Consiglio di Stato Sez. IV n. 4731 del 30 maggio 2025
Urbanistica.Piani urbanistici 

Il piano regolatore, così come gli altri piani urbanistici, sono atti generali ampiamente discrezionali, sindacabili soltanto per macroscopica illogicità o irragionevolezza, o qualora siano inficiati da errori di fatto o da abnormi illogicità, perché incoerenti con l'impostazione di fondo dell'intervento pianificatorio. Ne consegue che non sussiste la necessità di particolari motivazioni a sostegno delle scelte urbanistiche del Comune essendo sufficiente il mero richiamo ai criteri e principii ispiratori del piano. Tale principio trova eccezione nell’ipotesi in cui sussista un’aspettativa qualificata del proprietario o una specifica destinazione urbanistica. A fronte di destinazioni urbanistiche diverse e più sfavorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, l'esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione sussiste solo quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo), approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un'aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione. Inoltre, le istanze e osservazioni proposte dai cittadini e/o proprietari in riferimento agli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, non danno luogo a peculiari aspettative, sicché il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio.

Pubblicato il 30/05/2025

N. 04731/2025REG.PROV.COLL.

N. 08653/2023 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8653 del 2023, proposto da Immobiliare Quadrifoglio di Vazzana Giovanni & C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Riccardo Anania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.

contro

Comune di Baranzate, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Angela Sarli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Città Metropolitana di Milano, Regione Lombardia, non costituiti in giudizio.

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 760 del 2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Baranzate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2025 il Cons. Maurizio Santise e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnazione del Piano generale territoriale emanato dal Comune di Baranzate nella parte in cui prevede disposizione lesive per la società appellante la quale, con l’odierno atto di appello, ha evidenziato:

- di essere proprietaria di un edificio identificato in Catasto, al foglio n. 66, particelle 2 e 3, categoria D/8, sito in Baranzate (individuabile anche alla Via Aquileia n. 44) e di un vasto compendio immobiliare di circa 10.000 mq, corrispondente all’insediamento industriale ex MOTOM, edificato a seguito di licenza edilizia in data 1.10.1953;

- che col precedente strumento urbanistico del 2015 (deliberazione del Consiglio Comunale n. 22 del 14.4.2015), l’area veniva classificata come ambito di rigenerazione urbana “ARU11 – SP46 Rho- Monza (ex-Motom)”;

- di aver proposto avverso lo strumento precedente il ricorso avente R.G. n. 2115/2015:

- che in data 30 luglio 2020, il Comune di Baranzate, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 33, adottava un nuovo strumento urbanistico, che confermava la destinazione dell’area nell’ambito degli ambiti di rigenerazione urbana (Aru C);”

- di aver presentato un’osservazione (la n. 37, prot. 2830/2021) con la quale chiedeva «di creare le condizioni per pervenire effettivamente, e in tempi rapidi, al recupero del sito alla piena efficienza, tramite (in primo luogo ma non esclusivamente): 1) piena ammissibilità di funzioni per categorie produttive compatibili con la destinazione originaria del compendio; 2) eliminazione dell'obbligo del piano attuativo con riduzione garantita dei tempi e dei costi di approvazione di progetto di riuso; 3) conseguente possibilità di mantenimento e riuso, tramite ristrutturazione, degli edifici esistenti (e in particolare dell'edificio principale pluripiano), con conseguente riduzione dei costi e dei tempi di riconversione strutturale e funzionale, ed oggettivo aumento delle possibilità di effettivo riuso»;

- che in data 15 marzo 2021, il Comune controdeduceva analiticamente alle osservazioni, accogliendo in parte l’osservazione della società e rigettandola per il resto.

- che infine, in data 8 aprile 2021, il nuovo strumento veniva approvato con la deliberazione consiliare n. 7.

3. Assumendo l’illegittimità dello strumento urbanistico, per la parte in cui disciplina l’area di proprietà, la società Immobiliare Quadrifoglio ha impugnato innanzi al T.a.r. per la Lombardia l’atto di approvazione del Pgt e tutti gli atti presupposti.

Il T.a.r. per la Lombardia, con sentenza n. 760 del 2023, ha respinto il ricorso.

4. Immobiliare Quadrifoglio di Vazzana Giovanni & C. S.a.s. ha, quindi, impugnato la predetta sentenza, deducendo i seguenti motivi di appello:

ERROR IN IUDICANDO ed ERROR IN PROCEDENDO IN ORDINE AL RIGETTO DEL I MOTIVO DI RICORSO - ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO IN ORDINE ALL’INDIVIDUAZIONE DEL CENTRO ABITATO - DIFETTO DI ISTRUTTORIA – VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 4 DEL D.LGS. 285/1992 (NUOVO CODICE DELLA STRADA) E DELL’ART. 28 DEL DPR 495/1992 - INCOMPETENZA.

La modifica del centro abitato è stata surrettiziamente ed illegittimamente introdotta dalle tavole del nuovo strumento urbanistico, con conseguente illegittimità degli impugnati per incompetenza ex art. art. 4, comma 1, del D.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e ss.mm.ii.

L’area in questione possiederebbe comunque le caratteristiche per essere inclusa all’interno del centro abitato in quanto sussistono i presupposti di cui all’art. 3, comma 1, n. 8 del D.lgs. 30 aprile 1992 n. 285.

II. ERROR IN IUDICANDO ed ERROR IN PROCEDENDO IN ORDINE AL RIGETTO DEL II MOTIVO DI RICORSO - ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO – DIFETTO DI ISTRUTTORIA – PERPLESSITA’ – CONTRADDITTORIETA’ – CONTRASTO CON I PRINCIPI DI BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELLA P.A (ART. 97 DELLA COSTITUZIONE) – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 41 E 42 DELLA COSTITUZIONE VIOLAZIONE DELL’ART. 8, COMMA 2 E QUINQUIES DELLA L.R. N. 12/2005 – DIFETTO DI MOTIVAZIONE E CONTRADDITTORIETA’.

Lo strumento urbanistico impugnato include illegittimamente l’area della ricorrente tra gli Ambiti di Rigenerazione Urbana - in particolare ARU C - disciplinata dall’art. 17 delle NTA del Piano delle Regole.

La qualificazione dell’immobile quale edificio dismesso è tuttavia frutto di un palese errore di istruttoria e contrasta con la realtà dei fatti. Inoltre, da una parte è stata consentita la destinazione d'uso del gruppo Gf 3a.3 (Logistica), come richiesta da parte appellante, ma, dall’altro, è stata inopinatamente eliminata la destinazione Gf 2 (attività turistico ricettiva), prevista anche in fase di adozione del PGT.

Tale esclusione è stata erroneamente disposta sul presupposto di un’asserita incompatibilità ambientale con le destinazioni ammesse ed integrate per effetto dell’accoglimento delle osservazioni. Deve essere, inoltre, stigmatizzata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto legittima l’esclusione della destinazione produttiva, già prevista dal precedente PGT e conforme alla destinazione d’uso dell’immobile esistente.

III. ERROR IN IUDICANDO ed ERROR IN PROCEDENDO IN ORDINE AL RIGETTO DEL III MOTIVO DI RICORSO - ILLEGITTIMITA’ DELL’IMPOSIZIONE DI UN PIANO ATTUATIVO PER UN’AREA TOTALMENTE URBANIZZATA - ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO – DIFETTO DI ISTRUTTORIA – CONTRASTO CON I PRINCIPI DI BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELLA P.A (ART. 97 DELLA COSTITUZIONE) – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 41 E 42 DELLA COSTITUZIONE - VIOLAZIONE DELL’ART. 12 E 14, COMMA 1 BIS DELLA L.R. N. 12/2005 - VIOLAZIONE DELL’ART. 9 DEL DPR 380/2001.

L’appellante ha contestato la previsione del piano attuativo in quanto illegittima, poiché l’area è già sufficientemente urbanizzata e non necessiterebbe di nuovi standard. Sarebbe evidente che l’imposizione di un piano attuativo sull’area in questione non dipende da una specifica valutazione in ordine all’effettiva necessità di infrastrutture ed urbanizzazioni ma sarebbe stata imposta sulla base di valutazioni di carattere generale, prescindendo dalla situazione dell’area ARU C e dimenticando anche che la destinazione attribuita all’area è assolutamente in linea con le attuali caratteristiche del compendio.

IV. VIOLAZIONE E/O FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 10 E 11 DELLA L.R. N. 12/2015 - CONTRASTO I PRINCIPI DI BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’ DELLA P.A (ART. 97 DELLA COSTITUZIONE) – VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 41 E 42 DELLA COSTITUZIONE.

E’ stata, inoltre, dedotta l’illegittimità della disciplina perequativa prevista dal PGT che sarebbe gravemente penalizzante per l’appellante tenuto conto che l’area è già edificata ed urbanizzata e non necessita di rigenerazione urbana; il PGT impone comunque oneri esorbitanti per la proprietà che di fatto impediscono qualsiasi prospettiva di sviluppo dell’area.

Il Comune di Branzate si è costituito regolarmente in giudizio, contestando l’avverso appello e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 10 aprile 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.

Tanto premesso in punto di fatto l’appello è infondato per i motivi di seguito esposti.

5. In via preliminare va evidenziato che il piano regolatore, così come gli altri piani urbanistici, sono atti generali ampiamente discrezionali, sindacabili soltanto per macroscopica illogicità o irragionevolezza, o qualora siano inficiati da errori di fatto o da abnormi illogicità, perché incoerenti con l'impostazione di fondo dell'intervento pianificatorio. Ne consegue che non sussiste la necessità di particolari motivazioni a sostegno delle scelte urbanistiche del Comune essendo sufficiente il mero richiamo ai criteri e principii ispiratori del piano. Tale principio trova eccezione nell’ipotesi in cui sussista un’aspettativa qualificata del proprietario o una specifica destinazione urbanistica. A fronte di destinazioni urbanistiche diverse e più sfavorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, l'esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione sussiste solo quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo), approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un'aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione.

Inoltre, le istanze e osservazioni proposte dai cittadini e/o proprietari in riferimento agli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, non danno luogo a peculiari aspettative, sicché il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio (da ultimo Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 08.06.2020 n. 3632).

6. Sulla base di tali coordinate ermeneutiche può essere esaminato il primo motivo di appello, con cui parte appellante ha contestato la sentenza del T.a.r. che ha ritenuto legittima la collocazione dell’area di sua proprietà all’esterno del perimetro del centro urbano, circostanza che determina l’applicazione della fascia di rispetto stradale di 60 metri ai sensi dell’art. 28 d.P.R. n. 494/1992.

Ritiene il Collegio che tale motivo di appello sia infondato, in considerazione degli esposti stringenti limiti cui possono essere sindacati i piani urbanistici e alla luce della circostanza che le disposizioni del piano contestate non sono palesemente illogiche o irragionevoli.

Di rilievo, ai fini della ragionevolezza della scelta dell’amministrazione, è certamente la circostanza che l’immobile di proprietà di parte appellante è posto integralmente all’interno dello svincolo dell’autostrada A52 (cd. tangenziale nord), come correttamente evidenziato dal T.a.r.

Inoltre, anche dalle tavole prodotte in giudizio (doc. 16 depositati nel giudizio di primo grado) emerge in maniera cristallina che l’area di proprietà dell’appellante è stata sempre posta al di fuori del centro abitato, contrariamente a quanto evidenziato da parte appellante. In ogni caso, al di là della questione del se l’area di proprietà dell’appellante fosse o meno ricompresa dai precedenti piani urbanistici all’interno del centro abitato (circostanza contestata da parte appellante), ribadisce il Collegio che la scelta dell’amministrazione è certamente ragionevole, perché, anche da un esame delle tavole allegate al piano impugnato, emerge nitidamente che la proprietà dell’appellante è sostanzialmente adiacente allo svincolo autostradale, circostanza idonea a giustificare la scelta amministrativa di collocarla al di fuori del centro abitato.

7. Con il secondo motivo di appello, la società appellante contesta l’inclusione dell’area della

ricorrente tra gli Ambiti di Rigenerazione Urbana - in particolare ARU C - disciplinata dall’art. 17 delle NTA del Piano delle Regole, che riguarda in prevalenza aree produttive industriali dismesse o sottoutilizzate.

La qualificazione dell’immobile quale edificio dismesso sarebbe tuttavia frutto di un palese errore di istruttoria e contrasta con la realtà dei fatti.

Anche tale motivo di appello è infondato, perché il Comune ha adeguatamente motivato che l’edificio in contestazione, almeno in parte, era dismesso, sì da giustificare la collocazione in ambiti di rigenerazione urbana.

Parte appellante non è stata, peraltro, in grado di smentire la qualificazione dell’area come dismessa effettuata dal Comune. Sul punto, peraltro, l’amministrazione ha evidenziato che le condizioni dell’area erano ben indicate già nel P.G.T. previgente (2011) – non impugnato dall’appellante – che pure classificava il compendio come ambito di riqualificazione e riassetto urbano, dando atto che si tratta di un edificio dismesso da diversi anni (doc. 3, tavola DP 03.8 in cui sono individuate le “aree dismesse”). Tale affermazione non è stata contestata da parte appellante.

Inoltre, anche il P.G.T. del 2015, impugnato con autonomo ricorso, aveva qualificato allo stesso modo l’area di parte appellante (documento “PR.05 Piano delle Regole – Schede degli ambiti di riqualificazione rinnovo urbano e trasformazione”, pagg. 32-34).

7.1. Inoltre, non sono risolutivi i contratti di locazione e la comunicazione di cessione che provano soltanto la disponibilità del bene in capo al locatore ma non consentono di desumere il concreto ed attuale utilizzo dei locali da parte dello stesso né per deposito né per altra funzione.

Parimenti irrilevante a tal fine è la circostanza che l’immobile in argomento sia munito di regolare certificato di agibilità e non è mai stato dichiarato inagibile.

7.2. Peraltro, come attestato dallo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di Baranzate, non risulta presentato né rilasciato alcun titolo per lo svolgimento di una qualche attività all’interno del fabbricato in questione (documento 7 del fascicolo di primo grado).

7.3. Non può, inoltre, essere condivisa la censura di parte appellante secondo cui l’art. 24 NTA del Piano sarebbe illegittima, rappresentando una scelta ragionevole espressione di ampia discrezionalità dell’amministrazione tipica delle scelte pianificatorie.

8. Infondato è, altresì, il terzo motivo di appello con cui si contesta la scelta dell’amministrazione che, da un lato, ha consentito la destinazione d'uso del gruppo Gf 3a.3 (Logistica), ma, dall’altro, ha eliminato la destinazione Gf 2 (attività turistico ricettiva), prevista anche in fase di adozione del PGT.

Sul punto la sentenza impugnata deve essere confermata perché ha correttamente escluso che, nel caso di specie, siano stati travalicati i limiti imposti all’attività pianificatoria comunale. Infatti, il T.a.r. ha correttamente dato atto la scelta di attribuire all’area la destinazione d’uso principale ‘logistica’ all’area discende proprio dalla richiesta della società ricorrente, ritenuta ammissibile in base allo stato di fatto e alla peculiare ubicazione dell’area; tuttavia la richiesta destinazione d’uso logistica non è stata ritenuta compatibile con la destinazione residenziale e turistico-ricettiva, in base ad una valutazione dell’amministrazione che non appare palesemente irragionevole e illogica, in considerazione delle diverse caratteristiche sottese ai due tipi di destinazione d’uso e alla luce delle esigenze molto differenti che le stesse sono idonee a soddisfare.

9. Allo stesso modo, pur se in linea astratta la destinazione industriale potrebbe essere compatibile con quella logistica, nel caso di specie la dedotta incompatibilità è sorta perché l’art. 17.2.B delle N.T.A. del Piano prevede l’impossibilità di destinazione industriale per tutte le aree inserite negli A.R.U., in considerazione dell’obiettivo perseguito dal P.G.T. per tali aree, ovvero quello di promuovere interventi di rigenerazione urbana delle aree edificate che oggi hanno perso la propria vocazione produttiva, con la previsione di destinazioni coerenti con le nuove esigenze.

Va, dunque, respinta anche la doglianza volta a contestare la non riconosciuta destinazione industriale dell’area di proprietà di parte appellante.

10. Con il terzo motivo di appello parte appellante afferma che la previsione del piano attuativo sarebbe illegittima poiché l’area sarebbe già sufficientemente urbanizzata e non necessiterebbe di nuovi standard. Ne conseguirebbe l’illegittimità della scelta del Comune di prevedere un piano attuativo che sarebbe inutile in quanto, al più, sarebbe stato possibile procedere con un permesso di costruire convenzionato.

Anche tale motivo di appello è infondato, perché sollecita il sindacato del giudice ammnistrativo su scelte dell’amministrazione che confluiscono nel merito amministrativo, come tale non sindacabile.

Inoltre, questa Sezione (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2022, n. 9916) ha già chiarito che “..in materia edilizia costituisce […] ius receptum che sono eccezionali e di stretta interpretazione i casi in cui il piano regolatore generale consenta il rilascio del permesso di costruire diretto,

senza previa approvazione dello strumento attuativo…”. Inoltre, “.. proprio per gli ambiti di rigenerazione urbana, il Pgt prevede infatti l’individuazione di interventi finalizzati all’incremento della qualità e vivibilità urbana, che richiedono necessariamente una complessiva pianificazione attuativa di livello superiore…”.

Nel caso di specie, come visto, il piano prevede interventi finalizzati all’incremento della qualità e vivibilità urbana, che richiedono una complessiva pianificazione attuativa di livello superiore, difficilmente realizzabile attraverso un permesso di costruire convenzionato.

11. Da quanto evidenziato al punto 10, deriva l’infondatezza anche del quarto e ultimo motivo di appello, con cui parte appellante deduce l’illegittimità della disciplina perequativa prevista dal Pgt, sul presupposto che l’area di proprietà – in quanto già urbanizzata – non necessiterebbe di rigenerazione urbana.

In disparte la già evidenziata ampia discrezionalità che spetta al Comune nelle scelte pianificatorie, nel caso di specie, peraltro, parte appellante non prova in maniera convincente che il raggiungimento dell’indice minimo di intervento (pari 0,40 mq/mq) sia “economicamente non sostenibile”.

Inoltre, l’applicazione dell’IT massimo, eventualmente elevato sino al raggiungimento della SL esistente (art. 17.4.2 delle N.T.A.), è ragionevolmente subordinata all’impegno dei proprietari al raggiungimento di obiettivi nel campo delle opere e dei servizi pubblici contemplati dal Piano dei servizi o coerenti con gli atti relativi alla loro programmazione e, in particolare, con la specifica finalità degli ambiti di rigenerazione in conformità agli obiettivi di piano.

Ne consegue, dunque, che le scelte ampiamente discrezionali dell’amministrazione nella predisposizione del Piano non sono illogiche ma congrue e coerenti con gli obiettivi del Piano medesimo.

L’appello è, pertanto, infondato.

Le ragioni che hanno condotto alla presente decisione giustificano la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2025 con l'intervento dei magistrati:

Vincenzo Neri, Presidente

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere

Luigi Furno, Consigliere

Maurizio Santise, Consigliere, Estensore