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Sez. 3, Sentenzan. 26837 del 15/06/2004 (Cc. 22/04/2004 n.00530 ) Rv. 229057
Presidente: Vitalone C. Estensore: Onorato P. Imputato: Fionda. P.M. Favalli M. (Diff.)
(Rigetta, trib. Isernia, 15 ottobre 2003).
CACCIA - IN GENERE - Caccia con mezzi vietati - Con uso di richiami acustici - Sequestro probatorio esteso al fucile da caccia - Legittimità - Fondamento.
CON MOTIVAZIONE

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 22/04/2004 Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere - SENTENZA Dott. LOMBARDI Alfredo M. - Consigliere - N. 530 Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 4222/2004 ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Fionda Antonio, nato a Cassino il 26 novembre 1951; avverso la ordinanza emessa il 15 ottobre 2003 dal tribunale di Isernia, quale giudice del riesame; nella udienza in camera di consiglio in data 22 aprile 2004; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dr. Amedeo Franco; udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Favalli Mario, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Isernia confermò il decreto emesso il 23 settembre 2003 dal pubblico ministero presso il tribunale di Isernia di convalida del sequestro probatorio di un fucile da caccia operato dalla polizia giudiziaria (unitamente al sequestro di un richiamo acustico per uccelli a funzionamento elettromagnetico con amplificazione del suono) nei confronti di Fionda Antonio e di altri due soggetti notati nei pressi del luogo in cui era stato posto il dispositivo illecito, in relazione al reato di cui all'art. 30, lett. h), legge 2 novembre 1992, n. 157. Osservò il tribunale che il sequestro del fucile da caccia era giustificato dal fatto che si trattava di corpo di reato o comunque di cosa pertinente al reato nonché dal fatto che gli agenti preposti alla vigilanza venatoria possono legittimamente procedere, ai sensi dell'art. 28 della legge 2 novembre 1992, n. 157, nei casi di cui al successivo art. 30, al sequestro delle armi oltre che della fauna selvatica e dei mezzi di caccia. Osservò inoltre che il possesso dei richiami acustici in tanto è punito in quanto è utilizzato a fini di caccia, sicché il sequestro del fucile era necessario a fini probatori essendo necessario per dimostrare che il richiamo era usato ai detti fini. L'indagato propone ricorso per Cassazione ricordando innanzitutto che, con l'istanza di riesame, aveva dedotto che il sequestro del fucile non poteva servire a fini probatori o istruttori, dal momento che egli non aveva affatto contestato che stesse esercitando la caccia, ma solo che stesse utilizzando mezzi illeciti (limitatamente ai quali, soltanto, il sequestro probatorio aveva quindi una ragione). Osserva poi che corpo di reato possono ritenersi esclusivamente i mezzi vietati, i quali sono gli unici a configurare il reato stesso. Inoltre, nella specie si tratta di sequestro probatorio e quindi esso doveva esser giustificato necessariamente e sostanzialmente, e non solo astrattamente, da un concreto scopo di ricerca probatoria e non altro. Contrariamente a quanto sembra aver ritenuto il tribunale del riesame, quindi, il mantenimento del sequestro poteva giustificarsi esclusivamente per scopi istruttori e non certo cautelari. Infine, il tribunale ha anche fatto cenno alla necessità di mantenere il sequestro per esigenze probatorie, ma difettando di indicarle, perché in effetti totalmente assenti. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorso è infondato. Innanzitutto, invero, va rilevato che nel caso in esame il disposto sequestro trova fondamento, anche in una disposizione speciale - opportunamente richiamata dal tribunale del riesame -, e precisamente in quella di cui all'art. 28, secondo comma, della legge 2 novembre 1992, n. 157, la quale dispone che gli agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria, nei casi indicati dal successivo art. 30 - fra i quali rientra anche la fattispecie in esame - devono procedere al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione soltanto del cane e dei richiami vivi autorizzati. Conformemente alla giurisprudenza di questa Suprema Corte, dunque, deve ritenersi legittimo il sequestro probatorio delle armi appartenenti a chi sia trovato in atteggiamento venatorio, effettuato dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 28 citato nei casi in cui sia ipotizzabile uno dei reati di cui al successivo art. 30 della legge 2 novembre 1992, n. 157 (Sez. 3^, 4 febbraio 2003, Fiorito, m. 224.351; Sez. 3^, 30 settembre 1994, Cammaroto, m. 199.754). In secondo luogo, esattamente il tribunale del riesame ha rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, corpo del reato devono considerarsi non solo i richiami acustici vietati ma anche i fucili con i quali si esercitava l'attività di caccia. Il reato di cui all'art. 30, lett. h), legge 2 novembre 1992, n. 157, contestato all'imputato, infatti, è integrato dalla condotta consistente nell'esercitare la caccia con mezzi vietati. Ed è evidente che la caccia non si esercita soltanto con l'uso del richiamo acustico per uccelli a funzionamento elettromagnetico ma anche con l'arma occorrente ad abbattere gli uccelli attratti dal suddetto richiamo. In altre parole, i mezzi vietati non consistono soltanto nei richiami acustici non consentiti, ma nell'uso congiunto del fucile e di detti richiami. Il reato contestato all'imputato, quindi, consiste appunto nell'aver esercitato la caccia utilizzando nello stesso tempo sia i richiami vietati per attrarre gli uccelli sia il fucile per abbatterli, essendo evidente che un eventuale uso dei primi che non fosse accompagnato dall'uso o dalla disponibilità del secondo sarebbe irrilevante. Corpo di reato quindi sono entrambi i mezzi con i quali si stava esercitando la caccia in modo non consentito. Il tribunale del riesame, inoltre, specialmente laddove ha rilevato che l'abbattimento degli uccelli era possibile ovviamente solo grazie al fucile sottoposto a sequestro, ha anche fornito, sia pur succintamente, una congrua ed adeguata motivazione sulle esigenze probatorie che il sequestro del fucile era diretto ad assicurare, trattandosi di cosa mediante la quale il reato è stato commesso e del quale essa fornisce la prova. L'assunto del ricorrente secondo cui il sequestro del fucile non potrebbe avere alcuna utilità probatoria perché egli avrebbe ammesso che era a caccia è privo di fondamento. Al fine di assicurare la prova del reato contestato, infatti, non è sufficiente accertare che l'indagato si trovava sul luogo per cacciare, ma è anche necessario accertare che il fucile sequestrato fosse idoneo ad abbattere i volatili attirati dal richiamo abusivo (dal momento che il possesso di un fucile non funzionante per una qualsiasi ragione non integrerebbe il reato de quo), ed a tal fine è necessario sia assicurare che l'arma non venga in qualche modo manomessa sia compiere sulla stessa e sulla sua funzionalità i necessari accertamenti. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 22 aprile 2004. Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2004