TAR Marche Sez. I n. 251 del 17 aprile 2019
Caccia e animali.Piani di controllo della fauna selvatica (questione legittimità costituzionale)

E’ rilevante e non manifestamente infondata, per contrasto con l’art. 117, comma 2, lett. s), Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis (ultimo periodo) e 3, l. reg. Marche 5 gennaio 1995, n. 7, nella parte in cui tali disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei piani di controllo della fauna selvatica rispetto all’elencazione di cui all’art. 19, comma 2, l. 11 febbraio 1992, n. 157 (segnalazione Avv. M. BALLETTA)

Pubblicato il 17/04/2019

N. 00251/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00366/2018 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 366 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da

Lega per l'Abolizione della Caccia L.A.C. Onlus e WWF Italia ONG - Onlus, in persona rispettivi dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Tommaso Rossi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Ancona, via Baccarani 4;

contro

Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Costanzi e Francesco Comi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Fattorini e Daniele Carmenati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

previa sospensione

A) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della deliberazione della Giunta Regionale n. 645 del 17/5/2018 avente ad oggetto "L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023" nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso, ancorché non conosciuto, ivi compreso il Documento Istruttorio allegato alla presente delibera impugnata e l'allegato A) parte integrante e sostanziale dell'atto in oggetto contenente il “Piano di controllo regionale del cinghiale 2018/2023” e di tutti i pareri degli organi competenti, nonché disapplicazione dell'art. 25 comma 3 L.R. Marche 5/1/1995 n. 7 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria", previo eventuale sollevamento da parte del Tribunale adito di questione di legittimità costituzionale relativamente a detto articolo;

B) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

della deliberazione di Giunta Regionale Marche del 8/11/2018 n. 1469 avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018 - “L.R. n.7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”;

nonché, per quanto occorrer possa:

del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 490 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AP – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 491 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25.Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia FM – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 492 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n. 645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia AN1 e AN 2 – anno 2018”; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 493 del 22/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia MC1 e MC2 – anno 2018; del decreto del Dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne n. 496 del 23/10/2018, avente ad oggetto “DGR n.645 del 17/5/2018 ad oggetto “LR 7/95, art.25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”. Approvazione del Piano operativo annuale dell'Ambito Territoriale di caccia PS1 e PS2 – anno 2018;

dei Programmi Operativi Annuali redatti dai vari Ambiti Territoriali Caccia presenti nella Regione Marche;

della deliberazione di Giunta Regionale Marche n. 1103/2018 avente ad oggetto “Modifiche ed integrazione alla DGR n. 645 del 17/5/2018 “L.R: 7/95, art.25. Piano di controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023”.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche e dell’Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2019 il dott. Tommaso Capitanio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. Le associazioni ricorrenti, premettendo di essere legittimate ad agire in giudizio in quanto esse, come risulta dai rispettivi statuti, sono titolari di un preciso interesse, sia materiale che morale, alla salvaguardia e tutela del patrimonio faunistico-ambientale e alla difesa della natura e dell'ecosistema:

- con il ricorso introduttivo impugnano la deliberazione della Giunta Regionale delle Marche n. 645 del 17 maggio 2018, avente ad oggetto “L.R. n. 7/95 art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023” e gli atti presupposti;

- con i motivi aggiunti depositati il 16 gennaio 2019 impugnano invece la D.G.R. n. 1469 dell’8 novembre 2018, avente ad oggetto “Integrazione dell'allegato A) della D.G.R. n. 645 del 17/5/2018- “L.R. n.7/95, art. 25. Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018/2023”, nonché la D.G.R. n. 1103/2018 e una serie di decreti con cui il dirigente della P.F. Caccia e Pesca nelle acque interne della Regione Marche ha approvato i Piani Operativi Annuali (P.O.A.) elaborati dagli Ambiti Territoriali di Caccia istituiti nelle province marchigiane.

2. Queste le censure sollevate con il ricorso introduttivo:

a) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost., laddove vengono inclusi i “cacciatori” tra i soggetti abilitati al controllo della fauna selvatica nel territorio marchigiano. Illegittimità costituzionale dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995.

Al riguardo, le ricorrenti espongono che:

- l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 include anche gli “operatori muniti di licenza all'uopo espressamente autorizzati dalla Provincia”, tra i soggetti che possono attuare l'approvato Piano di controllo regionale del cinghiale 2018-2023, e ciò in forza di un errato richiamo al contenuto dell'art. 19, comma 2, della L. n. 157 del 1992. In realtà, questa disposizione prevede che tali piani siano attuati tassativamente soltanto dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali, che potranno a loro volta avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza di caccia, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza di caccia. Non sono dunque inclusi i cacciatori o altri operatori muniti di licenza per l'esercizio venatorio;

- la D.G.R. in parte qua si fonda però sul disposto dell’art. 25, comma 3, della L.R Marche 5 gennaio 1995 n. 7 e s.m.i., la quale, per questo specifico profilo, deroga alla normativa nazionale in senso peggiorativo rispetto al bene tutelato. Infatti l’art. 25 stabilisce che i piani di controllo della fauna selvatica sono attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle province, che possono avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi su cui si attuano i piani purché muniti di licenza di caccia, nonché ove necessario delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza di caccia, nonché di operatori muniti di licenza all'uopo espressamente autorizzati selezionati attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica. In sostanza, dunque, la norma regionale consente anche ai cacciatori, non inclusi fra i soggetti menzionati dall'art. 19 della L. n. 157 del 1992, di partecipare all'abbattimento di cinghiali in attuazione dei piani di controllo della fauna selvatica;

- inoltre, il comma 2-bis, inserito dall'art. 25 della L.R. 24 dicembre 2008, n. 37, poi modificato dall'art. 34, comma 4, della L.R. 18 luglio 2011, n. 15, ha aggiunto la possibilità che la Regione, per le finalità di controllo della popolazione di cinghiali in sovrannumero, autorizzi - sentito l'ISPRA - anche forme di prelievo (caccia, dunque, e non piani di controllo) esercitate in forma collettiva, quali braccata e girata, in tutte le zone e nei periodi preclusi alla caccia, e a tal fine consente che ci si avvalga anche dei soggetti che abbiano conseguito l'abilitazione provinciale per esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva con priorità per i cacciatori residenti e dell'ATC interessato. Anche in parte qua l'art. 25 della L.R. n. 7 del 1995 si pone in contrasto con la normativa nazionale di cui all'art. 19 della L. n. 157 del 1992.

Le associazioni ricorrenti chiedono dunque al Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale - per violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. e della norma interposta di cui all’art. 19 della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - della predette disposizioni regionali, evidenziando, a tal riguardo che tali disposizioni, stante il loro tenore letterale, non appaiono suscettibili di interpretazione costituzionalmente orientata. Quanto alla rilevanza, le ricorrenti evidenziano che l’eventuale declaratoria di incostituzionalità dell’art. 25 della L.R. n. 7 del 1995 e s.m.i. implicherebbe l’accoglimento del presente motivo di ricorso, e dunque la questione è rilevante in re ipsa. Quanto alla non manifesta infondatezza le ricorrenti richiamano alcune decisioni della Corte Costituzionale relative a fattispecie del tutto sovrapponibili (da ultimo, sentenza n. 139 del 2017);

b) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e dell'art. 25 L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto, in ragione del mancato accertamento da parte dell'ISPRA dell'inefficacia dei metodi ecologici di controllo della fauna selvatica. Mancata valutazione e motivazione circa lo scostamento dal parere espresso dall'ISPRA sul piano.

Con questo secondo gruppo di censure le ricorrenti evidenziano che:

- l'art. 25 della L.R. n. 7 del 1995 prevede anzitutto che la Regione (la quale, ai sensi della L.R. n. 13 del 2015, ha ereditato le competenze in precedenza attribuite alle Province), eserciti il controllo selettivo della fauna in sovrannumero mediante “cattura” (termine che va però interpretato alla luce dell’art. 19 della L. n. 157 del 1992, che utilizza il ben più ampio concetto di “metodi ecologici”) ovvero, qualora l'ISPRA verifichi l'inefficacia degli altri metodi, mediante piani di abbattimento (comma 2). La legge statale di principio stabilisce dunque una rigida subordinazione dei piani di abbattimento alla preventiva utilizzazione dei metodi ecologici su parere dell'ISPRA, mentre l'abbattimento è permesso solo se l'ISPRA ha verificato l'inefficacia dei metodi ecologici;

- come ribadito in più occasioni anche dalla Corte Costituzionale, la disposizione statale, in quanto preordinata alla preservazione della fauna, è inderogabile da parte della legislazione regionale (vedasi la sentenza n. 278 del 2012) ed essa assegna particolare valore all'intervento dell'ISPRA allo scopo di garantire l'osservanza di livelli minimi e uniformi di protezione ambientale. La priorità dei “metodi ecologici” rispetto ai piani di abbattimento deve essere dunque assicurata senza alcun tipo di eccezione e deroga da parte della legislazione regionale;

- l’impugnata D.G.R. n. 645/2018 non eÌ€ conforme al suddetto principio di gradualità, dal momento che prescrive i piani di abbattimento senza che ci sia stata una verifica in concreto estesa a tutto il territorio interessato dal Piano dell'inefficacia dei “metodi ecologici”. La Regione Marche, quand’anche avesse valutato gli esiti dei metodi alternativi, ha omesso di dare conto di tale valutazione e, soprattutto, ha omesso di fornire i relativi dati all’ISPRA ai fini dell’espressione del parere di competenza;

- peraltro, da un attento esame dei dati contenuti nel Piano regionale impugnato (che riporta dati forniti dalle singole Province riferiti al periodo 2012-2017) emerge la quasi totale assenza del ricorso ai “metodi ecologici” (quali trappole, recinzioni elettrificate, colture "a perdere", interventi con repellenti odorosi, recinzioni meccaniche, cannoncini dissuasori). Emerge altresì che, laddove i metodi ecologici sono stati utilizzati, essi hanno fornito buoni risultati, per cui la Regione avrebbe dovuto semmai implementare il ricorso a tali metodi e solo in caso di accertata inefficacia di tale strategia avrebbe potuto prescrivere i piani di abbattimento;

- la D.G.R. n. 645/2018 è illegittima anche per difetto di istruttoria e di motivazione, e ciò in considerazione dei contenuti e della natura del parere - sfavorevole - che l'ISPRA ha espresso sul Piano. La Regione, una volta richiesto il parere all'ISPRA, avrebbe dovuto modificare il Piano secondo le indicazioni dell'Istituto oppure discostarsene ma fornendo adeguata motivazione. La Regione Marche si è invece discostata de plano dal parere ISPRA nonché da quello espresso dalle Polizie provinciali, senza motivare tale scelta;

c) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995. Eccesso di potere per difetto ed errore di motivazione e di istruttoria, e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto in ragione del mancato accertamento del requisito fondamentale della “presenza in sovrannumero” della fauna oggetto del piano.

Con questo motivo le ricorrenti evidenziano che la D.G.R. impugnata è illegittima anche per il fatto che nella specie manca il presupposto fondamentale in presenza del quale l'art. 25 L.R. della L.R. n. 7 del 1995 (in ciò dettando una normativa di maggior tutela rispetto alla legge quadro nazionale, cosa che è certamente permessa alle Regioni) consente il controllo selettivo delle specie di fauna selvatica, cioè il "sovrannumero" delle stesse. Ciò è confermato dal documento istruttorio annesso alla D.G.R., in cui si afferma erroneamente che "…il Piano in esame fonda il presupposto degli interventi di controllo numerico del cinghiale, non sulla presenza più o meno elevata di individui di cinghiale ma sulla rilevanza dei danni che questi determinano alle produzioni agricole…". E prosegue dicendo che "…l'aspetto di maggior interesse per individuare le aree di intervento è da ricercare nella quantità e distribuzione dei danni (...)". A ciò si aggiunga che in tutto il Piano non vi è traccia di una analisi numerica e quantitativa sulla presenza del cinghiale nell’intero territorio regionale e neppure a livello provinciale, tale da poter consentire di affermare con certezza che la specie sia "in sovrannumero". Del resto, anche l'ISPRA, nel proprio parere, censurava la mancata indicazione delle modalità e tecniche di stima della popolazione del cinghiale utilizzate per ottenere i valori riportati;

d) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 paragrafo 3 della direttiva 92/43/CEE ("habitat"), dell’art. 5, comma 1, e dell’art. 6, comma 2, del D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 s.m.i. Mancata effettuazione della valutazione di incidenza sul piano di controllo. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 6, comma 2, del D.Lgs. n. 152 del 2006 per mancata sottoposizione a procedura di VAS del piano quinquennale di controllo. Eccesso di potere per carenza e/o illogicità della motivazione e per sviamento della causa tipica. Errore di presupposto in fatto e in diritto.

3. Nell’atto di motivi aggiunti le ricorrenti premettono che con l’impugnata D.G.R. n. 1469/2018, dopo il capitolo 6 dell'allegato A) della D.G.R. n. 645/2018, è stato inserito il capitolo 7, il quale prevede quanto segue: “7. Controllo numerico diretto del cinghiale 2018-2020 Fino al 31 dicembre 2020, in via sperimentale e straordinaria, fermo restando tutto quanto contiene il Piano di cui trattasi (DD.GG.RR. nn. 645/18 e 1103/18), l'attività di controllo numerico del cinghiale può essere effettuata dai proprietari o conduttori dei fondi, al fine di contenere i danni agricoli, oltre a quanto già previsto (capitolo 3.2.1 e capitolo 3.2.2), attraverso cattura e/o abbattimento sui fondi, in ogni fase del ciclo produttivo, ricadenti nelle zone A), B) e C), compresi gli istituti faunistici in cui eÌ€ vietato l'esercizio venatorio ai sensi della L. n. 157/92, secondo le seguenti modalità” (e di seguito sono elencate nel dettaglio tali modalità).

Queste le censure sollevate con l’atto di motivi aggiunti (la cui elencazione segue a quella dei motivi riportati al paragrafo 2.):

e) invalidità derivata da quella dei provvedimenti impugnati nel ricorso introduttivo;

f) violazione e/o falsa applicazione dell'art. 19 della L. n. 157 del 1992 e conseguente violazione dell'art. 117, comma 2, let. s), Cost. Violazione dell’art. 25 L.R. n. 7 del 1995. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria e di motivazione e per sviamento della causa tipica.

Con questo gruppo di censure le associazioni ricorrenti evidenziano che:

- la D.G.R. n. 1469/2018 amplia in maniera significativa sia le aree e i tempi di intervento del controllo del cinghiale, sia i soggetti che possono effettuare tale controllo, in tal modo accentuando la violazione degli standards minimi di tutela imposti dalla L. n. 157 del 1992 già posta in essere con la D.G.R. n. 645/2018.

Infatti, in base alla D.G.R. n. 1469/2018 fino al 31 dicembre 2020 non ci saranno più limiti di alcun genere per quanto attiene alle modalità operative di intervento nelle diverse zone (A, B o C) che, invece, nella D.G.R. n. 645 erano normate in maniera articolata e differenziata per ogni tipo di zona.

Sarà, dunque, possibile sparare al cinghiale 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, anche con fonti luminose, e sarà altresì consentito effettuare abbattimenti in tutte le aree (A, B, C), senza più nessun prerequisito e senza che sia più necessaria l'adozione di tecniche di prevenzione, sia con il sistema dell’abbattimento da postazione sia con il sistema delle trappole/chiusini e successivo abbattimento.

Tutto ciò viene motivato nel documento istruttorio a causa delle preoccupazioni del mondo agricolo per la salvaguardia delle proprie attività a seguito della nota ordinanza cautelare n. 5165/2018 del Consiglio di Stato (che ha sospeso in parte l’efficacia del Calendario Venatorio 2018/2019 della Regione Marche). Tale motivazione è chiaramente strumentale e illogica, anche perché la Regione Marche ha nel mese di dicembre 2018 adottato nuove disposizioni di legge volte a superare i problemi sollevati dalla citata ordinanza del Consiglio di Stato, per cui le misure qui contestate sono persino superflue.

4. Si sono costituiti in giudizio la Regione Marche e l’Ambito Territoriale di Caccia AN2, chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 12 settembre 2018, fissata inizialmente per la trattazione della domanda cautelare, il Tribunale aveva rilevato ex officio che, in base alla formulazione della D.G.R. n. 645/2018, la concreta operatività del Piano di controllo del cinghiale 2018-2023 è subordinata alla redazione e all’approvazione dei singoli P.O.A., di talché, ritenendo che tale circostanza determinasse al momento l’assenza del periculum in mora, alla successiva camera di consiglio del 3 ottobre 2018 le ricorrenti avevano chiesto l’abbinamento al merito della fase cautelare.

Poiché l’udienza pubblica di trattazione era stata fissata per il 6 marzo 2019, con i motivi aggiunti non è stata formulata una nuova domanda cautelare.

Prima di passare a trattare del merito delle censure va altresì premesso che le parti resistenti non si sono opposte alla trattazione della causa alla citata udienza del 6 marzo 2019, ancorché, con riguardo alla data di notifica dei motivi aggiunti, non fosse ancora decorso il termine di cui all’art. 71, comma 5, cod. proc. amm.

5. Tutto ciò premesso, il Collegio ritiene preliminare la trattazione delle censure con cui si deduce l’incostituzionalità dell’art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995 e s.m.i. e, a questo riguardo, ritiene di dover sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale, sussistendo sia il requisito della rilevanza della questione sia quello della non manifesta infondatezza della stessa.

5.1. La rilevanza in questo caso è in re ipsa, visto che nella prospettazione di parte ricorrente il fatto stesso che - proprio in applicazione della norma regionale sospettata di incostituzionalità - al prelievo del cinghiale concorrano anche “cacciatori non proprietari” contribuisce ad accrescere la lesione dei beni giuridici che le associazioni ricorrenti intendono tutelare in questa sede.

5.2. Quanto alla non manifesta infondatezza, il Collegio ritiene sufficiente richiamare le pronunce della Corte Costituzionale n. 217 del 2018 e n. 139 del 2017 (e quelle ivi menzionate), relative a questioni sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame.

5.3. Va aggiunto che, come correttamente rilevato dalle ricorrenti, la questione di legittimità costituzionale va estesa anche al comma 2-bis, secondo periodo, dell’art. 25 della L.R. Marche n. 7 del 1995, nella parte in cui la norma prevede che “A tal fine la Provincia può avvalersi anche di coloro che abbiano conseguito l'abilitazione provinciale per esercitare la caccia al cinghiale in forma collettiva con priorità per i cacciatori residenti e dell'ATC interessata”, visto che anche tale disposizione amplia il novero dei soggetti attuatori rispetto all’elencazione di cui all’art. 19, comma 2, della L. n. 157 del 1992.

6. Tanto premesso, ai sensi dell’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, il Tribunale solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis (ultimo periodo) e 3, della L.R. Marche 5 gennaio 1995, n. 7 e s.m.i. - nella parte in cui tali disposizioni ampliano il novero dei soggetti attuatori dei piani di controllo della fauna selvatica rispetto all’elencazione di cui all’art. 19, comma 2, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 - per contrasto con l’art. 117, comma 2, let. s), Cost.,

con conseguente sospensione del giudizio fino alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della decisione della Corte Costituzionale sulle questioni indicate, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 79 ed 80 del cod. proc. amm. ed all’art. 295 c.p.c.

Ogni ulteriore decisione, nel merito e sulle spese, è riservata al definitivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima):

- dichiara rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, commi 2-bis, ultimo periodo, e 3, della L.R. Marche 5 gennaio 1995, n. 7 e s.m.i., in relazione all’art. 117, comma 2, let. s), Cost.;

- sospende il giudizio in corso e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

- riserva ogni pronuncia nel merito e sulle spese.

Ordina alla Segreteria di questo Tribunale di provvedere alla notifica della presente ordinanza a tutte le parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente della Regione Marche, nonché alla comunicazione della stessa al Presidente del Consiglio Regionale delle Marche.

Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2019 con l'intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Tommaso Capitanio, Consigliere, Estensore

Giovanni Ruiu, Consigliere