Consiglio di Stato, Sez. III, n. 690, del 5 marzo 2013
Elettrosmog.Inammissibilità distanze minime siti sensibili da impianti telefonia mobile in regolamento comunale

L’art. 50 del regolamento edilizio del Comune di Venezia, laddove pone il limite minimo di ml 50 dell’impianto di telefonia mobile, dai siti c.d. sensibili, assurge a inammissibile misura di radioprotezione a carattere generale, a differenza di quella sui limiti d’altezza indicata nella medesima disposizione. La potestà regolamentare comunale ex art. 8, c. 6 della legge 36/2001, non si può mai tradurre nel potere di sospendere ad libitum e per sempre la formazione dei titoli abilitativi ex artt. 86 e 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche, mercè un divieto generalizzato d’installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro specifica ubicazione o connotazione o di concrete e, come tali, differenziate, esigenze d’armonioso governo del territorio. Per altro verso, l’interesse sotteso alla minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici si deve tradurre in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può dissimulare norme di radioprotezione aggiuntive o peggiorative dei già cautelativi e rigorosi limiti all’uopo posti, in modo unitario per tutto il territorio della Repubblica, dalla normativa statale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00690/2013REG.PROV.COLL.

N. 06409/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 6409/2012 RG, proposto dal Comune di Venezia, in persona del sig. Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni, Nicolò Paoletti e Nicoletta Ongaro, con domicilio eletto in Roma, via Barnaba Tortolini n. 34,

contro

la Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessio Vianello, Andrea Manzi ed Alessandro Veronese, con domicilio eletto in Roma, via F. Confalonieri n. 5,

per la riforma

della sentenza breve del TAR Veneto, sez. II, n. 686/2012, resa tra le parti e concernente l’annullamento in autotutela dell’autorizzazione comunale per la realizzazione e l’attivazione d’una stazione radio-base in Venezia – Lido, loc. Malamocco, con conseguente disattivazione di tale impianto.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 7 dicembre 2012 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Paoletti e Manzi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. – Con istanza del 19 agosto 2009, la ERICSSON Telecomunicazioni s.p.a.., corrente in Roma, chiese al Comune di Venezia il rilascio dell’autorizzazione per la realizzazione e l’attivazione d’una stazione radio-base in zona Venezia – Lido, loc. Malamocco.

Detta Società dichiara che, ottenuti sul relativo progetto i pareri favorevoli dell’ARPA Veneto e di compatibilità paesistico – ambientale, il Comune di Venezio rilasciò l’invocata autorizzazione con il provvedimento unico prot. n. 468728 del 29 ottobre 2010.

Detta Società fa presente altresì che il Comune stesso ha dapprima avviato un procedimento di autotutela per violazione dell’art. 50 del regolamento edilizio comunale – R.E. e, quindi e con nota prot. n. 507675 del 5 dicembre 2011, ha annullò la citata autorizzazione. Il Comune di Venezia ha disposto inoltre, con l’ordinanza n. 70711 del 15 febbraio 2012, ha ingiunto a detta Società la demolizione della sua stazione radio-base.

2. – Impugnati tali atti da detta Società innanzi al TAR Veneto, questo, con sentenza n. 686 del 10 maggio 2012, ne ha accolto in parte il ricorso.

Appella allora il Comune di Venezia, deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza qui gravata per omessa ed incompleta motivazione, sotto vari profili. S’è costituita nel presente giudizio la Società appellata, concludendo per l’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2012, su conforma richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

3. – Il Comune appellante deduce anche nel presente grado che l’art. 50 R.E., sulla cui scorta è stata emanata la nota impugnata in primo grado, abbia un esclusivo scopo di regolazione urbanistica, nel senso, cioè, che disciplina le corrette modalità d’insediamento degli impianti in parola nel tessuto urbano. In particolare, il citato art. 50 stabilisce, tra l’altro, che gli impianti radioelettrici non sorgano a meno di ml 50 dai siti qualificati come sensibili dalla Regione Veneto (scuole, asili, ospedali, case di cura, parchi ed aree per gioco e lo sport). Il Comune, a tal riguardo, sottolinea la ragionevolezza di tal scelta, in quanto preordinata a tutelare zone di particolare pregio urbanistico ed ambientale, o destinate ad uso collettivo.

La tesi non convince il collegio, donde la correttezza dell’interpretazione al riguardo resa dal TAR, dovendosi anzitutto escludere che il progetto proposto dalla Società appellata abbia potuto trarre in inganno il Comune di Venezia, sì da indurlo alla (pretesa) doverosa autotutela in applicazione del citato art. 50 R.E.

In secondo luogo, l’assunto dell’appellante, ben lungi dall’esser coerente con la potestà delineata a favore dei Comuni dall’art. 8, c. 6 della l. 22 febbraio 2001 n. 36 —grazie al quale essi «…possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici…»—, ne viola la ratio, il significato e la formula. Invero, il legislatore statale ha scelto d’inserire le infrastrutture per le reti di telecomunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, così esprimendo un principio fondamentale della normativa urbanistica. In tal senso, per un verso, la potestà regolamentare comunale ex art. 8, c. 6 non si può mai tradurre nel potere di sospendere ad libitum e per sempre la formazione dei titoli abilitativi ex artt. 86 e 87 del Codice delle comunicazioni elettroniche, mercè un divieto generalizzato d’installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro specifica ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze d’armonioso governo del territorio. Per altro verso, l’interesse sotteso alla minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici si deve tradurre in regole ragionevoli, motivate e certe, poste a presidio di interessi di rilievo pubblico, ma non può dissimulare norme di radioprotezione aggiuntive o peggiorative dei già cautelativi e rigorosi limiti all’uopo posti, in modo unitario per tutto il territorio della Repubblica, dalla normativa statale.

Ebbene, la serena lettura del ripetuto art. 50, laddove appunto pone il limite minimo di ml 50 dell’impianto dai siti c.d. sensibili, assurge a (inammissibile) misura di radioprotezione a carattere generale, a differenza di quella sui limiti d’altezza indicata nella medesima disposizione.

L’art. 50, nella parte qui contestata, non esprime altro valore che la necessità di tener lontano detto impianto da aree che si presumono ex se o pregiate per il sol fatto d’esistere, o pericolose per chi le frequenta solo a causa della viciniorità dell’impianto. A ben vedere, la circolare regionale n. 12 del 12 luglio 2001 s’è già fatta carico, nel porre gli indirizzi ai Comuni per il corretto esercizio della loro potestà regolamentare ex art. 8, c. 6, d’indicare come i regolamenti comunali possano sì «…definire i siti sensibili (scuole, asili, ospedali, case di cura, parchi e aree per il gioco e lo sport), in corrispondenza dei quali può essere esclusa l’installazione d’impianti di telecomunicazione…». La circolare non ammette, però, deroghe ai parametri di radioprotezione posti dal DM n. 381/1998, non solo perché i limiti di tutela sanitaria sono di competenza statale ai sensi del precedente art. 4, c. 2, ma soprattutto perché non siano poste, Comune per Comune e con criteri, per così dire, arbitrari e non meditati, distanze di rispetto predeterminate a pretesa tutela della salute di chi frequenta i siti sensibili viciniori.

4. – Né può dirsi erronea l’impugnata sentenza, laddove ha stigmatizzato l’assenza dell’interesse pubblico concreto ed attuale, quale presupposto dell’autotutela per cui è causa.

È materialmente vera l’assenza d’una seria motivazione sul punto, onde rettamente il TAR ne ha preso atto e ha censurato l’annullamento in autotutela. Erra invece l’appellante ad affermare la non doverosità della motivazione, giacché l’autotutela è intervenuta oltre un anno dopo l’emanazione dell’autorizzazione e dopo il completamento dei lavori per la realizzazione dell’impianto. Né basta: a fronte dell’asserita doverosità dell’autotutela, sarebbe stato piuttosto obbligo del Comune di fornire adeguata contezza non solo della piena vigenza della norma regolamentare, ma soprattutto un’interpretazione di questa coerente con i principi di gerarchia delle fonti (e del riparto delle competenze tra Stato ed enti locali in soggetta materia) e con il contenuto e lo spirito della citata circolare regionale.

5. – In definitiva, l’appello va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 6409/2012 RG in epigrafe), lo respinge.

Condanna il Comune appellante al pagamento, a favore della Società resistente e costituita, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 3.000,00 (Euro tremila/00), di cui € 1.000,00 per la fase di studio, € 700,00 per la fase introduttiva ed € 1.300 per la fase decisoria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 7 dicembre 2012, con l'intervento dei sigg. Magistrati:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere

Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/02/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)