IMPIANTI PUBBLICITARI, SICUREZZA STRADALE E TUTELA AMBIENTALE: ASPETTI OPERATIVI PER IL CONTRASTO DEGLI IMPIANTI ABUSIVI E RELATIVE PROCEDURE SANZIONATORIE E RIPRISTINATORIE
Antonio Nocera
Comandante Corpo P.M. Treviglio
Relazione al Convegno "Le Giornate della Polizia Locale - XXVII edizione" Riccione 17 - 20 settembre 2008
 

 
1.-INTRODUZIONE
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2.-LA DISCIPLINA DEL CODICE DELLA STRADA

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2.1-FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO

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2.2-PROCEDURE SANZIONATORIE E RIPRISTINATORIE PREVISTE DAL CODICE DELLA STRADA

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3. -LA DISCIPLINA INERENTE L’IMPOSTA COMUNALE SULLA PUBBLICITA’

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3.1-FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO

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3.2-PROCEDURE SANZIONATORIE E RIPRISTINATORIE PREVISTE DAL D. LGS. N. 507/93

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4.-ESCLUSIONE DELL’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELLA DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’ ALLA INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PUBBLICITARI

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5.-ESCLUSIONE DELL’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DEL SILENZIO-ASSENSO ALLA INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PUBBLICITARI

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6. -RIMOZIONE DEI CARTELLI PUBBLICITARI ABUSIVI

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1. INTRODUZIONE
 

Come è noto, la Polizia Locale svolge un ruolo fondamentale anche per il controllo degli impianti pubblicitari, a garanzia della legalità e della pubblica incolumità. Nella trattazione di questo tipo di verifiche, bisogna tenere conto, tuttavia, dei rilevanti interessi economici che guidano l’attività dei privati, della gestione degli impianti pubblicitari operata degli Enti locali, i quali introitano l’imposta comunale sulla pubblicità, e dei principi del Codice della Strada che mira a tutelare la sicurezza della circolazione stradale e l’incolumità degli utenti della strada. Le ditte che si occupano di installazioni pubblicitarie sono numerose, ed i colleghi che effettuano gli accertamenti sovente devono poi gestire ricorsi con i quali ci si propone, spesso, di posticipare la rimozione dei cartelli pubblicitari, nel frattempo fonte di introiti o, in alcuni casi, di intimorire gli accertatori con richieste di risarcimento danni, nel caso si commettano anche semplici errori procedurali. Per questi motivi gli accertamenti devono essere accurati, facendo particolare attenzione alle procedure sanzionatorie e ripristinatorie previste dalla legislazione vigente. Come accennavo prima, infatti, vige al riguardo una legislazione concorrente di cui una, rappresentata dal Codice della Strada, si pone quale fine la tutela della sicurezza della circolazione stradale, la seconda, rappresentata dal D.Lgs. n. 507/93, disciplina l’imposta comunale sulla pubblicità e detta norme a tutela di degli Enti locali che devono introitare tale imposta. Per avere un quadro completo degli strumenti oprativi utilizzabili è, quindi, necessario analizzare tale normativa ed esaminare successivamente alcune sentenze giurisprudenziali, esplicative al riguardo.

 

2. LA DISCIPLINA DEL CODICE DELLA STRADA

 

2.1 FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO

La normativa di riferimento, a tutela della circolazione stradale, è rappresentata dall’art. 23 Codice della Strada e dagli artt. 47-59 del D.P.R. n. 495/92 Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada.   L’art. 23 CdS vieta espressamente la collocazione di mezzi pubblicitari, lungo le strade o in vista di esse, che per dimensioni, colori, disegno o ubicazione, possano arrecare pericolo per la circolazione stradale perché idonei a:

                    ingenerare confusione con la segnaletica stradale o a renderne difficile la comprensione ridurne la visibilità o l’efficacia; 

                    arrecare disturbo visivo o ridurre l’attenzione degli utenti della strada;

                    costituire ostacolo per la circolazione della persone invalide;

                    produrre abbagliamento, in quanto sorgenti luminose.

 

E’ vietato, inoltre, la collocazione di qualsiasi impianto pubblicitario sulle isole di traffico delle intersezioni canalizzate. La collocazione dei mezzi pubblicitari non in contrasto con le prescrizioni sopra indicate, può essere autorizzata dagli Enti proprietari della strada sulla quale si richiede di posizionare il mezzo, o da altro Ente da questi delegato, ai sensi dell’art. 26, comma 1, C.d.S.. I Comuni rilasciano sempre le autorizzazioni nei centri abitati, o in quanto proprietari delle strade, se hanno una popolazione di almeno diecimila abitanti, ai sensi dell’art. 2, comma 7, C.d.S., oppure, se hanno una popolazione inferiore ai diecimila abitanti, chiedendo apposito nulla osta all’Ente proprietario della strada. E’ necessario richiedere il nulla osta di altro Ente anche quando i cartelli sono visibili da altre strade di proprietà, appunto, di diverso Ente. E’ comunque proibita la installazione di qualsiasi mezzo pubblicitario, ad eccezione delle insegne di esercizio nel rispetto dell’art. 23, comma 7, C.d.S., lungo o in vista di itinerari internazionali, autostrade e strade extraurbane principali. E’ sempre vietata, inoltre, la pubblicità relativa ai veicoli che abbia contenuto, significato o fine in contrasto con i principi del Codice della Strada. I mezzi pubblicitari autorizzati devono, essere realizzati nelle loro parti strutturali con materiali non deperibili e resistenti agli agenti atmosferici, devono essere saldamente fissati al suolo, in modo da resistere anche ad eventuali eventi atmosferici, sia globalmente sia per ogni loro singolo elemento. Deve essere prestata attenzione nell’uso dei colori, in particolare del rosso, al fine di non ingenerare confusione con i segnali stradali di pericolo, di precedenza e di obbligo. Ad eccezione degli impianti pubblicitari di servizio, i mezzi pubblicitari devono essere collocati, in ogni loro punto, ad una altezza minima di m. 1,5 rispetto a quella della banchina stradale misurata nella sezione stradale corrispondente. L’art. 51 del Regolamento di esecuzione del C.d.S. stabilisce delle distanze minime da rispettare per la collocazione dei mezzi pubblicitari, distanze nella maggior parte dei casi derogabili, nei centri abitati, dai regolamenti comunali, ai sensi dell’art. 23, comma 6, sempre nel rispetto delle esigenze di sicurezza della circolazione stradale. Il soggetto interessato al rilascio dell’autorizzazione per la collocazione di un mezzo pubblicitario deve presentare apposita richiesta al compete ufficio dell’Ente proprietario della strada, corredata da una autocertificazione circa la stabilità del manufatto e la resistenza agli eventi atmosferici, ed un bozzetto del messaggio pubblicitario affinché si possa accertare la conformità ai requisiti indicati dall’art. 23 C.d.S.. Il titolare dell’autorizzazione è tenuto a verificare periodicamente il buono stato di conservazione dei mezzi pubblicitari, ad effettuare tutti gli interventi necessari al loro buon mantenimento, ad adempiere a tutte le prescrizioni imposte dall’Ente proprietario della strada sia al momento del rilascio dell’autorizzazione sia successivamente a salvaguardia della sicurezza della circolazione stradale, a

procedere alla tempestiva rimozione dei mezzi pubblicitari per i quali sia decaduta o revocata l’autorizzazione, per i quali siano venuti a mancare i previsti requisiti di sicurezza o in seguito a motivata richiesta dell’Ente proprietario della strada. Al fine di identificare correttamente i responsabili della collocazione dei mezzi pubblicitari, il titolare dell’autorizzazione deve collocare, su ogni impianto, una targhetta riportante i seguenti dati:

                    l’amministrazione che ha rilasciato l’autorizzazione;

                    il soggetto titolare dell’autorizzazione;

                    il numero dell’autorizzazione;

                    la progressiva chilometrica del luogo di installazione;

                    la data di scadenza. Qualora la collocazione della targhetta risulti difficoltosa, è possibile riportare gli stessi dati con scritte a carattere indelebile.

 

2.2 PROCEDURE SANZIONATORIE E RIPRISTINATORIE PREVISTE DAL CODICE DELLA STRADA

Le sanzioni amministrative previste per le condotte illecite riguardo alla collocazione di impianti pubblicitari, in violazione del Codice della Strada, sono stabilite dall’art. 23 C.d.S.. Ai sensi del citato articolo, chiunque viola le prescrizioni indicate nelle autorizzazioni dall’Ente proprietario della strada è soggetto ad una sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 148,00 ad euro 594,00. Chiunque viola qualsiasi disposizione dettata dallo stesso art. 23 C.d.S. o dal regolamento di esecuzione del Codice della Strada è soggetto ad una sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 370,00 ad euro 1.485,00. Come accennavo nell’introduzione, tuttavia, la vera sanzione per coloro che collocano mezzi pubblicitari abusivi non è tanto rappresentata dal pagamento delle somme di denaro sopra indicate, quanto dalla immediata rimozione degli impianti, con il conseguente mancato introito dal momento della rimozione. A tal proposito, i commi 13 bis e 13 quater dell’art. 23 C.d.S. prevedono delle modalità di rimozione dei mezzi pubblicitari abusivi che, come vedremo in seguito, in base a costante giurisprudenza, non si configurano come sanzione accessoria, bensì come un mezzo di autotutela accordato all’ente pubblico proprietario della strada, per assicurare il rispetto delle disposizioni contenute nel Codice della Strada, che variamente limitano e disciplinano la pubblicità sulle strade per armonizzarla con le esigenze di sicurezza e di ordine del traffico. A tale riguardo è opportuno richiamare anche l’art. 21 ter della legge n. 241/90, ai sensi del quale, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente

l’adempimento degli obblighi nei loro confronti, appunto nei casi e con le modalità previste dalla legge, prevedendo, quindi, una riserva di legge per disciplinare la esecutorietà dei provvedimenti costitutivi di obblighi. Ai fini della rimozione dei mezzi pubblicitari abusivi, dunque, il Codice della Strada prevede due modalità operative: -in caso di installazione di mezzi pubblicitari abusivi, l’Ente proprietario della strada diffida l’autore della violazione e/o il possessore del suolo privato a rimuovere il mezzo entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. Decorso tale termine, l’Ente proprietario può provvedere alla rimozione coattiva dei mezzi ed alla sua custodia ponendo i relativi oneri a carico dell’autore della violazione o del proprietario del suolo, obbligati in via solidale tra di loro. Coloro che non ottemperano alla diffida sono, inoltre, soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 4.144,00 ad euro 16.576,00, in concorso tra di loro. Nel caso non sia possibile individuare l’autore della violazione, alla stessa sanzione soggiace chi utilizza gli spazi pubblicitari privi di autorizzazione. -nel caso la installazione dei mezzi pubblicitari sia realizzata su suolo demaniale, su area dell’Ente proprietario della strada o quando costituisca pericolo per la sicurezza della circolazione stradale in quanto in contrasto con le disposizioni del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada, l’Ente proprietario della strada esegue senza indugio la rimozione del mezzo pubblicitario e trasmette la nota delle spese sostenute al Prefetto competente per territorio, il quale emette apposita ordinanza ingiunzione di pagamento, titolo esecutivo ai sensi di legge. Al riguardo, come argomenteremo più ampiamente in seguito, costante giurisprudenza ritiene che la rimozione senza indugio prevista dall’art. 23, comma 13 quater, C.d.S., e l’assenza della preventiva comunicazione al destinatario sono giustificati dalla necessità di adottare tempestivamente un provvedimento che, essendo diretto a tutelare la pubblica incolumità, non potrebbe essere differito, se non mettendo a rischio l’interesse generale protetto dalla norma. Il diritto del proprietario dei manufatti è, comunque, garantito dalla possibilità di proporre le proprie difese seppure successivamente alla intervenuta rimozione.

3. LA DISCIPLINA INERENTE L’IMPOSTA COMUNALE SULLA PUBBLICITA’

3.1 FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO

L’imposta comunale sulla pubblicità è disciplinata dal D.Lgs. n. 507/93, il quale ne stabilisce gli ambiti di applicazione e prevede delle sanzioni amministrative e delle procedure ripristinatorie proprie.

Giova ricordare, come già riferito in precedenza, che tale legislazione è concorrente rispetto a quella rappresentata dal Codice della Strada, in quanto diversi sono i beni e gli interessi tutelati. Il Codice della Strada regolamenta esclusivamente la pubblicità effettuata sulle strade

o in vista di esse. Il D.Lgs. n. 507/93, invece norma qualsiasi forma di pubblicità effettuata sul territorio comunale. A tale proposito i Comuni devono adottare un apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta con il quale disciplinare le modalità di effettuazione delle forme di pubblicità e stabilirne eventuali limiti e divieti. Il regolamento deve determinare, anche, la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione ed i criteri per la realizzazione del piano generale degli impianti pubblicitari. Il presupposto dell’imposta sulla pubblicità è rappresentato dalla diffusione dei messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive ed acustiche in luoghi pubblici o aperti al pubblico, o che sia da tali luoghi percepibile. Il soggetto passivo dell’imposta è rappresentato da colui che dispone, a qualsiasi titolo, del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso. Colui che produce o vende la merce oppure fornisce i servizi oggetto della pubblicità è solidalmente obbligato, con tale soggetto, al pagamento dell’imposta. I soggetti sopra indicati, prima di collocare i mezzi pubblicitari, sono tenuti a presentare al comune apposita dichiarazione nella quale devono essere indicate le caratteristiche e la durata della pubblicità, nonché l’ubicazione dei mezzi pubblicitari utilizzati.

3.2 PROCEDURE SANZIONATORIE E RIPRISTINATORIE PREVISTE DAL D. LGS. N. 507/93

Le sanzioni amministrative previste per le condotte illecite riguardo alla collocazione di impianti pubblicitari in violazione del D.Lgs. n. 507/93 sono previste dagli articoli 23 e 24 dello stesso decreto. Per la violazione delle norme previste dal D.Lgs. n. 507/93, generalmente in caso di mancato pagamento dell’imposta sulla pubblicità, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 206,00 ad euro 1549,00.

Il comune dispone, inoltre, la rimozione dell’impianto abusivo entro un termine stabilito, scaduto il quale, provvede d’ufficio addebitando ai responsabili le spese sostenute. Al fine di privare di efficacia pubblicitaria il mezzo abusivo, il comune, indipendentemente dalla procedura di rimozione degli impianti, può, inoltre, effettuare la immediata copertura della pubblicità abusiva.

I mezzi pubblicitari abusivi possono, previa apposita ordinanza, essere sequestrati a garanzia del pagamento sia delle spese di rimozione e custodia che dell’imposta dovuta, prevedendo, nella stessa ordinanza, un termine entro il quale gli interessati possono richiedere la restituzione del materiale sequestrato, previo versamento di quanto dovuto o di una congrua cauzione.

4. ESCLUSIONE DELL’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DELLA DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’ ALLA INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PUBBLICITARI

Come accennavo prima, considerati i rilevanti interessi economici che muovono le ditte che si occupano di pubblicità, in diverse occasioni si è tentata la possibilità di collocare impianti pubblicitari ricorrendo alla denuncia di inizio attività disciplinata dall’art. 19 della legge 241/90. Costante giurisprudenza, e la direttiva del Ministero dei LL.PP. n. 1381 del 17 marzo 1998, hanno confermato che non si applica la disciplina della denuncia di inizio attività alla installazione degli impianti pubblicitari. In particolare la decisione del Consiglio di Stato n. 6532 del 12.10.2004 afferma che, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 507/93, recante revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità, il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l’applicazione dell’imposta, con il quale deve disciplinare le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme di pubblicità, in relazione alle esigenze del pubblico interesse e, in ogni caso, determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione. L’installazione di impianti pubblicitari è, pertanto, attività contingentata e, come tale, esclusa dalla disciplina dell’art. 19 della legge n. 241/90, in base al quale l’atto di consenso cui sia subordinato l’esercizio di una attività privata si intende sostituito dalla denuncia di inizio attività da parte dell’interessato alla pubblica amministrazione competente, sempre che il suo rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi aventi contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli stessi. Alla stregua delle considerazioni fatte, resta quindi confermato il carattere abusivo dell’installazione effettuata dalla ditta che si avvale della denuncia di inizio attività e colloca gli impianti allo scadere del termine, senza alcuna autorizzazione. Alle argomentazioni sopra citate, bisogna poi aggiungere che sono esclusi dall’ambito dell’applicazione della denuncia di inizio attività anche gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla tutela della pubblica incolumità, fine che persegue l’art. 23 C.d.S.. Ai fini della gestione di eventuali ricorsi, giova precisare in questa sede, inoltre, che la Cassazione civile, Sez. II, con sentenza n. 17625 del 10.08.2007, ha ribadito il

principio secondo il quale le disposizioni enunciate dalla legge n.241/90 sono incompatibili con i procedimenti regolati dalla legge n.689/81, la quale costituisce un sistema di norme organico e compiuto e delinea un procedimento di carattere contenzioso, scandito in fasi, i cui tempi sono necessariamente regolati diversamente, perché diverse sono le esigenze tutelate. In tema di sanzioni amministrative non trova applicazione al legge n. 241/2000, atteso che la legge 689/81 è legge speciale che prevale su quella generale ed assicura garanzie non inferiori al minimum prescritto dalla legge generale stessa, in quanto prevede non solo che il trasgressore sia immediatamente informato sull’inizio del procedimento con la contestazione o la notificazione, ma anche che possa esercitare nel modo più ampio il proprio diritto di difesa, con gli ampi margini di tempo previsti. Nella stessa sentenza, qualora fosse ancora necessario, la Suprema Corte ribadisce, inoltre, che competente ad emettere le ordinanze ingiunzioni, ai sensi dell’art. 107 del

D. Lgs. N. 267/2000 è il dirigente dell’ufficio comunale addetto e non il Sindaco, anche se il regolamento comunale disciplina in modo difforme. Infatti, la competenza ad irrogare le sanzioni amministrative, che sono tipici provvedimenti amministrativi, trattandosi di atti autoritativi, posti in essere dall’amministrazione nell’esplicazione di una potestà amministrativa ed aventi rilevanza esterna, è stata devoluta ai dirigenti degli enti locali dall’art. 107 citato, il quale dispone che solo i poteri politico/amministrativi spettano agli organi di governo, attribuendo ai dirigenti i compiti non ricompresi espressamente dalla legge

o dallo statuto tra le funzioni degli organi di governo o non rientranti tra quelle del segretario o del direttore generale.

5. ESCLUSIONE DELL’APPLICAZIONE DELL’ISTITUTO DEL SILENZIO­ASSENSO ALLA INSTALLAZIONE DI IMPIANTI PUBBLICITARI

L’istituto del silenzio-assenso, in virtù del quale l’autorizzazione amministrativa richiesta e non emessa nei termini di legge si ritiene accordata, pur essendo previsto dall’art. 20 della legge n. 241/90 in termini generali, non è di portata illimitata, ma contiene deroghe per gli atti ed i procedimenti indicati nel quarto comma dello stesso articolo, tra i quali sono specificamente elencati quelli che attengono alla pubblica sicurezza ed alla incolumità pubblica. Ne consegue che, per il combinato disposto della ridetta norma e dell’art. 23 C.d.S., non possono essere collocati lungo le strade cartelli pubblicitari in difetto di autorizzazione, proprio perché il bene tutelato dal citato art. 23 C.d.S. risulta essere la sicurezza della circolazione stradale. (Cass. civ., sez. II, n. 4869 del 01.03.2007). Tanto meno il silenzio – assenso si configura in applicazione dell’art. 53, comma 5, del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada il quale prevede che l’ufficio

competente, in seguito a richiesta degli interessati, entro 60 giorni concede o nega l’autorizzazione, motivando l’eventuale diniego. Il suddetto termine, infatti, non ha carattere di perentorietà per la pubblica amministrazione. Tale assenza di perentorietà ed il principio generale, vigente nel diritto amministrativo, secondo il quale il mero silenzio su una istanza diretta alla pubblica amministrazione, in assenza di specifiche norme che ne prevedano l’equiparazione all’accoglimento o al rigetto, è da considerare un fatto giuridicamente neutro, in cospetto del quale l’interessato può solo attivarsi, proponendo ricorso avverso il silenzio dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 21 bis della legge n.1034/71, comportano l’irrilevanza, nel caso di specie, della previsione di un termine per la definizione delle domande di collocazione di impianti pubblicitari in mancanza di alcuna espressa equiparazione del silenzio all’accoglimento dell’istanza. (Cass. civ., sez. II, n. 25165 del 27.11.2006). Il silenzio da parte della pubblica amministrazione non consente, quindi, di installare l’impianto pubblicitario, ma costituisce un mero inadempimento rispetto al quale l’interessato può agire sia tramite ricorso al T.A.R. sia, eventualmente, richiedendo il risarcimento dei danni subiti per il mancato esercizio di una legittima attività economica.      

6. RIMOZIONE DEI CARTELLI PUBBLICITARI ABUSIVI

In ordine alla rimozione dei cartelli pubblicitari abusivi è opportuno preliminarmente ribadire che le disposizioni di cui all’art. 23, commi 13 bis e 13 quater, C.d.S., non configurano una sanzione accessoria, bensì un mezzo di autotutela accordato all’Ente pubblico proprietario della strada per assicurare il rispetto delle disposizioni contenute nello stesso articolo 23 citato, che variamente limitano e disciplinano la pubblicità sulle strade, per armonizzarla con le esigenze di sicurezza e di ordine del traffico. Con sentenza n. 11115 del 15.05.2007, la Cassazione civile, sez. II, ritiene manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 13 quater, C.d.S. laddove consente all’amministrazione di rimuovere senza indugio i cartelli pubblicitari installati senza autorizzazione sul suolo pubblico, ove costituiscano intralcio alla circolazione, senza darne preventivo avviso al trasgressore, essendo la misura giustificata dalla necessità di adottare tempestivamente un provvedimento volto a tutelare la pubblica incolumità e, come tale, indifferibile. Il ricorrente, infatti, ha proposto l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 23, comma quater, citato in relazione agli artt. 24 e 25 Cost. e, lamentando altresì violazione e falsa applicazione dell’art. 23 C.d.S. (art. 360 cpc, n.3), deducendo che la nuova formulazione normativa, nel prevedere la rimozione senza indugio del manufatto, non

ha più natura di sanzione accessoria ed è lesivo dei diritti del destinatario del provvedimento, il quale non ha alcuna possibilità di richiederne la sospensione, atteso che l’atto è già compiuto quando esso viene notificato, unitamente al verbale di contestazione. Il provvedimento, inoltre, è disposto dall’amministrazione procedente e non dal giudice, a differenza da quanto stabilito dal c.p.c. in materia di procedimenti cautelari, non è suscettibile di reclamo né è previsto un giudizio di merito. Il ricorrente argomenta, inoltre, che la rimozione, essendo una sanzione irrogata a tempo indeterminato, ha una valenza espropriativa e in ogni caso, anche dopo la restituzione dell’impianto ed il pagamento delle spese di custodia, il relativo godimento è compromesso senza che vi sia alcun procedimento di cognizione sulla legittimità o meno dell’atto ablatorio. La Suprema Corte dichiara, invece, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale in quanto, la rimozione senza indugio dei mezzi pubblicitari e l’assenza della preventiva comunicazione al destinatario sono evidentemente giustificati dalla necessità di adottare tempestivamente un provvedimento che, essendo diretto a tutelare la pubblica incolumità, non potrebbe essere differito se non mettendo a rischio l’interesse generale protetto dalla norma. Il diritto del proprietario dei manufatti è comunque garantito dalla possibilità di proporre le proprie difese, seppure successivamente alla intervenuta rimozione. La differente disciplina prevista dal C.d.S. rispetto a quella dettata nell’ambito dei rapporti privatistici dagli artt. 669 bis c.p.c. e segg., per i procedimenti cautelari, è giustificata dalla natura dell’interesse generale alla pubblica incolumità perseguito dalla normativa in esame. Il riferimento alla natura ablatoria del provvedimento appare fuori luogo, atteso che la rimozione disposta senza indugio non è finalizzata alla acquisizione da parte dell’Autorità del diritto di proprietà del privato, ma costituisce una misura cautelare adottata in presenza di un atto illecito, consistito nella collocazione di cartelli pubblicitari in assenza di una autorizzazione dell’ente proprietario: ove il provvedimento sia emesso fuori dai casi consentiti il privato potrà ricorrere alla tutela restitutoria / risarcitoria.

7. INDIVIDUAZIONE DEL TRASGRESSORE E DELL’OBBLIGATO IN SOLIDO DELLE VIOLAZIONI INERENTI IMPIANTI PUBBLICITARI

Altro elemento critico, per quanto riguarda l’accertamento delle violazioni e la rimozione degli impianti pubblicitari abusivi, riguarda l’individuazione del trasgressore e/o dell’obbligato in solido. Coloro che collocano gli impianti abusivi, infatti, si guardano bene dal farsi scoprire al momento di effettuare tale operazione, per cui il “trasgressore”, inteso come colui

che materialmente si rende responsabile della collocazione dei mezzi pubblicitari, difficilmente può essere identificato. Costante giurisprudenza ha ribadito al riguardo che, in tema di sanzioni amministrative, l’identificazione dell’autore materiale della violazione non costituisce requisito di legittimità dell’ordinanza ingiunzione emessa nei confronti dell’obbligato in solido, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 689/81, atteso che la ratio della norma non è quella di far fronte a situazioni di insolvenza del trasgressore, bensì di evitare che l’illecito resti impunito quando sia impossibile identificare tale ultimo soggetto e sia, invece, facilmente identificabile uno di quelli, solidalmente obbligati, individuati nei primi tre commi della norma stessa in base ad un determinato rapporto giuridico con l’autore della violazione (Cass. 472/2006). L’art. 6 della legge n. 689/81 considera obbligato in solido, con l’autore materiale della violazione, il proprietario della cosa che servì a commetterla, la persona incaricata della direzione o vigilanza nei confronti del trasgressore, nonché l’imprenditore se la violazione è commessa da un suo dipendente o rappresentante nell’esercizio delle sue funzioni. Pertanto, con riferimento alla collocazione di impianti pubblicitari abusivi, legittimante viene chiamata a rispondere dell’infrazione la società proprietaria degli impianti medesimi (Cass. 27796/2005) che, in quanto tale, è necessariamente il soggetto destinatario del provvedimento di rimozione conseguente all’illecito e delle spese sostenute dall’amministrazione, ai sensi dell’art. 23 C.d.S., per la stessa rimozione dei mezzi pubblicitari.

8. CONCORSO FORMALE TRA LE SANZIONI PREVISTE DAGLI ARTT. 23 E 25 CODICE DELLA STRADA

La collocazione di impianti pubblicitari su suolo pubblico può comportare la violazione, in conseguenza di tale condotta, dell’art. 23 C.d.S. che vieta la collocazione sulla sede stradale e sulle sue pertinenze, o in prossimità della stessa di insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forme, colori, disegno ed ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità

o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione, e del successivo art. 25 C.d.S. che vieta, invece, di utilizzare con propri impianti ed opere, senza autorizzazione dell’ente proprietario della strada, la sede stradale e le relative pertinenze, ed integra una ipotesi di concorso formale di illeciti amministrativi configurabile ogni qual volta le singole disposizioni di legge violate, essendo rivolte a tutelare interessi giuridici obiettivamente diversi, non siano tra loro in rapporto di specialità.

Il concorso formale tra due violazioni si caratterizza, infatti, per la circostanza che le due o più violazioni di legge sono commesse con un unico comportamento. Tale concorso è configurabile tutte le volte in cui tra le norme incriminatici non esiste un rapporto di specialità. Tale rapporto è da escludere quando sia diversa l’obiettività giuridica degli interessi protetti dalle diverse norme, come appunto nel caso di specie, essendo evidente, dalla lettura dell’art. 23 e dell’art. 25 C.d.S. che, con il primo si vieta la collocazione, sulla sede stradale e sue pertinenze, di mezzi pubblicitari non autorizzati a salvaguardia della sicurezza della circolazione stradale, con il secondo di far uso della sede stradale e relative pertinenze con propri impianti ed opere, senza autorizzazione dell’ente proprietario della strada.

9. COLLOCAZIONE STABILE DI AUTO PUBBLICITARIE IN VISTA DELLE STRADE

In relazione all’argomento trattato, altra condotta che negli ultimi tempi si rileva con una certa frequenza è quella rappresentata dalla collocazione, in qualche area di sosta

o su area privata, ben visibile dalla strada, generalmente ad alta densità di traffico e, spesso, in prossimità di intersezioni, delle auto pubblicitarie, in sosta prolungata. Si tratta di autoveicoli ad uso speciale, di cui all’art. 54, comma 2 C.d.S., muniti delle cosiddette “vele” riportanti pubblicità, per cui destinati a tale uso, regolarmente autorizzati alla circolazione stradale per la diffusione del messaggio pubblicitario, in seguito al pagamento della relativa imposta ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 507/93. Tali veicoli, tuttavia, non possono essere lasciati in sosta prolungata in vista di una strada, poiché questa condotta è riconducibile alla previsione di cui all’art. 23 C.d.S., in quanto impianto pubblicitario stabile, come confermato anche da costante orientamento giurisprudenziale (tra tutte, Cass. N. 13842 del 13.06.2007). Il citato art. 23, comma 4, infatti, prevede che la collocazione dei cartelli e di altri mezzi pubblicitari lungo le strade o in vista di esse è soggetta, in ogni caso, ad autorizzazione da parte dell’Ente proprietario della strada, non distinguendo, a tal fine, le concrete modalità di collocazione degli impianti che, in effetti, può essere operata in svariate forme, quale quella, appunto, di cui si discute, con l’installazione di cartelli pubblicitari sui lati e sul retro di un autoveicolo, lasciato fermo per più giorni su una area, anche privata, in vista di una strada pubblica. E ciò senza interferenze con la previsione di cui all’art. 23, comma 2, C.d.S. che disciplina la diversa ipotesi della “circolazione” dei veicoli con scritte o insegne pubblicitarie. Chiaramente l’agente accertatore deve documentare correttamente la condotta illecita, effettuando gli opportuni rilievi, eventualmente anche fotografici, che dimostrino la sosta prolungata, e procedere, successivamente, alla predisposizione del verbale di accertamento.

Analogamente agli altri impianti pubblicitari, l’Ente proprietario della strada potrà procedere con la diffida alla rimozione del mezzo entro dieci giorni, ai sensi del comma 13 bis dell’art. 23 C.d.S., o alla rimozione, ai sensi del comma 13 quater, del mezzo in caso di collocazione su area demaniale o rientrante nel patrimonio dell’ Ente proprietario della strada o nel caso che la sua ubicazione lungo le strade o le fasce di pertinenza costituisca pericolo per la circolazione, in quanto in contrasto con le disposizioni contenute nel regolamento.