COME DEPURARE I FUMI E IL CO2 DELLE CENTRALI TERMICHE FOSSILI E I GAS DI SCARICO DEGLI AUTOVEICOLI NEI DEPURATORI DELLE ACQUE COPERTI.

di Luigi Antonio PEZONE

 

 

Prima di parlare dell’argomento in oggetto, ritengo necessario spiegare perché sono stati concepiti dal sottoscritto i “depuratori coperti”.  Come ho già scritto, in varie pubblicazioni, a mio parere, il sistema depurativo che usiamo è sbagliato nelle fondamenta, perché prima consente la degenerazione dei liquami e poi li depura. Molto spesso, come nel caso di piogge intense, fa solo la prima parte scaricando le acque in condizioni peggiori di quando siano state prelevate dal sistema. Inoltre, copre una piccolissima parte del territorio e tratta una piccolissima parte delle acque. Tutto il resto del territorio come viene protetto? In Italia ci sono 18 milioni di persone non servite dal sistema fognario, ci sono scarichi abusivi urbani, zootecnici, industriali, acque di scolo agricole e via di seguito. In tantissime parti del mondo la situazione è ancora peggiore pur avendo raggiunto quei paesi buoni livelli di industrializzazione. Dappertutto mancano sistemi semplici e strutturali che consentano il risparmio idrico domestico senza stravolgere i fabbricati;  scarichi fisico-chimici  che potrebbero precipitare immediatamente il fosforo inorganico,prevenire la formazione di idrogeno solforato nelle fogne, tamponare gli effetti dell’acido carbonico con l’introduzione di iioni bicarbonatici; sedimentatori statici lungo il percorso fognario, che con l’estrazione dei fanghi, consentirebbero di trasportare ai depuratori anche la frazione umida dei rifiuti solidi riducendo la produzione di percolato, le emissioni di CDR e inceneritori. Oggi  tutte le sostanze inquinanti non trattate o trattate male  finiscono nei fiumi e da  queste ai mari. Come possono i fiumi, in queste condizioni, assolvere al compito di trasportare ai mari i carbonati e i bicarbonati  che ne conservavano l’equilibrio alcalino fino qualche secolo fa, se buona parte di questi sono consumati, strada facendo per contrastare i fenomeni acidificanti dovuti all’inquinamento?   Ma non basta. I depuratori, attraverso le vasche di equalizzazione, sedimentazione, ossidazione, digestori ecc. sono grandi produttori di CO2 e altri gas tossici e maleodoranti. Per tutte le ragioni sopra esposte, ho proposto agli imprenditori e alle autorità ambientali una serie di progetti e brevetti, che non hanno avuto risposte. Tra questi progetti il più recente è quello riguardante i depuratori coperti, fluviali e urbani.  In questi impianti, per la prima volta nel mondo sarebbe possibile  il coinvolgimento dell’aria inquinata che fuoriesce dal processo e ricircolarla  nel trattamento neutralizzando anche il CO2 trasportato appositamente all’impianto. Successivamente al deposito di brevetto, ho pensato che soprattutto i depuratori fluviali, potrebbero usare direttamente l’aria inquinata per  alimentare i bacini di ossidazione se gli impianti termici e i depuratori verranno realizzati nelle vicinanze. In altre parole, l’acqua e l’aria si depurerebbero a vicenda.

Certamente occorreranno  grandi opere, ma sarebbero maggiormente ammortizzabili  se venissero sfruttate per risanare l’acidificazione oceanica (che comporta grandi riduzioni  di CO2 a livello globale)  e ridurre localmente, le grandi   emissioni atmosferiche, compreso il CO2,delle ventrali termiche, più vicine ai cittadini, . Entrambi,  problemi che allo stato dell’arte sembrano irrisolvibili. Le nuove iniziative per la riduzione del CO2 con il sistema C.C.S. (Carbon Capture and Sequestraction)) non sono soluzione strutturali,  non incidono  sul risanamento ambientale, sono pericolose, costose, universalmente contestate e fino ad ora, sono costate oltre 26 miliardi di dollari senza approdare risultati apprezzabili. Chi vuole saperne di più legga un piccolo articolo del  portale “Qualenergia.it” del 17/06/2010  che riassume la situazione allo stato attuale (http://www.qualenergia.it/view.php?id=1042&contenuto=Documento).

 

Nella progettazione di centrali termiche, fino a ieri, le emissioni inquinanti  erano considerate   le sostante “indesiderate” frutto della combustione, quali ossidi di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NO, NO2, NO3), monossido di carbonio (CO), idrocarburi incombusti (HC), particolato, ecc.. Il diossido di carbonio (CO2) essendo un composto  completamente ossidato e quindi il risultato di una combustione ottimale, non veniva preso in considerazione nel processo di abbattimento dei fumi. Oggi le centrali termiche con combustibili fossili, se vogliono sopravvivere devono eliminare anche le emissioni di CO2, che  le svantaggiano rispetto al nucleare.  La perdita di competitività sul piano ambientale ha portato,  le compagnie petrolifere alla disperata  ricerca di soluzioni che possano ridurre le emissioni di CO2. Probabilmente, per questo e non per altri motivi e nato il tanto criticato sistema  C.C.S.  Senza voler fare alcun favore alle compagnie petrolifere e  ai produttori di centrali termiche, inceneritori, termovalorizzatori che utilizzano combustibili fossili, posso asserire che abbinando queste centrali con la depurazione fluviale, queste potrebbero diventare competitive con le centrali nucleari anche per i limiti di emissioni di CO2 in atmosfera e potrebbero raggiungere questo obiettivo in un modo molto semplice, ed economico che ridurrebbe notevolmente anche  il costo delle centrali: trasferendo l’inquinamento dell’aria all’acqua e depurando l’acqua.

 

Prima soluzione.

Supponiamo che i sistemi di cattura delle emissioni di CO2 che stanno studiando in varie parti del mondo con il sistema C.C.S. funzionino e siano competitivi come costi. In questo caso. Invece di procedere all’interramento nel sottosuolo, in modo più sostenibile, il CO2 potrebbe essere trasportato con reti o serbatoi ai futuri  depuratori coperti fluviali, dove sarebbero previsti appositi bacini per la neutralizzazione del gas. Infatti, se in un bacino di acqua aggiungiamo della calce, per prima cosa neutralizziamo il CO2 libero formando  bicarbonato di calcio solubile. Se abbondiamo nella somministrazione, trasformiamo il bicarbonato solubile in carbonato di calcio insolubile che precipita, nel frattempo aumenta il PH.  Se nello stesso tempo somministriamo  altro CO2 attraverso tubi sommersi forati posizionati sul fondo, con la stessa CO2 smuoviamo il carbonato di calcio precipitato e dal  rimescolamento  produciamo nuovo bicarbonato raggiungendo un nuovo punto di equilibrio chimico.  Se aggiungiamo di  nuovo calce facciamo riprecipitare il bicarbonato in carbonato. Aggiungendo di nuovo CO2 invertiamo di nuovo il processo per cercare un nuovo punto di equilibrio a un livello più basso di alcalinità. Questo ciclo   può proseguire  a tempo indefinito nell’acqua che è presente in un  bacino senza mai raggiungere  il punto di minima solubilità del bicarbonato in acqua che corrisponde a un PH 9,4-9,6, dove avviene la precipitazione in carbonato spontaneamente, senza aggiungere altro CO2. La sequenza di somministrazioni di CO2 e  calcio  è nota con il nome di “carbonatazione” e viene utilizzata  negli impianti di addolcimento delle acque dure per ottenere gradi di addolcimento superiori, a quelli conseguibili con  una sola somministrazione di calcio. Questo processo lo possiamo utilizzare negli impianti fluviali, anziché per addolcire le acque, per consumare CO2 nei periodi di bassa portata, quando sarà possibile fermare o rallentare  il flusso delle acque in alcuni bacini di trattamento. Nei periodi di piena, sarà possibile realizzare parzialmente  la sequenza. Con l’acqua in movimento  possiamo utilizzare il processo   consumando  in continuo CO2 e calce, nelle giuste proporzioni, adeguando   l’alcalinità di scarico a quella  corpo idrico ricevente, che se  si tratta di un mare o un oceano è mediamente 5-6 volte più elevata di quella delle acque dolci. In quantità minori il consumo di CO2 potrà avvenire anche nei depuratori urbani coperti.

Seconda soluzione.

Supponiamo che i sistemi di cattura delle emissioni di CO2 che stanno studiando in varie parti del mondo non  funzionino o non siano competitivi. In questo caso i fumi delle centrali termiche, inceneritori,  termovalorizzatori, ecc. contenenti  principalmente CO2, SO2, NO, No2, NO3, CO, idrocarburi incombusti (HC), particolato, ecc  potrebbero  essere inviati, dopo il raffreddamento e la separazione delle ceneri (con sistemi ben noti ai progettisti delle centrali)  a una serie di  bacini  di ossi-nitrificazione  coperti, paralleli a corrispondenti bacini di carbonatazione con la disidratazione e la stabilizzazione  dei fanghi posizionata superiormente (sistema descritto nel progetto sopra citato) e  una zona intermedia di servizi posizionati sotto il piano stradale  utilizzata per la sistemazione dei pozzetti di miscelazione e i collegamenti idraulici. Questo tipo di realizzazione impiantistica consente una  notevolissima riduzione degli spazi necessari Un’altra grossa riduzione di spazio viene ottenuta  eliminando il bacino di denitrificazione anossica che normalmente occupa un volume circa triplo rispetto alla nitrificazione. I nitrati anziché essere denitrificati saranno consumati producendo un plancton nello stesso bacino di nitrificazione coperto con pannelli solari trasparenti in un ambiente ricco di CO2. (come si può vedere dalla sezione A-A del disegno N.4 allegato). Nei bacini di ossi-nitrificazione, per la grande potenzialità di portata di aria a disposizione, si potrebbe convogliare anche acqua da depurare. L’ideale, per risparmiare parecchi investimenti, sarebbe abbinare una centrale termica con un depuratore fluviale, come potrebbe avvenire nel caso di “Porto Tolle” alla foce del PO, dove la centrale è in fase di trasformazione e saranno realizzate tre sezioni da 660 MW/h alimentate a carbone pulito.   Prendiamo spunto proprio da  questa centrale per descrivere il funzionamento del sistema di depurazione dei fumi che non è altro che il sistema di depurazione delle acque, con piccole variazioni.

Ipotizziamo che la portata dei fumi sia di 1,0 Nm3/h per kw prodotto, la portata totale di aria sarà  di  660.000 Nm3/h per ogni sezione di impianto. Scegliamo per la diffusione dell’aria dei semplici tubi forati (per evitare problemi di manutenzione) con un rendimento basso ma ottime capacità di agitazione,

Dovendo smaltire una grandissima quantità di aria, vediamo come potremmo trattarla per neutralizzare tutte le emissioni nocive, compreso il CO2 in un modo più economico e semplice di quanto possa essere fatto con i sistemi di trattamento aria in uso attualmente :

stimiamo di somministrare 2,5 g. O2 per ogni metro di sommersione/ Nm3/h di aria, che assicurano 11.550.000 g./h O2 (2,5*7*660.000) e stabiliamo  il volume totale dei bacini assumendo di somministrare a questo 5 mgO2/l/h, che sarà di  L 2.310.000.000 (11.550.000*1000/5). Infine assumiamo un tempo di ritenzione idraulica di 2,88 h, come nell’esempio calcolato nella presentazione del progetto originale. La portata di acqua  sarà di m3/h 802.083 (2.310.000/2,88), pari a 223 m3 /sec.  Essendo la portata nominale del PO di 1540 l/sec, per la maggior parte dell’anno non dovremmo avere problemi con tutti e tre i settori della centrale in funzione che richiederebbero una portata di 669 m3 /sec.. Nel caso di una eccessiva siccità , si potrà trattenere per un tempo maggiore l’acqua  nel bacino.  Ipotizziamo di far passare queste acque dopo l’ossi-nitrificazione in  sedimentatori con pacchi lamellari tipo Dortmund con una sezione di passaggio di 25 m2, che consentono una velocità ascensionale dell’acqua di circa 8 m/h ( equivalente a 1,5 m/h di un sedimentatore senza i pacchi lamellari).

Pertanto dobbiamo  prevedere almeno  n. 12.030  sedimentatori (802.083*3/25*8), che divideremo  in n. 202  moduli con 60 sedimentatori, arrivando a un potale di 12.120. Essendo l’ingombro in lunghezza del sedimentatore 5.5 m. la lunghezza di ogni modulo sarà m. 330. Parimenti, anche il bacino di ossidazione sarà diviso in 202  canali di lunghezza m. 330 m  (101 su ogni lato del canale di alimentazione centrale). Stabilendo un altezza dell’acqua nel bacino  di  m 7,50 per rispettare i tempi di ritenzione stabiliti basta una larghezza del canale di 14 m, ricavando un volume totale di 6.999.300 m3. Il tempo di ritenzione effettivo sarà di 2,90 ore. La velocità del flusso orizzontale sarà  0,0315 m/sec (669 / 7,5/14/2002).

Le restanti acque del fiume, fino a una portata massima di circa 1200 m3 /sec potranno subire un trattamento depurativo più leggero, come decritto nel progetto originale, utilizzando 240 settori autonomi, costituiti ognuno solo da  un fabbricato di sedimentazione e trattamento fanghi con 90  moduli di sedimentazione, per un totale di 21600. Questi saranno  senza bacini di ossidazione ma con semplici canali aerati. Anche i bacini dei sedimentatori potranno essere utilizzati per neutralizzare il CO2.

Complessivamente la depurazione fluviale del fiume PO realizzata con i criteri sopra menzionati richiederà uno spazio di circa 500 ettari e sarebbe preferibile realizzarla in mare tramite una penisola artificiale. Non è molto lo spazio occupato per un impianto di queste potenzialità, che potrebbe consentire la tutela di gran  parte del mare adriatico  dall’acidificazione delle acque, prevenire tutte le conseguenze dell’eutrofizzazione, emissioni di CO2 comprese; abbattere i gas acidi e CO2 contenuti nei fumi della centrale termica, produrre energia elettrica solare in esubero rispetto al fabbisogno dell’impianto, anche se per assicurare un servizio continuo utilizzerà anche energia della centrale.

L’aria dei fumi che forniremo ai bacini avrà la funzione di smuovere il fango nella zona inferiore  depositando il particolato, le polveri, i metalli pesanti e accelerando i processi di ossidazione, nitrificazione con consumo di CO2 ad opera di batteri “nitrobacter” e la fotosintesi clorofilliana (che nelle ore notturne, se necessario, potrà essere alimentata con  luce artificiale di lampade a led). Il CO2 non assorbito dal processo di ossi nitrificazione e fotosintesi  stratificherà sulla superficie dell’ acqua, essendo  1,5 volte più pesante dell’aria, mentre questa tenderà a salire verso l’atmosfera.  Pertanto, al centro di ogni bacino verrà posizionato un camino per consentire l’evacuazione dell’aria pulita, eventualmente nello stesso camino potrà essere predisposto un ulteriore sistema di precipitazione a umido del gas che tenderà a sfuggire al trattamento. Il CO2 stratificato sulla superficie dell’acqua, raggiunta una determinata concentrazione,   sarà  aspirato e inviato tramite soffianti al trattamento di carbonatazione negli appositi bacini  sottostanti  ai sedimentatori e al sistema di disidratazione e stabilizzazione dei fanghi. Per questo servizio potranno essere utilizzati anche i bacini sottostanti ai 21600 sedimentatori previsti per il trattamento leggero, come sopra accennato.   Il processo di carbonatazione è stato descritto alla pos.1. Quello che, grosso modo, avverrà nel bacino di ossi-nitrificazione-desolforizzazione- fotosintesi è sintetizzato di seguito:  Nella zona superiore del bacino di ossi-nitrificazione  prevarrà la fotosintesi,  si consumerà CO2,nitrati e fosfati con produzione di ossigeno. Il prodotto organico della fotosintesi ossigenica è il glucosio (C6H12O6). L'equazione chimica che riassume il processo è: 6 CO2 + 6 H2O + 2872144,8 ( j / mole) ® C6H12O6) + 6 O2;   2872144,8 ( j / mole) = 686 ( Kcal / mole) sono l’energia derivante dalla radiazione solare necessaria per effettuare la reazione.

Anche dalla ossidazione del nitrito a nitrato ad opera di batteri nitrobacter si potrà avere consumo di CO2: 400NO2 +  5CO2 + NH4 + 195O2 + 2H2 ® C5H7NO2 + 400NO3 + H.

Nella zona inferiore, oltre al deposito nei fanghi di polveri, metalli pesanti ecc., prevarrà la respirazione aerobica, che consumerà ossigeno e  produrrà CO2. I carboidrati vengono decomposti mediante l’ ossigeno per ottenere energia. L'equazione chimica che riassume il processo è l’opposto di quella precedente:

C6H12O6 + 6O2 ® 6CO2 + 6 H2O + circa 38 molecole di ATP.

Gli ossidi di zolfo potranno essere trasformati in solfito  e solfato di calcio che si depositerebbe nei fanghi  sia nei bacini di ossi-nitrificazione(alcalinizzati), sia in quello di carbonatazione mediante le seguenti reazioni.

SO2 + H2O → H2SO3 (acido solforoso)

CaCO3 + H2SO3 → CaSO3 + CO2·H2O

H2SO3 + Ca(OH)2 ---> CaSO3 (solfito di calcio) + 2H2O

In presenza di ossigeno ed acqua nei gas, il solfito di calcio reagisce in parte con essi producendo solfato di calcio idrato (cioè gesso):

CaSO3 + (1/2)O2 + 2H2O → CaSO4·2H2O

CaSO3 + (1/2)H2O → CaSO(1/2)H2O

Complessivamente, l’insieme delle reazioni di desolforazione può venire descritta come segue:

CaCO3 + SO2 + (1/2)H2O → CaSO3·2H2O + CO2

 

In sostanza, il bacino coperto con pannelli fotovoltaici trasparenti si trasformerà in una serra dove,  grazie alla maggiore concentrazione di CO2 e ai nutrienti presenti nell’acqua si svilupperanno  i microrganismi galleggianti (plancton) che vivono nella zona superiore, una volta esaurito il proprio ciclo di vita precipiteranno nella zona inferiore dove saranno decomposti e consumati dalla respirazione aerobica.  Affinché questo avvenga, si deve trattenere nel bacino sia il plancton che ha un ciclo di vita dai 10 ai 15 giorni, sia il fango per almeno lo stesso periodo. Di fatto nella zona inferiore si avrà un processo di ossidazione totale con la quasi completa distruzione dei fanghi. I pochi fanghi di supero prodotti saranno  inviati direttamente alla disidratazione con  stabilizzazione calcica, incorporata nel fabbricato.

Nella zona intermedia del bacino si avrà una maggiore velocità  circolazione dell’acqua, ma compatibile con il basso carico organico e l’azoto totale che può essere contenuto in un fiume sia pure inquinato. Ovviamente i calcoli di dimensionamento dovranno tener conto anche dell’inquinamento.

-La sezione di uscita del bacino sarà molto diversa dagli altri bacini di ossi-nitrificazione, in quanto terrà conto della stratificazione che abbiamo appositamente creato. Lo strato superficiale di plancton galleggiante ed eventuali alghe si accumulerà sulla parete di fondo  dove sarà realizzata  una vaschetta (part. 6 dis. n. 6) superficiale con una soglia di sfioro di 10 cm inferiore al livello di sfioro del bacino, nella quale saranno posizionate delle  elettropompe sommergibili  con le quali circa  il 5% della portata totale dell’impianto sarà ricircolato attraverso i sacchi drenanti, della  disidratazione dove in un ambiente pressurizzato con aria e ossido di calcio rilasceranno le particelle in sospensione (alghe comprese). Le sostanze galleggianti più resistenti, trascinate dalla corrente provocata dalle  elettropompe di sollevamento si addosseranno alla parete di chiusura del bacino dove sarà realizzato un leggero velo di acqua   proveniente da una piccola vaschetta con profilo di stramazzo tipo thompson (v. part 6 dis. n.5). L’acqua di alimentazione  della vaschetta sarà prelevata dalle acque di scolo dei sacchi drenanti (PH 12) che ritorna al bacino di denitrificazione, eventualmente additivata con un coagulante liquido.

In un futuro, probabilmente non troppo lontano, il plancton in eccesso coltivato nei bacini per consumare il CO2, anziché essere inviato ai fanghi, potrà essere utilizzato per produrre idrocarburi di nuova generazione. La Exxon Mobil Corporation, il gigante del petrolio, è entrato in gara per lo sviluppo di biocarburanti. Ha firmato un accordo con la Synthetic Genomics Inc.(SGI) una delle società leader nel campo delle biotecnologie per contribuire a produrre biocarburanti  a partire dalle alghe foto sintetiche (http://www.chimici.info/Dalle-alghe-il-carburante-del-futuro).

Comunque, anche senza questa futura  innovazione tecnologica, come si è visto, oggi potremmo produrre energia pulita persino con le centrali termiche a carbone, abbinandole ai depuratori fluviali. I quali consentirebbero di ridurre i costi dalle centrali termiche dovuti ai sistemi di abbattimento dei residui tossici,  della cattura e stoccaggio del  CO2, con un sistema più affidabile, con un migliore rendimento, più gestibile, con meno consumi energetici sfruttando la corrente delle acque fluviali, la produzione energetica solare autonoma dei  depuratori coperti, depurando contemporaneamente anche le acque fluviali.  Nell’impossibilità di utilizzare l’acqua dei fiumi potrebbe essere sollevata  l’acqua di mare, utilizzata nello stesso tipo di impianto per il trattamento dei fumi e restituita al mare. La grande potenzialità di trattamento di questi impianti consentirà di convogliare negli stessi anche gli scarichi urbani.

Terza soluzione ( sottrazione gas nocivi dai centri urbani)

Per dimostrare la grande versatilità dei depuratori coperti e completare il quadro delle applicazioni più evidenti ai fini delle riduzioni delle emissioni di CO2 e gas nocivi, cito anche una applicazione  realizzabile nei centri urbani, ipotizzata per le emissioni degli autoveicoli.

Realizzando piccoli impianti di depurazione sistemati sotto il piano stradale, in linea con la rete fognaria, costituiti da:

1)      Un sedimentatore Dortmund sotto il piano stradale, in linea con la rete fognaria spurgabile con una autobotte disidratatrice.

2)      un bacino di ossi-nitrificazione  in linea con il sedimentatore, dotato all’uscita di un pozzetto con soglia di sfioro  collegato a un secondo  sedimentatore fuori linea dotato di un pozzetto di sollevamento in uscita, tramite il quale, l’acqua in uscita viene rispedita  a valle dell’ossidazione.

3)      un bacino di carbonatazione  sottoposto al sedimentatore.

4)      Una unità mobile di disidratazione e stabilizzazione dei fanghi realizzata in  container posizionata sopra il sedimentatore di pos. 2 (la soluzione in container consente il collegamento idraulico ed elettrico all’impianto e la sostituzione rapida  nelle ore notturne senza creare problemi di circolazione al traffico e cattivi odori).   Si riportano di seguito alcune caratteristiche dimensionali:

A.E. 1500: dimensione container 2400 * 3060 * h 2550 (Capacità 39 sacchi) :

A.E. 2500: dimensione container 2400 * 4500 * h 2550 (Capacità 60 sacchi) :

A.E. 4000: dimensione container 2400 * 6060 * h 2550 (Capacità 86 sacchi) :

5)   Due impianti  di aspirazione dell’aria, uno per ogni lato stradale, con prese di aspirazione  sotto il piano marciapiede.

L’aria utilizzata per l’alimentazione  del bacino di ossidazione sarà quella inquinata, aspirata con gli impianti pos 5, sul piano stradale, contenente  i  componenti nocivi dei gas di scarico.  Il compito è semplificato dal fatto che  la maggior parte dei veicoli li emettono a pochi centimetri dal pavimento. Senza nessuna pretesa di eliminare tutte  le emissioni, ma soltanto di ridurle, la cattura  si potrebbe  fare realizzando dei condotti aspiranti affiancati al condotto fognario, nei quali si manterrebbe una velocità dell’aria di  circa 20m/sec, in grado di trasportare, oltre ai gas,  anche le polveri sottili. Come nei grandi impianti sopra citati, l’aria inquinata sarà immessa in un bacino di ossi-nitrificazione del liquido fognario adeguato  alla portata di liquame della zona. In questo piccolo bacino avverranno tutte la funzioni  descritte per i grandi bacini delle centrali termiche. In questo caso la funzione clorofilliana potrà essere affidata esclusivamente dalla luce artificiale di lampade a led.   Il CO2 non assorbito dal processo di ossi nitrificazione, stratificherà sulla superficie dell’ acqua mentre l’aria depurata risalirà nell’atmosfera attraverso tubi di sfiato. Il CO2 stratificato raggiunta una determinata concentrazione,  sarà  aspirato e inviato tramite soffianti al trattamento di carbonatazione sottoposto al sedimentatore (pos.2) e al container  di disidratazione e stabilizzazione dei fanghi (pos.4). Anche il  processo di carbonatazione è stato descritto sopra.   Il vantaggio di questa soluzione è quello di sottrarre gas tossici,  CO2 e polveri sottili all’ambiente in modo invisibile, con un processo altamente aerobico che non emette cattivi odori, depurando contemporaneamente le acque, che pur essendo rimesse nuovamente nel circuito fognario contribuirebbero notevolmente  a ridurre le degenerazioni del liquame nei tratti fognari  successivi, quando le stesse acque si misceleranno con le altre prive di trattamento. Saranno evidenti anche le riduzioni di costo delle depurazioni finali. Naturalmente il sistema potrà essere usato anche per neutralizzare i gas accumulati nelle gallerie, eventualmente abbinando l’estrazione  dell’aria a impianti di raccolta dell’acqua di prima pioggia (ricircolando la stessa acqua in tempo di secca) e in svariate altre occasioni.

Non bisogna spaventarsi per  la dimensione delle opere necessarie, alle depurazioni fluviali (anche le centrali occupano spazi enormi). Queste sarebbero le stesse anche senza il trattamento dei fumi e sono inevitabili se si vuole salvare il pianeta. Basti pensare che l’acidificazione degli oceani è un fenomeno molto più grave e immediato dell’aumento del CO2 atmosferico. Oggi il pH medio degli oceani è 8.1, più basso di 0.1 unità rispetto al periodo prima della rivoluzione industriale. Ciò potrebbe non sembrare un cambiamento elevato ma la scala del pH è logaritmica. Una diminuzione di 0.1 unità corrisponde perciò ad un aumento del 30% degli ioni idrogeno (H+). Simulazioni hanno mostrato che il pH potrebbe arrivare a 7.8 prima della fine di questo secolo, un valore che gli ecosistemi marini non hanno sperimentato da parecchi milioni di anni. (http://www.epoca-project.eu/index.php/component/content/article/1).

In questo breve articolo non è possibile scendere nel dettaglio della depurazione globale e in particolare dei trattamenti  fluviali, poiché occorrerebbero almeno una quarantina di pagine, ma gli impianti che potrebbero fare in futuro questo lavoro sono pubblicati in un articolo in dottrina sul sito www.lexambiente.it dal titolo “DEPURATORI COPERTI PER ACQUE FLUVIALI E URBANE CON CONSUMO DI CO2 E PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA SOLARE NEL CONTESTO DI UNA DEPURAZIONE GLOBALE”. Il link è disponibile nelle pagine di facebook  del sottoscritto. L’ubicazione di questi impianti potrebbe avvenire sui fiumi stessi poco prima della foce, oppure  nel mare realizzando delle penisole  artificiali.

Grazie  per l’attenzione

Luigi Antonio Pezone

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