Il tempo della risacca. Il molto e il poco in materia ambientale

di Vincenzo Bruno MUSCATIELLO

1. Un rapido sguardo alla produzione legislativa della attuale legislatura evidenzia l'impegno del XVII Legislatore lungo due direttrici fondamentali, una di tipo, per così dire, espansiva, un’altra caratterizzata invece da esigenze di segno riduttivo.

1.1. Ispirata da un sostanzioso ampliamento delle pervasività punitiva, l’incremento delle fattispecie ha conosciuto l'approvazione della legge n. 69 del 2015, volta a contrastare i fenomeni corruttivi con l’aggiunta di un aumento generalizzato delle pene per il reato di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), - in materia già novellata dalla di poco precedente legge 17 aprile 2014, n. 62 – i provvedimenti di prevenzione e contrasto del terrorismo internazionale, attraverso il decreto-legge n. 7 del 2015 convertito nella legge 17 aprile 2015, n. 43, portatore di nuove punibilità per i delitti di terrorismo, ma anche di due nuove contravvenzioni introdotte nel codice penale per sanzionare la detenzione abusiva di precursori di esplosivi (pena congiunta di arresto fino a 18 mesi e ammenda fino a 1.000 euro) e la mancata segnalazione all'autorità di furti o sparizioni degli stessi precursori (arresto fino a 12 mesi o ammenda fino a 371 euro; una diversa fattispecie interna al Codice antimafia ( D.Lgs. 159/2011 ) con un nuovo delitto, relativo alla violazione del divieto di espatrio conseguente alla violazione della sorveglianza speciale (con obbligo o divieto di soggiorno) o conseguente al ritiro del passaporto o alla sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente (reclusione da 1 a 5 anni); nondimeno i regimi sanzionatori introdotti in materia di c.d. negazionismo ( 1), di frode processuale e depistaggio ( 2), di prevenzione e repressione della violenza domestica e di genere ( 3), di repressione della violenza negli stadi ( 4), per finire poi - mentre si attende il provvedimento volto a contrastare le discriminazioni fondate su omofobia e transfobia ( 5) e le sanzioni per la "Propaganda del regime fascista e nazifascista” - la riforma della prescrizione del reato ( 6), la nuova fattispecie di tortura ( 7) e quella di bullismo e bullismo informatico ( 8) – infine la più nota legge 23 marzo 2016, n. 41, in tema di cd omicidio stradale e di lesioni personali stradali ( 9) e la parimenti nota legge n. 68 del 2015 , costitutiva della, a lungo attesa, riforma dei reati ambientali ( 10).

1.2. Sotto altro versante la scelta riduzionistica trova spazio nell'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova (11) e nella “particolare tenuità del fatto” ( 12), e più convintamente nei due decreti legislativi 15 gennaio 2016, n. 7 e n. 8, attuativi della delega contenuta nell' art. 2 della legge n. 67 del 2014 (13). Incerte, e affatto scontate, le due ulteriori e specifiche ipotesi riduzionistiche contenute nella riforma in discussione sulla Diffamazione a mezzo stampa ( 14) e sulla Legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis (15).

2. Il sintetico e probabilmente provvisorio quadro d’insieme lascia emergere, in buona sostanza, la presenza di due differenti alternative strategiche: da una parte il disegno punitivo reclama la visione carcerocentrica incentrata sulla pena necessaria, indispensabile, efficace, persino rigorosa, la pena dell’«emergenza» (16) giustamente immaginata come strumento ripristinatorio per lesioni irriducibili e attuata attraverso nuove fattispecie delittuose o nuovi inasprimenti di pena; dall’altra il sistema abbraccia la rinuncia riduzionistica allo schema sanzionatorio, una sorta di vuoto punitivo che aiuti anche a legittimare e razionalizzare il pieno sanzionatorio. Costruzione, de-costruzione, ri-costruzione, quale che sia l’onda punitiva, il tempo della risacca ingrossa e riduce, aggiunge e toglie, in uno schema binario dove punire-di-più e punire-di-meno, o meglio non-punire affatto, sembrano alimentarsi a vicenda, due tempi di un medesimo andamento normativo che quando spinge in una direzione, sa anche di doversi arretrare e lasciare via un po’ di quello che l’aggiunta del nuovo non potrebbe altrimenti sopportare. Il tutto e il nulla compongono, insomma, un sistema di vasi comunicanti che tende all’equilibrio normativo e aumenta e riduce a seconda della ponderazione assiologia dei beni tutelati.

2. Potremmo a lungo interrogarci sul nuovo molto e sul nuovo poco, quanto cioè il punire-di-più esprima una saggezza normativa, una avvedutezza sanzionatoria, o invece la rincorsa ad un surplus di incriminazione su materie selezionate sulla base della euristica del malcontento placata da aggravamenti sanzionatori irragionevoli e da pene-oltremisura, esasperati dalla paura di “dimenticare qualcosa” ( 17). Parimenti sul nuovo poco, quanta deflazione sia effettivamente attuata in ossequio alla sussidiarietà punitiva, ed effettivamente ascrivibile ad una visione riduzionistica sapiente ed organizzata, o piuttosto governata da logiche del “così-come-capita”, “alla-rinfusa”, con materie selezionate in modalità casuale, e con alternative ripristinatorie o sanzionatorie tutte ancora da definire e comprendere, nel sostanziale abbandono dei progetti di riduzione del carico contravvenzionale annunciati già nel lontano 1983 e 1986 e mai seriamente attuati.

Specialista, quello nostrano, di «rivoluzioni superate ma non compiute», di controriforme « senza neppure avere intrapreso la strada della riforma» (18) , il legislatore dopo aver penalizzato, è solito depenalizzare per poi pentirsi e tornare a penalizzare, ingarbugliandosi in un pendolarismo valutativo (19) tipico di un approccio normativo fatto di passi in avanti e continui dietro front, lunghi pensamenti seguiti da repentini ripensamenti: il che rende non inattesa la sequenza di destrutturazione e ricooptazione della forma nelle maglie delle fattispecie, attratte in un vortice di indicazioni normative antitetiche e prive di riferimenti etico-valoriali (20) in apparenza sottesi alla navette valutativa che penalizza, depenalizza e ripenalizza (21) . Il nuovo ne è in qualche misura testimone: sintomatica la scelta di introdurre nell’arsenale dell’anti-terrorismo due nuove contravvenzioni per sanzionare la detenzione abusiva di precursori di esplosivi (art.678 bis c.p.) e la mancata segnalazione all'autorità di furti o sparizioni degli stessi precursori (art.697 c.p.), dove, la seconda ancora più della prima, si arricchisce di una estensione semantica che confligge con il profilo edittale alternativo, impoverito in una alternativa edittale naturalmente destinata alla irrilevanza penale. O la vicenda dello stalking, parsa da sempre fattispecie odiosa ed intollerabile, talvolta inspiegabilmente intollerabile, ed ora offerta alla deflazione estintiva della recente riforma Orlando.

3. La verità è che il molto e il poco appaiono entrambi insinceri, espressioni diverse di un refrain legislativo dove il molto genera il poco, e all’inverso il poco aiuta a legittimare il molto. Se non fosse che la logica binaria, consentito versus non-consentito, lecito versus illecito, conosce una ipotesi residuale alla quale non è estranea una attitudine regolatrice presente in fondo già nella idea originaria del diritto penale come forma di controllo sociale. La logica manichea punire-non punire si arricchisce di una nuova economia politica della sanzione protesa se non all’abolizione, per lo meno ad un alleggerimento del diritto arcaico, fondato sulla sofferenza e sulla retribuzione, con un diritto flessibile, più intelligente, persino più conveniente. Il ridimensionamento del diritto penale, la sua rifondazione sistemica, produce una diversa regolazione del conflitto, una terra di mezzo, capace di esprimere un regime diversificato di regole che sfumino la dicotomia penologica attraverso mediazioni giuridiche regolative del conflitto: fra “ordine” e “disordine”, fra la capillare materializzazione del diritto e la nuova egemonia depenalizzatrice, al di là cioè dello schematismo binario del tutto o del niente, della bipolarità degli errori delle coppie di infra e supra diritto, il sistema sa di poter praticare una terza possibilità fondata sulla interdipendenza e sulla reciproca relazionalità di elementi contrapposti, fecondi di relazionali attribuzioni di senso; il che vale a dire, mediare in modo soddisfacente fra le opposte polarità, e così intendere strutturazione e destrutturazione, criminalizzazione e decriminalizzazione come semplici espressioni di una identica razionalità dei luoghi contrari, nella quale può trovare spazio e misura una complicità dei contrari nelle forme di una ulteriore e differente linea di riforma. Un quasi-diritto sotto forma di quasi-penalizzazione id est quasi-depenalizzazione.

Oltre la paglia umida della cella o il letto comodo di casa ( 22), il sistema ricerca e rincorre la chance di un nuovo, anch’esso nuovo diritto penale: piuttosto che insistere in una costruzione sanzionatoria ostile alla efficienza ed effettività sanzionatoria, la rinuncia alla sanzione, generata dalla fallacia del tutto, si rende idonea ad ospitare una esaltazione del poco, e così portare la giustizia punitiva verso una nuova e auspicata (23) gestione dialettica, persino dialogica della giustizia penale, una giustizia coesistenziale (24) che valorizzi attitudini mediatrici e giustizie di proximitè (25) , che si ispirino, appunto, all’idea di una giustizia umana e partecipativa, un diritto penale modello Mercurio (26) , mite (27) , flessibile (28) , in qualche misura materno (29) , in sostanza una diversa via punitiva che, non abbandonando lo stigma penale, giunga però a posticiparlo alla risoluzione sinergica del conflitto, in modo da adeguare le risposte sanzionatorie alla dimensione degli avvenimenti ed alla loro particolarità anche locale (30) . Una incriminazione sospesa o una depenalizzazione condizionata, potrebbe dirsi, certo un qualcosa che è anche l’altra, ovverosia una cosa che sa fare anche il suo opposto, che « pacifica usando violenza, usa la violenza pacificando» (31) . In questa del tutto nuova euristica del dialogo si situa la terza direttrice punitiva - in attesa che si attui il modello epistemologico della pena criminale (quello che immagina che la riparazione entri già a comporre nelle forme del c.d. delitto riparato un autonoma cornice edittale) ( 32) – nella quale è possibile che la pena non serva più o, per lo meno, non serva sempre, nel senso che la sanzione detentiva continui a permanere come valido ed astratto rimedio sanzionatorio, capace però di rilanciare maggiori oneri dialogici in una sorta di funzionamento coordinato (33) fedele alla esteriorità (fisica, materiale e personale) e per essa al controllo delle procedure, oltre che all’intrinseca natura di minaccia e, dunque, di sanzione (34) , semplicemente annunciata, eppure straordinariamente capace di consentire che i reati non siano portati a conseguenze ulteriori (35) e che tutti gli attori della idea partecipativa, non ancora gravati dalla ipoteca processuale, siano chiamati ad operare celermente onde attuare la regolarizzazione dinamica dell’abuso in un esperimento conciliativo, oltre il quale – una volta fallito, e al riparo da sorprese intermedie (36) – residua infine la definitiva e concreta liturgia della punibilità.

Oltre agli istituti presenti nel sistema generale ( 37) e alla particolare forma di estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie prevista dall’art. 35 del d. lgs. n. 274/2000, si iscrivono in questa tessitura sistemica la concessione in sanatoria ex artt.13 e 22 l. 28 febbraio 1985 n.47, riproposta all’art.36 del nuovo Testo Unico (38) ; nel codice dei beni culturali e del paesaggio la disposizione (d. lgs. n. 42/2004, art. 181, co. I quinquies) ove si prevede che “ la rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorità amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1 ”; il ravvedimento operoso tributario (39) , la procedura ex art. 2 della legge 383/2001; nondimeno, nella sedes materiae lavoristica, preceduta – se si eccettua l’incerta natura della diffida del 1955 (40) – dall’art. 2 del d.l. 12 settembre 1983 (41) , seguita da recentissime forme di ravvedimento operoso anch’esse adiuvanti il ripristino delle condizioni di legalità in precedenza violate (42) , l’icona della nuova filosofia normativa e cioè la procedura prescrittiva (43) , riproposta ora nel Testo unico del lavoro ( 44). Infine, e per arrivare al tema che direttamente ci occupa, la medesima legge costitutiva dei delitti ambientali, il d.lvo n.68 del 2015 nella parte rubricata “ Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale ”, costitutiva di un congegno normativo analogo a quello delle prescrizioni lavoristiche.

Potremmo dirla così: oltrepassando la logica del molto e poco, del tutto e del niente, il sistema passa dal boia all’esattore, o forse ora dal boia all’ ispettore e l’accertamento di una irregolarità, ordinariamente sussumibile in uno schema contravvenzionale, può così consentire l’accesso ad una soluzione differente dall’ordinario meccanismo sanzionatorio e garantire al reo, al quale si addebita il fatto contravvenzionale, di adempiere a quanto gli viene prescritto e, una volta verificato tale adempimento, pagare una somma di denaro e così completare la estinzione del fatto penale affievolito al rango di illecito amministrativo.

4. Il diritto ambientale contiene questa inattesa sapienza, inattesa e taciuta sapienza. Le nuove fattispecie superano – non vi è dubbio – l’antica insipienza sanzionatoria, oltrepassano l’antico e vetusto modello contravvenzionale, la smettono di costringere l’interprete a rincorrere arguzie interpretative e dunque sanzionatorie – in questo ci mancherà la genialità del getto pericoloso di cose, o l’inventio delictorum dei reati permanenti o con effetti permanenti, o il giuoco delle sanzioni parapenali a metà fra l’accessorietà e il regime amministrativo, o delle paralisi prescrittive per via di formule ellittiche quasi esoteriche del tipo reato-progressivo-nell’evento e magari anche la smetteremo di pensare al traffico organizzato come ecomafia) – finalmente il nuovo sistema ambientale conosce schemi di incriminazione delittuosi, sanzioni efficaci, misure ablatorie, modelli di incriminazioni estesi alla responsabilità degli enti, insomma un arsenale punitivo capace di resistere all’abbandono delle idee penalistiche.

E tuttavia la sapienza taciuta non è questa. Non è il molto che dovrebbe entusiasmare le associazioni plaudenti e gaudenti, non è l’enfasi della incriminazione, non è la lotta alla ecomafia – giacché se così fosse avremmo persino da preoccuparci a leggere i dati di prima applicazione della legge (su cui, infra) – ma il poco, o meglio il diverso, la terza via, che probabilmente fa meno audience mediatica, ad essa non verranno intitolati rapporti nazionali, ma è l’unica vera strada di tutela ambientale che forse dovremmo percorrere: l’idea portante di un diritto penale che, anche attraverso l’idea di un reato non punito , finalmente non eccentrico rispetto alla regressione dell’offesa (45) , sappia attuare opportune (46) tecniche di degradazione d’illecito, oltre che di riorganizzazione sociale (47) e controllo giudiziale (48) iscritte nell’assetto teleologico complessivo di un sistema penale per davvero aperto ai canoni di proporzione e sussidiarietà (49) , oltre che – non è inutile precisarlo – effettività ed efficacia.

Breve: l’esaltazione del poco come antidoto al troppo e al niente, espressivo di una rivolta dogmatica che nella legislazione complementare ritrovi il proprio laboratorio di idee ed esperienze.

5. Ecco la terza via tracciata da una serie di figure di pena agìta e non solo subìta:

  • il ravvedimento operoso ex art.452-decies c.p.

  • la confisca evitata ex art. 452 undecies c.p.

  • il ripristino dello stato dei luoghi ex art. 452- duodecies c.p.

  • la procedura estintiva per le contravvenzioni ex art.318-bis TUA

5.1.1. Il ravvedimento operoso (art. 452- decies). Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo, per il delitto di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 aggravato ai sensi dell'articolo 452 octies , nonché per il delitto di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono diminuitedalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori , ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi , e diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti . Ove il giudice, su richiesta dell'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado disponga la sospensione del procedimento per un tempo congruo, comunque non superiore a due anni e prorogabile per un periodo massimo di un ulteriore anno, al fine di consentire le attività di cui al comma precedente in corso di esecuzione, il corso della prescrizione è sospeso.

In sostanza l’art. 452-decies disciplina una forma di ravvedimento operoso – simile a quello di cui all’art. 56 c.p. – prevedendo una diminuzione di pena (dalla metà a due terzi) qualora l'autore:

  1. si adoperi per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori,

ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado,

  1. provveda ‘concretamente’ alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.

Inoltre è prevista una diminuzione da un terzo alla metà (anziché dalla metà a due terzi) nelle ipotesi in cui l’autore

  1. aiuti concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori, o

  2. nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Com’è facile constatare, il sintagma “ravvedimento operoso” contiene situazioni differenti, alcune caratterizzate da una attività di ravvedimento operoso rispetto a conseguenze ulteriori, ovvero alla possibilità concreta di attuare forme di messa in sicurezza, bonifica e, se possibile, ripristino dei luoghi, nelle forme cioè di una protezione dialettica del bene giuridico; altre caratterizzate invece da una collaborazione processuale indifferente alla protezione del bene, e anche per questo destinataria di una diminuzione meno sensibile. A ben vedere non si tratta di una “terza via”, semmai di un pentitismo collaborativo non a caso vincolato alla concretezza dell’aiuto processuale.

La medesima concretezza o efficacia è assente nella prima parte della norma, la quale nella formula “si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori” sembra ‘accontentarsi’ della ‘buona volontà’ del trasgressore e non del risultato finale, vale a dire il risanamento dell’ambiente; il profilo di efficacia è ripreso immediatamente dopo quanto alla messa in sicurezza o bonifica o, se possibile, ripristino dei luoghi, che devono essere attuati concretamente.

Molti concetti non sono esplicitati e forse non avrebbero potuto esserlo: adoperarsi per evitare conseguenze ulteriori genera i medesimi problemi del recesso attivo, mentre la concretezza della messa in sicurezza alimenta la sensazione di un vuoto semantico che l’avverbio non risolve e che aggiunge l’incertezza sulle tre condizioni messa-in-sicurezza, bonifica, ripristino-stato-luoghi, interpretabili come gradualità comportamentale ovvero come alternativa affidata ancora una volta alla prudente interpretazione del caso concreto rimessa al medesimo giudice (che non ha ancora aperto il dibattimento) ovvero all’organo tecnico.

Nella Relazione curata dal Massimario a poca distanza dalla approvazione dalla legge, si è ritenuto che il dato testuale dell’inciso “ provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi ”, debba essere inteso come compresenza delle condizioni, e dunque come necessità a che l’attività operosa dell’imputato debba investire congiuntamente sia la messa in sicurezza che la bonifica: non sarà sufficiente cioè soltanto un’attività di “messa in sicurezza operativa”, secondo la definizione data dall’art. 240, comma primo, lett. n, D. Lgs. 152 del 2006 (“ l’insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l’ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione ”), dovendo l’imputato attivarsi per la “bonifica”, ossia per quell’insieme di interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (art. 240, co. I, lett. p del D. Lgs. n. 152/2006). L’ulteriore dubbio se “il livello di collaborazione giustificante un provvedimento non privo di conseguenze, quale la sospensione del dibattimento e la conseguente sospensione della prescrizione, debba individuarsi nell’avvio empiricamente verificabile delle operazioni materiali di bonifica (situazione che sicuramente testimonia di un atteggiamento operoso finalizzato al ripristino ambientale), nella approvazione del progetto operativo ovvero nella sua avvenuta presentazione (momento, quest’ultimo, a partire dal quale l’esito della procedura complessiva esce dal dominio prevalente del soggetto inquinatore) o anche solo nel completamento delle operazioni preliminari alla bonifica (fase forse ancora non sicuramente illuminante di un effettivo “ravvedimento”)” non ha avuta una chiara soluzione, al pari di quello, di tipo questa volta strettamente processuale, se il ricorso a riti speciali, per i quali non sia prevista l'apertura del dibattimento, renda evidente una incompatibilità fra natura acceleratoria del rito e la inevitabile durata di operazioni non semplici e soprattutto non brevi.

5.1.2. Le criticità della norma e le proposte di modifica. La norma non è stata scritta benissimo, tant’è che la Commissione di studio presieduta dal Procuratore di Roma, e composta da autorevoli giuristi ( 50), ha proposta una riscrittura della disposizione.

Muovendo dall’idea che “l’attuale disciplina del “Ravvedimento operoso” sia sproporzionata per difetto, nel senso che, se la collaborazione processuale può risultare appetibile in vista della diminuzione della pena da un terzo alla metà, una maggiore diminuzione di pena, cioè fino a due terzi, non appare integrare un effetto sufficientemente stimolante per coloro che, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvedano alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino dello stato dei luoghi”, e che “il legislatore, ai fini della riduzione della pena dalla metà ai due terzi, ha parificato la posizione di questi ultimi a quella di coloro che si adoperino per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori”, il Gruppo Pignatone ha avanzata la proposta di differenziare le situazioni che la norma tiene, incongruamente, unite, vale a dire la collaborazione processuale, l’iniziativa volta ad evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguente ulteriori (richiamando i presupposti delle misure cautelari reali) ed infine il ripristino dello stato dei luoghi. La proposta è quella di sdoppiare la norma, lasciando le precedenti ipotesi, rimodulate in ragione dell’intensità del ravvedimento, nel vecchio articolo 452-decies (comma 1, lettera d) e di introdurre un articolo a parte, il 452- decies.1 (comma 1, lettera e), che avrebbe l’intento di duplicare - applicandolo al “Ravvedimento operoso” di cui all’articolo 452-decies, comma primo, seconda parte - l’istituto della “ Sospensione del procedimento con messa in prova” (introdotto con la legge n. 67 del 2014, nel codice penale, all’articolo 168 bis, e nel codice di procedura penale, sotto il Titolo V-bis, agli articoli da 464-bis a 464-novies). In particolare, nella “rimessione in pristino” del bene danneggiato, verrebbe prevista una causa di estinzione del reato, sempre che a ciò si provveda entro il termine stabilito del giudice all’atto dell’ammissione al relativo procedimento, che non può essere superiore a due anni, ma che è prorogabile per un massimo di altri due.

In questa prospettiva la disposizione integralmente premiale risulterebbe funzionale a quella che viene definita un’attività c.d. “di controspinta”, tendente cioè alla reintegrazione del bene giuridico offeso, in una gradualità di benefici che riconosce la collaborazione processuale, per passare poi ad evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, sino ad arrivare a un facere specifico, ovverosia, il ripristino dello stato dei luoghi. Tale facere verrebbe peraltro distanziato dalla disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 152 del 2006, trattandosi di un facere proiettato alla cosiddetta “rimessione in pristino dello stato dei luoghi”, sulla base di un progetto presentato dall’imputato, corredato da una relazione tecnica asseverata da parte di un professionista abilitato. La “ rimessione in pristino” dello stato dei luoghi, una volta realizzata, nel rispetto delle prescrizioni stabilite, comporterebbe la declaratoria di estinzione del reato, alla stregua dell’art. 464- septies del codice di procedura penale, dettato per tutti i casi di esito positivo della messa alla prova dell’imputato, secondo il paradigma tipico della legislazione premiale, nonché l’estinzione del procedimento amministrativo previsto dagli articoli 242 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. La proposta aggiunge una sorta di contrappeso: un incentivo a questa soluzione pacificatrice viene previsto tramite la possibilità, dopo l’esercizio dell’azione penale, di disporre il sequestro conservativo (sia nei confronti della persona fisica, sia degli enti responsabili ai sensi del decreto legislativo n. 231/2001), non solo della somma e dei beni necessari a ristorare il danno ambientale cagionato, ma anche delle somme necessarie per procedere alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Fatta salva la possibilità di svincolare le somme necessarie al ripristino ambientale, all’atto dell’ammissione alla procedura estintiva.

5.2 . Art. 452 undecies Codice penale. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452 bis , 452 quater , 452 sexies , 452 septies e 452 octies del presente codice, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca. I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi.
L'istituto della confisca non trova applicazione nell'ipotesi in cui l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.

Senza invadere il tema affidato ad altro Relatore, mi limito ad evidenziare l’uso del termine “efficacemente” di questa disposizione rispetto al “concretamente” di quella precedente, entrambi riferibili alle operazioni di messa in sicurezza (nella prima in verità anche alle ulteriori attività di bonifica o riduzione in pristino), il che potrebbe in fondo voler significare la stessa cosa, ma se così fosse tanto valeva usare la medesima locuzione; se invece così non fosse, distinguere l’efficacia dalla concretezza apre controversie semantiche alle quali un buon legislatore avrebbe dovuto sottrarre la già difficile interpretazione delle parole ambientali. Quale sia la migliore lettura dell’avverbio, si tratta comunque di un meccanismo di premialità post delictum che perviene a vanificare la sanzione che probabilmente possiede i più rilevanti margini di efficacia.

Questa figura riprende peraltro un congegno già presente nel TUA, dove, all’art. 257, co. IV, si prevede che “l’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 ss.” (i.e. l’osservanza dei progetti di bonifica) ha efficacia esimente non solo per la condotta di inquinamento descritta sopra (superamento delle CSR ex art. 257, co. I, TUA), ma in generale per “i reati ambientali contemplati da altre leggi per il medesimo evento”.

Anche qui non sono mancate occasioni di dibattito: incerto ne risulta l’inquadramento dogmatico, quale cioè condizione obiettiva di punibilità – il che consentirebbe di sussumere la bonifica, o meglio la mancata bonifica nel quadro degli elementi del fatto tipico, in una forma di guarentigia estesa a tutti i concorrenti all’attività inquinante anche per quelli non partecipi della bonifica; nondimeno consentirebbe, come pure appare controverso a causa del generico riferimento ai “progetti approvati ai sensi degli artt. 242 ss.”, di legare l’effetto benefico non solo alle procedure operative e amministrative svolte dall’inquinatore ex art. 242 TUA (e, come detto, ai di lui concorrenti), ma anche alle bonifiche operate dai proprietari dell’area non responsabili della contaminazione (art. 245 TUA), e infine dall’amministrazione pubblica (art. 250 TUA). Quale causa soggettiva di non punibilità, al contrario, la bonifica avrebbe efficacia strettamente personale: essendosi ormai perfezionato il fatto tipico, andrebbero esenti da pena solo i soggetti ai quali la causa in questione si riferisce, ossia solo i soggetti concretamente attivatisi per la bonifica.

Mi limito ad evidenziare come la bonifica abbia la capacità di escludere la confisca per le fattispecie di nuovo conio mentre per quelle di vecchio conio riesca a spingersi oltre, fino a vanificare l’esistenza del reato o la punibilità dell’agente. Il maggiore effetto benefico – probabilmente non estensibile alle nuove fattispecie – aggiunge però per queste ultime un significato di ritorno ancora maggiore, quanto almeno alla irrefragabilità della confisca resa probabile più che inevitabile e dunque non più sufficiente ex se alla propedeutica applicazione di misure reali.

5.3. Il ripristino dello stato dei luoghi (art. 452- duodecies). L’art. 452-duodecies stabilisce che il giudice, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendo l’esecuzione a carico del condannato.

Il ripristino dello stato dei luoghi assume a ben vedere una funzione ambivalente: se attuato prima della sentenza di condanna consente l’abbattimento della pena; se non attuato, si aggiunge alla sentenza di condanna o di cd. patteggiamento come misura aggiuntiva alla sentenza di condanna. Non si tratta, in questo ultimo caso, di un effetto benefico, semmai di un incentivo ad accedere al beneficio che, se smarrito, sopraggiunge come maleficio.

Al di là delle note e ormai solite incertezze semantiche (osserva il Massimario come “ l’utilizzo del termine “recupero”, riferito – come pare – allo stato dei luoghi, rischia di generare qualche equivoco, poiché nel Codice dell’Ambiente, tale espressione è adoperata con diverso e specifico riferimento alle operazioni di riutilizzo dei rifiuti ”) il maleficio mi pare ben più ampio di quanto non appaia: non si tratta, infatti,bbandonando cioè la natura di ile e dunque non più suffciente ex se nto almeno alla affermazione della di una semplice sanzione/misura imposta nel rispetto delle norme e delle procedure amministrative e civili (con particolare riferimento al danno ambientale) previste dal d.lgs. n. 152/2006, ma di un obbligo presidiato dalla previsione di una punibilità ulteriore ex art. 452 terdecies c.p. per il quale “ Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un'autorità pubblica, non provvede alla bonifica , al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000 ”.

Anche qui rubrica “Omessa bonifica” e testo della fattispecie sono distoniche, dal momento che si sanziona non solo la mancata bonifica ma anche il mancato ripristino o recupero dei luoghi, e in due soli articoli, peraltro consecutivi, il legislatore penale ambientale conferma la sua difficoltà nell’uso delle parole: la rubrica del 452 duodecies allude al ripristino, il testo al recupero e, ove possibile, al ripristino. Il 452 terdecies alla bonifica e al ripristino o recupero, in una progressione semantica che avrebbe semmai dovuta essere invertita, nel senso di bonifica, recupero e ripristino, a conferma del ruolo più complesso del ripristino rispetto alle prime due iniziative di bonifica o recupero.

Il legislatore sa di sovente essere impreciso: il 247 TUA alla messa in sicurezza preferisce il sintagma “interventi di emergenza” mai ripreso nella legge del 2015 e nella fattispecie fra le più rilevanti nella liturgia osannatrice, quella sulla c.d. ecomafia ( 260. Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti ) aggiunge che “ 4. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell' articolo 444 del codice di procedura penale , ordina il ripristino dello stato dell'ambiente ”. Ma la confusione è molto più ampia: nel decies ci parla di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino, nell’undecies di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino, nel duodecies di ripristino e poi di recupero e ripristino (manca cioè la messa in sicurezza o la bonifica), nel terdecies nella rubrica si parla di bonifica ma nel testo ricompare la bonifica unitamente al ripristino, messo però prima del recupero. Il manifesto semantico – quello che avrebbe dovuto essere l’annuncio di unn rigore espressivo - non agevola l’interprete: l’art.5 del TU ambientale non contiene alcuna definizione mentre l’art.240 definisce le l)misure di riparazione ( 51) la m) messa in sicurezza d'emergenza ( 52 ) la n) messa in sicurezza operativa: (53) la o)messa in sicurezza permanente ( 54), e in forme non sempre univoche la p) bonifica ( 55) e il q) ripristino e ripristino ambientale ( 56), quest’ultimo definito anche dall’art.302 ma in forme certamente differenti da quelle precedenti ( 57). Manca, come detto, un preciso concetto di recupero così come del pari singolare è il presupposto della circostanza attenuante prevista dall’art.140 TUA, fondata sulla riparazione intera del danno, con conseguente riduzione delle sanzioni penali e amministrative dalla metà a due terzi.

Non sarebbe niente se tutto questo servisse a qualcosa. Riprendo – e lo farò spesso – dalla relazione del dott. Fimiani ( 58) l’analisi della sorte della sanzione accessoria/misura amministrativa: laddove imposta nella sentenza di condanna “compete al pubblico ministero, quale organo promotore dell'esecuzione ex art. 655 cod. proc. pen., determinare le modalità attuative della remissione in pristino e, qualora sorga una controversia concernente non solo il titolo, ma anche le modalità esecutive, va instaurato dallo stesso P.M., dall'interessato o dal difensore procedimento innanzi al giudice dell'esecuzione20. E’ stato quindi chiesto ai Procuratori generali di riferire se siano previsti protocolli operativi per l'esecuzione delle sentenze di condanna per reati ambientali che prevedano obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi secondo le previsioni: del d.l.gs. n. 152/2006 (art. 29-quattuordecies, in tema di violazione del regime dell'autorizzazione integrata ambientale; art. 139, in materia di acque; art. 255, comma 3, in tema di inottemperanza all'ordinanza sindacale di rimozione dei rifiuti abbandonati e di omessa separazione dei rifiuti pericolosi miscelati; art. 256, comma 3, in tema di realizzazione e/o gestione di discarica non autorizzata; art. 256-bis, in tema di combustione illecita di rifiuti; art. 257, in tema di omessa bonifica; art. 260, comma 4, in tema di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti); della 1. n. 394 del 1991 (art. 30, comma 3); del d.lgs. n. 42 del 2004 (art. 181, comma 2); della 1. n. 68 del 2015 (introduttiva dell'art. 452-duodecies c.p.). Dal monitoraggio si evince che non esistono protocolli operativi per l'esecuzione di sentenze di condanna per reati ambientali che abbiano ordinato il ripristino dello stato dei luoghi o la bonifica.”

Sembrerebbe dunque avere ragione chi ( 59) ha evidenziato come il 452 terdecies sia nient’altro che la prova della fallibilità della coercizione penale, solo che ad una prima impotenza il sistema ha pensato di reagire puntellando una nuova fattispecie, secondo un refrain tipico (riprendo una espressione usata altrove) degli “eunuchi del diritto”, vorrebbero ma non possono. E tuttavia insistono con singolare pervicacia. E insistono più di quanto non si immagini.

La politica criminale sa di poter percorrere sentieri irti ed irsuti, e costringere l’interprete a inseguire a perdifiato complicate costruzioni incriminatrici, e tuttavia non è questo il punto più preoccupante. Mi preoccupa l’ossimoro dogmatico del poco che sa trasformarsi in molto, e la deriva che al molto fa seguire il troppo. L’art. 452 novies Codice penale ne è una chiara testimonianza. La disposizione prevede che “ Quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal presente titolo, dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell'ambiente, ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o più norme previste dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l'ambiente, la pena nel primo caso è aumentata da un terzo alla metà e nel secondo caso è aumentata di un terzo. In ogni caso il reato è procedibile d'ufficio ”.

L’aggravante è in qualche misura inquietante: nella Relazione del Massimario esattamente si osserva che “(l)a previsione pare concretizzare una ipotesi speciale rispetto a quanto già previsto dall'art. 61, primo comma, n. 2), c.p., con la differenza che il rapporto finalistico è, nella nuova fattispecie, limitato al solo caso di reato commesso per eseguirne un altro (quello contro l’ambiente) e non, come prevede l’aggravante comune, anche per occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato: ipotesi nelle quali dovrebbe rientrare in gioco l’aggravante comune, salvo eventuali dubbi di costituzionalità, sotto il profilo della giustificazione del diverso trattamento sanzionatorio fra il caso di reato commesso per eseguirne un altro ambientale (punito con aumento da un terzo alla metà) e quello di reato commesso per occultarne un altro ambientale (punibile con aumento sino al terzo). L'aumento è invece comunque di un terzo se dalla commissione del fatto derivi la violazione di disposizioni del Codice dell’Ambiente o di altra legge a tutela dell'ambiente: così come formulata testualmente, la disposizione lascia supporre che la seconda violazione possa riguardare anche illeciti amministrativi, purché la legge che li contempla possa senza incertezze qualificarsi come posta “a tutela dell’ambiente” in forza di precisi coefficienti di riconoscibilità esterna, pena un difetto di conoscibilità del precetto penale e prevedibilità della sanzione. Sarà da verificare, in ogni caso, la risposta della giurisprudenza al quesito sul se tra il primo fatto di reato e l’illecito ambientale che ne deriva (non necessariamente di natura penale) sussista un rapporto di specialità, assorbimento o concorso di fattispecie.”.

La Relazione – se comprendo bene – sembra dire che l’aggravante ambientale è solo quella teleologica, mentre in caso di aggravante consequenziale ( 60) dovrebbe applicarsi l’aggravante generale del 61 n.2 cp con aumento sino al un terzo, più basso cioè rispetto a quello speciale, che sa spingersi da un terzo alla metà e pone dunque problemi di coerenza costituzionale. La Relazione discute – e non potrebbe fare altrimenti – sulla base della vigenza del 61 n.2, ma la criticità dogmatica della disposizione sarebbe ancora più evidente se solo si ponesse mente alla suggestione che sin dal lontano 1975 immagina la tacita abrogazione della disposizione comune. Non solo dunque avremmo distinto con parametri edittali un medesimo collegamento soggettivo, ma avremmo anche recuperato la vigenza di una disposizione non più attuate. Come che sia il deficit di pena del ripristino ex 452 decies (ma a ben vedere della solo messa in sicurezza o bonifica) sa trasformarsi nel surplus del 452 duodecies, nell’addenda del 452 terdecies e forse anche nell’addenda del 452 nonies.

L’amore sa trasformarsi in odio, e questo ahimè lo sapevamo, ma qui l’ossimoro beneficio vs maleficio assume le vesti di una furia vendicativa, anche se, va precisato, su 74 nuove contestazioni solo una ha riguardato l’art.452 nonies ad opera della Procura di Paola, e solo tre il 452 terdecies (ad opera delle Procure di Brescia, Sassari e Nuoro).

6. Il modello prescrittivo

Non ci resta che il topolino. Se non fosse che anche qui ritorna l’equivoco e il diritto penale apofantico: l’entusiasmo è per i nuovi reati ambientali (si legge nel Rapporto Legambiente: “la legge 68 del 2015 sta già dando un contributo importante perché l'Italia possa diventare un paese più moderno e giusto, che persegue a muso duro gli ecocriminali, prendendosi cura in maniera adeguata della bellezza e salubrità dei territori e, allo stesso tempo, delle imprese che da sempre operano correttamente e responsabilmente verso la collettività. La legge 68 vuole infatti tutelare, oltre l'ambiente, le imprese sane, soprattutto quelle più innovative e di qualità, vittime privilegiate della concorrenza sleale di imprenditori senza scrupoli ed ecomafiosi”) ma le statistiche evidenziano che su 4718 accertamenti 4204 hanno portato alla applicazione della procedura prescrittiva, e su un totale di 229 sequestri 177 sono legati alle procedure “amministrative” e per un valore di € 13.230.016.

Se non fosse che la disciplina è davvero singolare. Nella Relazione parlamentare Relazione sulla verifica dell’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l’ambiente (Relatore: on. Alessandro Bratti) si chiarisce come la legge sia il frutto di un lungo periodo di riflessione, ma certamente lo stesso non è valso per gli art. 318 bis e ss., introdotti in modo frettoloso e sbadato. A cominciare dalla rubrica: sebbene la parte sesta-bis si intitoli “ Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale ”, presenti i secondi, non vi è traccia dei primi ( 61) e a meno che la rubrica non intenda riaffermare la trasformazione dell’illecito penale in illecito amministrativo, ma tutto il sistema sembra invece delineare l’estinzione del fatto penale e, semmai, il pagamento in sede amministrativa della sanzione pecuniaria, senza però che il fatto sia mai divenuto illecito amministrativo. In verità la rubrica non è stata semplicemente aggiornata dal momento che tutta la parte relativa agli illeciti amministrativi era stata già stralciata, ma il Legislatore non è parso ricordarlo.

Le incertezze per una procedura che tutto sommato avrebbe dovuto essere semplice ed efficace sono numerose ed è la stessa Relazione parlamentare ad elencarle: riguardano

  • quali siano le c ontravvenzioni asso gg ettabili al p rocedimento delle p rescrizion i

  • il campo di applicazione in relazione al dato temporale

  • l’obbligatorietà della prescrizione .

  • l’identificazione del destinatario delle somme dovute a titolo di prescrizione

  • la verifica dei p res u pp osti p er l’ap pli cazione de l p rocedimento di p rescrizione

  • l’identificazione dell'Ente asseveratore

  • il rapporto tra procedimento delle prescrizioni e art. 131-bis cod. pen. (richiesta di archiviazione "per la particolare tenuità del fatto")

  • il potere di controllo del pubblico ministero sull'attività della polizia giudiziaria circa l'applicabilità delle prescrizioni

  • l’applicabilità del procedimento delle prescrizioni ai reati istantanei ovvero c ondotta illecita esaurita o assenza di conseguenze da rimuovere.

  • il riferimento nell'art. 318-bis del D.Lgs. 152/2006 alle "risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette".

A queste criticità, segnalate nella Relazione Bratti, andrebbero aggiunte:

  • i rapporti fra le due fase della prescrizione impartita e asseverata, se cioè debba essere prima impartita e poi asseverata, ovvero impartita solo dopo essere stata asseverata;

  • le dinamiche operative e le ricadute di una prescrizione riferibile ad una organizzazione complessa, nel caso in cui l’indisponibilità di uno dei due interrompa l’iter procedurale a dispetto della volontà conciliativa bidirezionale;

  • la natura delle misure preventive diverse da quelle propriamente prescrittive;

  • la forma e l’entità della paralisi costruita dal legislatore in forme meno incisive rispetto alla cugina ipotesi lavoristica;

  • la cogenza procedura della procedura, nell’antitesi fra diritto della parte ed obbligo dell’organo accertatore;

  • la vincolatività della richiesta del PM rispetto ad accidenti procedurali che potrebbero rimettere la decisione estintiva alle valutazioni (divergenti) del Giudice della fase preliminare, con possibilità di un reato-non-più-estinto, e della conseguente restituzione delle somme già versate.

Insomma in pochi articoli il legislatore è riuscito a porre più problemi che soluzioni, e queste incertezze non sono certamente indifferenti. Ha ragione il dott. Fimiani nella Relazione di cui cito un passo testuale “ L'intero versante delle contravvenzioni ambientali, pur formalmente ancora intatto, si trova allora soggetto ad una duplice possibilità definitoria: quella di cui alla nuova parte sesta-bis del T.U.A. (articoli 318-bis/318-octies) introdotta dalla legge n. 68 del 2015 e quella della non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'art. 131-bis c.p., introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2015. Sotto entrambi i profili, viene chiesta al P.M. una verifica che, in assenza di parametri normativi sufficientemente precisi, rischia di trovare risposte differenziate e tra loro contraddittorie in una materia che, concernendo limiti e procedure dell'attività di impresa, esige parità di trattamento e di condizioni tra i vari operatori economici ”.

E certo le discrasie sono molteplici. Sempre il dott. Fimiani osserva come “l'Ufficio di Torino ritiene, in via interpretativa, che la nuova procedura possa applicarsi alle contravvenzioni ex D.lg. 152/2006 punite con: — la sola pena pecuniaria; — ovvero con la pena alternativa dell'ammenda o dell'arresto; — ovvero con pena congiunta, pecuniaria e detentiva. Tale interpretazione è adottata anche dalla Procura di Verbania, mentre le altre procure del Distretto (tra le altre, espressamente, Aosta, Vercelli, Ivrea) ritengono escluse dall'applicazione della procedura di prescrizione quelle contravvenzioni che siano punite con la pena pecuniaria e detentiva congiunte, oltre a quelle punite esclusivamente con la pena dell'arresto”.

In particolare, il Procuratore generale di Bari evidenzia come in occasione di alcune delle riunioni con i Procuratori del distretto, iniziate a partire dal dicembre 2015, "si è registrata l'avvenuta adozione da parte delle Procure di Bari e Foggia di provvedimenti contenenti indirizzi generali in tema di estinzione delle contravvenzioni ambientali mediante il meccanismo delle prescrizioni; provvedimenti che, per taluni aspetti, anche non marginali (quali l'ambito applicativo della disciplina) presentano profili di difformità. In ragione di tanto nonché, più in generale, dell'importanza e complessità della materia, nella comune consapevolezza della necessità che il comparto ambientale riceva una disciplina quanto più possibile uniforme, almeno sul piano organizzativo, si è convenuto di costituire presso questa Procura Generale un tavolo di lavoro dedicato. Il gruppo, già costituito, è attualmente impegnato tanto ad omogeneizzare le linee guida di cui si è detto sopra (anche allo scopo di evitare, indicazioni contraddittorie alla P.G. e alle autorità amministrative coinvolte nelle procedure de quo) tanto - più in generale - ad avviare lo studio e la predisposizione di prassi e modelli organizzativi condivisi relativamente ai restanti diversi aspetti della materia in esame".

Diverso il protocollo d’intesa curato dalla Procura generale di Bologna e che raggruppa le Procure della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, Ferrara, Forlì, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini: “La discussione tra i sottoscrittori del protocollo ha tuttavia portato ad individuare una terza condizione per l'applicazione della disciplina; condizione desumibile da un' interpretazione costituzionalmente orientata della normativa. Tale condizione fa riferimento alle specie delle pene delle contravvenzioni in esame. In particolare, si ritiene che la procedura di estinzione possa applicarsi alle sole contravvenzioni punite con pena pecuniaria (ammenda) o alternativa (arresto o ammenda), restandone escluse le fattispecie sanzionate con sola pena detentiva (arresto) o con pena congiunta (arresto e ammenda” ( 62).

Tutte le ARPA hanno sposato l’interpretazione più restrittiva: negli Indirizzi per l’applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali ex parte VI-bis del D.Lgs. 152/2006 si è ritenuto di chiarire che L’interpretazione suggerita, in linea con le indicazioni fornite dalla maggioranza delle Procure che si sono espresse, è quella di escludere dall’ambito di applicazione della procedura estintiva anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda, in quanto, l’assoggettabilità delle stesse alla procedura, a fronte dell’esclusione delle contravvenzioni punite con il solo arresto, darebbe luogo a una ingiustificata disparità di trattamento, data la tendenziale maggiore gravità delle contravvenzioni punite con arresto e ammenda rispetto a quelle punite con il solo arresto (un esempio evidente di quanto sopra esposto si rinviene confrontando le contravvenzioni previste dall’art. 137, comma 3 e comma 5, del D.Lgs. n. 152/2006). ”.

Il gruppo di Lavoro Pignatone ha anch’esso ritenuto di dover proporre la modifica normativa nei termini della sola applicazione alle sole contravvenzioni punite con pena pecuniaria o alternativa; quanto alla gravità il prerequisito non debba essere la mancanza di un danno o pericolo concretamente verificatosi, ma l’ assenza di conseguenze nocive apprezzabili all’esito della regolarizzazione.

In un contesto così confuso va peraltro ricordata l’impietosa analisi economica che evidenzia “Una prima questione specifica, concernente la procedura ex art. 318-bis e ss. del D.Lgs. n. 152/2006, è stata rilevata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, laddove essa osserva che l'esiguità dei termini di prescrizione (ossia dei termini spirati i quali il reato si estingue) previsti per i reati contravvenzionali (e la loro mancata interruzione anche a seguito dell'esercizio dell'azione penale) inducono gli indagati a non aderire alla suddetta procedura nell'auspicio di poter beneficiare dell'impunità conseguente alla futura declaratoria di estinzione del reato ”.

7. Post fatto e particolare tenuità del fatto. Concludo con l’ultimo beneficio, anch’esso incerto e tormentato, affidandomi come sempre a Giuristi migliori di me, in questo caso alle acute riflessioni di Vincenzo Paone, Relazione tenuta alla Scuola Superiore della Magistratura nell’incontro di studio sul tema “L’accertamento della responsabilità penale nei reati ambientali ed urbanistici” Scandicci, Villa di Castelpulci, 10-12 aprile 2017.

La normativa risulta astrattamente applicabile a tutte le contravvenzioni, comprese quelle poste a tutela dei cd. interessi collettivi ma con riferimento al settore dei rifiuti, sembrerebbe non applicabile per – il delitto di cui all’art. 256- bis 1° comma, seconda parte e 2°comma, d.lgv. n. 152/06 con riferimento alla combustione di rifiuti pericolosi; – il delitto di cui all’art. 260 d.lgv. n. 152/06; – il delitto di gestione di rifiuti pericolosi di cui all’art. 6, 1° comma, lett. d) n. 2, l. n. 210/2008; – il delitto di discarica abusiva di rifiuti pericolosi di cui all’art. 6, 1° comma, lett. e), l. n. 210/2008.

Va ricordato che si è ormai affermato l’orientamento per cui la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione o in presenza di una pluralità di abusi posti in essere dall’imputato oggetto di contestazione in un giudizio unitario ( 63).

Non so quanto condivisibile sia questa impostazione e quanta parte di essa non tradisca una idea originaria di reato continuato come forma aggravata della pluralità di reati piuttosto che come forma attenuata ai confini della unità giuridica del reato. Come che sia, mi preme evidenziare – per restare al tema che mi occupa – la circostanza che la condotta resipiscente aggiunge una valenza sintomatica quanto all’applicazione di istituti benefici. Rispetto infatti a questo orientamento ostile in caso di pluralità più o meno contestuale di fatti diversi, la condotta susseguente aggiunge una ulteriore chance dogmatica, quella di poter aprire il fatto alla possibilità applicazione della speciale tenuità ( 64).

1 ) Si tratta della legge n.115 del 2016 : il provvedimento, approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati l'8 giugno 2016 (v. AC. 2874-B), modifica la c.d. legge Mancino ( legge n. 654 del 1975) che, all'articolo 3, punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato: con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lett. a); con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lett. b). Il comma 3 dell'art. 3 della legge n. 654 vieta, inoltre, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, e ne sanziona con pene detentive la partecipazione (da sei mesi a quattro anni) e la promozione o direzione (da uno a sei anni). La legge n. 115 del 2016 inserisce nell'articolo 3 della legge 654 un comma aggiuntivo 3-bis. Tale disposizione prevede la reclusione da 2 a 6 anni nei casi in cui la propaganda, l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondino "in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale (art. 6, crimine di genocidio; art. 7, crimini contro l'umanità; art. 8, crimini di guerra), ratificato dall'Italia con la legge n. 232 del 1989 .

2 ) Il 5 luglio 2016 l'Assemblea della Camera dei deputati ha definitivamente approvato l'AC. 559-B, che sostituisce l'art. 375 del codice penale (attualmente relativo alle circostanze aggravanti dei delitti di falsità processuale) prevedendo ora la punizione con la reclusione da 3 a 8 anni del pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che compia una azione finalizzata ad impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale. In uno alla previsione di aggravanti e attenuanti e di pene accessorie, la legge aggiunge il raddoppio dei termini di prescrizione.

3 ) Il Parlamento ha approvato la legge 119/2013, di conversione del decreto-legge 93/2013: il Capo I del decreto-legge, composto dagli articoli da 1 a 5-bis, è dedicato al contrasto e alla prevenzione della violenza di genere. In particolare, il provvedimento approvato: interviene sul codice penale, introducendo un'aggravante comune (art. 61, n. 11-quinquies) per i delitti contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale nonché per i maltrattamenti in famiglia, da applicare se i fatti sono commessi in danno o in presenza di minori; novella il reato di atti persecutori (art. 612-bis, c.d. stalking), con particolare riferimento al regime della querela di parte..

4 ) La legge 17 ottobre 2014, n. 146 , di conversione del decreto-legge n. 119, emanato il 22 agosto 2014 reca disposizioni urgenti per il contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive, per il riconoscimento della protezione internazionale e per la funzionalità del Ministero dell'interno. Tra le principali misure introdotte: l'inasprimento delle pene previste per il delitto di frode in competizioni sportive intervenendo tanto quando il risultato della competizione è ininfluente, tanto quando è influente, ai fini di concorsi pronostici o scommesse autorizzate.

5 ) Il testo unificato della proposta di legge C. 245 (Scalfarotto), C. 280 (Fiano) e C. 1071 ( Brunetta), approvato dall'Assemblea della Camera, intende contrastare le discriminazioni fondate su omofobia e transfobia inserendo tra le condotte di istigazione, violenza e associazione finalizzata alla discriminazione anche quelle fondate sull'omofobia o sulla transfobia. Conseguentemente, il provvedimento, oltre ad estendere ai reati fondati sull'omofobia o transfobia l'aggravante della pena fino alla metà, già prevista dalla legge Mancino per i reati commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità, punisce con la reclusione fino a un anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro chi « istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia ; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi in qualsiasi modo « istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque partecipa - o presta assistenza - ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o transfobia. La pena per coloro che le promuovono o dirigono è la reclusione da 1 a 6 anni.

6 ) L'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato, il 24 marzo 2015, un provvedimento di modifica della disciplina della prescrizione del reato (A.C. 2150-A). La riforma, passata all'esame del Senato (A.S. 1844), dove pure giace una disciplina modificativa dell'istituto della prescrizione contenuta in un disegno di legge del Governo (A.S. 2067 e abb.-A).

7 ) La Camera dei deputati, nella seduta del 9 aprile 2015 ha approvato con modificazioni la proposta di legge C. 2168, già approvata dal Senato, che introduce nel codice penale il reato di tortura, espressamente vietata in alcuni atti internazionali. La proposta è, quindi, tornata all'esame del Senato. La proposta di legge introduce nel titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III ( Delitti contro la libertà morale), del codice penale i reati di tortura (art. 613-bis) e di istigazione alla tortura (art. 613-ter), con pene rispettivamente della reclusione da 4 a 10 anni e della reclusione da 1 a 6 anni, oltre a numerosissime ipotesi aggravatrici e al raddoppio dei termini di prescrizione.

8 ) Il 20 settembre 2016 la Camera dei deputati ha approvato, con modificazioni, la proposta di legge già approvata dal Senato AC. 3139-A volta alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni di bullismo e bullismo informatico (cd. cyberbullismo). Sul pianto prettamente penalistico è previsto l’aggiunta all'art. 612-bis c.p. di un'aggravante specifica che comporta per lo stalking informatico o telematico la reclusione da 1 a 6 anni, ed è introdotta una modifica dell'art. 240 c.p. che stabilisce la confisca obbligatoria dei beni e degli strumenti informatici e telematici utilizzati per la commissione del reato di stalking informatico o telematico.

9 ) In particolare: è confermata la fattispecie generica di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (la pena rimane la reclusione da 2 a 7 anni); è punito con la reclusione da 8 a 12 anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica grave o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope; se si tratta di conducenti professionali, per l'applicazione della stessa pena è sufficiente essere in stato di ebbrezza alcolica media; è invece punito con la pena della reclusione da 5 a 10 anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica media, autori di specifici comportamenti connotati da imprudenza. La pena è diminuita fino alla metà quando l'omicidio stradale, pur cagionato dalle suddette condotte imprudenti, non sia esclusiva conseguenza dell'azione (o omissione) del colpevole. La pena è invece aumentata se l'autore del reato non ha conseguito la patente (o ha la patente sospesa o revocata) o non ha assicurato il proprio veicolo a motore. E' poi previsto un aumento della pena nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone. Anche qui si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo; il limite massimo di pena viene però stabilito in 18 anni (il limite massimo attuale è di 15 anni). E' stabilita, infine, una specifica circostanza aggravante nel caso in cui il conducente, responsabile di un omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga. In tale ipotesi, la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 e non può, comunque, essere inferiore a 5 anni.

10 ) Rispetto al quadro normativo contenuto nel decreto legislativo n. 152 del 2006 - c.d. Codice dell'ambiente - che individua reati di pericolo astratto, prevalentemente collegati al superamento di valori soglia, puniti a titolo di contravvenzione - la legge n. 68 del 2015 conferma le contravvenzioni previste dal Codice dell'ambiente ma aggiunge, con un nuovo Titolo VI-bis del codice penale, ulteriori fattispecie, aventi natura di delitto, incentrate sulla produzione di un danno all'ambiente. Il Titolo prevede cinque nuovi delitti: a) inquinamento ambientale (art. 452-bis), con reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 100.000 euro; b) disastro ambientale (art. 452-quater), con reclusione da 5 a 15 anni; c) traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies), con reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 50.000 euro d) impedimento del controllo (articolo 452-septies), la reclusione da 6 mesi a 3 anni e) omessa bonifica, con reclusione da 1 a 4 anni e multa da 20.000 a 80.000.Un ulteriore reato - l'ispezione di fondali marini - è stato prima introdotto dal Senato (art. 452-quaterdecies) e poi soppresso dalla Camera e puniva con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque utilizza la tecnica dell' air gun o altre tecniche esplosive per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi. Il provvedimento, inoltre, contiene ulteriori misure fra cui un aggravamento di pena per i reati associativi connessi ai delitti contro l'ambiente (art. 452-octies); una nuova aggravante ambientale ex art.452-novies la confisca dei beni prodotto o profitto del reato o che servirono a commetterlo (art. 452-undecies); stabilisce che, se la confisca non è possibile, il giudice debba ordinare la confisca per equivalente (analoga disposizione è inserita nel Codice dell'ambiente, per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, art. 260, comma 4-bis); obbliga il condannato al recupero e - ove possibile - al ripristino a proprio carico dello stato dei luoghi (art. 452-duodecies); prevede per i nuovi delitti ambientali il raddoppio dei termini di prescrizione; prevede che alla condanna per tali delitti consegua l'incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione.

11 ) Vengono a tal fine inseriti nel codice penale nuovi articoli (da 168-bis a 168-quater), significativamente tra le disposizioni relative alle cause estintive del reato, attraverso i quali si prevede: che nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria, ovvero con reclusione fino a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria), ovvero per uno dei reati in relazione ai quali l'articolo 550, comma 2, c.p.p. prevede la citazione diretta a giudizio, l'imputato possa chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura consiste in condotte riparatorie volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ove possibile in misure risarcitorie del danno, nell'affidamento dell'imputato al servizio sociale e nella prestazione di lavoro di pubblica utilità; la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di sospensione del processo con messa alla prova. Al termine della misura, se il comportamento dell'imputato è valutato positivamente, il giudice dichiara l'estinzione del reato, restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie; come motivo di revoca della messa alla prova la trasgressione grave del programma di trattamento, ovvero la reiterata trasgressione dello stesso o il rifiuto di prestare il lavoro di pubblica utilità, o la commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

12 ) La particolare tenuità del fatto si atteggia a nuova causa di non punibilità produttiva della archiviazione o del proscioglimento di chi abbia commesso illeciti penali caratterizzati da scarsa gravità. Il nuovo istituto è disciplinato dal decreto legislativo n. 28 del 2015 , emanato in attuazione della delega contenuta nell' art. 1 della legge n. 67 del 2014 . L’intento deflattivo riprende un refrain sperimentato già nel processo minorile, nelle figure della irrilevanza del fatto, e nel processo penale davanti al giudice di pace con l'esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto, e prima ancora negli istituti codicistici che misurano la particolare tenuità del fatto o dell'offesa quale ragione di attenuazione del trattamento sanzionatorio.

13 ) Il decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 7 recante “ Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili ” ha abrogati alcuni reati e introdotte le sanzioni pecuniarie civili, ritenute più efficaci nei confronti di illeciti di scarsa offensività, ma che comunque meritano una risposta adeguata da parte dello Stato. Analogamente il decreto legislativo 15 gennaio 2016 n. 8 recante “Disposizioni in materia di depenalizzazione”, ha trasformato alcuni reati in illeciti amministrativi sulla scia delle proposte della commissione ministeriale (costituita con D.M. 27 maggio 2014) presieduta dal prof. Francesco Palazzo.

14 ) L'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato con modificazioni, mercoledì 24 giugno 2015, una proposta di legge che, intervenendo sulle sanzioni per i delitti contro l'onore, riforma in particolare la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, oltre a quella relativa alle testate giornalistiche on-line e radiotelevisive. Si tratta di una proposta di legge (A.C. 925-C) già approvata dalla Camera e modificata dal Senato, i cui punti di maggior rilievo sono l'eliminazione della pena detentiva per i delitti contro l'onore e la revisione della disciplina della rettifica.

15 ) E' all'esame dell'Assemblea della Camera la proposta di legge A.C. 3235 recante disposizioni sulla legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati. Essa è finalizzata a stabilire la liceità della coltivazione della cannabis (previa autorizzazione o comunicazione all'autorità), a prevederne la liceità della coltivazione in forma associata, ad affermare la liceità della detenzione e cessione della cannabis, entro determinate quantità, a vietarne la pubblicità, ad introdurre un monopolio di Stato sulla coltivazione e vendita della cannabis, a differenziare la pena per fatti di lieve entità relativi alla stessa.

16 ) Donini M., Un nuovo medioevo penale? Vecchio e nuovo nell’espansione del diritto penale economico , in Cassazione penale, 2003, 1819.

17 ) A.Garapon – D.Salas, La Repubblica penale, Macerata, 1997, 24.

18 ) Ci affidiamo alla metacitazione di G.Ruffolo e al caustico giudizio di Bricola F., Crisi del Welfare State e sistema punitivo, ora in Politica criminale e scienza del diritto penale, Bologna, 1997, 188. Sulla natura improvvisata di interventi di depenalizzazione, quali, nella specie, quello del 1981, ancora il giudizio di Bricola F., Carattere «sussidiario» del diritto penale e oggetto della tutela , ivi, 191.

19 ) Sul pendolarismo valutativo, di recente, con riguardo alla materia bancaria, Losappio G., «Pendolarismo valutativo», linee di tendenza ed incongruenza della depenalizzazione: il topos del diritto penale bancario, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 2002, 865 e ss.

20 ) Mosconi G.,La mediazione. Questioni teoriche e diritto penale, in Dei delitti e delle pene, 3/2000, 55. Il passaggio da una legittimazione di tipo etico valoriale ad una di tipo performativo riemerge anche in Id., La crisi postmoderna del diritto penale e i suoi effetti sull’istituzione penitenziaria , in Aa.Vv., Diritto penale minimo, a cura di U.Curi e G.Palombarini, Roma, 2002, 351.

21 ) Losappio G., «Pendolarismo valutativo», cit., 867.

22 ) “Troppo spesso, nel nostro paese, – ricordavano Garapon A. – Salas D., La Repubblica penale, cit., 76 – l’alternativa viene posta in termini eccessivi: sanzione penale o nessuna sanzione, la paglia umida della cella o l’assoluzione totale.

23 ) La riflessione riguardava la materia urbanistica e si spingeva ad immaginare una mediazione per la soluzione di conflitti ambientali: l’articolo è pubblicato sulla Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 2001, 917 e ss.

24 ) Cappelletti M., Accesso alla giustizia, in Enciclopedia Treccani delle scienze sociali, I, Roma, 1995, 394 e ss.

25 ) Il termine francese allude ad una contiguità spaziale, temporale ed emotiva, che in italiano trova una efficace sintesi nel termine quotidiano: in argomento Wyvekens A., La posta in gioco di una giustizia di prossimità nel trattamento della delinquenza. L’esempio francese della “terza via” , in Dei delitti e delle pene, 3/2000, 17 e ss.; Bouchard M., Giustizia del quotidiano e pluralità di tutele: banco di prova per magistrati e avvocati , in Questione giustizia, 1998, 369 e ss.; Vianello F.,Mediazione penale e giustizia di prossimità, inDei delitti e delle pene, 3/2000, 5 e ss. Vidoni Guidoni O.,Il giudice di pace e l’accesso alla giustizia, in Dei delitti e delle pene, 1-2/2000, 127 e ss. In tema di difesa civica, una sorta di magistratura di persuasione, Lapis T.,La difesa civica e la mediazione giuridica penale, ivi, 37 e ss. Sulle varie forme di “uscita dalla giustizia” Chiarloni S., Accesso alla giustizia e uscita dalla giustizia, in Documenti e Giustizia, 1995, 23 e ss. Sulla particolare pratica della “mediazione” nell’ambito dei procedimenti di separazione, Pocar V. – Ronfani P., Il giudice e il divorzio. Un’analisi sociologico-giuridica sull’applicazione della legge 1-12-1970 n. 898 , in Sociologia del diritto, 1982, 51 e ss. Infine, sui particolari aspetti di una pratica conciliativa regionale, di tipo consuetudinario, Masia M., «Sos Omines»: osservazioni sulla pratica degli arbitrati nella Sardegna interna , in Sociologia del diritto, 1982, 77 e ss. In ambito europeo, in particolare, su un tipo di risoluzione dei conflitti diffusosi in Spagna, rinviamo al saggio di Battistin R., La mediazione e i suoi attori: l’esperienza della Catalogna, in Aa.Vv., Prassi e teoria della mediazione, a cura di G.Pisapia, Padova, 2000, 27 e ss.; per un’esperienza analoga, Vaira L., La mediazione penale in Belgio, ivi, 111 e ss. Quanto alla figura europea dell’ombudsman è sufficiente consultare il sito www.euro-ombudsman.eu.int/home/it/default.htm.

26 ) Modello Ercole, modello Giove e modello Mercurio sono i tre idealtipi proposti da François Ost e ripresi da Fiandaca G., Il giudice tra giustizia e democrazia nella società complessa, ora in Il diritto penale tra legge e giudice, Padova, 2002, 23.

27 ) Sulla mediazione, come avvento dell’idea di un diritto debole, mite, flessibile, Bouchard M.,Spunti di riflessione per un diritto penale mite, inQuestione giustizia, 2001, 207 e ss.; Mosconi G., La mediazione. Questioni teoriche e diritto penale, in Dei delitti e delle pene, 3/2000, 53.

28 ) Riprendiamo l’attributo da Carbonner J., Flexible droit. Pour une sociologie du droit sans rigueur, Paris, 1992, trad.it., Flessibile diritto. Per una sociologica del diritto senza rigore, Milano, 1997.

29 ) Pavarini M., Il «grottesco» della penologia contemporanea, in Aa.Vv., Diritto penale minimo, cit., 292, secondo il quale il lessico, costruito sul genere femminile, concorra a presentare questa forma di giustizia come disciplina materna contrapposta a quella paterna, più dura ed insensibile.

30 ) Wyvekens A., La posta in gioco, cit., 17 e ss.

31 ) L’ambivalenza del farmaco, ad esempio, sta tutta in questo giuoco di contrari giacché si cura ammalando, si ammala curando, si libera vincolando e si vincola liberando: per questo e molto altro, Resta E., Il diritto, la libertà, la tecnica, in Rivista critica del diritto privato, 2001, 83.

32 ) Donini M., Il delitto riparato. Una disequazione che può trasformare il sistema sanzionatorio , in Diritto Penale Contemporaneo, 2015/2, 242 e ss.

33 ) Delmas-Marty M., I problemi giuridici e pratici posti dalla distinzione tra diritto penale e diritto amministrativo penale , in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1987, 757.

34 ) Messner C.,Mediazione penale e nuove forme di controllo sociale, in Dei delitti e delle pene, 3/2000, 102.

35 ) Laddove, almeno la vigilanza sia associata a funzioni di P.G.: Padovani T., Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1996, 1169.

36 ) Nel sistema normativo delineato dal d. lgs. 758/1994, l’art. 23 prevede la sospensione del procedimento penale al fine di scongiurare espedienti di varia natura come quello, ad esempio, di attuare il meccanismo al solo fine di – volutamente abbandonato in itinere - allungare i tempi utili ad avvicinare la prescrizione del reato.

37 ) Affidiamo la ricognizione di questi istituti a Di Landro A., Bonifiche: il labirinto della legislazione ambientale dove le responsabilità penali “si perdono”. Criticità e prospettive della riparazione delle offese a un bene giuridico collettivo , in Diritto Penale Contemporaneo, 2014, pp. 23 e ss.: l’elenco citato dall’Autore comprende l’art. 376 c.p. – ritrattazione e l’art. 387, co. II c.p. – colpa del custode di persona arrestata o detenuta, gli artt. 308 e 309 c.p. – scioglimento o recesso dall’associazione, ovvero impedimento dell’esecuzione del delitto-fine, con riferimento ai reati di cospirazione e di banda armata, l’art. 463 per i casi di impedimento della contraffazione, alterazione, fabbricazione o circolazione di monete, carte di pubblico credito o valori in bollo; ancora: l’art. 641, co. II c.p. in tema d’insolvenza fraudolenta: “l’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato”, l’art. 655, co. III c.p., in tema di radunata sediziosa: “non è punibile chi, prima dell’ingiunzione dell’Autorità, o per obbedire ad essa, si ritira dall’adunata”, infine l’art. 341-bis, co. III c.p.: “Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

38 ) L’art.13, prima della abrogazione ad opera dell'art.136, comma 2, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi dell'art.3, d.l. 20 giugno 2002, n.122, conv., con modificazioni, in l. 1° agosto 2002, n.185, prevedeva il c.d. “accertamento di conformità”. Il nuovo T.U. ha riproposto il meccanismo dell’accertamento di conformità all’articolo 36, e al successivo art.45.

39 ) L’adesione contrattata all’accertamento tributario conduceva per effetto del d.lgs. 19 giugno 1997, n.218, artt.1-9 all’estinzione della punibilità di vari reati previsti dalla legge n.516/1982, mentre oggi conduce alla attenuante del pagamento del debito tributario, come disciplinata dall’art.13, comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n.74.

40 ) Si tratta dell’istituto previsto dall’art.9 del Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1955, n. 520 (in Gazz. Uff., 1 luglio, n. 149) - Riorganizzazione centrale e periferica del Ministero del lavoro e della previdenza sociale , per il quale « In caso di constatata inosservanza delle norme di legge, la cui applicazione è affidata alla vigilanza dell'Ispettorato, questo ha la facoltà, ove lo ritenga opportuno, valutate le circostanze del caso, di diffidare con apposita prescrizione il datore di lavoro fissando un termine per la regolarizzazione ». Sulle opposte concezioni, la diffida come esonero dall’obbligo di riportare la notitia criminis al P.M. versus la diffida come condizione di procedibilità, si veda Biagi M., Profili penali e civilistici in tema di salute dei lavoratori, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 1974, 892 e ss.; Camelio T.A., Recenti sbandamenti e riassestamenti circa la diffida in materia di prevenzione antinfortunistica , in Legislazione penale, 1994, 115 e ss.

41 ) Il decreto è stato convertito in legge n. 638/1983, riguardo al delitto di “omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali” e successivamente l’art.1 del Decreto legislativo 24 marzo 1994, n. 211 (in Gazz. Uff., 29 marzo, n. 73). - Norme in materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali , ha sostituito il comma 1-bis dell'art. 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modificazioni ed integrazioni – ove pure si contemplava una causa estintiva coincidente con il versamento delle somme entro sei mesi. In commento Padovani T.,Nuovo apparato sanzionatorio in materia di lavoro, inDiritto penale e processo, 1995, 506; Fidelbo G.– Pacini M., Le innovazioni secondo le direttive della legge delega, cit., 524; Morandi F., Primi interventi di riforma dei reati in materia di lavoro, 479 e ss.; Rondo A., Condono previdenziale e responsabilità penale per omesso versamento di ritenute previdenziali , in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2000, 435; Id., Alcune precisazioni della Cassazione sull’accesso al condono «previdenziale» di cui all’art. 2, commi 5 e ss. della l. n. 638/1983 , in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2000, 693 e ss.

42 ) Vds Decreto Legge 9 settembre 2002, n. 195, in Gazz. Uff., 9 settembre, n. 211, convertito con modificazioni in legge 9 ottobre 2002, n. 222, in Gazz. Uff., 12 ottobre 2002 n. 240 - Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari , comma 6 dell’art.1, rubricato “ Legalizzazione di lavoro irregolare”. Sulle ulteriori forme di tutela c.d. reale si veda Cela G., Il regime sanzionatorio in materia previdenziale dopo la legge finanziaria per il 2001 , in Massimario di giurisprudenza del lavoro, 2001, 712 e ss.

43 ) Decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 26 gennaio, n. 21) - Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro . In commento alla legge n.758, Padovani T., Nuovo apparato sanzionatorio in materia di lavoro, cit., 506, e, per il capo II, Id., Commento a D.lgs. 19/12/1994 n. 758 – Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro , in Legislazione penale, 1995, 375 e ss.; Morandi F., Nuove modificazioni della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro , cit., 309 e ss.; Id., Interventi di modifica della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro , cit., 1260 e ss.; Fidelbo G.– Pacini M., Le innovazioni secondo le direttive della legge delega, cit., 526 e ss.; Parisi M., Estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro , in Rivista penale, 1999, 513 e ss.; Alù R., L’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del lavoro nel D.Lg. 19 dicembre 1994, n. 758: quale tutela per i dirigenti ed i preposti? , in Cassazione penale, 1997, 1223 e ss.; Ceresa-Gastaldo M., Condizioni « speciali » di procedibilità e disposizioni ex artt. 19 s. d.lg. 19 dicembre 1994, n.758, in tema di estinzione delle contravvenzioni in materia di lavoro , in Cassazione penale, 2000, 2107 e ss.; Culotta A., Il nuovo sistema sanzionatorio in materia di sicurezza ed igiene del lavoro e le responsabilità penali in caso di attività date in appalto , in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1996, 966 e ss.; De Felice L., Sanzioni penali nel diritto del lavoro, cit., 212; Scudier G., Nota a Cass., sez. III, 1.10.1998, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1999, 832-833. Sul problema interpretativo legato alla riferibilità della procedura estintiva ad alcuni soltanto fra i reati contravvenzionali citati nell’Allegato, Smuraglia C., Attualità, prospettive ed effettività del diritto penale del lavoro , cit., 1214; Panagia S., Tendenze e controtendenze nel diritto penale del lavoro: i decreti legislativi 626/1994 e 494/1996 , in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1998, 195-196. Sempre in tema di valenza applicativa del meccanismo procedurale de quo, un commento al succedersi delle decisioni costituzionali – la n.19 del 18 febbraio 1998, la n.416 del 16 dicembre 1998, la n.205 del 28 maggio 1999 - e di legittimità – ex plurimis, Cass. Sez.III, 26 settembre 2002, n.32176 - è in Soprani P., D.lgs. n. 758/1994: un ulteriore pericoloso arretramento della Cassazione , in Igiene e sicurezza del lavoro, 2003, 82 e ss.

44 ) L’art.301 del d.lvo n.81/2008, Applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 , prevede che “ 1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.758 .”.

45 ) Di tutela dello stesso interesse fondamentale che, in genere, preside alla determinazione delle norme incriminatici parla Contento G., La condotta susseguente al reato, Bari, 1965, 101 e passim, il quale individua le linee portanti della valorizzazione della “condotta susseguente” nellaconcreta efficacia dell’azione, nella individuazione di unvincolo temporale, infine nella volontarietà della decisione di attuarla. Sul “diritto penale premiale”, per tutti, Padovani T.,Il traffico delle indulgenze, inRivista italiana di diritto e procedura penale, 1986, passim. L’auspicio ad un diritto penale premiale agganciato anch’esso alle condotte di difesa dei beni, al pari del diritto penale punitivo agganciato ex adverso a condotte di offesa ai beni, è in Moccia S., Il dover essere della premialità, in Aa.Vv., La giustizia contrattata. Dalla bottega al mercato globale, a cura di Moccia S., Napoli, 1998, cit., 93 e ss.

46 ) sui rischi criminogeni del meccanismo estintivo Insolera G.,I «moderni condoni» tra prassi legislative e codificazioni, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1994, 1314 e passim.

47 ) Eusebi L., Oltre la prospettiva del diritto penale «minimo», in Aa.Vv., Diritto penale minimo, cit., 185 e ss. e 200; Id., La riforma del sistema sanzionatorio penale. Una priorità elusa? Sul rapporto fra riforma penale e rifondazione della politica criminale , in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2002, 111.

48 ) Sulle tendenze del “nuovo” diritto penale, Donini M., La riforma della legislazione penale complementare: il suo significato “costituente” per la riforma del codice , ora in Alla ricerca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia , Padova, 2003, 214. Sul tema si veda anche Id.,Non punibilità e idea negoziale, ivi, 359 epassim; Id., Le tecniche di degradazione fra sussidiarietà e non punibilità , ivi, 392 e passim. Di recente, Id., Un nuovo medioevo penale?, cit., 1808 e ss.

49 ) Padovani T., Diritto penale del lavoro, cit., 542; Id.,Il nuovo volto del diritto penale del lavoro, cit., 1159 e passim.

50 ) Il Gruppo di lavoro - coordinato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, dottor Giuseppe Pignatone e costituito dai dottori Gianfranco Amendola (già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia), Giuseppe De Falco (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone), Luca Ramacci (Giudice di Cassazione), Francesco Castellano (magistrato attualmente componente della Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti), Alberto Galanti (Sostituto Procuratore della Repubblica), dal prof. avv. Antonio Fiorella (ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi La Sapienza di Roma), dal prof. avv. Adelmo Manna (ordinario di diritto penale presso l'Università di Foggia).

51 ) Qualsiasi azione o combinazione di azioni, tra cui misure di attenuazione o provvisorie dirette a riparare, risanare o sostituire risorse naturali e/o servizi naturali danneggiati, oppure a fornire un'alternativa equivalente a tali risorse o servizi

52 ) Ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente

53 ) L'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all'interno della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di verificare l'efficacia delle soluzioni adottate

54 ) L'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici

55 ) L'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)

56 ) Gli interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici.

57 ) 9. Per "ripristino", anche "naturale", s'intende: nel caso delle acque, delle specie e degli habitat protetti, il ritorno delle risorse naturali o dei servizi danneggiati alle condizioni originarie; nel caso di danno al terreno, l'eliminazione di qualsiasi rischio di effetti nocivi per la salute umana e per la integrità ambientale. In ogni caso il ripristino deve consistere nella riqualificazione del sito e del suo ecosistema, mediante qualsiasi azione o combinazione di azioni, comprese le misure di attenuazione o provvisorie, dirette a riparare, risanare o, qualora sia ritenuto ammissibile dall'autorità competente, sostituire risorse naturali o servizi naturali danneggiati.

58 ) Mi riferisco alla Relazione tenuta da Pasquale Fimiani dal titolo “I reati ambientali” tenuta presso la PROCURA GENERALE della Corte di cassazione Riunione in tema di applicazione dell'art. 6 d.lgs. 20 febbraio 2006, n. 106, Roma 14/15 aprile 2016.

59 ) Corso P., La normativa penale dell’ambiente nei suoi effetti processuali penali , in Archivio penale, 2017, p.11

60 ) Una diversa distinzione è quella che differenzia l'aver commesso il reato per eseguirne un altro, ove i reati costituiscono momenti di un unico processo finalistico (nesso teleologico); l’aver commesso il reato per conseguire o assicurare, a sé o ad altri, il prodotto o il profitto o il prezzo di altro reato, ove i due reati vengono «coordinati» alla realizzazione di un medesimo fine ( nesso paratattico, ossia di coordinazione); infine l’aver commesso il reato per occultare un altro reato o conseguirne la impunità, ove un reato ha una giustificazione ideologica propria, mentre l’altro presenta un significato soltanto se è messo in rapporto con il primo (nesso ipotattico, ossia di subordinazione): sul punto si rinvia a PAGLIARO, I reati connessi, Palermo, 1956, p.52; ID., Connessione di reati, inEnciclopedia del diritto, IX, Milano, 1961, p.39; ID., Principi di diritto penale, Parte generale, Milano, 1996, pp.469-470.

61 ) Il punto viene evidenziato anche nella Relazione del Massimario della Corte di Cassazione, sullaLegge n. 68 del 22 maggio 2015, recante “ Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente .

62 ) Il ragionamento è molto articolato e vale la pena di essere riportato per esteso: “Applicare la disciplina alle contravvenzioni punite con pena congiunta (arresto e ammenda) e non a quelle punite con il solo arresto sarebbe contrario al principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione (trattamento uguale di casi uguali e dissimile di casi differenti), perché persone che hanno commesso reati meno gravi (puniti con il solo arresto), sarebbero escluse da una disciplina di favore che si applicherebbe, invece, a chi ha commesso reati più gravi (sanzionati con pena congiunta). D'altro canto, applicare la procedura estintiva alle contravvenzioni che prevedono la pena detentiva, da sola o congiunta che sia, facendo ricorso al criterio di ragguaglio tra pene detentive e pecuniarie di cui all'art. 135 c.p. (250 € per ogni giorno di pena detentiva) trova tre ragioni di contrarietà. L'art. 318-quater d. l.vo 152/2006 non fa riferimento a questo criterio, sicché applicarlo in ragione della "clausola generale" contenuta nella norma del codice penale ("quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive"), sembra contrario al principio di legalità (art. 25, comma 2, Cost.), che impone che sia il legislatore a stabilire chiaramente, per legge, i presupposti per l'applicazione della pena e non il Giudice, in via interpretativa. In secondo luogo, l'applicazione del criterio "un giorno di arresto / 250 € di ammenda", priverebbe in larga parte di effetti pratici la disciplina, con riguardo alle contravvenzioni in esame. Basti pensare che vi sono contravvenzioni punite con l'arresto fino a tre anni (v. ad es. l'art. 137 comma 11 d. l.vo 152/2006), per le quali la procedura estintiva sarebbe accessibile al contravventore pagando una somma pari a 68.437 € (un quarto del massimo della pena prevista, previo ragguaglio). Alle contravvenzioni punite con pena congiunta per le quali l'arresto può arrivare sino a tre anni (v. ad es. l'art. 137 comma 5 ultima parte d. l.vo cit.), a quella somma si aggiungerebbe un quarto della pena pecuniaria (nell'esempio, altri 30.000 €). L'osservazione non solo rende evidente come l'applicazione della disciplina alle contravvenzioni sanzionate (anche) con l'arresto incontrerebbe difficoltà pratiche, stante la sua esosità, ma porta ulteriore conforto alla tesi della improponibilità di un'interpretazione giurisprudenziale che arrivi agli effetti pratici ora indicati (una quantificazione assai elevata delle somme richieste al contravventore). In terzo luogo, per quanto consta ai sottoscrittori dell'accordo, non esiste alcuna circoscrizione di Tribunale in cui la disciplina estintiva sia stata applicata anche alle contravvenzioni punite con il solo arresto. Il che conferma l'impraticabilità del ragguaglio pena detentiva / pena pecuniaria ex art. 135 c.p., e costituisce un ulteriore argomento a sostegno dell'interpretazione per cui la somma da pagare per estinguere il reato è quella desumibile dalla stretta lettera della legge (che fa riferimento alla sola ammenda). L'argomento rafforza, altresì, la tesi della irragionevolezza di un'applicazione della disciplina alle contravvenzioni punite con pena congiunta, le quali sarebbero doppiamente favorite: non solo rispetto alle contravvenzioni punite con il solo arresto (escluse dal beneficio), ma anche con riferimento a quelle punite con la sola ammenda o con pena alternativa. Esse sarebbero, infatti, equiparate a queste ultime, eliminando ogni significato alla pena detentiva in termini di disvalore da elidere con l'adempimento della prescrizione e il pagamento della somma prevista. A favore della riferibilità della procedura estintiva alle sole contravvenzioni punite con pena pecuniaria o alternativa depone anche la circostanza che la disciplina è mutuata dall'analogo procedimento estintivo dei reati in materia di sicurezza e igiene sul lavoro di cui agli artt. 20 ss. del d. l.vo 758/1994, che - appunto - si riferisce a queste sole contravvenzioni (art. 301 d. l.vo 81/2008). Da ultimo, si osserva che l'art. 318-septies d.l.vo 152/2006 dispone che un inadempimento tardivo, ma comunque congruo, oppure l'eliminazione delle conseguenze della contravvenzione con modalità diverse da quelle dettate dall'organo di vigilanza, sono valutati ai fini dell'applicazione della oblazione ex art. 162-bis c.p. e che, quest'ultima norma, non si applica alle contravvenzioni punite con l'arresto o con pena congiunta. Ragióni di coerenza sistematica e, ancora una volta, di ragionevolezza portano a ritenere che il campo delle contravvenzioni estinguibili con la nuova procedura coincida con quello cui si applica l'oblazione del codice penale. Diversamente, esisterebbe un'area di contravvenzioni estinguibili ex Parte sesta-bis alla quale non sarebbe applicabile la previsione dell'art. 318-septies (perché punite con pena detentiva o congiunta).”

63 ) In questo senso Cass. 28 aprile 2016, n. 6870, Fontana (in tema di attività illegale di gestione di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi) ha rilevato che, trattandosi di illecito contestato come reato continuato (in tal senso è univoca la non disattesa rubrica elevata a carico del prevenuto la quale, oltre ad richiamare espressamente all’art. 81, cpv, cod. pen., descrive il fatto addebitato all’imputato come commesso “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso”), esso era ontologicamente esulante, senza bisogno di una motivazione sul punto, dalla fattispecie di cui all’art. 131-bis cod. pen. Cass. 21 luglio 2016, n. 55287, Cipriani (in tema di trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi) ha escluso la particolare tenuità del fatto se il soggetto è autore di più violazioni dell’art. 256 D.lgs. n. 152/2006 con la conseguenza che la condotta è abituale e non può ritenersi episodica od occasionale (nella specie, il responsabile tecnico di una società aveva concorso, con l’amministratore unico, nella realizzazione di un deposito incontrollato di rifiuti non pericolosi e nell’inosservanza di plurime prescrizioni autorizzative). Cass. 11/10/2016, n. 48318, P.M. in proc. Halilovic: in tema di gestione dei rifiuti, quando la condotta non si concretizza in un episodio isolato, bensì in comportamenti reiterati nel tempo, è da escludere il necessario requisito della «non abitualità» della condotta richiesto dall’art.131-bis cod. pen. per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Sotto altro versante, in materia edilizia, la Cassazione ( 8 novembre 2016, n. 50767, Schettino) ha convalidato la motivazione dei giudici di merito che avevano escluso la particolare tenuità tenuto conto della realizzazione di una serie di manufatti, sia pure di modeste dimensioni, destinati ad incidere non soltanto sull’assetto del territorio ma anche sull’aspetto paesaggistico ed ambientale. Si è precisato, che «ad escludere in radice la particolare tenuità, milita il rilievo per cui il ricorrente ha violato più disposizioni della legge penale, commettendo plurime violazioni della normativa urbanistica, antisismica ed in materia di cemento armato. Sul punto, si osserva, deve darsi continuità all’orientamento secondo cui la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbia commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima “ ratio punendi“, come nel caso di specie), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola (v., da ultimo: Sez. 5, n. 26813 del 28/06/2016, Grosoli, Rv. 267262)».

64 ) Cass. 14 settembre 2016, n. 50751, Olivo, ha stabilito che la speciale causa di non punibilità è applicabile anche alla contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) D.Igs. n. 152/2006 (contestata in relazione al trasporto di rifiuti da demolizione edile senza il prescritto formulario di identificazione dei rifiuti e senza l’iscrizione all’apposito Albo Gestori Ambientali). Infatti, anche con riferimento a tale fattispecie è possibile riscontrare un complesso di elementi connotanti la specifica vicenda nella sua dimensione storico-fattuale tali da fare apprezzare come in concreto particolarmente tenue la condotta penalmente rilevante non essendo affatto indifferente, ad esempio, che la condotta in questione afferisca o meno ad una attività di gestione di imponenti quantità di rifiuti realizzata con caratteristiche professionali o che l’agente l’abbia svolta o meno con carattere di continuità o, ancora, che si sia immediatamente attivato o meno per ristabilire l’ordine giuridico violato attraverso il conferimento del materiale in discarica .

Contraria invece Cass. 18/11/2016, n. 6027, Mazzarol, in un caso in cui si procedeva per i reati di cui agli artt. 256, comma 2, e 256, comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006 nonché 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, ha rigettato la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto perché nulla era stato prospettato in ricorso quanto alle caratteristiche concrete del fatto e a nulla potendo evidentemente rilevare la operata, solo successivamente al fatto, bonifica, posto che la applicazione dell’art. 133 cod. pen., quale norma di valutazione dei presupposti legittimanti il giudizio di particolare tenuità, è stata espressamente circoscritta dall’art. 131 bis cit. al solo comma 1 con chiara esclusione dell’apprezzabilità di condotte post delictum. Parimenti contraria Cass. 15/12/2016, n. 5745, Vinci, (in tema di deposito incontrollato di rifiuti) ha osservato che dalla sentenza impugnata emergeva che quella “modestia oggettiva del fatto” su cui (a parte l’incensuratezza, che però nulla incide sull’elemento oggettivo) si fondava la richiesta del ricorrente di applicazione dell’articolo 131 bis c.p., non atteneva alla condotta dell’imputato, bensì alla successiva bonifica del sito.