TAR Sicilia, sezione I, n. 1474 del 9 luglio 2013
Caccia e animali. Illegittimità Calendari venatori che consentono la caccia nelle aree della Rete Natura 2000 senza valutazione di incidenza.
Importante pronuncia del T.A.R. Sicilia, Sezione I palermitana, sul difficile rapporto fra l’attività venatoria e la salvaguardia degli habitat e della fauna.
La sentenza T.A.R. Sicilia, PA, Sez. I, 9 luglio 2013, n. 1474 ha ribadito la linea giurisprudenziale che ritiene obbligatoria la preventiva positiva conclusione della procedura di valutazione di incidenza ambientale per ogni ipotesi di caccia che coinvolga le aree appartenenti alla Rete Natura 2000, sia che siano siti di importanza comunitaria (S.I.C.), ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali, la fauna, la flora, sia che siano zone di protezione speciale (Z.P.S.), ai sensi della direttiva n. 2009/147/CE (vds. Corte di Giustizia CE, Sez. II, 14 gennaio 2010, n. 226, proc. C-226/08; Corte di Giustizia CE, 7 settembre 2004, n. 127, proc. C-127/02; T.A.R. Sicilia, PA, Sez. I, 14 maggio 2012, n. 552). La necessità della preventiva procedura di valutazione di incidenza è stata ricordata a Regioni e Province autonome anche dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.), ma ancora troppo spesso le garanzie ambientali non sono rispettate (segnalazione e nota Dott. Stefano Deliperi)
N. 01474/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01458/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1458 del 2012, proposto da Legambiente Comitato Regionale Siciliano Onlus, Associazione Mediterranea per la Natura - Mediterranean Association For Nature (M.A.N.), Lega Italiana Protezione Uccelli, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv. Antonella Bonanno, Giovanni Crosta, Nicola Giudice, Corrado V. Giuliano, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Giudice in Palermo, via M. D'Azeglio n. 27/C;
contro
Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici, in Palermo, via A. De Gasperi 81, è domiciliato per legge;
Arci Caccia - Comitato Federativo Siciliano, non costituito in giudizio;
Dip.to Regionale Ambiente dell'Assessorato Territorio e Ambiente, Dip.to Regionale Interventi Strutturali in Agricoltura dell'Assess.to Risorse Agricole e Alimentari, Istituto Superiore per la Protezione e La Ricerca Ambientale (Ex Infs), non costituiti in giudizio
nei confronti di
Commissione Europea, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio.
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
dell’Associazione italiana per il World Wide Fund For Nature (Wwf Italia) Onlus, rappresentato e difeso dall'avv. Pier Francesco Rizza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Crosta in Palermo, via Houel n.5;
della L.A.V.- Lega Anti Vivisezione Onlus, E.N.P.A.- Ente Nazionale Protezione Animali, L.A.C. – Lega per l’abolizione della caccia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’avv.. Nicola Giudice, con domicilio eletto presso il predetto difensore in Palermo, via M. D'Azeglio N. 27/C;
ad opponendum:
dell’Associazione Liberi Cacciatori Siciliani, U.N. Enalcaccia P.T. sez. provinciale di Catania, E.P.S. Ente produttori selvaggina Regione Sicilia, Associazione Caccia e Ambiente Artemide, Associazione Nazionale Cacciatori – A.N.C.A., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Basilio Iuculano, ed elettivamente domiciliati in Palermo, via Cavour n. 70, presso lo studio dell’avv. Daniele Solli;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia:
del d.a. 2693 dell' 8 agosto 2012 dell'Assessore Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana (e relativo allegato "A" facente parte integrante del medesimo decreto), avente ad oggetto "calendario venatorio 2012/2013", pubblicato sul sito web dell'Assessorato (e di cui è stato dato avviso in G.U.R.S. parte I n. 33 del 10 agosto 2012) e sulla G.U.R.S. parte I n. 36 del 24 agosto 2012, nelle parti in cui:
a) viene consentito l'esercizio dell'attività venatoria in assenza del piano faunistico venatorio (previsto dagli artt. 14 e 15 della l.r. 33/1997 e dall'art. 10 della l. 157/1992) e quindi anche in mancanza della valutazione ambientale strategica, obbligatoria per le attività sottoposte a pianificazione ai sensi della direttiva 2001/42/ce edeld.lgs.l52/2006;
b) consente l'attività venatoria all'interno dei siti natura 2000 (sic-siti di importanza comunitaria e zps-zone di protezione speciale) e nelle aree esterne contigue senza essere stato sottoposto a preventiva valutazione di incidenza ai sensi del dpr 357/1997 come modificato dal dpr 120/2003 ed in violazione delle direttive 147/2009/ce (direttiva uccelli) e 92/43/ce (direttiva habitat), disattentendo anche l'impugnativa del commissario dello stato del 26 aprile 2012 all'articolo 11 comma 21 e 22 del ddl 801/2012 (per violazione della costituzione e della normativa comunitaria e nazionale in materia di valutazione di incidenza e tutela dei siti natura 2000) e la successiva mancata promulgazione della norma abilitante;
e) prevede la preapertura della stagione venatoria a far data dal 1 settembre 2012 in assenza della "preventiva predisposizione di adeguati piani faunistico-venatori" obbligatoria ai sensi del comma 2 dell'articolo 18 della legge 11 febbraio 1992 n.157;
d) consente l'attività venatoria in contrasto con le indicazioni contenute nella stessa proposta di piano regionale faunistico venatorio 2011/2016 formulata dallo stesso Assessorato Risorse Agricole (elaborati del giugno 2011 e del marzo 2012);
e) consente l'attività venatoria all'interno dei siti natura 2000 (sic-siti di importanza comunitaria e zps-zone di protezione speciale) e nelle aree esterne contigue in contrasto con le prescrizioni e le misure di salvaguardia contenute nello studio di valutazione di incidenza (elaborato del marzo 2012) del piano regionale faunistico venatorio 2011/2016 redatto dallo stesso Assessorato Risorse Agricole, disattendendo anche l'impugnativa del Commissario dello Stato del 26 aprile 2012 all'articolo 11 comma 21 e 22 del ddl 801/2012 (per violazione della costituzione e della normativa comunitaria e nazionale in materia di valutazione di incidenza e tutela dei siti natura 2000) e la successiva mancata promulgazione della norma abilitante;
f) contiene previsioni in palese contraddizione con quanto disposto in precedenza su identici aspetti nella stagione venatoria 2011/2012 e senza che siano intervenute innovazioni di tipo normativo;
g) non è stato predisposto dai competenti Dipartimento regionale interventi strutturali in agricoltura e servizio 7 - tutela patrimonio faunistico e gestione attività venatoria dell'Assessorato Risorse Agricole e contiene previsioni in palese ed insanabile contrasto con la precedente proposta di calendario venatorio 2012/2013 sottoposta dai predetti uffici alla firma del precedente assessore D'Antrassi;
2) del d.a. 2721 del 10 agosto 2012 dell'Assessore Risorse Agricole e alimentari della Regione siciliana, avente ad oggetto “calendario venatorio 2012/2013 - esercizio dell'attività venatoria nei siti della rete natura 2000” pubblicato sul sito web dell'assessorato (e di cui è stato dato avviso in G.U.R.S. parte I n. 33 del 10 agosto 2012) e sulla G.U.R.S. parte I n. 36 del 24 agosto 2012, in quanto:
h) non è stato sottoposto a preventiva valutazione di incidenza ai sensi del dpr 357/1997 come modificato dal dpr 120/2003 ed in violazione delle direttive 147/2009/ce (direttiva uccelli) e92/43/CE (direttiva habitat), disattendendo anche l'impugnativa del Commissario dello Stato del 26 aprile 2012 all'articolo 11 comma 21 e 22 del DDL 801/2012 (per violazione della Costituzione e della normativa comunitaria e nazionale in materia di Valutazione di Incidenza e tutela dei Siti Natura 2000) e la successiva mancata promulgazione della norma abilitante;
i) consente l'attività venatoria all'interno dei Siti Natura 2000 (SIC-Siti di Importanza Comunitaria e ZPS-Zone di Protezione Speciale) e nelle aree esterne contigue in contrasto con le prescrizioni e le misure di salvaguardia contenute nello Studio di Valutazione di Incidenza (elaborato del marzo 2012) del Piano Regionale Faunistico Venatorio 2011/2016 redatto dallo stesso Assessorato Risorse Agricole, disattendendo anche l'impugnativa del Commissario dello Stato del 26 aprile 2012 all'articolo 11 comma 21 e 22 del DDL 801/2012 (pei violazione della Costituzione e della normativa comunitaria e nazionale in materia di Valutazione di Incidenza e tutela dei Sit Natura 2000) e la successiva mancata promulgazione della norma abilitante;
j) contiene previsioni in palese contraddizione con quanto disposto in precedenza su identici aspetti nella stagione venatoria 2011/2012 e senza che siano intervenute innovazioni di tipo normativo;
k) non è stato predisposto dai competenti Dipartimento Regionale Interventi Strutturali in Agricoltura e Servizio 7 - tutela patrimonio faunistico e gestione attività venatoria dell'Assessorato Risorse Agricole e contiene previsioni in palese ed insanabile contrasto con la precedente proposta di Calendario Venatorio 2012/2013 sottoposta dai predetti Uffici alla firma del precedente Assessore D'Antrassi;
1) non è stato sottoposto a preventivo parere del Comitato Regionale Faunistico Venatorio e dell'ISPRA in violazione dell'articolo 18 comma 1 della LR 33/1997;
m) contiene norme in palese ed insanabile contrasto con quanto precedentemente determinato dallo stesso calendario venatorio con l'articolo 15 dell'Allegato A del DA 2693/2012.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 il dott. Giovanni Tulumello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato e depositato il 27 agosto 2012, le associazioni ricorrenti hanno impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, relativi al calendario venatorio per la stagione 2012/2013 nella regione Sicilia.
Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l’amministrazione regionale intimata, depositando una memoria e documenti.
Sono inoltre intervenuti nel giudizio, ad adiuvandum, l’Associazione italiana per il World Wide Fund For Nature (Wwf Italia) Onlus, la L.A.V.- Lega Anti Vivisezione Onlus, l’E.N.P.A.- Ente Nazionale Protezione Animali, e la L.A.C. – Lega per l’abolizione della caccia; e, ad opponendum, l’Associazione Liberi Cacciatori Siciliani, l’U.N. Enalcaccia P.T. sez. provinciale di Catania, l’E.P.S. Ente produttori selvaggina Regione Sicilia, l’Associazione Caccia e Ambiente Artemide e l’ Associazione Nazionale Cacciatori – A.N.C.A.
Con decreto n. 510/2012, è stata accolta, inaudita altera parte, la domanda di sospensione cautelare degli effetti dei provvedimenti impugnati, nel senso della limitazione dell’attività venatoria entro i margini stabiliti dal precedente calendario (relativo alla stagione 2011/2012).
Con successiva ordinanza n. 583/2012, è stata ribadita la superiore statuizione cautelare.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti le associazioni ricorrenti formulavano ulteriori profili di censura nei confronti del d.a. 2693 dell' 8 agosto 2012.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con ordinanza n. 636/2012, ha respinto l’appello proposto dalle parti resistenti contro la citata ordinanza n. 583/2012.
Con successiva ordinanza n. 21/2013, resa su appello proposto dalle odierne ricorrenti, il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha accolto l’appello nei sensi che verranno di seguito meglio illustrati.
Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 maggio 2013.
2. Preliminarmente il Collegio rileva che i provvedimenti impugnati hanno esaurito i loro effetti, in quanto la stagione venatoria 2012/2013, dagli stessi disciplinata, risulta conclusa.
Si tratta, pertanto, di valutare se permanga l’interesse a coltivare il ricorso in esame da parte delle associazioni ricorrenti.
Sotto questo profilo, il Collegio osserva che la citata ordinanza cautelare del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 21 del 2013, ha affermato, richiamandosi alla sentenza n. 2755, del 10 maggio 2011, della VI Sezione del Consiglio di Stato, la possibilità di accertare l’illegittimità provvedimentale prescindendo dalla conseguente statuizione caducatoria, ai soli fini della produzione dell’effetto conformativo (mantenendo dunque efficace l’atto illegittimo, finché l’amministrazione non lo modifichi, conformandosi all’effetto della sentenza che accerta la deviazione dal paradigma normativo).
In applicazione di tali princìpi, il C.G.A. ha ordinato all’amministrazione regionale di “emanare un piano regionale faunistico-venatorio per poi conseguentemente disporre un conforme calendario venatorio entro giorni sessanta dalla notifica o comunicazione della presente ordinanza, rimanendo applicabile medio tempore il calendario 2011-2012 (così come previsto dall’ordinanza appellata)”.
Non risulta tuttavia che l’amministrazione abbia finora ottemperato a tale ordine cautelare.
In ogni caso. il Collegio osserva che, esaurita la fase cautelare, il problema che si pone a questo punto è di segno diverso.
2.1. Non si tratta, infatti, di stabilire se – in considerazione dell’horror vacui - annullare o meno il calendario venatorio impugnato, ove illegittimo; ma, piuttosto, una volta accertato che tale atto per ragioni strutturali ed effettuali comunque non può più essere oggetto (indipendentemente dalla valutazione del giudicante in merito alla opportunità o meno di disporne l’annullamento) di statuizione caducatoria, giacché i suoi effetti si sono medio tempore esauriti, si tratta di valutare se sia ammissibile un accertamento della sua illegittimità ai soli fini dell’effetto conformativo della pronuncia.
La soluzione del quesito non può che essere indagata, ad avviso del Collegio, in chiave sistematica.
L’art. 34, terzo comma, del codice del processo amministrativo (d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104), stabilisce che “Quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.
Nella valutazione – in applicazione di tale disposizione - di perdurante utilità, o meno, per la parte ricorrente, dell’annullamento dell’atto impugnato, occorre evidentemente avere riguardo a tutti gli effetti naturali del giudicato di annullamento, e non solo a quello caducatorio (l’affermazione di principio dell’astratta inclusione dell’effetto conformativo nella prognosi di utilità, ancorché riprodotta quasi tralaticiamente in obiter dicta che in concreto ne escludono il rilievo, sembra del resto pacifica in giurisprudenza: Cons. di Stato Sez. V, sentenza 05 dicembre 2012, n. 6229; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 28-01-2013, n. 90; T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 19-09-2012, n. 1212; T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, 23-08-2012, n. 1452).
Dal che discende che quando l’effetto caducatorio dell’annullamento non risulti più utile, ma risulti al contrario ancora utile l’effetto conformativo (come nel caso in esame) o quello ripristinatorio connessi al giudicato di annullamento, non può escludersi la perdurante utilità dell’accertamento giurisdizionale della illegittimità dell’atto, in esito alla proposizione della domanda di annullamento.
E che nel caso in esame sussista un forte ed obiettivo interesse delle parti ricorrenti a che l’amministrazione sia vincolata all’effetto conformativo dell’accertamento di illegittimità, è difficilmente discutibile alla luce sia delle considerazioni che verranno svolte infra (al punto 2.3.) in relazione ai profili strutturali della fattispecie; sia della concreta reiterazione dei medesimi vizi, da parte dell’amministrazione odierna resistente, riscontrata nell’esame della giurisprudenza citata ai punti 4. e 6.
2.2. Qualora in contrario si ritenesse, facendo prevalere il dato letterale su quello sistematico e funzionale (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 12 marzo 2013, n. 1479), che il venir meno dell’utilità del solo effetto caducatorio del giudicato di annullamento consenta un accertamento della illegittimità dell’atto impugnato nei soli limiti dell’interesse al risarcimento del danno, va considerato che nel caso di specie le associazioni ricorrenti, in quanto esponenziali degli interessi faunistici ed ambientali, hanno legittimazione a ricorrere a tutela di tali interessi (Corte di Giustizia dell’U.E. sentenza 12 maggio 2011, in causa C-115/09, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland).
Tale legittimazione investe, evidentemente, sia i rimedi caducatori sia, laddove previsti, i rimedi risarcitori: posto che, come si ricava dagli argomenti posti a fondamento della sentenza della Corte di Giustizia sopra richiamata, al pari dell’annullamento del provvedimento lesivo, anche il risarcimento dell’eventuale danno causato da tale provvedimento non può essere domandato che dall’ente esponenziale degli interessi faunistici, altrimenti impossibilitati ad accedere alla giustizia (in contrasto con le disposizioni di diritto dell’U.E. regolanti proprio il profilo dell’accesso alla giustizia).
2.3. Inoltre, anche rimanendo nell’alveo dell’interesse puramente risarcitorio, ritiene il Collegio che la richiamata disposizione di cui al citato art. 34, comma 3, cod. proc. amm., vada intesa, secondo un’interpretazione adeguatrice (anche sul piano della complessiva razionalità della norma e della effettività della tutela giurisdizionale che la stessa intende garantire), nel senso che l’interesse ad accertare l’illegittimità del provvedimento sussiste quando la sua esecuzione sia suscettibile di fondare pretese risarcitorie (il che implica l’avvenuta causazione del danno); ma anche tutte le volte in cui, trattandosi – come nel caso di specie - di provvedimenti periodici, a reiterazione necessaria (id est da emanarsi, per previsione normativa, con precise scadenze periodiche: sicché la scadenza del periodo temporale di efficacia del provvedimento segna la conclusione di un solo segmento del rapporto giuridico, ma non della complessiva fattispecie), sia possibile evitare e prevenire ulteriori eventi lesivi, correlati all’altrimenti inevitabile reiterazione dell’illegittimità provvedimentale “seriale”, mediante enunciazione della regola conformativa cui l’Amministrazione dovrà attenersi nell’emanazione della statuizione regolante la medesima attività per il periodo immediatamente successivo.
Tanto più quando, come nella fattispecie dedotta, l’effetto conformativo concerna la fondatezza o meno della censura relativa al profilo – comune all’intera serie provvedimentale, complessivamente considerata sul piano diacronico - della propedeuticità di un atto presupposto, condizionante la validità non soltanto dello specifico atto impugnato, ma anche di quelli emanandi con riferimento alle successive scadenze periodiche.
Nonostante la proponibilità in via autonoma della domanda risarcitoria, rimane infatti valida (tanto più a seguito dell’interpretatio sostanzialmente abrogans resa dal Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, con la sentenza 23 marzo 2011 n. 3) l’impostazione dogmatica per cui nel sistema della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione il rimedio risarcitorio ha una funzione sussidiaria, nel senso che l’intervenuta impossibilità di tutelare pienamente la posizione sostantiva mediante i naturali effetti del giudicato amministrativo di annullamento, apre la strada alla tutela per equivalente monetario (l’unica a quel punto possibile).
Sicché dal sistema pare di poter ricavare l’indicazione secondo cui se vi è modo che gli effetti conformativi del giudicato di annullamento evitino il prodursi del danno, l’interesse ad ottenere per tale via un risultato satisfattivo non è meno meritevole di tutela (ed anzi, sul piano logico, è decisamente prioritario) rispetto all’interesse ad ottenere un risultato solo equivalente.
Il terzo comma del citato art. 34, cod. proc. amm., non può infatti che essere interpretato anche alla luce della disposizione di cui all’art. 30, comma 3, ultima parte, stesso codice: laddove all’onere di diligenza posto alla parte attrice non può non far riscontro, sul piano sistematico, una indicazione all’interprete, nel senso della esegesi della disciplina complessiva dei rimedi funzionale all’attuazione del primato logico, univocamente evincibile dalle disposizioni richiamate, della tutela reale rispetto a quella per equivalente (specie quando l’anticipazione della prima privi la seconda del suo principale presupposto).
3. Accertata la perdurante sussistenza dell’interesse allo scrutinio della legittimità dei provvedimenti impugnati, nel merito osserva il Collegio come con la citata ordinanza n. 583/2012 questa Sezione abbia ritenuto fondati i primi due motivi di ricorso, rilevando come il termine di efficacia del piano faunistico venatorio previsto dalla legge reg. n. 33/1997 abbia carattere perentorio, come peraltro confermato dall’emanazione della l.r. 19/2011, prodromica all’adozione del calendario venatorio 2011/2012; e come dalla lettura sistematica delle disposizioni dettate con la legge reg. n. 33/1997 – nonché dal regime provvisorio ivi previsto – emergesse la condizione per cui l’esistenza di un piano faunistico venatorio efficace costituisce un presupposto necessario per l’adozione di un nuovo calendario venatorio.
Tali conclusioni sono state avvalorate in sede di appello cautelare.
Secondo la citata ordinanza n. 21/2013 del C.G.A., infatti: “dal combinato disposto degli artt. 14 e 15 l.r. 33/1997 emerge che il piano regionale faunistico-venatorio è propedeutico alla predisposizione del calendario venatorio di cui all’art. 18 e che, pertanto, l’ordinanza impugnata merita conferma nella parte in cui ha ritenuto i primi due motivi di ricorso sorretti dal prescritto fumus attesa la ‘scadenza’ del piano faunistico-venatorio 2006-2011”.
Il primo, il secondo, l’ottavo e l’undicesimo motivo del ricorso introduttivo, inerenti tale assenza di necessaria propedeuticità, sono pertanto fondati.
4. Analogamente, questo T.A.R., con riferimento ai calendari venatori 2009/2010 (sentenza n. 546/2011, confermata con sentenza n. 510/2012 del C.G.A), e 2010/2011 (sentenza n. 552/2012), ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui gli stessi, unitamente al piano faunistico venatorio 2006-2011, non risultano essere stati preceduti dalla valutazione di incidenza ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, come sostituito dall’art. 6 del d.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.
Dal che consegue la fondatezza delle identiche censure proposte nel presente giudizio con il terzo, il quinto ed il sesto motivo del ricorso introduttivo in esame, con i quali si deducono profili di illegittimità dipendenti dalla mancata valutazione di incidenza.
5. Fondato appare anche il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti, con cui si lamenta eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione in relazione alla difformità, non adeguatamente motivata, dell’impugnato calendario venatorio dal parere ISPRA prot. n. 22851 del 13 giugno 2012.
Quanto alla necessità di una rigorosa motivazione, non riscontrata nel caso di specie, di eventuali ed eccezionali scostamenti dalle prescrizioni dell’ISPRA, il Collegio non può che aderire all’indirizzo giurisprudenziale già espressosi in tal senso (T.A.R. Umbria, ordinanza cautelare n. 180/2012, resa in una identica fattispecie di scostamento non adeguatamente motivato dal parere dell’ISPRA in relazione alla caccia delle stesse specie – moretta e lepre italica – oggetto della censura in esame).
La preminenza del’interesse faunistico-ambientale rispetto all’interesse alla pratica della caccia, che si esprime normativamente nella necessarietà procedimentale del parere dell’ISPRA (e nella esigenza di motivare con estremo rigore ogni possibile scostamento), è stata poi ribadita dalla recente sentenza n. 90 del 22 maggio 2013 della Corte costituzionale, che ha sottolineato l’importanza sul piano dell’acquisizione dei fatti e degli interessi del ridetto parere.
6. Ne consegue la fondatezza anche delle residue censure di eccesso di potere proposte con il ricorso introduttivo, in quanto l’amministrazione regionale, peraltro in singolare continuità con i precedenti calendari venatori, già annullati in quanto illegittimi, ha esercitato il potere in questione senza le dovute garanzie istruttorie, poste a presidio di interessi sensibili, violando in tal modo anche l’obbligo di adattamento alle prescrizioni imposte dalle disposizioni di diritto dell’U.E. (Direttiva 2009/147/CE, e Direttiva 92/93/CE), invocate come parametro nel quinto motivo del ricorso introduttivo.
La ponderazione comparativa degli interessi antagonisti risulta così posta in essere, paradossalmente, e al contrario della gerarchia di interessi e valori portata dalla richiamata normativa, nella univoca direzione della protezione dell’interesse alla pratica della caccia, rispetto al quale l’amministrazione ha ritenuto recessivi, peraltro in violazione di precise ed inderogabili disposizioni primarie, gli interessi connessi alla protezione faunistico-ambientale (i quali risultano invece forniti di protezione costituzionale, e di tutela da parte del diritto dell’U.E.).
7. Il ricorso, ed il connesso ricorso per motivi aggiunti, sono dunque fondati e vanno conseguentemente accolti, nel senso – sopra precisato – dell’accertamento della illegittimità dei due decreti assessoriali impugnati, rilevante sul piano dell’effetto conformativo.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sul connesso ricorso per motivi aggiunti, li accoglie, e per l’effetto dichiara l’illegittimità del D.A. 2693 dell' 8 agosto 2012, e del D.A. 2721 del 10 agosto 2012 dell'Assessore Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana, nelle parti indicate in epigrafe.
Condanna l’ Assessorato delle Risorse Agricole e Alimentari della Regione Siciliana al pagamento in favore delle associazioni ricorrenti delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro cinquemila/00, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)