T.A.R. Abruzzo (AQ) Sez. I n. 137 del 15 marzo 2011
Caccia e animali. Ordinanza sindacale
Il potere di cui all’art. 54, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267, in base al quale il Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di Governo, “adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini” è esercitabile solamente quando si tratti di affrontare situazioni eccezionali ed imprevedibili, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico e non può riguardare divieto di caccia per trenta giorni per l’insostenibilità del carico venatorio e per la sicurezza della popolazione e degli stessi cacciatori
N. 00137/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00517/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 517 del 2007, proposto da:
Provincia di L'Aquila, rappresentata e difesa dagli avv. Dania Andreina Aniceti, Pierfranco De Nicola, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Provincia in L'Aquila, via S. Agostino Nr. 7;
contro
Comune di Castelvecchio Subequo in persona del Sindaco p.t., Regione Abruzzo in persona del Presidente p.t.;
nei confronti di
Ambito Territoriale di Caccia - ATC – Subequano;
per l'annullamento
dell’ORDINANZA SINDACALE DI CHIUSURA DELLA CACCIA PER MOTIVI DI SICUREZZA, CON LA ESCLUSIONE DEI CACCIATORI RESIDENTI IN ZONA ZPS.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2011 il dott. Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso sopra epigrafato l’Amministrazione Provinciale dell’Aquila impugna l’atto meglio sopra individuato, recante divieto di caccia “per giorni 30 a partire dal 7 ottobre 2007 con esclusione dei cacciatori residenti nella zona ZPS (ex Parco Sirente-Velino), i residenti del Comune di Molina Aterno e gli iscritti alle squadre assegnatarie delle zone” per motivi di sicurezza, incolumità pubblica e salvaguardia del territorio.
La ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti di legge per emanare siffatto provvedimento, anzitutto denunciando lo sconfinamento di potere del Sindaco, stante la competenza esclusiva della Provincia in subiecta materia, ferme le funzioni di programmazione e coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria, di orientamento, controllo e sostitutive attribuite alle Regioni, e comunque deducendo l’assoluta carenza dei requisiti di contingibilità ed urgenza, oltre che la non ricorrenza del pericolo di danni gravi ed irreparabili che soli legittimerebbero l’esercizio del potere sindacale e che, oltre che insussistenti in concreto, neppure sarebbero stati in alcun modo esplicitati nell’ordinanza impugnata, così vulnerata da incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere per carenza di motivazione ed istruttoria.
Il Comune intimato non si costituiva in giudizio.
All’esito della pubblica udienza del 9 marzo 2011, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio.
DIRITTO
Il Sindaco del Comune di Castelvecchio Subequo (AQ) ha inteso far divieto di caccia, nei limiti indicati nell’ordinanza, avvalendosi espressamente del disposto di cui agli artt. 54, TUEL e 1 R.D. 773/1931, secondo cui il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.
E’ avvenuto che, in conseguenza degli incendi occorsi nell’estate 2007, la Provincia dell’Aquila, nell’esercizio dei suoi poteri amministrativi in materia, ebbe a precludere la caccia in diverse zone del territorio subequano, con l’effetto che la caccia è stata di fatto consentita in una zona più ristretta nella quale si sono concentrati i cacciatori (nel provvedimento impugnato si fa riferimento a 1.400 cacciatori in 4 mila ettari, cinque volte in più del massimo consentito).
Da tale situazione il sindaco fa discendere “un carico venatorio insostenibile per questo territorio e pericoloso per la sicurezza delle popolazioni e dei cacciatori stessi”.
Va preliminarmente evidenziato che la scadenza temporale di vigenza dell’ordinanza impugnata non determina ex se l’improcedibilità del ricorso, per un verso trattandosi di provvedimenti “ripetibili” e per altro considerata la natura della controversia che si svolge tra Enti pubblici e che involge la delimitazione dei rispettivi poteri.
Tanto premesso, e passando al merito, l’Amministrazione provinciale ricorrente, nella sua qualità di Ente deputato allo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di caccia, deduce anzitutto la non ricorrenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza per addivenire a siffatta determinazione.
Il motivo è fondato.
Il potere di cui all’art. 54, comma 2 del D.lgs. 18 agosto 2000, n.267, in base al quale il Sindaco, nella sua qualità di ufficiale di Governo, “adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini” è esercitabile solamente quando si tratti di affrontare situazioni eccezionali ed imprevedibili, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico (cfr., ex pluris, Cons.di Stato, sez.V, n.1678/2003).
Tanto consentirebbe al sindaco di derogare alle ordinarie regole, anche in materia di competenza, nella concorrenza dei presupposti partitamente indicati nella disposizione.
Dalla motivazione dell’impugnata ordinanza emerge che gli scopi perseguiti dal Sindaco, nel caso di specie, non sono tuttavia coerenti con quelli tassativamente fissati dalla norma (cfr. TAR. Piemonte, n.88/2006), posto che, con evidenza, l’”insostenibilità del carico venatorio è circostanza di fatto valutabile unicamente dall’Ente preposto dalle funzioni amministrative in materia, che è, come sopra detto, la Provincia.
Con i provvedimenti emanati nell’occasione, la Provincia ha dovuto necessariamente valutare gli effetti dell’aggiuntivo carico venatorio, con ala conseguenza che il Sindaco non può sovrapporsi a tale esclusiva valutazione, in funzione di controllo o sostitutiva di tale potere.
Quanto al profilo del pericolo che minaccerebbe l’incolumità dei cittadini, che radicherebbe ex se il potere esercitato, lo stesso è desunto del tutto apoditticamente dalla concentrazione dei cacciatori nella zona, senza alcun elemento concreto (vicinanza di centri abitati, esposti di cittadini, particolari circostanze di tempo o luogo) a sostegno di tale anodina deduzione.
Va peraltro osservato che i dati utilizzati dal Sindaco risultano comunque erronei, non avendo tenuto conto della rimodulazione operata, all’esito dei una complessa istruttoria tecnica interessante anche la Regione, da parte della Provincia competente, del numero dei cacciatori per effetto della riduzione del territorio utilizzabile.
Il pericolo non può dunque dedursi ex se dal dato numerico della maggiore concentrazione dei cacciatori nella zona (concentrazione comunque inferiore a quella indicata nell’atto).
E’ invece ius receptum che l’ordinanza contingibile ed urgente debba contenere specifica motivazione inerente alla sussistenza in concreto degli elementi giustificativi dell’esercizio del potere, con indicazione dell’istruttoria compiuta e dei presupposti di fatto considerati (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez.I, n.6896/2010), posto che il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti presuppone la necessità di provvedere, con immediatezza, in relazione a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall’ordinamento.
L’esercizio di tale potere presuppone l’esistenza, oltre che la sua puntuale indicazione nel provvedimento impugnato, di una situazione di pericolo, quale ragionevole probabilità che accada une evento nel caso in cui l’Amministrazione non intervenga prontamente.
Pertanto, la protezione di determinante esigenze costituisce presupposto necessario per giustificare il ricorso al potere ordinatorio, ma non sufficiente, richiedendosi ulteriori particolari requisiti di urgenza, e quindi di pericolo, per la pubblica incolumità.
La finalizzazione e caratterizzazione del provvedimento in questione impongono, poi, che in esso siano necessariamente indicati ed illustrati i relativi presupposti, e può senz’altro affermarsi che non risponde a tali requisiti un generico riferimento ad una possibile situazione di pericolo (TAR Lazio - Latina, n.1732/2006).
La carenza di elementi concreti dai quali desumere la probabilità di pericolo per l’incolumità pubblica inficia, dunque, inesorabilmente l’ordinanza impugnata che va pertanto annullata.
La natura della controversia, tenuto conto della non costituzione delle parti intimate, consiglia di dichiarare irripetibili le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l’Abruzzo – L’AQUILA, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese irripetibili.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Mastrocola, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere
Maria Abbruzzese, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2011