ha affermato essere proprietario della chiesa, tanto, che questo lo ha sequestrato.
Continuando, ha proclamato che veri colpevoli del degrado della chiesa di San Sebastiano sono tutti coloro, come la Soprintendenza, che, essendo tenuti a mantenerlo in buono stato non ne hanno curato la manutenzione, rendendosi così responsabili -ha sostenuto- non solo del degrado degli affreschi e dei crolli di parti della strutture esterne che vi si verificano, ma per di più del danno che per via di tali prolungate insipienze l’immobile della clinica di cui lui è amministratore continua a rischiare (Txxx : Mi si accusa di creare danni alle Chiesa io ho la dimostrazione con documenti presentati al centro storico e alla soprintendenza che peraltro dovrebbe pensare alla manutenzione di questa chiesa, che la sta cadendo tutto a pezzi e mi fa anche da…omissis poi se mi permette per rendere chiara quella che è la situazione di quella zona,la chiesa è proprietà del comune di Palermo. GIUDICE: del comune? TXXX: assolutamente sì, la prego di guardare una fotografia, e si può rilevare anche ora, che questo stesso comune cui mi si pone l’accusa di avere fatto danno, praticamente ha sequestrato la stessa Chiesa sua perché è talmente messa male che opera dei rischi, Avvocato, glielo.. Qua noi raggiungiamo il paradosso, nel 2014 -OMISSIS..- (il difensore gli mostra le foto, poi depositate) questo è il tetto della chiesa, questo di sono i calcinacci caduti dal tetto della chiesa sulla struttura casa di cura, questo è il danno creato da questi calcinacci, questo è, rappresenta ancora oggi lo stato dei fatti AVVOCATO: Dott.Triolo, ma lei ha segnalato lo stato dei luoghi al comune di Palermo? XXX: certo quello comunicato perché continua ad essere abbandonato e a creare danno alla mia struttura!).
Per dimostrare ciò ha prodotto, mediate il difensore, alcune fotografie del tetto della chiesa, nella parte coperta dalle tegole, due note di lagnanze inviate al comune, del 28 gennaio e 17 novembre 2016 ed infine uno stralcio dell’ordinanza d’urgenza del sindaco del 14 aprile 2016, che si riporta,
testualmente:
ESTRATTO
Dell’ordinanza n. 84/OS del 15/4/2016
OGGETTO : ordinanza sindacale a rettifica della precedente numero 30 del 2014, per la messa in sicurezza della Chiesa di San Sebastiano sita tra piazza Fonderia e via Cala (identificato al NCEU al foglio n. 129 ed alla p.lla V), riscontrato l’aggravarsi dello stato di degrado e pericolo dovuto alla mancanza di lavori di manutenzione, per cui sono necessarie opere di ripristino e consolidamento delle parti interessate.
Il DIRIGENTE
omissis
IL SINDACO
Vista e condivisa la superiore proposta
ORDINA
omissis..
Al responsabile dell’immobile suddetto e/o per essi ad ogni altro soggetto obbligato per legge, l’esecuzione immediata di tutte le opere urgenti ed indifferibili necessarie per la salvaguardia delle persone. L’inizio e la fine dei lavori dovrà essere comunicato all’U.O. Numero sei edilizia degradata è interventi urgenti.
Alle comunicazioni di fine lavori dovrà essere allegata una dichiarazione di un tecnico abilitato che attesti l’eliminazione dello Stato di pericolo.
Firm.to IL SINDACO
Tale ordinanza, stando quindi alla versione difensiva, sarebbe stata emessa proprio in risposta alle lamentale di danni dell’imputato. Più esattamente, nel rivolgergli le domande il difensore ha mostrato al XXX le fotografie di cui sopra e lui ha dichiarato di riconosce i calcinacci caduti dal tetto della chiesa sulla casa di cura, aggiungendo che aveva segnalato al Comune lo stato di abbandono della chiesa e anche per i danni che può provocare alla sua struttura (l’avvocato ha rievocato a quel punto le note mandate al comune di Palermo il 28 gennaio 2016 e il 17 novembre 2016 cui ingiunge al Comune di Palermo il suo intervento, pure prodotte).
Il XXX ha pure assicurato che né il comune né altre autorità gli abbiano mai notificato un’ordinanza di demolizione di quella costruzione, in quanto -ha detto- non avrebbero potuto farlo, rivestendo l’opera e l’intero suo immobile tutti i crismi della legalità, tant’è -ha sottolineato- che diversamente le autorità pubbliche preposte ai controlli della clinica non avrebbero permesso di farla operare, né avrebbero, come è sempre avvenuto, rilasciato tutti gli attestati di conformità, da lui sempre ricevuti.
Testuale :
GIUDICE : senta, mi dica una cosa, ma ordini di demolizione, altri procedimenti penali, per abusi edilizi, ce ne sono stati? TXXX: Ma quando mai! Ma assolutamente no! Non avrebbero avuto modo di esistere perché..OMISSIS GIUDICE : va bene, mi dica una cosa, e questo locale che è oggetto della contestazione a che cosa è adibito?TXXX: fa parte del complesso operatorio.GIUDICE: fa parte e a che cosa serve ?TXXX :per ora si fanno le sterilizzazioni dello strumentario chirurgico. GIUDICE: del complesso operatorio. TXXX : certo. GIUDICE: può essere un poco più preciso? TRIOLO: la struttura ha un complesso operatorio.. Con dei locali dove ci stanno le sale operatorie, sale di risveglio. GIUDICE: sì, ed esattamente che funzione ha rispetto alla sala operatoria questo locale di 15 mq . TXXX: ci sono messi gli strumenti per la sterilizzazione delle attrezzature, locale sterilizzazione . GIUDICE: ce lo può descrivere in che cosa, che opere sono state necessarie per allestire questo locale? TXXX : il locale esisteva, sono state scrostate le pareti, rimessi pannelli a norma, perché sono tutte quante certificazioni che noi .. GIUDICE: quando è stata fatta questa..TXXX: ma questo sicuramente non è, prima del 1996, intorno al 1993, 1994. GIUDICE: ma immagino che ci siano state delle manutenzioni. TXXX: ma quelle sono continue.. Se noi ogni sei mesi non facciamo manutenzione possiamo chiudere la struttura.. Manutenzione intendo la verifica e la messa in sicurezza della zona che non funzionano. GIUDICE: è proprio attigua alla sala operatoria, questo locale è attiguo alla sala la operatoria ? TXXX: è certo che è attigua, attraverso dei percorsi diciamo, che sono della specie, parlo per comprenderci, delle specie di finestre che vengono sollevate, da cui si passano tutti gli strumenti dopo che sono stati lavati e sterilizzati. GIUDICE : quindi non sono mai avvenuti sequestri di questo ..TXXX: ma come potevano intervenire.. OMISSIS.. GIUDICE : va bene, d’accordo..Immagino, sicuramente, per svolgere questa, per adibirla al locale afferente alla sala operatoria, è giusto, lei avrà ricevuto delle autorizzazioni, dei controlli da parte delle autorità competenti. TXXX: certo tutte le autorizzazioni sanitarie, è chiaro. GIUDICE: e le ultime a quando risalgono? TXXX: ma l’autorizzazione mi scusi forse sono stato poco chiaro io, l’autorizzazione all’esercizio di una struttura. GIUDICE: no all’esercizio, ai locali io mi riferisco. TXXX : e io qua volevo arrivare,include.. GIUDICE : ai controlli finalizzati all’accertamento, all’attestazione della regolarità della presenza dei requisiti nei locali, questi quando, le ultime quando le sono state date? TRIOLO: allora, l’ultima verifica della ASP rimonta a non più di sei mesi fa …..la prima vuole dire quando è stata destinata .. Sicuramente prima del 1990. Poi le altre sono tutte verifiche per garantire la qualità e la conservazione GIUDICE : quindi questo uso, intorno agli anni ‘90, questo uso di sala operatoria.. TXXX: si assolutamente si.
g) Esame del XXX.
Il XXX ha sostenuto di non essere responsabile di alcuna della accuse che gli vengono riferite, poichè la cucina in muratura sulla terrazza era già esistente al momento dell’acquisto, e di esser ignaro della cisterna di eternit, cosi come delle antenne sulla cupola della chiesa. Lui- ha sostenuto- non ha mai abitato quella casa, e mai usato quella cisterna, comunque rimossa durante una recente ristrutturazione del palazzo, né possiede un televisore che possa giustificare la presenza delle antenne sul tetto della chiesa. A chiusura dell’esame il suo difensore ha ricordato che si stava celebrando contemporaneamente al presente un altro processo, relativo agli abusi edilizi individuati su quella terrazza, che però, ha insistito, sarebbero tutti coevi alla cucina abusiva edificata prima dagli anni ’40.
CONCLUSIONI
Gli elementi forniti dai testi e dalle parti provano la responsabilità del XXX e del XXX innanzitutto in relazione alle accuse contestate loro rispettivamente sotto i capi A e C ai sensi dell’art. 170 dlg 42/2004, per il reiterato e perdurante uso improprio e deturpante del monumento.
E’ fuori discussione, perché nemmeno contestato da alcuno degli imputati, che i luoghi tuttora si presentino, da un punto di vista strutturale, così come descritti e fotografati dalla delegata della Soprintendenza e dagli ufficiali del nucleo specializzato della Pol. Municipale, intervenuti questi sui luoghi fino al 10 aprile del 2013. Gli assunti difensivi adottati dall’uno e dall’altro imputato -che assumono la piena legittimità delle rispettive posizioni, rispetto ai locali collocati sul tetto della chiesa e di pertinenza dei loro rispettivi immobili- risultano icto oculi, come si dirà meglio tra breve, del tutto inconferenti e pretestuosi.
In estrema sintesi il raffronto tra le deposizioni del teste di Pg e della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali e della documentazione cui gli stessi hanno fatto riferimento conclamano che : relativamente al XXX siano state accertate tutte le situazioni descritte al capo capo A dell’imputazione -il persistere dell’occupazione del tetto della chiesa con un corpo di ampliamento della clinica in muratura, alluminio e vetri, di 15 mq, l’installazione sullo stesso terrazzo di cisterne idriche e di tubature necessarie al loro funzionamento, il convogliamento di una conduttura di scarico attraverso il terrazzo, fino al pluviale posto all’eterno della facciata della chiesa-; e che con riferimento al XXX siano accertate l’occupazione del terrazzo della chiesa con una tettoia in ondulato di circa 12 mq, e la presenza al momento dei sopralluoghi della Pg della tettoia e della cisterna di eternit, con relative condutture, e delle antenne televisive sul tetto e sul campanile della chiesa.
Ad eccezione del fatto che XXX abbia, solo successivamente all’inizio dell’indagine, provveduto ad eliminare la pensilina e il recipiente di Eternit (in base alla nota già enunciata dell’Ufficio del Centro storico a firma dell’arch. Porretto, del 17 dicembre 2012, di cui ha riferito il teste Matranga della di Polizia giudiziaria), per il resto risulta altresì accertato che ciascuno degli imputati continui ad oggi imperterrito ( e per di più incontrastato dalla Soprintendenza e dall’Ufficio delle edilizia del Centro storico e da tutte le altre autorità amministrative istituzionalmente competenti ad intervenire, ma anche dai responsabili della Congregazione di San Sebastiano e della Curia, proprietaria della Chiesa di San Sebastiano ) ad occupare il tetto del monumento, nei modi su descritti, in maniera gravemente distorsiva della funzione del bene culturale e con danno evidente per lo stesso. Ciascuno degli imputati si è reso responsabile della permanenza dell’uso illecito e dell’aggravarsi del degrado dell’importante monumento e le suddetta loro condotte rivestono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato previsto e punto dall’art. 170 dlg 42/2004.
Il XXX , osserva il giudice, non ha mai documentato l’acquisto suo o di suoi avi (di cui ha pure parlato), di quella porzione di immobile di 15 mq in muratura, alluminio e vetri, adibita a sala operatoria, che, come visto, allungandosi dal quarto piano della sua clinica e occupando il tetto della chiesa, è sostenuta su travi incastrate con ferri a T sul muro della navata centrale, gravando su di esso; né evidentemente ha potuto documentare l’acquisto del calpestio della terrazza della chiesa, riempito di cisterne, macchinari e tubature al servizio degli impianti della clinica, da cui è stato accertato fuoriuscivano liquami che stagnavano sul pavimento.
Egli ha invece assunto in sua difesa l’elemento della risalenza dell’acquisto di quella parte dell’immobile (come se questo dato temporale impedisse di documentare una compravendita) ed il fatto che da quando il suo avo l’acquistò nel dopoguerra, per incrementare la cubatura della clinica, lo stesso locale non abbia ricevuto alcuna trasformazione edilizia ma che sia stata solo manutenuta, salvo poi a rivelare –il XXX stesso- che tale locale, in una certa data (che ha detto di non ricordare bene e che ha collocato tra il 1990 e il 1996) è stato adibito a struttura connessa alla sala operatoria della clinica e che vi sono state compiute frequenti opere di manutenzione, curate a beneficio dell’efficienza e della igiene e sicurezza della struttura medica.
Non può non notarsi da parte del giudice che anche ove tale non documentata e improbabile rappresentazione del XXX fosse vera, egli o il suo avo avrebbero comunque apportato alla originaria destinazione d’uso del manufatto una rilevante modificazione e compiuto quindi opere di manutenzione straordinaria abusive, dato che queste non avrebbero mai ricevuto le necessarie autorizzazione dell’ufficio tecnico del comune, i necessari controlli di sicurezza del Genio civile competente e nulla osta della Soprintendenza (sorgendo sopra il monumento). Tali interventi prospettati dal medesimo imputato in sua discolpa avrebbe cioè configurato la perpetuazione del reato edilizio ex art. 44 DPR 380/2001, del reato ambientale ex art. 164 e 181 dlg 42/2004 e del reato, oltre che dello stesso reato di cui all’art. 170 stesso dlg per cui si procede nella presente sede. Ed infatti, fermo restando il divieto di andare ad invadere il monumento, pure ai sensi del testo previgente degli art. 3 e 10 DPR 380/2001 le opere consentite dalla legge avrebbero richiesto il permesso di costruire se comportanti mutamento di destinazione d'uso tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico ; fuori dai centri storici si sarebbero potute realizzare mediante denuncia di inizio attività se comportanti mutamento della destinazione d'uso all'interno di una categoria omogenea; nei centri storici non avrebbero mai potuto realizzarsi mediante denuncia di inizio attività, neppure se comportanti il mero mutamento della destinazione d'uso all'interno di una categoria urbanistica omogenea (cnfr. ad es. Cass. III n. 9894 del 05 marzo 2009 e Cass III n. 26455 del 24 giugno 2016. L’art. 36 della legge reg. Sic. n.71/1978 prevedeva il rilascio della concessione edilizia per “ l'esecuzione di qualsiasi attività comportante trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale, nonché il mutamento della destinazione degli immobili” ) 6 .
Va pure osservato che il XXX adducendo, tale indimostrata risalenza dell’acquisto del manufatto incriminato, intende suggerire una versione giustificativa di una sorta di acquisizione legale, sanante di qualsivoglia eventuale aspetto illecito del manufatto.
Sotto tale angolatura, non può non osservarsi che nel caso di manufatti originariamente abusivi, i quali non siano stati oggetto di condono edilizio o di sanatoria, i lavori eseguiti su di essi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, e ciò anche quando, per le condotte relative alla iniziale edificazione fosse eventualmente maturato il termine di prescrizione, atteso che, come detto, l'originaria illegittimità del manufatto originale non consente di qualificare come legittimi i successivi interventi, ancorché volti alla mera manutenzione del fabbricato (cnfr. tra le tante Cass. Sez. III n. 8865 del 23 febbraio 2017). Trattandosi poi del centro storico della città di Palermo, dotata di piano particolareggiato esecutivo e di un monumento assoggettato a vincolo di legge e della Soprintendenza, l’insanabilità originaria e radicale dell’opera risulta ancora più evidente.
Ancora in relazione a tale prospettazione (che vuole suggerire l’avvenuta prescrizione del reato, ma che in realtà ai fini della condotta ex art. 170 dlg è irrilevante), posto che la fattispecie che ci occupa riguarda la violazione dell’art. 170 dl 42/2004, che essendo reato permanente non pone questioni di prescrizione, è opportuno ricordare che secondo un principio pacifico in giurisprudenza, sebbene resti a carico dell'accusa l'onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in talune ipotesi, come quelle riguardanti le violazioni edilizie, coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata (tra le altre Cass. pen. n.10562 dell'11.10.2000, Cass. pen. sez. 3 n.19082 del 24.3.2009 : "In tema di prescrizione, grava sull'imputato, che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti" ; CdS Sez. VI, n. 3666, del 27 luglio 2015, secondo cui l’onere della prova in ordine alla ultimazione delle opere edilizie ricadesul ..privato , in quanto soltanto l'interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi proba tori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione di un manufatto. In difetto dì tali prove resta pertanto integro il potere dell'amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria. Per quanto riguarda, poi, la gamma degli strumenti probatori ammissibili ai fini della prova del momento di realizzazione dell'abuso, un consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che le dichiarazioni sostitutive di notorietà non siano utilizzabili nemmeno nel processo amministrativo e che non rivestano alcun effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l'attività istruttoria dell 'amministrazione, ovvero, le deduzioni con cui la stessa amministrazione rileva l'inattendibilità di quanto rappresentato dal richiedente)
Il XXX, dal canto suo, non solo ha sostenuto di non avere mai abitato quella casa di via San Sebastiano e di averla dall’acquisto, avvenuto nel 1996, fino a quattro anni prima della sua audizione, sempre data in locazione a terzi, ma ha anche sostenuto che gli abusi gravanti sulla terrazza della chiesa non lo riguardano e non comporterebbero per lui alcun obbligo (risalendo tutti a prima della guerra), adducendo addirittura la sua totale ignoranza del fatto che coloro che hanno abitavano il suo appartamento avessero fatto un’utilizzazione arbitraria ed impropria della terrazza della chiesa, la quale (come da documentazione pure da lui invocata), risulta annessa in via esclusiva all’immobile di sua proprietà, ed ha negato di sapere alcunché della cisterna in eternit, della tettoia, delle antenne televisive poste sul tetto della chiesa da cui si accede esclusivamente dalla terrazza della inglobata nell’appartamento di sua proprietà.
La versione del XXX è apertamente illogica: è palese che egli abbia sempre deliberatamente mantenuto l’illecita annessione all’appartamento di sua proprietà della terrazza di copertura della chiesa (rigorosamente inalienabile ed intangibile nella funzione) e che da essa abbia sempre continuato a trarvi un vantaggio economico, avendo dato in locazione il suo appartamento, dotato di quel valore in più, costituito appunto dalla bella terrazza, con annessa cucina e tettoia, abusive e deturpanti, oscuramento delle vedute della navata centrale della chiesa e nicchie (ricavate dagli incavi delle stesse finestre della chiesa), con vista sul mare e sulle cupole del centro storico, usurpate al monumento e noncurante del detrimento che gliene deriva (cnfr. oltretutto tra le tante Cass. III n. 1165 del 11 gennaio 2017 sulla responsabilità dell’acquirente dell’immobile abusivo: l’art. 46 d.P.R. 380\01 si riferisce ad edifici ed a loro parti e prevede la nullità ed il divieto di stipula degli atti di disposizione che li riguardano in assenza di dichiarazione dell’alienante indicante gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Il comma 5-bis estende poi l’applicabilità delle precedenti disposizioni agli interventi edilizi realizzati mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 22, comma 3, qualora nell'atto non siano indicati gli estremi della stessa. La disposizione ha tuttavia uno scopo evidente, che è quello di impedire la circolazione degli immobili abusivi, ponendo un ulteriore ostacolo al fenomeno dell’abusivismo edilizio, tutelando così l’interesse pubblico all’ordinata trasformazione del territorio, oltre che l’acquirente del bene. Se questo, dunque, è il senso della norma, è chiaro che l’ambito di efficacia della stessa deve ritenersi comprensivo anche di quegli interventi successivi alla realizzazione dell’immobile che ne abbiano determinato la trasformazione in maniera significativa e, segnatamente, quelli che, per la loro esecuzione, richiedano un titolo abilitativo specifico quale il permesso di costruire).
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Natura permanente del reato contestato ai capi A e C.
Non v’è dubbio che la condotta prevista e punita dall’art. 170 dl 42/2004 abbia natura di reato a condotta permanente, nel senso che posta in essere la condotta si determina una situazione antigiuridica gravante sull’immobile tutelato che perdura fintanto che l’agente volontariamente o coattivamente non ne determini la cessazione (cnfr. Cass. Sez. III n.9860, 27 settembre 1995,Sez. III n.37470\2008, cit. in ordine alla contigua fattispecie di cui all’art. 172 del medesimo dlg 42/2004 (in premessa ci si è meglio soffermati sulla definizione e sulle interpretazioni giurisprudenziali dell’art.170 cit.).
La lettera, il contesto normativo e la ratio che se ne traggono rivela con immediatezza che l’art. 170 dlg 42/2004 sanzioni non il compimento di un singolo atto che danneggi il monumento, ma la sua utilizzazione distorta, che ne frustri la natura di memoria storica e artistica e in quanto tale di bene di valore infungibile, di cui debba beneficiare la comunità (a vantaggio della cultura e del suo progresso). Quindi, l’elemento materiale del reato in parola si identifica con tale utilizzazione distorta e con la durata, che è concetto in essa insito.
La Cassazione ha già sancito identico concetto (della durata del reato per tutto il permanere dell’illecita violazione del vincolo) con riferimento alla fattispecie contigua di cui all’art. 172 stesso dgl., la quale -va osservato- nella scala dei dispositivi posti dalla legge a tutela del bene monumentale, costituisce un minus rispetto al reato di cui all’enunciato art. 170 : mentre quest’ultima norma predispone una tutela penale contro le violazione della funzionalità intrinseca ai caratteri propri del bene culturale (definiti per legge secondo criteri assoluti), l’art. 172 sanziona la violazione dei vincoli relativi alla c.d. tutela indiretta del bene culturale, quelli cioè che sono sì giustificati dalla natura e funzione del monumento, ma imposti attraverso un provvedimento amministrativo dalla soprintendenza ai terzi in relazione a beni diversi dal monumento, il cui uso e la cui destinazione, a cagione della loro contiguità, può disturbare la funzione o il godimento estetico del monumento (cnfr. Cass. Sez. III n.9860, 27 settembre 1995,Sez. III n.37470\2008) 7 .
Nel caso di specie le condotte che integrano il reato di cui all’art. 170 dlg 42/2004, pur mantenendo caratteri essenziali da essi distinti, si collegano e si sovrappongono alle esaminate edificazioni abusive , realizzate e mantenute, finalizzate allo sfruttamento improprio e o alla modificazione dell'originaria destinazione d'uso di un monumento. Nella fattispecie il tetto della chiesa, che per legge può fungere soltanto da copertura del monumento e che ne disegna la sagoma, da cui dipende la sua armonia architettonica, è stato trasformato in parte in dependance della casa del XXX ed in parte in spazio adibito alla sala operatoria della clinica XXX XX e riservato alla cisterne e macchinari delle apparecchiature della clinica, che con le loro fuoriuscite di liquidi e le loro vibrazione provocano continue improvvide sollecitazione alla muratura del momento cinquecentesco (su cui si aggancia la struttura abusiva).
Per quanto attiene al reato di cui all’art. 733 c.p. - contestato al Triolo al capo B e al XXX al capo D- occorre ricordare che si tratta di norma con funzione di chiusura del sistema di leggi poste a tutela dei beni culturali. Ai fini della configurabilità del reato è sufficiente la oggettività e generale notorietà del rilevante pregio del bene e un effettivo nocumento al “patrimonio archeologico o artistico nazionale” (cfr., Cass. Pen., Sez. III, 12 Aprile 1995, n. 3967, op. cit.; Cass. Pen., Sez. III, 22 Gennaio 1999, n. 3620, in ‘Cass. Pen.’, 2000, 2256). Per ciò che concerne l’elemento soggettivo, trattandosi di una contravvenzione, il soggetto attivo è penalmente responsabile tanto in caso di condotta dolosa, quanto nell’ipotesi di una condotta colposa. Pertanto l’elemento psicologico risulta essere integrato sia quando l’agente agisca con la consapevolezza e la volontà di distruggere, deteriorare o comunque danneggiare un bene di rilevante valore culturale, sia nel caso in un cui tale evento lesivo si verifichi per negligenza, imprudenza o imperizia, come per esempio, omettendo di porre in essere le dovute operazioni di conservazione del bene.
E’ vero che non è stata espletata una perizia per la verifica dell’origine delle infiltrazioni che hanno ammalorato gli affreschi settecenteschi della chiesa di San Sebastiano e se siano o meno provocate dai ristagni d’acqua presenti sul terrazzo in corrispondenza dei macchinari della clinica XXX XX. Ma, in ragione delle estensione e delle dimensioni di tali pozzanghere, rilevate dall’architetto inviato dalla dirigente della Soprintendenza e dalla polizia giudiziaria, dovute ai liquidi rilasciati dai macchinari della clinica e in ragione altresì ed in special modo del lungo periodo in cui tale situazione si è protratta, non appare ragionevole dubitare che essa abbia quanto meno agevolato le infiltrazioni -di cui ha riferito il teste Matranga, e documentate fotograficamente-, almeno fino alla date dell’ultimo sopralluogo della Pg, avvenuto nel 2013 (anche l’abuso del monumento consumato attraverso l’occupazione del tetto della chiesa con la struttura destinata a spazi della sala operatoria e con l’allocazione dei detti macchinari e recipienti, configura il danneggiamento al patrimonio storico e artistico, definito dall’art. 733 c.p.).
Analoghi rilievi valgano con riferimento agli abusi accertati nella parte del monumento utilizzata arbitrariamente dal XXX. Tuttavia identificandosi l’elemento materiale del reato previsto all’art. 733 con l’atto che sfregia il bene (e non anche con la durata degli effetti di tale atto lesivo, ove sia istantaneo e non rinnovato, né con l’uso distorto del monumento, come avviene nella fattispecie dell’art. 170 dl. 42/2004) e trattandosi di reato non permanete ma istantaneo ad effetti permanenti, deve rilevarsi che risulta oggettivamente dubbio che sia stato il XXX a dare origine ai manufatti (già citati nell’atto di compravendita del 1996 ed oggetto di una risalente ordinanza di demolizione della Soprintendenza) e agli altri abusi in questione, che ne sono una estensione, e che questi non esistessero invece già prima che lui acquistasse l’appartamento, e ne abbia poi approfittato utilizzandoli nei modi passati in rassegna. Il Riccobono va pertanto assolto dall’accusa di cui all’art. 733 c.p., per non avere commesso il fatto.
Altre aspetti degli abusi rilevati.
E’ opportuno aggiungere che indipendentemente dall’aspetto squisitamente penalistico (cui tra l’altro afferisce l’istituto della prescrizione dei reati consumati, che i difensori in sede di conclusioni hanno chiesto, in subordine, di dichiarare) i plurimi abusi che l’intervento di Pg ha consentito di accertare costituiscano prima ancora che condotte di rilievo penalistico violazioni della disciplina amministrativa posta a tutela del monumento e dell’ordine e della sicurezza edilizia, come tali non assoggettate ad alcun termine di prescrizione, nemmeno in via giurisprudenziale ed a cui, nota il giudice, corrispondono puntuali e permanenti obblighi di intervento preventivo e ripristinatorio delle diverse autorità amministrative preposte per legge ad assicurarne il rispetto. Tali poteri-doveri della pubbliche amministrazioni competenti non sono suscettibili di alcuna elusione e, per di più, nell’impianto ordinamentale precedono funzionalmente e logicamente l’intervento giudiziario. L’art. 27 DPR 380/2001, che si confà alla specie, prevede e che per le opere abusive realizzare su immobili dichiarati monumenti nazionali o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi del dlg 490 del 99 nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo di inedificabilità assoluta . il soprintendente su richiesta della regione del comune o delle alte autorità preposte ovvero decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’illecito procede alla demolizione.
Nel novembre del 2014 il legislatore, proprio a rimarcare quest’ultimo assunto, per le omissioni di cui si rendano responsabili gli organi degli uffici tecnici competenti alle procedure di remissione in pristino, facendo testualmente salve le loro responsabilità penali, ha previsto un sistema sanzionatorio amministrativo della medesime omissioni o ritardi, introducendo il comma 4-bis all’art. 31 del DPR 380\2001, secondo cui “ la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente” .
Non può non rilevarsi che il legislatore, facendo così salve le responsabilità penali dei dirigenti e dei funzionari inadempienti delle procedure ripristinatorie dei luoghi, conferma che detto tipo di omissioni delle procedure sanzionatorie degli abusi edilizi e dei vincoli ambientali possano, secondo le normativa penale ordinaria, ove ingiustificati, configurare ipotesi di responsabilità penale (il comma 4-ter pure introdotto ad interpolazione dell’art. 31 del DPR 380\2001 prevede inoltre che i proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico). 8
Allo stesso proposito non devono ingannare l’uso strumentale del processo penale, cui si assiste di frequente e le dilaganti pratiche processuali dilatorie, miranti alla pronuncia di prescrizione dei reati in materia urbanistica e culturale e ambientale. Troppo spesso infatti nella pratica quotidiana in modo distorto e forviante viene attribuito alla sentenza di prescrizione degli aspetti penali dell’abuso urbanistico ed ambientale un valore purgante dell’illecito tout court (laddove in realtà l’illecito amministrativo permane fin tanto che non vi sia un intervento ripristinatorio che ne elimini gli effetti), come se la prescrizione penale conferisse anzi all’abuso un crisma di raggiunta legalità ed intangibilità dell’illecito e come se valesse di conseguenza ad esentare le autorità amministrative preposte dai loro permanenti e pregnanti obblighi repressivi degli abusi e ripristinatori dell’integrità del territorio e dei monumenti , assegnati dalla legge in funzione della tutela dei fondamentali valori costituzionali della sicurezza pubblica e privata, della salubrità e vivibilità dell’ambiente, della cultura e dell’arte del progresso della popolazione. La Corte Suprema ribadisce che prima ancora che sull’apparato della giustizia penale l’obbligo di vigilare, prevenire e far rimuovere le opere abusive e lesive dei vincoli compete agli uffici amministrativi preposti (v. anche art. 31 commi 6 e 8 DPR 380/2001; cnfr. tra le tante Cass. III del 15.12.2015 n. 49331, per un interessante excursus su caratteristiche e natura dell’ordine di rimessione in pristino a carico della p.a.).
Trattamento sanzionatorio
Quanto fin qui rilevato sulle condotte accertate a carico degli imputati è incompatibile con l’applicazione dell’articolo 131 bis c.p., che definisce la condotta di minima entità dannosa, di cui il difensore del XXX ha chiesto in via subordinata l’applicazione.
I reati accertati a carico del XXX, in base alla disciplina di cui all’art. 81 c.p., appaiono uniti sotto quello più grave contestato al capo 1 dell’imputazione. Non si ravvisano elementi, nemmeno nella condotta processuale dell’imputato per concedergli circostanze attenuanti generiche. Appare equa, tenuto conto del peso conferito al reato dal complesso degli abusi e della sua durata, e tenuto conto di tutte le circostanze di cui all’articolo 133 c.p., la pena dell’arresto di mesi dieci e dell’ammenda di euro 27.000,00, aumentata per la continuazione come da dispositivo. Nemmeno il XXX, e per le ragioni evidenziate, è meritevole di circostanza attenuanti. Nei suoi confronti appare adeguata alla entità del danno apportato al monumento, alla personalità dimostrata attraverso la medesima vicenda e tenendo conto di tutti gli elementi di cui all’art. 133 c,p., la pena di mesi dieci ed euro 20.000,00 di ammenda. Segue la condanna di entrambi al pagamento delle spese del giudizio.
Sussistono le condizioni con riferimento ad entrambi gli imputati per concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, che viene subordinata alla condizione che nel termine di 60 giorni ciascuno provveda alla demolizione delle opere descritte nei capi d’accusa e alla rimessione in pristino dei luoghi di rispettiva competenza.
La complessità della motivazione della sentenza, uno dei molteplici impegni dei ruoli del giudice, ha comportato la fissazione del termine di 90 giorni per il suo deposito.
Trasmissione degli atti.
In questa paradossale vicenda, come evidenziato, si colloca, tra l’altro, l’ordinanza del Comune di Palermo, emessa il 15 aprile 2016, che ha ingiunto a “chiunque a chiunque vi sia tenuto la messa in sicurezza della chiesa di piazza Fonderia riscontrato l’aggravarsi dello stato di degrado e pericolo, dovuto alla mancanza di lavori di manutenzione per cui sono necessarie opere di ripristino e consolidamento . Stando alla prospettazione difensiva del XXX tale ordinanza sarebbe stata emessa dal sindaco a seguito della denuncia da lui stesso indirizzata appunto al Comune, con cui ha lamentato i danni che la struttura edilizia della clinica da lui amministrata sta subendo a causa dell’incuria nella manutenzione della chiesa di San Sebastiano da parte di chi ne è tenuto (laddove, si è pure evidenziato casomai sarebbe l’ingombrante opera abusiva, funzionale all’esercizio della clinica, costruita sul tetto della chiesa, che impedirebbe ai titolari della gestione della chiesa, ove pure ne avessero intenzione, l’accesso al tetto e quindi la sua manutenzione).
Non può non rilevarsi che il comune, autore di tale ordinanza d’urgenza risulti essi stesso, fino a questo momento, inadempiente dell’esercizio effettivo delle azioni sanzionatorie e ripristinatorie, cui lo obbligano gli artt. 27 e segg. del DPR 380/2001, che avrebbero già da tempo dovuto comportare la demolizione e la rimessione in pristino dei luoghi (che realizzerebbe tra l’altro la messa in sicurezza dei luoghi), non nei confronti di entità indefinite ed irrintracciabili, ma proprio di coloro che in quanto committenti e o proprietari delle opere abusive sono tenuti a porvi rimedio (cnfr. art. 29 e 32 DPR.380/2001 e tra l’altro tutta la giurisprudenza che ravvisa la responsabilità del proprietario che lucri dell’abuso commesso dal conduttore dell’immobile; es. Cass. IV 9 aprile 2009). Al protrarsi delle omissioni degli organi amministrativi competenti corrisponde il protrarsi del danno al monumento e alla comunità e degli eventuali rischi per la sicurezza pubblica, mai calcolati e verificati dal Genio civile competente:
la struttura abusiva che occupa il tetto della navata destra della chiesa, che è un ampliamento dell’ultimo piano della palazzina della Clinica XXX -come risulta dagli atti poggia su una struttura, appositamente creata, di ferri a doppia T (IPE) ancorati al muro della navata centrale del monumento. Attraverso tale ancoraggio potrebbe esserci un appesantimento statico, si ripete, non calcolato e non verificato dagli organi competenti del Genio civile (trattandosi di costruzione abusiva).
Ciò rende doveroso la segnalazione del caso all’ufficio del Centro storico del comune di Palermo, alla Soprintendenza, all’Assessorato regionale territorio e ambiente, e soprattutto al Genio Civile (anche in relazione allo stato di pericolo dichiarato nella ordinanza sindacale del 2016 ed in quella del 2014 nella prima richiamata, prodotta in stralcio nel processo dal Triolo) e alla Procura della Repubblica, per i provvedimenti di loro rispettiva competenza.
PQM
Visti gli artt. di cui al capo d’imputazione e l’art. 533 e 535 c.p.p.;
dichiara XXX responsabile dei reati ascrittigli e ritenuta la continuazione sotto il capo a lo condanna alla pena dell’arresto di anno uno e di euro 28.000 di ammenda.
Dichiara XXX responsabile del reato ascrittogli al capo C e lo condanna alla pena dell’arresto di mesi 10 e di euro 20.000 di ammenda.
Condanna inoltre gli imputati al pagamento delle spese del giudizio.
Visto l’articolo 530 cpv c.p.p.;
Assolve XXX dal capo di per non avere commesso il fatto.
Visto l’artt. 163 e segg. c.p.;
ordina la sospensione condizione la pena rispettivamente irrogata gli imputati a condizione che nel termine di 60 giorni ciascuno provveda alla demolizione delle opere descritte nei capi d’accusa e alla riflessione pristino dei luoghi di rispettiva competenza.
Giorni 90 per la motivazione.
Dispone la trasmissione della sentenza al settore centro storico del comune di Palermo, alla soprintendenza, all’assessorato regionale territorio e ambiente, per i provvedimenti di rispettiva competenza.
Palermo 9 maggio 2017 Il Giudice
dott.ssa Marina Petruzzella
1 Ai sensi dell’art.10 del Dlg 42/2004, rubricato Beni culturali :
1. Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico , archeologico o etnoantropologico.
2. Sono inoltre beni culturali:
a) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
b) gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico;
c) le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate all'articolo 47, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
3. Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'articolo 13 :
a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 ;
b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante;
c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale;
d) le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;
CONTINUA…..
2 Nella fattispecie la Cassazione ha considerato incompatibile l'uso di un bene culturale, costituito da un parco pubblico, al cui interno erano in corso lavori per la realizzazione di un parcheggio. La Cassazione ha ritenuto tra l’altro che la particolare tutela cui è sottoposto il bene può arrivare a consentire l’esclusione in assoluto di qualsiasi utilizzazione da parte dalla competente sovrintendenza, anche il solo uso abitativo da parte del proprietario del bene-, in quanto le ragioni gli interessi privati dei proprietari devono essere subordinati alle esigenza di tutela e conservazione del monumento (così Cass. Sez. III n.442, 19 febbraio 1994).
3 La costruzione originale della chiesa dedicata dal Senato cittadino a San Sebastaiano risale al 1496; nel 1516, a seguito della sua distruzione fu riedificato l’attuale manufatto, che nel 1562, sotto i regni di Carlo V e Filippo II si ebbe l'ingrandimento e l'espansione della tribuna verso il mare. La chiesa, come molti altri monumenti della zona, durante i bombardamenti del ’43 subì danni strutturali, e al termine del conflitto fu restaurata (è uno dei numerosi monumenti del centro storico della città in stato di abbandono). I testi Scaduto e Randazzo, rappresentante della Curia, proprietaria anche della chiesa di San Sebastiano, hanno riferito di un restauro operato a cura della Soprintendenza intorno al 2006 o 2008 e della riapertura al culto per un certo periodo e della chiusura nel 2014, dovuta al sequestro penale, che il teste di Pg, Matranga ha riferito essere connesso allo stato degli affreschi e di degrado del monumento.
4 La planimetria prodotta dal difensore del XXX mostra che il palazzo della clinica XXX si affaccia da un lato su piazzetta Fonderia e dal lato parallelo sul porto antico della della Cala. Anche la chiesa di San Sebastiano martire ha un secondo prospetto monumentale sul porto della Cala, ed inoltre un portale, anch’esso di pregio artistico, sul lato adiacente a sinistra della facciata principale, cui si allinea il muro finestrato ad archi del campanile (v. foto n. 7 album del NTPA del 3.5.2011, dep. all’udienza del 19.5.2015).
5 Si vedrà che ne hanno riferito in udienza rispettivamente il commissario Matranga, all’epoca appartenente al nucleo della Pol. mun. NTPA e l’architetto Tusa, architetto funzionaria della Sovrintendenza.
6 Si riportano di seguito anche i testi degli artt. 3 e 10 DPR 380/2001, T.U. EDILIZIA, OPERANTI ALLO STATO ATTUALE :
Art. 3 (L) Definizioni degli interventi edilizi (legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 31)
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;
b) " interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sosti-tuire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mo-difiche delle destinazioni di uso . Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ri-compresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d' uso;
c) "interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili . Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio ; d) "interventi di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in par-te diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demo-liti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente;
e) "interventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
Etc…Omissis e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del vo-lume dell'edificio principale; segue OMISSIS
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall'articolo 34 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 .
Art. 10 (L) Interventi subordinati a permesso di costruire (l.n.10/1977art. 1; legge 28.2.1985/47, art. 25, comma 4)
1. Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a per-messo di costruire:
a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei pro-spetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino muta-menti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni. 2. Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività. 3. Le regioni possono altresì individuare con legge ulteriori interventi che, in relazione all'incidenza sul terri-torio e sul carico urbanistico, sono sottoposti al preventivo rilascio del permesso di costruire. La violazione delle disposizioni regionali emanate ai sensi del presente comma non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 44.
7 Precisamente l’art. 172 punisce chiunque non osserva le prescrizioni date a norma dell’articolo 45, comma 1 in base al quale il Ministero, ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. La disposizione in esame si riferisce ad ipotesi di «tutela indiretta» in quanto il provvedimento di prescrizione incide su beni diversi da quelli tutelati ma con specifiche finalità di conservazione di questi ultimi. Secondo quanto rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, tali provvedimenti hanno lo scopo di tutelare la «cornice ambientale» di un monumento,
Possono al riguardo ricordarsi i seguenti principi,
A.
- Il principio dell'obbligo del Comune di compiere e portare a termine la procedura sanzionatorie , ivi compresa quella di demolizione, senza alcuna pretestuosa sospensione , che non potrebbe essere determinata nemmeno dalla pendenza di una istanza o di un ricorso (concetto con immediatezza espresso ad esempio nella sentenza del CdS sez. giurisd. del 9.4.2013 ove è sottolineato il dovere di concludere il procedimento di demolizione e il divieto di utilizzare come pratica elusiva la giustificazione della pendenza di un'impugnativa : " al dovere di concludere il procedimento previsto dagli art.2, comma 1, L n.241 j 1990, si accompagna l'art. 21-quater della legge medesima, il quale dispone che i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente sicché l'applicazione congiunta delle due disposizioni configura, in esplicazione del principio di esecutorietà dei provvedimenti amministrativi — ossia, della loro idoneità ad essere eseguiti, direttamente e coattivamente dall’amministrazione senza necessità di precostituire un titolo esecutivo giudicale - un potere-dovere dell’amministrazione di portare ad effettiva attuazione i propri provvedimenti emessi al termine del procedimento . Ovviamente, il sopra richiamato art. 21 quater va interpretato in connessione con le disposizioni del testo unico n. 38O del 2001 sull’obbligo di eseguire l'ordinanza di demolitone entro il termine di novanta giorni successivi alla sua notifica, decorso il quale l'amministrazione ha lo specifico dovere di emanare gli atti conseguenti e di porre in essere — a spese dell'inadempiente - l'attività materiale di adeguamento dello stato di fatto a quello di diritto. ..Nel caso di specie, l'inerzia serbata dal Comune di Casamassima nell'esecuzione e dell'ingiunzione di demolizione n. 105 del 21 ottobre 2011 non è certamente scriminata dalla semplice impugnazione. con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, del provvedimento ripristinatorio (o del precedente diniego dell'istanza di sanatoria), attesa la persistente esecutorietà dell'impugnato provvedimento, in assenza di un provvedimento cautelare di sospensiva. Ne'possono ritenersi sufficienti agli asseriti atti prodromici posti in essere dal Comune -in particolare, la richiesta, in data 7 febbraio 2012, da parte del responsabile del servilo tecnico, della disponibilità economica per effettuare l'impegno di spesa, nonché la richiesta alla Regione Puglia di poter accedere al fondo di rotazione starnutato per la demolitone di opere abusive), trattandosi di atti ormai risalenti nel tempo e non avendo l'Amministrazione appellata provato l'effettiva indisponibilità dei fondi, peraltro di ridotta entità ..e comunque ripetibili dai responsabili dell'abuso con gli accessori di legge (v. art. 31. comma 5. d.P.R. n. 380/2001). occorrenti all'esecuzione dell'ingiuntone di demolitone ");
B.
-il principio della permanenza dell'obbligo dì intervento ripristinatorio della p.a. e la sua non sottoposizione a termini di decadenza, e di correlativa non sottoposizione a termini di prescrizione della violazione urbanistica .
E' noto che un obbligo permanente di vigilanza sull'attività urbanistico-edìlizia nel territorio comunale compete al dirigente ovvero al responsabile del competente ufficio comunale (art. 27, comma 1 DPR 380\2001), il quale quando accerta l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Trattandosi di un potere che non viene mai meno e che va esercitato indipendentemente dalla data dell'illecito amministrativo, fin tanto questo permane ; secondo l'orientamento prevalente del Consiglio dì Stato il potere repressivo in materia urbanistico-edilizia, esercitabile dalla amministrazione comunale, non è sottoposto a termini di decadenza o prescrizione anche se, in alcune pronunce, si riconosce al decorso del tempo la funzione di imporre l'obbligo di motivazione in ordine alla prevalenza del pubblico interesse alla repressione ( Cons. di Stato 2,11.2011 5838 : " l'esercizio dei poteri repressivi del Comune in ordine agli abusi edilizi non è soggetto ad alcun termine di decadenza o di prescrizione ". Ne consegue che i provvedimenti del Comune, come ad esempio quello di demolizione del manufatto abusivo e di ripristino dello stato dei luoghi, possono essere emanati in qualsiasi tempo perché sono relativi ad illeciti di carattere permanente ; Possono ricordarsi Cons. St., Sez. K 24 marzo 1998, n. 345; Sez. VI 19 ottobre 1995, n. 1162, e 2 maggio 2005, n. 2045, Cons. St. , V, n. 6984/09), questo principio è stato applicato anche dal Consiglio di Stato, Sez. K nella sentenza del 2 novembre 2011 n. 5838; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3 novembre 2003, sentenza n. 7047 : " Per quanto concerne il momento in cui può dirsi cessata la permanenza per gli illeciti amministrativi in materia urbanistica edilizia e paesistica, è stato precisato che, mentre per il diritto penale rileva la condotta commissiva -sicché la prescrizione del reato inizia a decorrere dalla ultimazione dell'abuso -, per il diritto amministrativo si è in presenza di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dall'omissione dell'obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secundum ius lo stato dei luoghi. con l’ulteriore conclusione che se l'Autorità emana un provvedimento repressivo (di demolizione, ovvero di irrogazione di una sanzione pecuniaria), non emana un atto «a distanza di tempo» dall'abuso, ma reprime una situazione antigiuridica contestualmente contra ius ancora sussistente .cnfr. C.d.S, Sez. VI, 12 maggio 2003, n. 2653; 30 ottobre 2000, n. 5851; Ad Generale 11 aprile 2002, n. 4/Gab. e n. di Sezione 2340/2001);
C.
- Il divieto di operare sanatorie di fatto, contra legem di opere abusive;
Tale principio è stato ripetutamente ribadito in Cassazione e pure dal giudice amministrativo (Cass. III n. 47402 del 21.10.2014es. Cons. St. Sez. IV n. 6784, 2 novembre 2009) fin anche con riferimento alla possibilità della c.d. sanatoria giurisprudenziale, in quanto pure quest'ultima introdurrebbe un atipico atto con effetti prowedimentali, al di fuori di qualsiasi previsione normativa e non potendosi ritenere ammessi nell'ordinamento, caratterizzato dal principio di legalità dell'azione amministrativa e dal carattere tipico dei poteri esercitati dall'Amministrazione -così Cons. St. Sez. V n.3220, 11 giugno 2013--ll Consiglio di Stato ha ulteriormente confermato la propria posizione in tema di sanatoria giurisprudenziale osservando come il divieto legale di rilasciare un permesso in sanatoria anche quando dopo la commissione dell'abuso vi sia una modifica favorevole dello strumento urbanistico sia giustificato della necessità di « evitare che il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post e non punibile ciò che risulta illecito -e punibile»- oltre che dall'esigenza di «disporre una regola senz'altro dissuasiva dell'intenzione di commettere un abuso, perché in tal modo chi costruisce sine titulo sa che deve comunque disporre la demolizione dell'abuso, pur se sopraggiunge una modifica favorevole dello strumento urbanistico » -Cons. Stato Sez. V 17 marzo 2014, n. 1324. Conf. Sez. V 27 maggio 2014, n. 2755 . L'attuale, consolidato orientamento del giudice amministrativo ha trovato peraltro conferma in una recente decisione della Corte Costituzionale -sent.l01\20l3- la quale, nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 5, commi 1,2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31 gennaio 2012, n. 4 -Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio » e della legge regionale 16 ottobre 2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»-, ha affermato che il principio della «doppia conformità» risulta finalizzato a «garantire l'assoluto rispetto della 'disciplina urbanìstica ed edilizia' durante tutto Varco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità» e, richiamando la giurisprudenza amministrativa, ha pure osservato che la sanatoria, che si distingue dal condono vero e proprio, «è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi formali', ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, 'anche di natura preventiva e deterrente', finalizzata a frenare l'abusivismo edilizio, in modo da escludere letture 'sostanzialiste' della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilìzia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell' istanza per l'accertamento di conformità» ( CASS. III n. 47402 del 21.10.2014) .