Consiglio di Stato Sez. VI n. 9259 del 26 settembre 2022
Elettrosmog.Criteri di localizzazione degli impianti
Alle Regioni ed ai Comuni è consentito, nell'ambito delle rispettive competenze, individuare "criteri" per la localizzazione degli impianti di comunicazione - individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di 'salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione' - mentre non è consentito prescrivere esclusivamente "limitazioni" alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni. Nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica.
Pubblicato il 26/09/2022
N. 08259/2022REG.PROV.COLL.
N. 04667/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4667 del 2021, proposto dalla società Iliad Italia S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Filippo Pacciani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio del suindicato difensore (Legance – Avvocati Associati) in Roma, via di San Nicola da Tolentino, n. 67;
contro
il Comune di Silvi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianmatteo Riocci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
nei confronti
- dell’Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente dell'Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pierluigi Marramiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
- della Azienda sanitaria locale n. 4 Teramo, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sez. I, 26 marzo 2021 n. 165, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio del Comune di Silvi e dell’Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente dell'Abruzzo e i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza della Sezione 9 luglio 2021 n. 3777, con la quale è stata accolta la domanda cautelare presentata dalla società appellante;
Esaminate le memorie difensive, anche di replica e le note depositate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 17 marzo 2022 il Cons. Stefano Toschei. Si registra il deposito di note d’udienza con richiesta di passaggio in decisione della causa senza previa discussione da parte degli avvocati Filippo Pacciani e Gianmatteo Riocci, ai sensi del Protocollo d'intesa sullo svolgimento delle udienze e camere di consiglio "in presenza" in stato di emergenza del 20 luglio 2021;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso in appello n. R.g. 4667/2021 la società Iliad Italia S.p.a. (d’ora in poi, per brevità, Iliad) ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sez. I, 26 marzo 2021 n. 165, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 399/2020), a suo tempo proposto dalla suddetta società ai fini dell’annullamento dei seguenti atti e provvedimenti: A) il provvedimento del Comune di Silvi del 31 luglio 2020 (prot. n. 24121) recante “Comunicazione ai sensi della Legge 241/1990 – Diffida ad eseguire i lavori”; b) l'art. 50 delle Norme tecniche di attuazione del Piano regolatore generale del Comune di Silvi e l'art. 104 del Regolamento edilizio del Comune di Silvi. La domanda di annullamento veniva poi accompagnata dalla domanda volta all’accertamento e alla declaratoria del silenzio assenso formatosi, ai sensi dell’art. 87, comma 9, d.lgs. 259/2003, sull’istanza di autorizzazione presentata da Iliad Italia S.p.a. il 27 settembre 2019 relativa all’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile presso il Comune di Silvi – Loc. Pianacce e del conseguente diritto di Iliad Italia S.p.a. all’installazione ed utilizzo della stessa.
2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita, sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
- Iliad è una società italiana che ha avviato la fornitura di servizi di telefonia mobile nel mercato italiano a partire dal 29 maggio 2018 e che, in data 25 luglio 2016, ha ottenuto dal Ministero dello sviluppo economico l’autorizzazione generale per la fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche in qualità di mobile network operator;
- in data 27 settembre 2019, Iliad presentava al Comune di Silvi e all’Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente dell'Abruzzo (d’ora in poi, per brevità, ARTA) un’istanza di autorizzazione, ai sensi degli artt. 87 e 88 d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, per l’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile presso il predetto comune, in località Pianacce;
- successivamente Iliad otteneva il rilascio: a) del parere favorevole di ARTA in relazione al rispetto dei limiti alle emissioni elettromagnetiche di cui al d.P.C.M. 18 luglio 2003, in data 15 ottobre 2019; b) l’attestazione di avvenuto deposito sismico rilasciata dal Servizio genio civile di Teramo, in data 25 febbraio 2020; c) il parere favorevole dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino centrale – Settore sub-distrettuale per la Regione Abruzzo in relazione al rispetto delle norme del Piano di assetto idrogeologico, in data 14 luglio 2020; d) il parere dell’ASL competente, in data 15 gennaio 2021;
- non essendo intervenuto, nelle more, alcun provvedimento di diniego all’installazione o altri atti impeditivi da parte del Comune di Silvi, con lettera del 22 luglio 2020 Iliad comunicava al predetto comune di prendere atto dell’avvenuta formazione del titolo autorizzativo per silenzio-assenso, essendo ormai ampiamente decorso il termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza originaria (considerando anche il periodo di sospensione di cui all’art. 103 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18) ai sensi dell’art. 87, comma 9, d.lgs. 259/2003;
- tuttavia il Comune di Silvi, con nota del 31 luglio 2020, comunicava a Iliad “l’immediato divieto di proseguire l’attività e la rimozione degli eventuali effetti a seguito del permesso di costruire del 22/11/2019 (prot. 39564)”;
- i motivi di tale decisione possono così riassumersi: a) incompletezza della documentazione, in quanto il comune non aveva ricevuto i pareri di ARTA e dell’ASL relativi alle emissioni elettromagnetiche, il parere dell’Autorità di Bacino distrettuale e l’attestato di deposito sismico; b) trattandosi di intervento su zona “C2 Zona Residenziale in ambito collinare” di cui all’art. 50 delle Norme tecniche attuative del P.R.G., Iliad non avrebbe ottenuto l’autorizzazione di tutti i proprietari o di almeno il 51% dei terreni facenti capo alla zonizzazione (“la documentazione prodotta risulta carente dell’autorizzazione alla realizzazione degli interventi di tutti i proprietari o nel limite minimo dei proprietari di almeno il 51% dei terreni facenti capo all’intera zonizzazione”);
- Iliad quindi, con lettera del 7 agosto 2020, dopo avere rappresentato l’assenza di cause ostative all’installazione dell’impianto in quanto, trattandosi di opera di urbanizzazione primaria, non era richiesto l’assenso dei proprietari dei terreni facenti capo alla zona residenziale in questione, trasmetteva i pareri abilitativi richiesti dal comune, con la precisazione che il parere di ARTA era stato già inviato da quest’ultima al Comune;
- non essendo intervenuto alcun ulteriore atto o provvedimento da parte del Comune di Silvi e permanendo, quindi, il divieto di procedere alla installazione dell’impianto, Iliad proponeva ricorso dinanzi al TAR per l’Abruzzo, censurando il provvedimento impugnato per plurime illegittimità (che, in estrema sintesi, possono ricondursi alle seguenti: a) avvenuta formazione del titolo abilitativo tramite silenzio-assenso; b) inapplicabilità dei vincoli urbanistici stabiliti dall’art. 50 delle N.T.A. del P.R.G.; c) indebita imposizione di un onere procedimentale aggiuntivo, ossia il preventivo ottenimento del consenso dei proprietari di almeno il 51% dei terreni della zona urbanistica; d) mancata previsione di un preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10-bis l. 7 agosto 1990, n. 241 in relazione all’ordine perentorio di interruzione dei lavori e di rimozione delle attività) e chiedendo al giudice amministrativo che accertasse l’intervenuto silenzio-assenso sulla domanda di rilascio dell’autorizzazione;
- il TAR per l’Abruzzo, con la sentenza 165/2021, ha però respinto il ricorso proposto da Iliad poiché: a) il titolo autorizzativo non si sarebbe perfezionato tramite silenzio-assenso, dal momento che il relativo termine di 90 giorni di cui all’art. 87 d.lgs. 259/2003 decorrerebbe dal completamento della documentazione relativa all’installazione e, nel caso di specie, la mancata comunicazione al comune del parere dell’Autorità di bacino avrebbe impedito la formazione del titolo tacito relativo alla installazione dell’impianto; b) la realizzazione dell’impianto, pur essendo opera di urbanizzazione primaria, non può prescindere dal rispetto delle previsioni contenute nello strumento urbanistico attuativo prescritto dal Piano regolatore.
3. – La società appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento del ricorso, in quella sede proposto, riproponendo anche la domanda di accertamento della formazione del silenzio-assenso, in quanto il primo giudice sarebbe incorso in errore nel considerare infondate le censure in detta sede dedotte.
In particolare la società appellante affida il mezzo di gravame alle seguenti tre traiettorie contestative:
1) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e ss. d.lgs. 259/2003 e degli artt. 4, 18 e 14 l. 36/2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Incompetenza. Il giudice di primo grado non ha saputo rendersi conto che il diniego opposto dal comune all’installazione dell’impianto è stato emesso quando il titolo autorizzativo si era già perfezionato tramite silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 87, comma 9, d.lgs. 259/2003. Infatti l’istanza è stata presentata da Iliad (e protocollata dal Comune di Silvi) in data 27 settembre 2019 sicché, considerando il termine di 90 giorni indicato dalla normativa di settore per concludere il procedimento, il comune o l’ARTA avrebbero potuto opporsi all’installazione dell’impianto o comunque rilevare eventuali cause ostative entro il 26 dicembre 2019. Ne deriva che il diniego del Comune di Silvi in data 31 luglio 2020, quasi un anno dopo la presentazione dell’istanza presentata da Iliad, è tardivo e successivo alla formazione del silenzio-assenso, per come previsto dall’art. 87 d.lgs. 259/2003. Né tale effetto può essere impedito dall’affermazione secondo la quale il comune non avesse ricevuto tutta la documentazione necessaria per lo svolgimento dell’istruttoria e, in particolare, anche volendo considerare che il parere favorevole dell’Autorità di Bacino. Infatti, seppure tale documento non fosse stato nella disponibilità “fisica” del Comune (sebbene quest’ultimo fosse a conoscenza della sua adozione), in ogni caso tale parere non può condizionare l’ottenimento dell’autorizzazione ex art. 87 d.lgs. 259/2003 perché non è indicato tra i presupposti per l’ottenimento dell’autorizzazione in questione. D’altronde, all’epoca dell’adozione del provvedimento di diniego il comune non era più nella condizione giuridica di chiedere integrazioni documentali alla società interessata, posto che - come prescrive l’art. 87, comma 5, d.lgs. 259/2003 – una siffatta richiesta avrebbe dovuto essere avanzata nel termine perentorio di 15 giorni dalla presentazione dell’istanza;
2) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e ss. d.lgs. 259/2003 e degli artt. 4, 18 e 14 l. 36/2001. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per irragionevolezza, illogicità e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Incompetenza. A differenza di quanto sostenuto dal Comune di Silvi, l’applicazione dell’art. 50 delle N.T.A. del P.R.G., nel senso che l’impianto, essendo ubicato nella zona “C2 Zona residenziale ambito collinare” del P.R.G., richiedesse il preventivo consenso dei proprietari di almeno il 51% dei terreni della zona, è priva di qualsiasi fondamento giuridico. Ciò in quanto la surrichiamata disposizione: a) costituisce un divieto generalizzato alla localizzazione delle stazioni radio base, in contrasto con la loro qualificazione di opere di urbanizzazione primarie (così nel secondo motivo di cui al ricorso di primo grado); b) determina un indebito aggravamento del procedimento amministrativo relativo alla istanza per l’installazione di impianti di telecomunicazione, esigendo documentazione e oneri diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dagli artt. 87 e ss. d.lgs. 259/2003 (così nel terzo motivo di cui al ricorso di primo grado). Errata si presenta, dunque, l’argomentazione con la quale il TAR ha ritenuto di non condividere le censure dedotte sul punto, affermando che “La natura di opere di urbanizzazione primaria, che la legge riconosce alle reti di telecomunicazione, non implica alcuna deroga al regime regolatorio dell’uso del territorio dettato dal d.P.R. n. 380/2001”. Infatti tale interpretazione (fatta propria dal primo giudice) confligge con le previsioni normative di settore nonché con la consolidata giurisprudenza incline a qualificare gli impianti trasmissivi come opere di urbanizzazione primaria e da qui la loro compatibilità con qualsiasi zona del P.R.G.;
3) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e ss. d.lgs. 259/2003 e degli artt. 4, 18 e 14 l. 36/2001 e della delibera AGCOM 231/18/CONS. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, per contraddittorietà, irragionevolezza, illogicità manifesta e disparità di trattamento. Violazione dei principi di proporzionalità, non discriminazione e concorrenza. Difetto di istruttoria e motivazione. Incompetenza. Il giudice di primo grado non ha adeguatamente scrutinato il terzo motivo di ricorso dedotto da Iliad sotto il profilo dell’ingiustificato aggravamento dell’onere documentale imposto alla società interessata con la pretesa che, per adeguare il procedimento alla previsione contenuta nell’art. 50 delle NTA, avrebbe dovuto acquisire il consenso dei proprietari di almeno il 51% dei terreni della zona ove avrebbe dovuto essere realizzato l’impianto. Ciò che il giudice di primo grado non ha considerato, né valutato, è l’assenza di una norma primaria che imponga tale onere alle società di telefonia in occasione della presentazione delle istanze per la installazione degli impianti, non tenendo neppure in alcun conto le evidenti finalità acceleratorie e semplificatorie che caratterizzano il procedimento in esame e che emergono dalle disposizioni contenute nelle norme di settore (atteso anche che il legislatore all’art. 93 d.lgs. 259/2003 ha formulato espressamente il divieto di imporre nuovi oneri “che non siano stabiliti dalla legge”).
4. – Si è costituito in giudizio il Comune di Silvi contestando analiticamente le avverse prospettazioni e confermando la correttezza del procedimento svolto e, quindi, la legittimità del diniego opposto alla installazione dell’impianto. L’appellato comune chiedeva, quindi, la reiezione del mezzo di gravame spiegato e la conferma della sentenza di primo grado oggetto di appello. Ad ogni modo il ridetto appellato riproponeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (non scrutinata dal TAR, stante la ritenuta infondatezza del ricorso proposto da Iliad) per non essere stati coinvolti nel processo (tramite tempestiva notifica del ricorso) i residenti e/o, comunque, i proprietari delle aree che sarebbero state interessate dall’installazione dell’impianto di telefonia.
Nel silenzio processuale dell’Azienda sanitaria intimata, si è costituita in giudizio l’ARTA che ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
Con ordinanza 9 luglio 2021 n. 3777, il Collegio ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla società appellante “Rilevato che sussiste il fumus boni juris, specie in relazione alla corretta applicazione dell’art. 50 N.T.A.”.
In vista dell’udienza fissata per il merito le parti hanno presentato memorie, anche di replica e note d’udienza, confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.
5. – Avviando lo scrutinio dell’appello proposto dalla società Iliad il Collegio deve farsi carico di fornire alcune precisazioni in ordine alla normativa statale applicabile in materia di realizzazione di impianti di telefonia e dell’impatto che essa provoca sull’esercizio del potere normativo comunale e regionale in materia di assetto urbanistico del territorio, tenendo conto dell’orientamento consolidato in numerosi precedenti della Sezione che non vi è ragione di non confermare anche nel presente caso (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 1 settembre 2021 n. 6140).
Il Codice delle comunicazioni elettroniche (di cui al d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259), con riferimento alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici (tra cui “l'installazione di torri, di tralicci, di impianti radio-trasmittenti”), prevede la confluenza in un solo procedimento di tutte gli adempimenti amministrativi rilevanti, con il rilascio conclusivo (in forma espressa o tacita) di un titolo abilitativo, qualificato come “autorizzazione”.
A quanto sopra va premesso che espressamente il d.lgs. 259/2003 attribuisce alla fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica il ruolo e la portata proprie delle opere di preminente interesse generale, oltre che “libere” (così, in particolare, l’art. 3, comma 2, d.lgs. 259/2003).
Per quanto nel caso di specie rileva, testualmente l'art. 86, comma 3, del Codice delle comunicazioni elettroniche così recita: “Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia”.
L'art. 90 dello stesso Codice aggiunge che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità hanno “carattere di pubblica utilità”, con possibilità, quindi, di essere ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche (residenziale, verde, agricola).
Nonostante il riconoscimento del carattere di opere di pubblica utilità e malgrado l'assimilazione ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, le predette infrastrutture non possono essere evidentemente localizzate indiscriminatamente in ogni sito del territorio comunale, perché, al cospetto di rilevanti interessi di natura pubblica l'esigenza della realizzazione dell'opera di pubblica utilità può risultare cedevole.
Il Codice delle comunicazioni elettroniche fa infatti espressamente “salve le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione” (art. 3, comma 3, d.lgs. 259/2003).
A questi fini, l'installazione di infrastrutture “viene autorizzata dagli enti locali, previo accertamento, (...) della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001, n. 36 e relativi provvedimenti di attuazione” (art. 87, comma 1, d.lgs. 259/2003).
L'art. 8 l. 22 febbraio 2001, n. 36 (nella versione precedente alla modifica introdotta dall'articolo 38, comma 6, d.l. 76/2020, convertito dalla l. 120/2020, dovendosi applicare, ratione temporis, la precedente formula normativa riferita all’epoca di svolgimento del procedimento per il quale è qui controversia) inoltre, nel disciplinare il riparto di competenze tra le Regioni, le Province e i Comuni in materia, stabilisce che i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
La Corte costituzionale, con la sentenza 11 marzo 2003 n. 331, ha chiarito che nell'esercizio dei suoi poteri il comune non può rendere di fatto impossibile la realizzazione di una rete completa di infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformando i criteri di individuazione, che pure il comune può fissare, in limitazioni alla localizzazione con regole diverse da quelle previste dalla legge quadro n. 36 del 2001. D’altronde e solo per completezza di motivazione (atteso che si è già chiarito come la modifica normativa intervenuta nel 2020 non trova espressa applicazione al caso di specie), va rammentato che il su riferito chiarimento espresso dalla Corte costituzionale nel 2003 è stato seguito e confermato dal legislatore proprio nella modifica normativa del 2020 (con la quale è stato previsto che i comuni possono adottare un regolamento per i fini indicati “con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazione elettroniche di qualsiasi tipologia e in ogni caso di incidere, anche in via indiretta mediante provvedimenti contingibili urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sul valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservate allo Stato ai sensi dell'articolo 4”).
Ai fini della presente controversia assume, quindi, rilievo preminente quanto sancito dall'art. 8, comma 6, l. 36/2001 alla cui stregua: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.
La disciplina in oggetto è stata intesa dalla prevalente giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 13 marzo 2018 n. 1592) nel senso che alle Regioni ed ai Comuni è consentito - nell'ambito delle proprie e rispettive competenze - individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia mobile (anche espressi sotto forma di divieto) quali ad esempio il divieto di collocare antenne su specifici edifici (ospedali, case di cura ecc.) mentre non è loro consentito introdurre limitazioni alla localizzazione, consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei (prescrizione di distanze minime, da rispettare nell'installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all'esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storico-artistici o individuati come edifici di pregio storico-architettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi).
In definitiva, alle Regioni ed ai Comuni è consentito, nell'ambito delle rispettive competenze, individuare "criteri" per la localizzazione degli impianti di comunicazione - individuando cioè le aree del territorio dove meglio è possibile contemperare gli interessi di 'salute, paesaggio, ambiente e diritti di comunicazione' - mentre non è consentito prescrivere esclusivamente "limitazioni" alla localizzazione degli impianti (soprattutto se consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei) che rendano di fatto impossibile una copertura soddisfacente dei servizi di comunicazioni.
Nel rispetto dei limiti anzidetti, la scelta urbanistica di localizzazione degli impianti costituisce espressione di ampia discrezionalità, sindacabile in caso di irragionevolezza e insostenibilità tecnica ed economica.
6. – Prima di procedere nell’esame delle questioni di merito, tenuto conto dei profili normativi di settore sopra illustrati, sotto il profilo processuale deve essere esaminata l’eccezione preliminare sollevata dal Comune di Silvi (in realtà riproposta nella sede di appello per non essere stata valutata dal primo giudice, perché ritenuta superflua stante la infondatezza certa del ricorso proposto da Iliad) e avente ad oggetto la mancata notifica del ricorso originario ai residenti o/o ai proprietari delle aree territoriali interessate dalla (aspirata) installazione dell’impianto, assumendo gli stessi la posizione processuale di controinteressati.
L’eccezione, ad avviso del Collegio, non può essere condivisa.
Senza “scomodare” l’oramai chiarita impostazione giurisprudenziale sulla nozione di vicinitas grazie all’intervento dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 9 dicembre 2021 n. 22 (intervenuta in pendenza del presente contenzioso nel grado di appello), va ribadito quanto la Sezione aveva già da tempo espresso in argomento con interpretazione che convince ampiamente il Collegio (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 13 agosto 2020 n. 5034).
Ed infatti, in materia di controversie in ordine al rilascio di titoli abilitativi per l'installazione di stazioni radio base, l'esigenza dell'allegazione e della prova della sussistenza, in capo alle parti ricorrenti, di una situazione legittimante differenziata da quella riferibile al quisque de populo e di un interesse personale, concreto ed attuale, riferibile a un pregiudizio puntuale e specifico recato alla loro sfera giuridica - sia esso di carattere patrimoniale o di peggioramento delle condizioni di vita e di salute, oppure di deterioramento delle concrete e oggettive connotazioni urbanistico e ambientali dell'area - si impone con particolare riguardo proprio in riferimento a titoli abilitativi relativi ad opere infrastrutturali, quali gli impianti SRB e, in genere, le infrastrutture di comunicazione elettronica che a norma degli artt. 86 e 90 d.lgs. 259/2003. Dette opere, infatti, sono assimilate alle opere di urbanizzazione primaria e di pubblica utilità, in quanto funzionali all'erogazione di un servizio a carattere generale, il cui regime autorizzatorio è diverso da quello degli ordinari titoli edilizi.
In tale ottica, non può ritenersi sufficiente a radicare la legittimazione e l'interesse ad agire o a resistere la mera circostanza della prossimità dell'opera infrastrutturale al sito in questione, dovendo essere per contro fornita la prova concreta (o quantomeno un principio di prova) del vulnus specifico inferto dagli atti impugnati alla sfera giuridica dei soggetti residenti (e/o proprietari) degli immobili insistenti in detta zona. Deve cioè trattarsi di pregiudizi concreti e oggettivi, che non possono esaurirsi in una mera prospettazione soggettiva e arbitraria di ipotetici immissioni di campi elettromagnetici asseritamente pregiudizievoli alla salute, specie nel caso (quale è quello qui in esame) in cui le autorità a ciò preposte (in particolare, l’ARPA) abbiano escluso che l'opera potesse impattare negativamente sotto il profilo sanitario, con una valutazione certamente non sostituibile da una prospettazione soggettiva dei privati in funzione dell'esercizio di una correlativa tutela giudiziale, a pena di introdurre, attraverso l'elevazione di un astratto interesse alla legalità a criterio di legittimazione, un'inammissibile (perché priva di base legale) azione popolare sulla base di considerazioni e prospettazioni del tutto soggettive del singolo ricorrente.
Nel caso di specie, dunque, tenuto conto anche degli elementi documentali prodotti in giudizio, non si rinvengono in capo ai residenti e/o ai proprietari degli immobili ricadenti nella zona interessata dalla installazione dell’impianto, per come richiesto dalla società Iliad, né in senso formale né in senso sostanziale, i presupposti per la qualifica degli stessi quali parti processuali necessarie, in quanto controinteressati, sicché il ricorso di primo grado è stato correttamente proposto.
7. – In secondo luogo, sempre in via preliminare, atteso che in ciascuno dei motivi di appello (almeno nell’intitolazione degli stessi) compare la contestazione per “vizio di incompetenza”, il Collegio ritiene di condividere la posizione del giudice di primo grado che, al cospetto di una analoga situazione, ha ritenuto che “Non ricorre il vizio d’incompetenza, peraltro dedotto nella rubrica di ogni motivo, ma rimasto privo di argomentazioni, perché il provvedimento gravato è stato assunto dal Comune nell’esercizio del potere di autorizzazione ad esso attribuito dall’art. 87, commi 1 e 9, d.lgs. n. 259/2003” (così, testualmente, al capo 3 della sentenza qui oggetto di appello).
8. – Il Collegio ora può procedere all’esame del merito della controversia.
Orbene, tra i motivi indicati nel provvedimento di diniego alla installazione dell’impianto, per come richiesto dalla società Iliad nella domanda autorizzatoria, compare testualmente, quale ragione oppositiva al rilascio del titolo abilitativo espresso, la circostanza che “trattandosi di intervento su area prevista da Piano Regolatore Generale come "C2 Zona residenziale ambito collinare" normata dall’art. 50 delle NTA dove le “trasformazioni fisiche e funzionali sono subordinate alla formazione di uno strumento attuativo di pianificazione intermedio, esteso a ciascun ambito perimetrato, (…), la documentazione prodotta risulta carente dell'autorizzazione alla realizzazione degli interventi di tutti i proprietari o nel limite minimo dei proprietari di almeno il 51% dei terreni facenti capo alla intera zoonizzazione” (così a pag. 2 della comunicazione del 31 luglio 2020, prot. n. 24121).
A punto 6.4 della sentenza di primo grado il TAR ha ritenuto corretta la preclusione opposta dal comune atteso che “Il fatto che detta costruzione sia anche un impianto assimilato ex lege alle urbanizzazioni primarie, localizzabile ovunque, indipendentemente dalla destinazione urbanistica dell’area prescelta, non comporta una deroga al regime urbanistico dei suoli e, in particolare, alle NTA del PRG del Comune di Silvi, il cui art. 50, nella zona interessata dall’intervento per cui è causa, prescrive, per le trasformazioni fisiche e funzionali (comprese le nuove costruzioni), l’adozione di uno strumento attuativo finalizzato, come tale, a localizzare sia gli edifici destinati all’uso previsto dalla zonizzazione, sia le opere per servizi - ossia le opere di urbanizzazione primaria e secondaria - necessari alla progettazione di un insediamento unitario”.
Dalla documentazione versata in atti non risulta che il Comune di Silvi abbia adottato un regolamento comunale per la delocalizzazione degli impianti di (tele-radio) comunicazione, ma solo che alla richiesta di installazione dell’impianto osterebbe la previsione dell’art. 50 N.T.A. nonché l’art. 104 del Regolamento edilizio comunale che, entrambi, dispongono in via generalizzata un divieto di installazione di impianti ovvero, al più (come è stato prescritto con il provvedimento di diniego di autorizzazione impugnato in primo grado), impongono adempimenti e oneri (quali “dell'autorizzazione alla realizzazione degli interventi di tutti i proprietari o nel limite minimo dei proprietari di almeno il 51% dei terreni facenti capo alla intera zoonizzazione”) non previsti da fonte primaria.
Né il Collegio può condividere l’interpretazione offerta dal giudice di primo grado in ordine alle norme statali applicabile al settore della installazione di impianti di “comunicazione”.
Ne deriva che, per come già anticipato in sede cautelare, il provvedimento impugnato risulta illegittimamente formato e motivato, con riguardo all’ostacolo alla installazione derivante dalle previsioni urbanistico edilizie comunali, dovendo trovare applicazione (ed opponendosi alla impostazione abbracciata dal comune tesa a valorizzare il contenuto dell’art. 50 delle NTA e dell’art. 104 del Regolamento edilizio) le disposizioni normative statali e l’interpretazione giurisprudenziale delle stesse sopra ampiamente riprodotte e illustrate.
9. – Per quanto concerne il rilevato deficit procedimentale che, ad avviso del comune appellato, si opporrebbe alla formazione del silenzio assenso sull’istanza presentata dalla società Iliad nel termine di 90 giorni dalla data di comunicazione agli uffici (27 settembre 2019), contestando anche la adeguatezza – sotto il profilo formale della su richiamata istanza – in quanto non confezionata sotto forma di SCIA per come prescritto, il Collegio rileva quanto segue.
Dalla documentazione depositata dal comune già nel corso del giudizio di primo grado emerge che l’istanza di autorizzazione è stata presentata dalla società Iliad utilizzando un modulo telematico di richiesta di rilascio di permesso a costruire (ai sensi dell’art. 20 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Tuttavia, sempre dalla documentazione prodotta in atti, emerge che la società Iliad, oltre a depositare l’istanza di autorizzazione nelle forme suindicate (e quindi apparentemente non idonee rispetto a quanto previsto dall’art. 87, comma 3, d.lgs. 259/2003), ha anche depositato una (corretta) istanza di rilascio di autorizzazione alla installazione dell’impianto secondo le prescrizioni dell’art. 87 d.lgs. 259/2003, sia come allegato al modulo presentato in forma telematica al SUAP/SUE sia in formato cartaceo, in data 29 novembre 2020 (entrambi prodotti in atti con le ricevute di presentazione in alcune delle quali è citato espressamente che l’atto presentato è una “istanza di autorizzazione ai sensi degli artt. 87 e 88 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D.Lgs. 259/03 s.m.i.)”.
Quindi non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, la domanda presentata nel settembre del 2019 dalla società Iliad avrebbe dovuto essere “presa in carico” dagli uffici quale istanza ai sensi del d.lgs. 259/2003 (considerato anche che nello stesso provvedimento di diniego alla installazione dell’impianto si oppongono ostacoli amministrativi propriamente collegati al Codice delle comunicazioni elettroniche).
11. - Quanto poi all’asserita carenza di documentazione contestata alla società Iliad, nel provvedimento di diniego impugnato si elencano gli atti istruttori non prodotti e la cui acquisizione impedirebbe il rilascio del titolo abilitativo come segue:
- “Estremi o copia del parere favorevole ARTA;
- Estremi o copia del parere favorevole ASL (parere richiesto dall’ufficio scrivente e in attesa di ricevimento);
- Autorizzazione scritta di tutti i proprietari come sopra riportato;
- Estremi o copia del provvedimento dell’Autorità di Bacino”.
Aggiunge la difesa comunale (a pag. 9 della memoria depositata in giudizio) che “Con il provvedimento impugnato, inoltre, il Comune di Silvi rappresentava a chiare lettere che i pareri Arta, Deposito sismico ed Autorità di Bacino non gli erano pervenuti né in originale, né in allegato alla nota Iliad e, in ogni caso, non vi erano riferimenti sufficienti al reperimento degli stessi tranne per il deposito Sismico inoltrata dalla Regione Abruzzo in data 28.02.2020 prot. n° 8298”.
L’appellante propone, in merito alla contestata carenza della suindicata documentazione, la seguente cronologia riferita al rilascio dei suddetti provvedimenti:
- in data 15 ottobre 2019, il parere favorevole di ARTA in relazione al rispetto dei limiti alle emissioni elettromagnetiche di cui al D.P.C.M. 18 luglio 2003;
- in data 25 febbraio 2020, l’attestazione di avvenuto deposito sismico rilasciata dal Servizio genio civile di Teramo – DPE014;
- in data 14 luglio 2020, il parere favorevole dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Centrale – Settore sub-distrettuale per la Regione Abruzzo in relazione al rispetto delle norme del Piano di assetto idrogeologico;
- in data 15 gennaio 2021, il parere dell’ASL competente.
Dalla documentazione contenuta negli atti del fascicolo digitale del presente processo, con riferimento ai documenti suelencati, emerge che:
- il parere favorevole dell’ARTA Abruzzo, con allegata la relazione tecnica per impatto elettromagnetico, è stato adottato il 15 ottobre 2019 e tra i destinatari in indirizzo compare, tra gli altri, il Comune di Silvi;
- l’attestazione di avvenuto deposito sismico, rilasciata dal Servizio genio civile di Teramo – DPE014, reca la data del 25 febbraio 2020 e il Comune di Silvi afferma di essere a conoscenza del suo inoltro (al predetto comune da parte della Regione Abruzzo) in data 28 febbraio 2020;
- il parere favorevole dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Centrale – Settore sub-distrettuale per la Regione Abruzzo in relazione al rispetto delle norme del Piano di assetto idrogeologico, reso in data 14 luglio 2020. Tale atto non risulta espressamente trasmesso al Comune di Silvi, di talché si può presumere che sia stato reso noto agli uffici comunali competenti dalla stessa società Iliad con la lettera del 22 luglio 2020, con la quale reclamava la formazione del silenzio-assenso;
- quanto al parere della ASL il comune è “in attesa” dello stesso.
Nel caso in esame, vengono dunque in emersione le seguenti considerazioni decisive che il Collegio ritiene rilevante sottolineare:
1) in primo luogo, la documentazione da allegare all’istanza per il rilascio dell’autorizzazione a installare un impianto ai sensi delle disposizioni del Codice del consumo (ricordando ancora una volta, che in questa sede si tengono in considerazione solo le norme del Codice nella formulazione vigente al momento dei fatti che hanno dato luogo alla presente controversia) è soltanto quella specificamente prevista dall’allegato 13 al Codice;
2) il principio di tassatività delle condizioni procedimentali descritte nell’art. 87 d.lgs. 259/2003 e della semplificazione accelerata del procedimento di rilascio dell’autorizzazione alla installazione, escludono che l’amministrazione procedente possa imporre oneri procedimentali o documentali aggiuntivi rispetto a quelli fissati dalla norma primaria e comunque determina un obbligo a carico dell’amministrazione di comunicare tempestivamente – entro 15 giorni – al soggetto interessato le carenze istruttorie che potrebbero impedire il rilascio dell’atto abilitativo;
3) va escluso, in via generale, per effetto dell’applicazione dell’art. 18, comma 2, l. 241/1990, che possa ricadere, con effetti sfavorevoli, in capo al presentatore dell’istanza, l’eventuale carenza di disponibilità fisica di un documento già rilasciato da una amministrazione, vigendo la regola generale, in tutti i procedimenti amministrativi, tranne nelle specifiche ipotesi eccezionali previste dal legislatore, dell’obbligo in capo all’amministrazione procedente di reperire la documentazione necessaria per l’espletamento dell’istruttoria, quando essa sia in possesso della stessa amministrazione procedente ovvero di altre pubbliche amministrazioni;
4) va ribadito infine che, ai sensi dell’art. 14, comma 2, l. 241/1990, è fatto obbligo all’amministrazione procedente, allorquando debbono essere acquisiti da altre pubbliche amministrazioni atti di assenso, intese, nulla osta, autorizzazioni, di indire una conferenza di servizi (“La conferenza di servizi decisoria è sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici”).
12. - Va ancora aggiunto, a ulteriore chiarimento di quanto sopra si è argomentato e quale ulteriore passo nella prospettiva della decisione del contenzioso qui in esame, quanto segue.
Ai sensi dell'art. 87 d.lgs. 259/2003 (sempre nella vigenza ratione temporis), al comma 9 si statuisce che “Le istanze di autorizzazione si intendono accolte qualora, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, e non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali. Nei predetti casi di dissenso congruamente motivato, ove non sia stata adottata la determinazione decisoria finale nel termine di cui al primo periodo, si applica l'articolo 2, comma 9-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma. Decorso il suddetto termine, l'amministrazione procedente comunica, entro il termine perentorio di sette giorni, l'attestazione di avvenuta autorizzazione, scaduto il quale è sufficiente l'autocertificazione del richiedente (...)”.
In linea generale, pertanto, il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, disciplinato dall'art. 87 d.lgs. 259/2003, costituisce un procedimento unico, nell'ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, senza che debba essere attivato un secondo autonomo procedimento edilizio, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2021 n. 3019, 22 gennaio 2021 n. 666 e 21 gennaio 2020 n. 506).
Sempre in linea generale, occorre tener presente al riguardo che la normativa applicabile alla materia esprime un particolare favor per la realizzazione di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico e ne costituisce evidente dimostrazione il tenore dell’art. 86, comma 3, d.lgs. 259/2003 (già più sopra riprodotto integralmente) che assimila, ad ogni effetto, “le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione (…) e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica (…) alle opere di urbanizzazione primaria”, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori.
Ne deriva che, sia alla luce dei principi in materia, operanti anche in termini ermeneutici della disciplina settoriale, sia a fronte del dato letterale del comma 9 predetto, non risulta che la previsione di semplificazione (dettata dalla fonte primaria) sia condizionata dalla formale presenza di uno o più documenti, come nel caso di specie (invece) è stato richiesto dal Comune di Silvi, in particolare gli estremi o copia del provvedimento dell’Autorità di Bacino né, tanto meno, per le ragioni più sopra affrontate (di inapplicabilità del divieto di installazione fondato sul richiamo all’art. 50 NTA al PRG comunale), l’autorizzazione scritta di tutti i proprietari o nel limite minimo dei proprietari di almeno il 51% dei terreni facenti capo alla intera zoonizzazione.
Il carattere preminente della norma, nei rilevati termini di accelerazione e semplificazione, è confermato dal testo della stessa, laddove si consente agli enti locali di dettare regole diverse ma unicamente in termini di ulteriore accelerazione.
13. – Ne consegue che, a fronte del chiaro tenore letterale della norma - in merito al decorso del termine sull'istanza di autorizzazione - nel caso in esame, in assenza di un dissenso di “un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali” e tenuto conto che l’ARTA si era già espressa in termini favorevoli con riguardo ai profili ambientali, a tutto voler concedere il termine di novanta giorni può considerarsi spirato (e di conseguenza il silenzio-assenso può considerarsi formato) al più tardi al novantesimo giorno dopo il rilascio del parere favorevole dell’ARTA. Tanto meno può avere rilievo, nella sopra descritta prospettiva regolatoria, l’attestazione del comune che è “in attesa” del parere dell’ASL.
D’altronde, altrimenti opinando sia la lettera che la ratio acceleratoria e semplificatoria della norma predetta (contenuta nel più volte citato art. 87) risulterebbero del tutto frustrate, laddove ogni eventuale carenza formale dell'istanza fosse in grado di escludere l'effetto dettato dalla stessa norma. Del resto, laddove la norma abbia inteso condizionare il decorso del termine lo ha compiutamente evidenziato, in specie con riferimento al rilievo del dissenso dell'amministrazione competente in termini ambientali e culturali. Analogo rilievo non può riconoscersi, pena la violazione sia della lettera che della ratio della norma, ad eventuali carenze edilizie ed urbanistiche o di altra natura (che sfugga dalla previsione normativa) in specie se di carattere formale.
Il Collegio, nondimeno, avverte l’esigenza di sottolineare (come è già avvenuto in recenti precedenti della Sezione; cfr, ad esempio, Cons. Stato, Sez. VI, 14 febbraio 2022 n. 1050) come, ovviamente, resta del tutto salva l'applicazione della disciplina generale, che mantiene su di un piano di ragionevolezza e proporzionalità il sistema ordinamentale, tra tutela (degli interessi coinvolti e garantiti dalle amministrazioni) e semplificazione (dell'iter burocratico condizionante l'esercizio dell'attività economica degli operatori del settore in questione), nei termini espressamente ribaditi dall’art. 20, l. 241/1990, in specie al comma 3.
Sicché, sempre in linea generale, il complesso sistema procedimentale delineato dall'art. 87, comma 9, d.lgs. 259/2003 (vale a dire il meccanismo del silenzio-assenso ivi previsto, in evidente chiave acceleratoria) non esclude la possibilità per cui, nell'inerzia dell'amministrazione locale competente, il titolo abilitativo si formi per silenzio anche nel caso in cui l'istanza non sia corredata dai necessari documenti a supporto e, contemporaneamente, l'ente competente abbia omesso di adottare in tempo utile un provvedimento espresso di contenuto negativo.
In ragione di quanto appena segnalato, nell'ipotesi in questione quindi, che è poi quella oggetto della presente controversia, resta pur sempre salva la possibilità per l'amministrazione competente di adottare gli atti di ritiro, anche nell'ipotesi in cui si sia formato il silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 20, comma 2. l. 241/1990, che fa espresso il rinvio, in parte qua, alle disposizioni di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della medesima legge, sempre che ne ricorrano i presupposti.
Nel caso di specie va in conclusione ribadito, sotto un primo versante, che il procedimento di installazione delle infrastrutture per impianti radioelettrici, così come disciplinato dal previgente art. 87 d.lgs. 259/2003, costituisce un procedimento unico, nell'ambito del quale devono confluire anche le valutazioni edilizie, in conformità delle esigenze di semplificazione procedimentale e, sotto altro versante, che l'amministrazione non può esigere documenti diversi da quelli di cui all'allegato 13 (modello A) d.lgs. 259/2003, attese le finalità acceleratorie e semplificatorie del procedimento di cui agli artt. 87 e 87-bis, d.lgs. 259/2003 (all’epoca vigenti), sicché la richiesta da parte del Comune di Silvi (alla società Iliad) di produrre ulteriore documentazione non prevista dalla normativa risulta un aggravamento procedimentale contrario della ratio della normativa previgente nonché alla logica sottesa dagli artt. 1 e 2 l. 241/1990.
14. – In ragione delle considerazioni, come sopra illustrate, i motivi di appello (scrutinati nel loro complesso in virtù del noto principio giurisprudenziale della “ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale, sul quale si rimanda a: Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015 n. 5 nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014 n. 26242 e a Cons. Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021 n. 6209) vanno ritenuti fondati sicché va riformata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sez. I, 26 marzo 2021 n. 165, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 399/2020) proposto dalla società Iliad S.p.a. e, quindi, va annullato il provvedimento del Comune di Silvi del 31 luglio 2020 (prot. n. 24121), essendosi già formato il silenzio-assenso sull’istanza presentata dalla suddetta società.
Le spese del doppio grado di giudizio, per il principio della soccombenza processuale, di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., vanno imputate a carico del Comune di Silvi e in favore della società Iliad S.p.a., liquidandosi complessivamente nella misura di € 6.000,00 (euro seimila/00), oltre accessori come per legge nonché al contributo unificato per entrambi i gradi di giudizio. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate con riferimento alle altre parti costituite, stante la perifericità della loro posizione processuale e, a maggior ragione, nei confronti dell’azienda sanitaria locale n. 4 di Teramo, intimata ma non costituita in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 4667/2021), come indicato in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sez. I, 26 marzo 2021 n. 165, accoglie il ricorso di primo grado (R.g. n. 399/2020) e annulla il provvedimento del Comune di Silvi del 31 luglio 2020 (prot. n. 24121).
Condanna il Comune di Silvi, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere le spese del doppio grado di giudizio in favore della società Iliad Italia S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, che liquida nella misura complessiva di € 6.000,00 (euro seimila/00), oltre accessori come per legge nonché al contributo unificato per entrambi i gradi di giudizio.
Spese del doppio grado di giudizio compensate nei confronti delle altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 17 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Silvestro Maria Russo, Presidente FF
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Consigliere
Thomas Mathà, Consigliere