Cass. Sez. III n. 1625 del 18 gennaio 2016 (Ud 28 ott 2015)
Pres. Squassoni Est. Di Nicola Ric. Veneziano
Caccia e animali. Nozione di atteggiamento di caccia

L'atteggiamento di caccia, cui è attribuita rilevanza giuridica per l'integrazione delle fattispecie di reato previste dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, può essere desunto da un complesso di elementi sintomatici ed indicativi dell'esercizio venatorio, che pertanto deve essere inteso in senso ampio quale attitudine concreta volta alla uccisione ed al danneggiamento di uccelli e di animali in genere; tale attitudine può ricavarsi perciò da elementi quali il possesso di un fucile e delle relative cartucce, lo sparo di uno o più colpi, l'accompagnamento con un cane da caccia, l'insieme delle altre circostanze di tempo e di luogo ed il relativo accertamento costituisce giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato

RITENUTO IN FATTO
 
1. Giuseppe Veneziano ed Angelo Morabito ricorrono, con unico atto, personalmente per cassazione impugnando la sentenza emessa in data 22 settembre 2014 dal tribunale di Enna che ha condannato i ricorrenti alla pena di C 800,00 di ammenda per Il reato previsto dagli articoli 110 codice penale, 30, comma 1, lettera h), in relazione all'articolo 21 lettera r), legge 11 febbraio 1992, n. 157 perché, in concorso tra loro, esercitavano la caccia con l'ausilio di un richiamo acustico per uccelli a funzionamento meccanico, mezzo di caccia vietato al sensi dell'articolo 21, lettera r), della legge n. 157 del 1992. In Piazza Armerina 1'8 ottobre 2011.
 
2. Per la cassazione dell'impugnata sentenza i ricorrenti articolano un unico motivo di gravame con il quale lamentano l'inosservanza e/o l'erronea applicazione dell'articolo 30, comma 1, lettera h), in relazione all'articolo 21 lettera r), della legge n. 157 del 1992 avuto riguardo all'articolo 12, comma 3, della stessa legge nonché la carenza, la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ricostruzione del fatto (articolo 606, comma 1, lettere b), d) ed e), codice di procedura penale). Deducono che erroneamente il tribunale ha ritenuto di individuare, in capo agli imputati, sulla base della ricostruzione dei fatti così come emersi in sede dibattimentale, un comportamento configurabile come "atteggiamento di caccia", indispensabile perché fosse attribuita qualunque responsabilità penale nei loro confronti. Infatti, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 157 del 1992, rientra nella predetta nozione il comportamento che qualifica chi lo attui come cacciatore in esercizio di caccia (vagare e/o soffermarsi con i mezzi destinati a tale scopo (... ) in attitudine di ricerca della fauna selvatica o di attesa della medesima per abbatterla) e tale atteggiamento non può essere assunto all'interno di un autoveicolo, dal quale, per legge, è vietato sparare. Nel caso di specie, al momento del controllo effettuato dagli agenti del corpo forestale, i ricorrenti si trovavano all'interno dell'autovettura di proprietà del Veneziano, cui era stato imposto l'alt dagli stessi agenti e, all'interno della medesima autovettura, sono state rinvenute le armi da caccia degli indagati regolarmente custodite all'interno delle rispettive custodie. Infine, dai verbali di perquisizione e sequestro, è risultato che l'identificazione, all'interno dell'autovettura citata, dei ricorrenti è avvenuta alle ore 5,30 del mattino, prima ancora che la luce del giorno consentisse l'esercizio dell'attività venatoria. In definitiva, non potendosi assolutamente individuare, nel comportamento degli imputati alcun elemento che qualifichi di tale comportamento come "atteggiamento di caccia", non può conseguentemente configurarsi un reato che quell'atteggiamento necessariamente presuppone in quanto connotante l'esercizio effettivo dell'attività venatoria sicché, ad avviso dei ricorrenti, la sentenza impugnata risulta anche carente di motivazione per omesso esame di un punto decisivo per il giudizio. Peraltro il tribunale ha erroneamente ritenuto di configurare la fattispecie di reato contestata la quale richiede, oltre alla circostanza che l'attività di caccia venga agevolata o resa più fruttuosa dall'uso del richiamo acustico di tipo vietato, che tale utilizzo sfoci nel concreto ed effettivo esercizio dell'attività venatoria da quel mezzo agevolata, così come testualmente previsto dall'articolo 30, comma 1, lettera h), della legge n. 157 del 1992 sicché non costituisce reato il trasporto di apparecchiature elettroacustiche di richiamo all'interno di autovetture o l'utilizzo di tali apparecchiature, di libera vendita, per i più svariati scopi anche amatoriali, bensì costituisce reato, al sensi della citata norma, soltanto il concreto loro utilizzo per fini venatori.

CONSIDERATO IN DIRITTO
 
1. I ricorsi sono infondati.
 
2. Il tribunale ha desunto la responsabilità degli imputati sulla base della testimonianza resa dal comandante del distaccamento forestale, Roberto Franchino, il quale ha riferito che, nel corso di un servizio di perlustrazione finalizzato alla prevenzione del bracconaggio espletato in data 8 ottobre 2011, in località Ramursura in agro del Comune di piazza Armerina, notò una vettura "sotto un albero e due persone nelle immediate vicinanze" e sentì "dei rumori strani metallici di uccelli". Detto cinguettio era riprodotto in maniera ciclica. Decideva pertanto di accostarsi, unitamente ad un collega, ed attendere la luce del giorno per procedere all'identificazione degli individui e per verificare il possesso di eventuali dispositivi di richiamo acustici. I ricorrenti, verso le prime ore dell'alba, vennero perciò fermati ed identificati. Gli operanti accertarono, a seguito di perquisizione, che il veneziano ed il Morabito all'interno dell'autovettura di proprietà del primo detenevano due fucili riposti all'interno dei foderi, di cui uno carico con una cartuccia in canna, ed un richiamo elettronico per volatili e i relativi accessori. Le circostanze esposte dal teste Franchino sono state poi confermate dal teste Massimo Diseri, ispettore superiore del corpo forestale della regione Sicilia, escusso ai sensi dell'articolo 507 codice di procedura penale. Il tribunale ha ritenuto non condivisibile la tesi difensiva secondo la quale i ricorrenti non si trovavano in "atteggiamento da caccia" al momento del controllo in quanto le risultanze istruttorie deponevano in senso contrario, posto che i ricorrenti ebbero ad esercitare la caccia con mezzi vietati e il congegno da loro posseduto era in grado di funzionare.
Pertanto, in punto di fatto, il tribunale ha accertato, con logica ed adeguata motivazione, che i ricorrenti erano usciti dall'abitacolo dell'autovettura e che avevano la disponibilità di armi cariche e pronte per essere utilizzate, essendo altresì muniti di un richiamo acustico elettronico per volatili e i relativi accessori perfettamente funzionante.
 
3. La nozione di esercizio venatorio rilevante per l'applicazione delle sanzioni penali previste dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, comprende necessariamente la disponibilità di mezzi idonei all'abbattimento o alla cattura della selvaggina, con la conseguenza che la contemporanea detenzione di un richiamo di genere vietato utile ad attirare pennuti integra la contravvenzione di cui all'art. 21 lettera r) della citata legge n. 157 del 1992 quando sia riferibile a persona "in atteggiamento di caccia", desumibile dalla presenza in loco e dalla detenzione di strumenti idonei alla soppressione o all'apprensione della selvaggina.
 
La giurisprudenza di questa Corte è infatti nettamente schierata nel ritenere che l'esercizio venatorio comprenda non solo l'effettiva cattura od uccisione della ~ selvaggina, ma anche ogni attività prodromica o preliminare e la complessiva organizzazione dei mezzi, nonché ogni atto, desumibile dall'Insieme delle circostanze di tempo e di luogo, che, comunque, appaia diretto a tale fine. Tali sono l'essere sorpreso nel recarsi a caccia, con l'annotazione sul relativo tesserino, In possesso di richiami vietati; Il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina (ex multis, Sez. 3, n. 6812 del 05/06/1996, Mazzoni, Rv. 205719).
 
In sostanza, l'atteggiamento di caccia, cui è attribuita rilevanza giuridica per l'integrazione delle fattispecie di reato previste dalla legge 11 febbraio 1992, n.157, può essere desunto da un complesso di elementi sintomatici ed indicativi dell'esercizio venatorio, che pertanto deve essere inteso in senso ampio quale attitudine concreta volta alla uccisione ed al danneggiamento di uccelli e di animali in genere; tale attitudine può ricavarsi perciò da elementi quali il possesso di un fucile e delle relative cartucce, lo sparo di uno o più colpi, l'accompagnamento con un cane da caccia, l'insieme delle altre circostanze di tempo e di luogo ed Il relativo accertamento costituisce giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se, come nel caso In esame, adeguatamente motivato (Sez. 3, n. 2555 del 30/09/1994, Cammaroto, Rv. 199754).
 
Nel caso di specie, infatti, i ricorrenti sono stati trovati in possesso di due fucili di cui uno carico con cartuccia in canna, essi si trovavano in un luogo di caccia ed erano in possesso di un mezzo vietato per catturare la selvaggina,  sicché,    con adeguata motivazione priva di vizi logici, è stato ritenuto ampiamente sussistente l'atteggiamento di caccia e perciò l'esercizio venatorio.
 
I ricorsi vanno pertanto rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M.
 
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 
Così deciso il 28/10/2015