Cass. Sez. III n. 33817 del 30 novembre 2020 (UP 6 ott 2020)
Pres. Andreazza Est. Di Stasi Ric. Schiapichetti
Aria.Getto pericoloso di cose

In tema di getto pericolo di cose, l'evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ., la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice; in caso di "molestie olfattive", poi, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità", previsto dall'art. 844 cod. civ.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12/07/2019, il Tribunale di Pisa dichiarava Schiapichetti Fiorina responsabile del reato di cui all’art. 674 cod.pen.- perché, facendo uso di una bomboletta spray contenente una sostanza chimica nociva, tipo insetticida, atta a molestare persone, spruzzava il liquido in essa contenuto nella veranda prospiciente l’appartamento di proprietà dei coniugi Rizzo Carmelo e De Salazar Anna Teresa - e la condannava alla pena di euro duecento di ammenda.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Schiapichetti Fiorina, a mezzo del difensore di fiducia, articolando cinque motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione dell’art. 674 cod.pen. per aver ritenuto il Giudice di merito irrilevante, ai fini dell’integrazione del reato contestato, il contenuto, nocivo o meno, della sostanza nebulizzata dall’imputata; argomenta che la sostanza nebulizzata nel proprio giardino dall’imputata era semplice deodorante e, pertanto, non vi era stata alcuna concreta potenzialità per l’incolumità delle persone.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 674 cod.pen. per aver trascurato del tutto l’elemento psicologico; argomenta che la condotta di spruzzare deodorante nel proprio giardino non costituisce condotta, né dolosa né colposa, idonea ad integrare il reato contestato.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 674 cod.pen. e correlato vizio di motivazione per aver trascurato il superamento della normale tollerabilità ex art. 844 cod.civ., criterio ritenuto dirimente dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del reato contestato; argomenta che la condotta dell’imputata, concretatasi in un unico episodio, e consistita nel nebulizzare nel proprio giardino una sostanza deodorante costituiva condotta lecita e, comunque, non idonea a superare il limite della normale tollerabilità.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod.pen., lamentando che pur avendo il difensore avanzato tale richiesta all’udienza dibattimentale del 12/07/2019, il Tribunale era rimasto silente sul punto.
Con il quinto motivo impugna i capi civili della sentenza, deducendo che, difettando la prova della responsabilità penale dell’imputata, non poteva essere risarcito alcun danno alle parti civili.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi tre motivi di ricorso, che si trattano congiuntamente in quanto oggettivamente connessi perché afferenti tutti all’affermazione di responsabilità, sono manifestamente infondati.
Va ricordato che la contravvenzione prevista dall'art. 674 cod. pen.- “getto pericoloso di cose “-, punisce, con le pene stabilite, chiunque getta o versa in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissione di gas, di vapori o di fumo atti a cagionare tali effetti.
Le diverse condotte previste dalla norma ("gettare" o "versare" cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone e “provocare immissioni gas, vapori o fumo”) integrano un’unica fattispecie di reato.
Questa Corte ha, infatti, precisato che, la fattispecie contravvenzionale descritta dall'art. 674 cod. pen. non prevede due distinte ed autonome ipotesi di reato, ma un reato unico, in quanto, in particolare la condotta consistente nel provocare emissioni di gas, vapori o fumo rappresenta una species del più ampio genus costituito dal gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone (Sez.3, n.36845 del 13/05/2008, Rv.240767 – 01; Sez. 3, n. 37495 del 13/07/2011. P.M. in proc. Dradi, Rv. 251287).
Quanto alla natura della fattispecie criminosa, è stato affermato che il reato di getto pericoloso di cose ha di regola carattere istantaneo e, solo eventualmente, natura permanente, essendo ravvisabile la permanenza solo nell’ipotesi di illegittime emissioni che siano connesse all'esercizio di attività economiche e legate al ciclo produttivo (Sez 3, n.1301 del 09/11/2016, dep. 12/01/2017, Rv.269413 – 01; Sez. 1, n. 2598 del 13/11/1997 - dep. 27/02/1998, P.M. in proc.Garbo, Rv. 209960; Sez.1, n.9293 del 10/08/1995, Rv.202403 – 01; ).
Con riguardo alla condotta di gettare o versare cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone - che viene in rilievo nel caso in esame - va ricordato che con il termine "molestia alla persona" deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano; ne deriva che tale idoneità deve essere accertata, dal giudice di merito, identificando la natura delle cose gettate e ricostruendo le concrete modalità della condotta (Sez.3, n.49983 del 09/04/2015, Rv.265399 – 01; Sez. 3, 18.6.2004 n. 38297, P.M. in proc. Providenti ed altri; Sez. 1, 4.7.1986 n. 12261. Di Leo, Rv. 174195).
Inoltre, ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone, ne consegue che è sufficiente per la sussistenza dell'elemento materiale del reato che la realizzazione della condotta sia idonea a mettere in pericolo l'interesse protetto; nè tale attitudine deve essere necessariamente accertata mediante perizia, potendo il giudice, secondo le regole generali, fondare il proprio convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali, in particolare, le dichiarazioni testimoniali quando tali dichiarazioni non si risolvano nell'espressione di valutazioni meramente soggettive o di giudizi di natura tecnica, ma si limitino a riferire quanto oggettivamente percepito dai dichiaranti medesimi (Sez.3, n.971 del 11/12/2014, dep.13/01/2015, Rv.261794 – 01; Sez.1, n.8148 del 04/06/1996, Rv.206966 - 01).
Quanto, infine, all’elemento psicologico, non hanno rilevanza alcuna i motivi e il fine perseguiti dal soggetto, essendo solo necessario che la condotta sia attribuibile all'agente quanto meno sotto il profilo del comportamento colposo (Sez. 1, n. 8148 del 04/06/1996, Rv.206966 – 01).
Nella specie, il Tribunale, ha accertato, in punto di fatto, valutando compiutamente le dichiarazioni testimoniali assunte, che la ricorrente, con condotta volontaria e consapevole, mentre nella veranda dei vicini era in corso un’attività di cottura di cibo su un fornelletto elettrico, irrorava, per quasi un minuto, con una bomboletta spray contenente insetticida, la rete ombreggiante posta sul muretto a confine tra le due proprietà, proprio in corrispondenza del punto ove era collocato il fornelletto con la pietanza in cottura.
Ha, quindi, ritenuto integrato il reato contestato evidenziando che spruzzare una sostanza chimica su del cibo destinato all’alimentazione umana, costituisce condotta atta a molestare le persone, costringendo i soggetti passivi a non consumare più il cibo e recando disturbo al modo di vivere quotidiano.
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica ed in linea con i suesposti principi di diritto e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
Né coglie nel segno la doglianza con la quale si lamenta che il Giudice di merito aveva trascurato il superamento della normale tollerabilità ex art. 844 cod.civ., criterio ritenuto dirimente dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del reato contestato.
Tale criterio, infatti, non rileva in caso di condotta che, come nella specie, si concretizzi nel “gettare" o "versare" cose atte ad offendere, imbrattare o molestare persone.
Diversamente, esso assume rilievo in ipotesi di condotta concretatesi nel “provocare emissioni di gas, vapori o fumo”. Per completezza, è utile ricordare che, in tema di getto pericolo di cose, l'evento di molestia provocato dalle emissioni di gas, fumi o vapori si ha non solo nei casi di emissioni inquinanti in violazione dei limiti di legge, ma anche nel caso di superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ., la cui tutela costituisce la ratio della norma incriminatrice (Sez. 3, n. 14467 del 22/11/2016, Venturin, Rv. 269326; Sez. 3, n. 12019 del 10/02/2015, Pippi, Rv. 262710; Sez. 3, n. 45230 del 03/07/2014, Benassi, Rv. 260980); in caso di "molestie olfattive", poi, quando non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, la Corte di cassazione ha individuato il criterio della "stretta tollerabilità" quale parametro di legalità dell'emissione, attesa l'inidoneità ad approntare una protezione adeguata all'ambiente ed alla salute umana di quello della "normale tollerabilità", previsto dall'art. 844 cod. civ. (Sez. 3, n. 2475 del 09/10/2007, Alghisi, Rv. 23844; Sez. 3, n. 11556 del 21/02/2006, Davito, Rv. 233565; Sez. 3, n. 19898 del 21/04/2005, Pandolfini, Rv. 231651).
2. E’, invece, fondato il quarto motivo di ricorso.
Nella sentenza impugnata, pur avendo la difesa dell’imputato formulato, in sede di conclusioni, richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen., non vengono esplicitate le ragioni del relativo diniego.
Il Tribunale a fronte di una specifica richiesta di verifica sull'applicabilità del predetto istituto, richiesta idonea a focalizzare - per la sua specificità - un "punto" della decisione meritevole di una puntuale seppur sintetica risposta, aveva l’obbligo di pronunciarsi.
Il silenzio della decisione sul tema, pertanto, vizia parzialmente l'atto decisorio e tale omissione investe un ambito della decisione rimesso all'esclusivo apprezzamento fattuale del giudice di merito.
3. Consegue, pertanto, l’annullamento parziale della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito affinché valuti, con giudizio di fatto non surrogabile in questa sede, l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis cod.pen, con la precisazione che l'annullamento con rinvio della sentenza di condanna per la verifica della sussistenza dell'art. 131-bis cod. pen., impedisce l'applicabilità nel giudizio di rinvio della eventuale causa di estinzione del reato per prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez.3, n.50215 del 08/10/2015, Rv.265434), divenendo irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità e rimanendo sospesa la statuizione di condanna al verificarsi di una condizione costituita dall'applicabilità o meno della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
4. Resta assorbito il quinto motivo di ricorso.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Pisa in diversa persona fisica. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Dichiara irrevocabile l’affermazione di penale responsabilità.
Così deciso il 06/10/2020