TAR Emilia Romagna (PR) Sez. I n.60 del 25 gennaio 2012
Elettrosmog. Installazioni impianti e titolo abilitativo

Nell’ambito di un più vasto disegno di semplificazione dell’attività amministrativa volto a favorire lo sviluppo economico, sociale e territoriale del Paese, attraverso la rimozione dei limiti burocratici che si frappongono alla libera iniziativa dei privati, il decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione alla installazione di un impianto di telefonia mobile, senza la tempestiva richiesta di integrazioni documentali e senza il formale diniego della domanda, comporta la costituzione di un titolo abilitativo idoneo a legittimare il privato alla realizzazione dell’impianto, mentre gli eventuali successivi provvedimenti di rigetto e di ordine di sospensione/demolizione, per non potere essere il silenzio-assenso considerato tamquam non esset dall’Amministrazione, si presentano per ciò solo illegittimi, salvo l’eccezionale esercizio del potere di autotutela da parte dell’Autorità competente e quindi l’annullamento d’ufficio o la revoca dell’assenso costituitosi per silentium, nel rispetto naturalmente dei requisiti formali e sostanziali a tal fine stabiliti in generale dalla legge

N. 00060/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00372/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 372 del 2011 proposto da Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t. Maurizio Ghergo, difesa e rappresentata dall’avv. Massimiliano De Luca ed elettivamente domiciliata in Parma, piazzale Boito n. 3, presso lo studio dell’avv. Giacomo Voltattorni;

contro

il Comune di Rivergaro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Umberto Fantigrossi, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
il Consorzio Ambientale Pedemontano - Sportello Unico, la Provincia di Piacenza e la Regione Emilia Romagna, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- quanto all’atto introduttivo della lite - dell’ordinanza del Comune di Rivergaro prot. n. 2356 - n. 2107 dell’11 aprile 2011 di sospensione dei lavori per l’installazione in via Corbellini di un nuovo impianto di teleradiocomunicazione per telefonia cellulare da effettuarsi in condivisione con la stazione radio base esistente della Vodafone, del provvedimento di diniego di cui alla nota 14 aprile 2011 prot. n. 837 del Consorzio Ambientale Pedemontano (rigetto dell’istanza presentata in data 16 aprile 2010 per il rilascio del titolo abilitativo ai sensi dell’art. 8 della legge reg. n. 30/2000 e degli artt. 86, 87 e 88 del d.lgs. n. 259/2003 per l’installazione di una stazione per la trasmissione e la ricezione del segnale radio per la telefonia mobile cellulare da collocare in via Corbellini), del «regolamento comunale per il governo delle procedure di insediamento delle strutture di comunicazione elettronica» di cui alla deliberazione consiliare del Comune di Rivergaro n. 43 del 22 dicembre 2007 ed oggi vigente in salvaguardia (nella parte in cui ricomprende il sito Ericsson di via Corbellini all’interno della “Zona B - inidonea”);

- quanto all’atto di “motivi aggiunti” depositato il 28 novembre 2011 - dell’ordinanza del Comune di Rivergaro prot. n. 5277 - n. 2138 del 29 luglio 2011 di chiusura del procedimento sanzionatorio e di irrogazione della sanzione pecuniaria di € 3.443,00, inerente l’installazione di un nuovo impianto di teleradiocomunicazione per telefonia cellulare da effettuarsi in condivisione con la stazione radio base esistente della Vodafone;

………………per l’accertamento……………….

della formazione del silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, sulla richiesta di autorizzazione presentata dalla Ericsson al Comune di Rivergaro in data 16 aprile 2010 per l’installazione in via Corbellini di un nuovo impianto di teleradiocomunicazione per telefonia cellulare da effettuarsi in condivisione con la stazione radio base esistente della Vodafone;

del conseguente diritto della ricorrente all’attivazione e all’esercizio della stazione radio base oggetto dell’istanza di autorizzazione;

………………..per la condanna…………………

del Comune di Rivergaro e dello Sportello Unico del Consorzio Ambientale Pedemontano al risarcimento dei danni.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Rivergaro;

Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 28 novembre 2011;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Nominato relatore il dott. Italo Caso;

Uditi, per le parti, alla pubblica udienza in data 11 gennaio 2012 i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO e DIRITTO

Con ordinanza prot. n. 2356 - n. 2107 in data 11 aprile 2011 il Responsabile del Servizio - Sportello unico per le attività produttive del Comune di Rivergaro, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 4 della legge reg. n. 23 del 2004, ingiungeva alla società ricorrente l’immediata sospensione dei lavori di installazione in via Corbellini di un nuovo impianto di teleradiocomunicazione per telefonia cellulare da effettuarsi in condivisione con la stazione radio base esistente della Vodafone, nell’assunto che, diversamente da quanto addotto dalla società ricorrente, non si fosse formato il silenzio-assenso sull’istanza presentata in data 16 aprile 2010 per il rilascio del titolo abilitativo ex art. 8 della legge reg. n. 30 del 2000. Successivamente, con nota prot. n. 837 del 14 aprile 2011 il Consorzio Ambientale Pedemontano - Sportello unico respingeva l’istanza del 16 aprile 2010, giacché relativa ad impianto da installare in zona preclusa alla localizzazione dello stesso, secondo quanto disciplinato dal regolamento comunale adottato con deliberazione consiliare n. 43 del 22 dicembre 2007.

Avverso tali atti, ivi compreso il regolamento comunale (nella parte in cui ricomprende il sito di via Corbellini all’interno della “zona B - inidonea”), ha proposto impugnativa la società ricorrente, che per conto della Wind Telecomunicazioni S.p.A. provvede alle attività di ricerca, acquisizione, progettazione e realizzazione dei siti per l’installazione delle stazioni radio base, nonché alla richiesta delle necessarie autorizzazioni alle Autorità competenti. Assume formatosi il silenzio-assenso sull’istanza del 16 aprile 2010, ai sensi dell’art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, per non essere intervenuto entro il successivo 15 luglio il provvedimento di diniego e per non essere lo stesso intervenuto neppure nel periodo immediatamente successivo, con la conseguente illegittimità degli atti adottati senza una preventiva revoca dell’accoglimento tacito dell’originaria istanza; lamenta che non si sia data nessuna indicazione delle ragioni per le quali sono state disattese le osservazioni presentate dall’interessata a sèguito del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990; censura il motivo ostativo individuato dall’Amministrazione nella localizzazione dell’impianto in “zona B - inidonea”, sia perché il regolamento comunale consentirebbe comunque la realizzazione degli impianti necessari ad assicurare la radiocopertura minima indispensabile per garantire il servizio, sia perché l’eventuale sussistenza di un divieto generalizzato di installazione degli impianti nell’area considerata si risolverebbe in un illegittimo “limite alla localizzazione”, produttivo di un grave pregiudizio per il gestore di telefonia mobile perché incompatibile con l’esigenza di copertura ottimale della rete; imputa all’Amministrazione di avere violato il generale principio di semplificazione dei procedimenti autorizzatori in materia, con conseguente sacrificio dell’obiettivo di celerità dell’azione amministrativa e inosservanza del criterio di proporzionalità e del principio di buona amministrazione, oltre che del dovere di solidarietà ex art. 2 Cost.; denuncia l’illegittimità dell’azione amministrativa per violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. e per lesione della libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati, di accertamento della formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003 e di condanna del Comune di Rivergaro e dello Sportello unico del Consorzio Ambientale Pedemontano al risarcimento dei danni.

Si è costituito in giudizio il Comune di Rivergaro, resistendo al gravame.

L’istanza cautelare della società ricorrente veniva accolta dalla Sezione, alla Camera di Consiglio del 27 luglio 2011, ai soli fini dell’immediata fissazione dell’udienza di merito, in applicazione dell’art. 55, comma 10, cod.proc.amm. (ord. n. 305/2011).

Successivamente, con ordinanza prot. n. 5277 - n. 2138 del 29 luglio 2011 il Responsabile del Servizio - Sportello unico per le attività produttive del Comune di Rivergaro determinava in € 3.443,00 la sanzione amministrativa di cui all’art. 17, comma 3, della legge reg. n. 30 del 2000, in ragione dell’avvio dei lavori di installazione dell’impianto nonostante l’assenza di un titolo abilitativo.

Tale provvedimento è stato impugnato dalla società ricorrente con atto di “motivi aggiunti” depositato il 28 novembre 2011. Lamenta l’interessata l’irrogazione della sanzione nonostante la pregressa formazione del silenzio-assenso sull’istanza del 16 aprile 2010 e quindi la piena legittimità della sua condotta; denuncia inoltre la tardività della sanzione, perché irrogata dopo il termine di 45 giorni dall’ordinanza di sospensione dei lavori (art. 4, comma 3, legge reg. n. 23/2004); si duole ancora dell’elusione della pronuncia cautelare di questa Sezione, per esserne stata disattesa la finalità di precludere ogni ulteriore decisione prima dell’emanazione della sentenza di merito; fa valere infine l’illegittimità derivata del nuovo atto per i vizi già dedotti avverso i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo della lite.

All’udienza in data 11 gennaio 2012, ascoltati i rappresentanti delle parti, la causa è passata in decisione.

Il Collegio è innanzi tutto chiamato a vagliare le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla difesa dell’Amministrazione comunale nel duplice presupposto che la ricorrente sarebbe priva di legittimazione a far valere questioni che, per attenere in realtà alla posizione del gestore di telefonia mobile (Wind), ne avrebbero al più consentito di spiegare un atto di intervento nel giudizio promosso dall’effettivo titolare della situazione giuridica soggettiva protetta, e che il ricorso non risulta notificato ad almeno uno dei controinteressati, da individuare nei proprietari confinanti con l’area di localizzazione dell’impianto e nel comitato tra i residenti della zona.

Entrambe le eccezioni sono prive di fondamento.

Quanto alla legittimazione della società ricorrente, appare sufficiente rilevare che la stessa è la destinataria degli atti impugnati – sia in ordine all’ingiunzione di sospensione dei lavori di realizzazione dell’impianto sai in ordine al rigetto dell’istanza di rilascio del relativo titolo abilitativo –, sicché la circostanza è in sé sufficiente a qualificarne la posizione di soggetto legittimato ad adire il giudice amministrativo per vedere caducati atti che le impongono una data condotta e le impediscono l’accoglimento di un’istanza presentata alla pubblica Amministrazione, la quale del resto non ha neppure opposto all’interessata preclusioni legate all’eventuale assenza di un titolo ad attivare il procedimento di localizzazione e realizzazione dell’impianto.

Quanto, poi, alla mancata notificazione del ricorso ai proprietari confinanti e al comitato in cui gli stessi si sarebbero costituiti, va ricordato che la qualità di controinteressato non può essere riconosciuta a chiunque abbia un generico interesse a mantenere efficace il provvedimento impugnato, ma unicamente a chi da quest’ultimo riceve un vantaggio diretto e immediato, non essendo quindi qualificabili come controinteressati i soggetti la cui posizione è incisa dal provvedimento impugnato solo in modo indiretto e riflesso (v., tra le altre, TAR Piemonte, Sez. I, 21 novembre 2008 n. 2928).

Nel merito, va premesso che, in sede di regolamentazione generale dei «procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici», l’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 – nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis – prevede che le “istanze di autorizzazione e le denunce di attività di cui al presente articolo … si intendono accolte qualora, entro novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione per il dissenso di cui al comma 8, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma” (comma 9) e che il “responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza, il rilascio di dichiarazioni e l’integrazione della documentazione prodotta. Il termine di cui al comma 9 inizia nuovamente a decorrere dal momento dell’avvenuta integrazione documentale” (comma 5).

La giurisprudenza ha chiarito che, nell’ambito di un più vasto disegno di semplificazione dell’attività amministrativa volto a favorire lo sviluppo economico, sociale e territoriale del Paese, attraverso la rimozione dei limiti burocratici che si frappongono alla libera iniziativa dei privati (v. Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2009 n. 1578), il decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione alla installazione di un impianto di telefonia mobile, senza la tempestiva richiesta di integrazioni documentali e senza il formale diniego della domanda, comporta la costituzione di un titolo abilitativo idoneo a legittimare il privato alla realizzazione dell’impianto, mentre gli eventuali successivi provvedimenti di rigetto e di ordine di sospensione/demolizione, per non potere essere il silenzio-assenso considerato tamquam non esset dall’Amministrazione, si presentano per ciò solo illegittimi (v., ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 16 aprile 2007 n. 323), salvo l’eccezionale esercizio del potere di autotutela da parte dell’Autorità competente e quindi l’annullamento d’ufficio o la revoca dell’assenso costituitosi per silentium, nel rispetto naturalmente dei requisiti formali e sostanziali a tal fine stabiliti in generale dalla legge (v., tra le altre, TAR Sardegna, Sez. II, 12 maggio 2008 n. 943).

E’ stato altresì chiarito, poi, che – in quanto espressione di una norma di carattere generale – il preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 interrompe il termine per la conclusione del procedimento di cui all’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003, termine che inizia nuovamente a decorrere dal momento di presentazione delle osservazioni del privato sempreché avvenuta nei dieci giorni a questo scopo previsti (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2008 n. 32; TAR Veneto, Sez. III, 7 maggio 2008 n. 1256), nel senso che, per trattarsi di un caso di “interruzione”, e non di “sospensione”, del termine per concludere il procedimento, esso riprende a decorrere nella propria interezza, senza tener conto del periodo già trascorso prima dell’interruzione stessa (v., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II, 16 marzo 2009 n. 2690; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 21 aprile 2008 n. 1232).

Ciò posto, osserva il Collegio come, a sèguito dell’istanza di autorizzazione della ricorrente inoltrata il 16 aprile 2010, il termine per provvedere si sia interrotto il successivo 12 luglio (quando ancora non erano decorsi i novanta giorni) con la ricezione da parte dell’interessata del preavviso di diniego ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, e ha poi ripreso a decorrere il 22 luglio con la presentazione delle osservazioni della ditta, sicché il silenzio-assenso risulta formatosi il 20 ottobre 2010. Dal che l’illegittimità sia dell’ordine di sospensione dei lavori (in data 11 aprile 2011) assunto sul presupposto dell’inesistenza di un titolo abilitativo alla realizzazione dell’impianto, sia del diniego di rilascio dell’autorizzazione (in data 14 aprile 2011) adottato nonostante l’assenza di un provvedimento di autotutela che – ricorrendone eventualmente le condizioni di legge – avesse rimosso l’assenso formatosi per silentium, sia della sanzione amministrativa (in data 29 luglio 2011) irrogata per l’avvenuta installazione dell’impianto senza titolo abilitativo. Ne consegue, assorbite le restanti censure, la fondatezza della doglianza imperniata sull’omessa considerazione della formazione del silenzio-assenso ex art. 87, comma 9, del d.lgs. n. 259 del 2003, e quindi l’annullamento degli atti suindicati.

Diviene a questo punto improcedibile la domanda di annullamento del «regolamento comunale per il governo delle procedure di insediamento delle strutture di comunicazione elettronica» adottato con deliberazione consiliare n. 43 del 22 dicembre 2007, per trattarsi di pretesa relativa a disposizioni generali suscettibili di radicare l’interesse a ricorrere solo in presenza di un atto applicativo con efficacia lesiva della sfera giuridica del privato. La circostanza, quindi, che – allo stato – il titolo abilitativo formatosi per silentium legittimi l’attività svolta dalla ricorrente fa venir meno l’interesse a censurare la normativa regolamentare che in astratto osterebbe all’installazione dell’impianto di telefonia mobile in questione.

Quanto all’istanza risarcitoria, infine, va considerato che, per costante giurisprudenza, l’interessato ha in simili casi l’onere di dare concreti e circostanziati elementi di prova circa la sussistenza e la misura dei danni che assume subiti in dipendenza degli atti impugnati (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 3 febbraio 2011 n. 775), tanto più che il ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 cod.civ. è ammissibile solo per l’accertamento dell’entità del danno – se e quando risulti impossibile dimostrarne l’ammontare preciso –, non anche per la prova della sua esistenza, a tanto dovendo provvedere chi agisce in giudizio, secondo il principio generale desumibile dall’art. 2697 cod.civ. e dall’art. 115 cod.proc.civ., ora codificato nell’art. 64, comma 1, cod.proc.amm., così come a tale carenza probatoria non può supplire la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, che ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute, ma non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa posti a base delle proprie richieste (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 29 settembre 2009 n. 5864). Non avendo la società ricorrente addotto alcunché ad oggettiva e inequivocabile dimostrazione di eventuali pregiudizi patrimoniali determinatisi medio tempore, il Collegio non può dunque che disattendere la domanda.

L’esito articolato della controversia e la peculiarità delle questioni esaminate inducono il Collegio a compensare in parte le spese di lite e a porle in parte a carico del Comune di Rivergaro.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:

– accoglie, nei sensi di cui in motivazione, la domanda di annullamento dell’ordinanza del Comune di Rivergaro prot. n. 2356 - n. 2107 in data 11 aprile 2011, della nota dello Sportello unico del Consorzio Ambientale Pedemontano prot. n. 837 in data 14 aprile 2011 e dell’ordinanza del Comune di Rivergaro prot. n. 5277 - n. 2138 in data 29 luglio 2011, con conseguente caducazione di detti atti;

– dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, la domanda di annullamento del «regolamento comunale per il governo delle procedure di insediamento delle strutture di comunicazione elettronica» adottato con deliberazione consiliare n. 43 del 22 dicembre 2007;

– respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna il Comune di Rivergaro al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 3.000,00 (tremila/00) - oltre agli accessori di legge -, compensandole per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio in data 11 gennaio 2012, con l’intervento dei magistrati:

Mario Arosio, Presidente

Italo Caso, Consigliere, Estensore

Emanuela Loria, Primo Referendario





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/01/2012