Cass. Sez. III n. 26950 del 2 luglio 2009 (Ud. 7 apr. 2009)
Pres. Onorato Est Mulliri Ric. Mero
Rifiuti. Discarica abusiva e confisca (comproprietà dell’area)
Quando sia pronunciata condanna per il reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata non è possibile disporre la confisca dell’area, sulla quale risulta realizzata la discarica, in caso di comproprietà dell’area stessa, se non nell’ipotesi in cui tutti i comproprietari siano responsabili, quantomeno a titolo di concorso, del reato
Mero Francesco è stato condannato per la violazione dell’art 51 co. 3 D.L.vo 22/97, per avere gestito, su due terreni dei quali è comproprietario con la moglie, nell’esercizio della sua attività di rigattiere ambulante, una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi consistenti in bidoni in ferro e rottami di metallo. La Corte d’Appello, con la sentenza qui impugnata, ha confermato la condanna riformando la decisione solo con riferimento alla confisca che ha delimitato ad una quota di un meno dell’area di cui trattasi.
Avverso tale decisione, ha proposto ricorso l’imputato deducendo:
1) violazione di legge per la nullità della sentenza impugnata (art. 606 lett. b) c.p.p. in rel. all’art. 51 cc. 3 D.L.vo 22/97) in quanto sarebbe stata affermata la responsabilità per un reato non sussistente per difetto dei requisiti richiesti dalla norma così come enucleati anche dalla giurisprudenza di questa S.C.. Mancherebbero, in altri termini, la reiterazione della condotta ed il deturpamento dello stato dei luoghi. Essendo il Mero un rigattiere ambulante, con regolare licenza, mancherebbe il requisito dell’accumulo ripetitivo nello stesso luogo come dimostra la consistente documentazione prodotta (49 copie di fatture emesse da ditte di recupero) e che testimonia come egli provvedesse fino a 3/4 volte alla settimana a far rimuovere i rifiuti che, quindi erano allocati sul terreno in maniera assolutamente temporanea. L’assenza di degrado sarebbe poi testimoniata dalle dichiarazioni di chi ha riferito in udienza che nell’area vi era anche un allevamento di animali da cortile ed il Mero aveva anche avviato un progetto di bonifica;
2) erronea applicazione della legge penale (art. 606 lett. b) c.p.p. in rel. agli art. 50 e 14 D.L.vo 22/97) in quanto la fattispecie in esame avrebbe dovuto essere ricondotta nell’alveo dell’art. 50 che disciplina l’abbandono di rifiuti”; cosa rilevante sia in termini sanzionatori che di confiscabilità dell’area;
3) erronea applicazione della legge penale (art 606 lett. b) c.p.p. in rel. all’art 163 c.p.) per non avere i giudici di merito giustificato la mancata concessione della sospensione condizionale, pur chiesta in appello;
4) manifesta illogicità della motivazione (art. 606 lett. e) c.p.p. in rel. art. 51 cc. 3 D.L.vo 22/97) perché la decisione di limitare la confisca ad un mezzo dell’area è in contrasto con il fatto che la moglie dell’imputato, comproprietaria, non si stata incriminata né tantomeno condannata e vi sono più decisioni di questa S.C. che escludono tale eventualità quando l’area su cui insisteva la discarica sia risultata in comproprietà ed i comproprietari non siano risultati responsabili a titolo di concorso (sez. III 6441/06).
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.
2. Motivi della decisione - Il ricorso non risulta manifestamente infondato. In particolare, quantomeno il quarto motivo sarebbe da accogliere.
Ed infatti, come enunciato da questa stessa Sezione (24 gennaio 2006, Serra, Rv. 233310) quando sia pronunciata condanna per il reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata (di cui all’art. 51, comma terzo, del D.Lgs, 5 febbraio 1997 n. 22) “non è possibile disporre la confisca dell’area, sulla quale risulta realizzata la discarica, in caso di comproprietà dell’area stessa, se non nell’ipotesi in cui tutti i comproprietari siano responsabili, quantomeno a titolo di concorso, del reato di cui al citato articolo 51”.
A tale stregua era sicuramente da censurare la decisione qui impugnata per il fatto di aver disposto la confisca parziale dell’area che l’imputato ha in comproprietà con la moglie (non coimputata).
Tuttavia, la circostanza che, medio tempore, il reato si sia estinto per prescrizione, impedisce di annullare con rinvio il provvedimento impugnato.
D’altro canto, a sua volta, il fatto che si sia formato un valido rapporto di impugnazione non preclude la possibilità di rilevare e dichiarare, ex art. 129 c.p.p., la causa di non punibilità sopravvenuta (S.U 22 novembre 2000, De Luca, Rv. 217266).
Per l’effetto, la sentenza deve essere annullata senza rinvio per essere il reato contestato estinto per prescrizione.