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Sez. 3, Sentenza n. 9506 del 10/02/2005 Ud. (dep. 10/03/2005 ) Rv. 231094
Presidente: Vitalone C. Estensore: Teresi A. Relatore: Teresi A. Imputato: Cappadona. P.M. Izzo G. (Diff.)
(Annulla senza rinvio, Trib. Palermo, 16 Marzo 2004)
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Rifiuti radioattivi - Mancato rispetto dei tempi di dimezzamento fisico dei materiali - Reato di cui all'art. 137 del D.Lgs. n. 230 del 1995 - Configurabilità.

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MASSIMA (Fonte CED Cassazione)
In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato previsto dall'art. 137 D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 230 (violazione delle prescrizioni dell'autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi) il superamento dei limiti di tempo imposti dall'art. 30 del medesimo D.Lgs. n. 230 del 1995, nel testo modificato dal decreto n. 241 del 2000, per il dimezzamento fisico dei rifiuti o materiali contenenti radionuclidi.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 10/02/2005
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 282
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GIRLLO Carlo M. - Consigliere - N. 28420/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Cappadona Antonella, nata a Palermo il 12.06.1962;
avverso la sentenza del Tribunale di Palermo in data 16.03.2004 con cui è stata condannata alla pena dell'ammenda per i reati di cui agli art. 93 D.P.R. n. 185/1964 e 138, comma 3, decreto legislativo n. 230/1995;
Visti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del PG, Dott. IZZO Gioacchino, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
OSSERVA
Con sentenza in data 16.03.2004 il Tribunale di Palermo condannava Cappadona Antonella alla pena dell'ammenda quale responsabile di avere detenuto, in due distinti depositi, rifiuti radioattivi oltre il termine prescritto nel nulla osta.
Proponeva ricorso per Cassazione l'imputata denunciando manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità dei reati.
Essa, quale amministratore della s.p.a. Sicurad, nel 1991 aveva ottenuto, per l'attività di gestione di rifiuti radioattivi, il nulla osta del medico provinciale, ai sensi dell'art. 93 D.P.R. n. 185/1964, che non prevedeva alcun vincolo temporale alla detenzione dei rifiuti, sicché il limite contenuto nel nulla osta a lei rilasciato era da considerare, se non contro legem, non obbligatorio e, comunque, penalmente irrilevante perché non previsto da alcuna norma.
Col decreto legislativo n. 230/1995 era stato introdotto il regime autorizzativo, in luogo del rilascio del nulla osta, e la possibilità di imporre prescrizioni nelle autorizzazioni. La nuova fattispecie criminosa, introdotta dal combinato disposto degli art. 30, comma 3, e 137, comma 3, d.lgs. 230/1995, era, però, configurabile soltanto dal 1^ gennaio 2001, come stabilito dal comma 2 del citato articolo 30, introdotto dal decreto legislativo n. 241/2000 (art. 42).
L'art. 30 del decreto del 1995 disponeva, infatti, che dovevano essere stabilite le autorità competenti al rilascio, nonché le modalità per il rilascio medesimo.
Ne conseguiva che, nelle more, l'ottenuto nulla osta era ancora operante e che le prescrizioni ad esso apposte non erano penalmente rilevanti, non essendo ancora entrato in vigore il decreto del 1995, come, peraltro chiarito, dalla circolare del Ministero del lavoro n. 5/2001 in data 8.01.2001, secondo cui "l'entrata in vigore degli allegati 7^ e 9^ (l'1.01.2001) comporta l'abrogazione dell'art. 93 D.P.R. 185/64..."
Inoltre, non era corretta l'interpretazione del Tribunale dell'art. 146, comma 4, del d.lgs. del 1995 (norma transitoria) che consentiva la prosecuzione della gestione dei rifiuti radioattivi ai possessori di provvedimenti autorizzativi rilasciati ai sensi delle pregresse disposizioni "nel rispetto delle modalità, limiti e condizioni con cui la stessa (attività) veniva svolta" perché tale disposizione non era ancora entrata in vigore, sicché non poteva produrre effetti su provvedimenti contenenti prescrizioni la cui inosservanza era penalmente irrilevante.
Il reato, poi, non era configurabile perché il Tribunale asserendo che l'imputata "aveva detenuto in deposito per oltre sei mesi rifiuti radioattivi con tempo di dimezzamento superiore a 75 giorni..." non aveva indicato neppure un solo rifiuto che avesse un tempo di dimezzamento effettivamente superiore ai 75 giorni. Rilevava, infine, che i reati erano prescritti avendo il Tribunale accertato in sentenza che il termine iniziale della prescrizione decorre dal 29.06.2000 e non dal 28.09.2000.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il motivo relativo alla configurabilità del reato non è puntuale perché il decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 230 ha introdotto un regime autorizzativo per i rifiuti radioattivi stabilendo, all'art. 30, che per il loro smaltimento è richiesta l'autorizzazione nella quale possono essere stabilite particolari prescrizioni la cui violazione integra l'ipotesi criminosa prevista dall'art. 137 ("Chi non osserva le particolari prescrizioni di cui ali 'autorizzazione e' punito con l'arresto ... o con l'ammenda").
Fino all'emanazione dei decreti attuativi per rendere operativo l'introdotto regime, peraltro mai intervenuti fino all'entrata in vigore del decreto legislativo 2000 n. 241 che ha modificato e integrato il decreto del 1995, l'art. 146, comma 4, di quest'ultimo decreto ha consentito la prosecuzione dell'esercizio delle attività di smaltimento, già munite di nulla osta, "nel rispetto delle modalità, limiti e condizioni con cui la stessa veniva svolta". Pertanto, la norma del 1995 ha attribuito rilevanza penale all'inosservanza delle prescrizioni che erano state imposte nella vigenza del decreto del 1964 donde la correttezza della decisione del giudice di merito il quale ha accertato che l'imputata non ha osservato la prescrizione contenuta nel nulla osta rilasciatole nell'anno 1991 ai sensi del DPR n. 185/1964 secondo cui la detenzione dei rifiuti radioattivi non poteva protrarsi oltre il termine massimo di sei mesi.
Le modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 241/2000, entrato in vigore il 10.01.2001, all'art. 30, commi 1 e 2, dell'art 30 del decreto legislativo n. 230/1995 (con riferimento al tempo di dimezzamento fisico dei rifiuti o materiali contenenti radionuclidi) non incidono sulla configurabilità il reato contestato avendo il giudice di merito accertato parte dei rifiuti superavano il previsto tempo di dimezzamento.
Risultando, però, dalla sentenza che la detenzione dei rifiuti non si è protratta oltre il mese di giugno del 2000, i reati sono prescritti sin dal dicembre 2000, essendo decorso in termine massimo di anni 4 mesi 6.
Pertanto la sentenza va annullata senza rinvio.
P.Q.M.
La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella pubblica udienza, il 10 febbraio 2005. Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2005