Consiglio di Stato Sez VI n. 6263 del 27 giugno 2023
Urbanistica.Attività ediliza libera
Hanno natura di «manufatti leggeri» annoverabili nell’edilizia libera, di tende o gazebo che non hanno autonomia funzionale e non realizzano uno spazio chiuso stabile. Tali elementi, pertanto, non necessitano di permessi per la loro installazione. Oltretutto, la copertura e la parziale chiusura perimetrale, derivanti dalla realizzazione delle opere in questione, non si rivelano stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende. Non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Allo stesso modo, deve escludersi che si sia realizzata una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, dato che l'art. 3, lettera d), del D.P.R. n. 380 del 2001, riconduce tale tipologia di intervento edilizio agli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, tra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e impianti.
Pubblicato il 27/06/2023
N. 06263/2023REG.PROV.COLL.
N. 01067/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1067 del 2021, proposto da
Michele Di Gaetano, Afm di Michele di Gaetano Sas, rappresentati e difesi dagli avvocati Maria Cristina Maccio' e Luca Spaltro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Umberto Garofoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Elisa Caprio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Spaziani Testa Pierpaolo, nella sua qualità di Commissario ad acta nominato, non costituito in giudizio;
nei confronti
Carlo Mancini, rappresentato e difeso dall'avvocato Marco Antonetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 12151/2020.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Mancini Carlo il 23/3/2021:
Ricorso in appello incidentale avverso la sentenza Tar Lazio n. 12151/2020 - R.G. 12451/2013 - per la parziale riforma della decisione impugnata con la quale è stato parzialmente accolto il ricorso presentato dalla Soc. AFM Sas di Alessandra De Silvestri, in persona del legale rappresentante pro tempore e dal Sig. Michele Di Gaetano ed è stata disposta la demolizione dei soli manufatti indicati dal Commissario ad acta alle lettere C) e D) e non anche ai manufatti indicati alle lettere A) e B).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della Regione Lazio e di Carlo Mancini;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati Maria Cristina Macciò, Luca Spaltro, Umberto Garofoli e Marco Antonetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in esame, il sig. Di Gaetano Michele ha impugnato la sentenza n. 12151 del Tar del Lazio nella parte concernente il rigetto del gravame proposto dalla stessa parte con ricorso principale per ottenere l’annullamento (i) della determinazione dirigenziale n. 1505 del 17 settembre 2013, con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere abusive (gazebo 4x4) e, con ricorso per motivi aggiunti, (ii) dell’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 1 del 19.12.2019, e della relativa relazione finale, avente ad oggetto l'esecuzione della determinazione dirigenziale n. 1505 del 17/09/2013 ed altri ritenuti abusi edilizi accertati in Roma, alla via Federico Cammeo, n. 29; (iii) della delibera della Giunta Regionale, prot. n. 571 del 9/10/2018, pubblicata nel BURL del 23/10/2018, con la quale veniva disposta la nomina del Commissario ad Acta a fronte dell'inerzia dell'Ente Roma Capitale, già Comune di Roma; (iv) del decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00132 del 24/05/2019 di nomina del detto commissario ad acta.
1.1. In particolare, con accertamento effettuato il 02.08.2013 è stato rilevato un abuso edilizio presso l’immobile sito in Roma, via Federico Cammeo n. 29 int. 2, del quale era usufruttuario il signor Michele Di Gaetano (nuda proprietaria la A.F.M. di De Silvestri Alessandra), consistente nell’installazione, in assenza del titolo abilitativo, di una “struttura tipo gazebo di mq 4,00 X 4,00 circa, che usufruisce per due lati del muro esterno dell’edificio, realizzato da tubolari di metallo verticali di forma triangolare ed orizzontali con copertura in PVC con altezza da m. 2,20 a m. 2,80, poggiata a terra su vecchio pavimento e collegata al muro dell'edificio con scossalina e gronde". Con determinazione n. 1505 del 2013, prot. n. 79339, l’amministrazione di Roma Capitale (già Comune di Roma) ha ingiunto la demolizione. Avverso tale determinazione è stato presentato ricorso al TAR del Lazio con unico motivo di impugnazione (Violazione e falsa applicazione dell'art.33 DPR 380/2001 erroneo accertamento dei fatti ed eccesso dii potere del Comune di Roma), con il quale si contestava l'erroneità della qualificazione dell’intervento operata dall’amministrazione in quanto non si sarebbe trattato di ristrutturazione edilizia bensì di mera installazione nel giardino in proprietà di un gazebo, acquistato in blocco da un rivenditore autorizzato, non poggiato – contrariamente a quanto indicato nel provvedimento gravato – per due lati sulla parete dell’edificio bensì retto da quattro montanti tubolari di metallo e non fissato al suolo, per cui, per dimensioni e caratteristiche, l’opera deve ritenersi non riconducibile al regime del permesso di costruire, integrando un mero elemento di arredo.
1.2. Nel corso del procedimento di primo grado, a fronte dell'inerzia dell'Ente Roma Capitale, con delibera della Giunta Regionale, prot. n. 571 del 9/10/2018, pubblicata nel BURL del 23/10/2018, è stata disposta la nomina del Commissario ad acta e con decreto del Presidente della Regione Lazio n. T00132 del 24/05/2019 è stato nominato il commissario ad acta, il quale, previo accesso al giardino dell’abitazione con sopralluogo effettuato in data 25/10/2019 “rilevato che i manufatti individuati alle lettere A, B, e C se presi singolarmente potrebbero ricadere all’interno della fattispecie prevista all’art. 6 – attività edilizia libera del testo unico, tuttavia, considerati insieme, per la loro consistenza dimensionale, sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’immobile sul quale sono inseriti e quindi, non possono essere considerati come accessori dell’edificio principale; necessitano pertanto per la loro installazione del Permesso di costruire ex art. 10 del D.P.R. 380/2001 e smi in quanto sono inquadrabili tra quelli di Ristrutturazione Edilizia come definiti dall'art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. per la cui realizzazione è necessario idoneo titolo abilitativo” emetteva ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 1 del 19/12/2019 sia della struttura tipo gazebo di cui alla predetta determinazione n. 1505 del 2013 , indicato come
- (i) “Manufatto in aderenza con due lati del fabbricato in corrispondenza della porta-finestra della cucina. Tale manufatto di dimensioni pari a 4,00 x 4,00 ml, è costituito da n. 4 pilastri di ferro aventi sezione 5,00 x 5,00 cm, altezza al colmo pari a 2,80 ml e alla gronda pari a 2,20 ml. La copertura è realizzata con telo in PVC e sottostanti pannelli tipo polistirolo. Il manufatto è semplicemente poggiato a terra. Su tre pilastri sono presenti dei carter metallici in lamiere forate, collegati alle strutture orizzontali. Sono inoltre presenti dei fazzoletti in lamiera di irrigidimento. A terra è presente una pavimentazione in quadrotti di legno (contrassegnato come manufatto A nell’ordinanza),
sia degli ulteriori manufatti presenti nel medesimo giardino, e precisamente
- (ii) una “pergotenda delle dimensioni pari a 5,00 x 1,00 ml a copertura delle scale di accesso al piano interrato, più 2,20 x 1,00 ml di collegamento al manufatto; la tenda è retraibile e la struttura è collegata alla parete del fabbricato ed in parte alla ringhiera delle scale” (contrassegnata come manufatto B nell’ordinanza);
- (iii) un “gazebo in legno di dimensioni 3,00 x 3,00 ml sito nel giardino in fondo al lotto di proprietà, avente altezza alla gronda pari a 2,60 ml e al colmo 3,25 ml. Sono presenti n. 8 pilastri in legno aventi sezione pari a 9,00 x 9,00 cm. La copertura è realizzata in telo di PVC. Sul fondo, collegato al gazebo, è installata una tenda retraibile di dimensioni pari a 3,00 x 1,80 ml. Tale manufatto, come dichiarato dal Sig. Di Gaetano, era stato smontato a seguito di sentenza del Giudice Civile n. 6325/2016 del 21/03/2016 e successivamente rimontato (poggiato a terra e fissato con viti e piastra solo in corrispondenza di un pilastro) nel periodo estivo del 2019. Inoltre è presente una pavimentazione in quadrotti di legno posati a terra (contrassegnato come manufatto C nell’ordinanza);
- (iv) un “manufatto di dimensioni pari a 4,10 x 3,06 ml, sito lungo la via Federico Cammeo in angolo con l'accesso al condominio, costituito da n. 4 pilastri in ferro aventi sezione pari a 5,00 x 5,00 cm e un aggetto di dimensioni pari a 3,06 x 1,30 ml. Tale aggetto è fissato su uno spigolo con il muro del fabbricato. Presenta un'altezza minima pari a 2,36 ml e altezza al colmo pari a 2,70 ml. L'aggetto invece ha un'altezza massima pari a 2,60 ml. La copertura è costituita da un'orditura in piatti e tondi di metallo con sovrastante telo in PVC. Tale manufatto è semplicemente poggiato a terra. Inoltre è presente una pavimentazione in quadrotti di legno posati a terra” (contrassegnato come manufatto D nell’ordinanza)
1.3. Con ricorso per motivi aggiunti (notificato anche al Sig. Carlo Mancini, condomino del medesimo stabile interessato dalle edificazioni), sono stati impugnati l’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino n. 1 del 19/12/2019, la relazione finale alla stessa, nonché la delibera della Giunta Regionale, il relativo decreto di nomina del Presidente della Regione Lazio. Sono state censurate le valutazioni alla base delle determinazioni assunte dal commissario ad acta, laddove il medesimo aveva concluso per la sottoposizione al regime del permesso di costruire delle opere, sostenendo
- che le quattro strutture avrebbero integrato meri elementi di arredo del giardino (della consistenza di circa 180 mq) dell'appartamento (di circa 140 mq) destinato ad abitazione privata della Sig.ra De Silvestri, la quale non vi esercita alcuna attività lavorativa;
- contraddittorietà nelle determinazioni adottate, avendo lo stesso commissario ritenuto che il gazebo individuato alla lettera C) – posto in fondo al giardino e sorto in sostituzione della precedente struttura di cui alla Determina n. 257/11, abbattuto dal Di Gaetano – non necessiti di alcun titolo edilizio, concludendo, tuttavia, per la necessità del rispetto delle distanze ex art. 907 c.c. applicabile alle costruzioni, nonché sovrapposto e confuso opere tra loro ben distinte (segnatamente con riferimento ai manufatti indicate alle lettere C e D);
- che relativamente alla pergotenda (opera indicata alla lettera B dell’ordinanza gravata), il carattere retraibile della tenda sarebbe stato appurato proprio dal commissario, con conseguente esclusione della necessità della previa acquisizione di un titolo edilizio,
- che l’intervenuta archiviazione del procedimento penale avviato per gli interventi in contestazione, avendo sia il PM che il GIP ritenuto, con valutazioni integralmente convergenti, la modesta entità e l’esiguo impatto delle opere.
1.4. Nel procedimento di primo grado, oltre a Roma Capitale ed alla Regione Lazio, si è costituito anche il controinteressato Sig. Carlo Mancini, il quale, previa articolata ricostruzione delle iniziative assunte al fine di sollecitare la repressione degli abusi in contestazione e l’esercizio dei poteri di vigilanza e sanzionatori, ha concluso per il rigetto sia del ricorso introduttivo sia del ricorso per motivi aggiunti.
1.5. All’esito del giudizio di prime cure il Tar ha accolto il ricorso relativamente ai manufatti A e B, mentre è stato respinto con riferimento ai rimanenti manufatti. Secondo il Giudice di prime cure,
- l’opera indicata come pergotenda al punto B) del provvedimento del commissario ad acta non si prestava ad una qualificazione in termini di nuova costruzione necessitante del permesso di costruire, in quanto la tenda di tale struttura (di dimensioni pari a 5,00 x 1,00 ml), come indicato dal commissario ad acta, non è fissa ma ritraibile e l’opera assolve ad una funzione – secondo quanto dal medesimo accertato – di copertura delle scale di accesso al piano interrato, con ancoraggio alla parete del fabbricato ed in parte alla ringhiera delle scale, struttura che si ritiene preordinata ad assolvere essenzialmente ad una funzione di protezione dagli agenti atmosferici, connotandosi in termini di accessorietà, cui si associa il carattere retrattile della tenda che senz’altro fa propendere per la non necessità del permesso a costruire;
- la struttura indicata al punto A) del provvedimento del commissario ad acta gravato non è soggetta a permesso di costruire, secondo il giudice di primo grado, in quanto realizzata in aderenza a due lati del fabbricato in corrispondenza della portafinestra della cucina, in assenza di chiusure laterali, senza menzionare l’ulteriore non irrilevante caratteristica di essere semplicemente poggiata per terra, sicché la relativa consistenza può ritenersi non dirimente in ragione della ritenuta chiara accessorietà alla parte dell’unità immobiliare alla quale accede, per cui è pertinenza urbanistico-edilizia;
- le residue due strutture, indicate ai punti C) e D), per la loro autonoma rilevanza e consistenza, che ne esclude l’accessorietà, sia perché preordinate ad una utilizzazione stabile e duratura che, associate alle caratteristiche costruttive e dimensionali, determinano una trasformazione del territorio rilevante sul piano urbanistico, per cui sono da sottoporre al regime del permesso di costruire. Relativamente al manufatto D) è stata rilevata, nella sentenza impugnata, anche la violazione dell’art. 907 c.c.. che si applica alle vedute dirette pur quando da esse si eserciti anche una veduta obliqua; l’art.907 c.c. tutela il diritto di veduta in modo assoluto, nel senso che sancisce un divieto la cui violazione si realizza in forza del mero fatto che la costruzione è a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto se essa sia o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta e trova applicazione in ragione della tutela degli interessi pubblici connessi ad una corretta edificazione, non potendosi prescindere dal doveroso rispetto non solo delle specifiche disposizioni del testo unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), ma anche delle norme dallo stesso richiamate sulla disciplina urbanistica ed edilizia.
2. Avverso la sentenza di primo grado il sig. Michele di Gaetano, in proprio (usufruttuario responsabile dell’appartamento) e nella sua qualità di legale rappresentante della AFM di Michele di Gaetano SAS, ha proposto appello limitato alle opere “C” e “D”, formulando i seguenti motivi di appello,
(1) Violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., eccesso di potere, omessa decisione della domanda del ricorso.
(2) Carenza, assenza, contraddittorietà e/o illogicità della motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 907 c.c.
2.1. Ha proposto appello incidentale il sig. Carlo Mancini, limitatamente alle opere “A” e “B”, sui seguenti motivi:
(i) sull’illegittimita’ del gazebo, cd. “a”, adiacente alla cucina nonché’ sull’illegittimità della pergotenda, cd. “b”, posta a copertura delle scale
(ii) sulla violazione dell’art. 907 c.c.
Ha infine replicato all’appello principale, chiedendone la reiezione.
2.2. Con atto del 10.2.2021 si è costituita Roma capitale chiedendo il rigetto dell’appello principale proposto dal sig. Di Gaetano Michele.
2.3. La Regione Lazio si è costituita con atto depositato 11.3.2021, chiedendo il rigetto dell’appello principale.
2.4. Con ordinanza n. 1393/2021 è stata respinta l’istanza cautelare.
2.5. In vista dell’udienza di discussione, le parti hanno depositato memorie difensive (Roma Capitale) e di replica (Di Gaetano).
2.6. All’udienza del giorno 24.11.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L’appello principale è fondato ed in particolare è fondato il secondo motivo dell’appello principale (rubricato: Carenza, assenza, contraddittorietà e/o illogicità della motivazione, violazione e falsa applicazione dell’art. 907 c.c.) con il quale si sostiene l’erroneità della decisione del Giudice di primo grado, laddove lo stesso Giudice - rispetto al gazebo “A” ritenuto come “pertinenza” esaurendo la sua finalità nel rapporto funzionale con l'edificio principale - modifica radicalmente le sue considerazioni in ordine agli altri due gazebo presenti nel giardino, distinti alle lettere “C” e “D”, rispetto ai quali rigettava il ricorso. Si sostiene che il Giudice di prime cure, laddove riteneva che i manufatti “C” e” D” sarebbero connotati da una propria autonomia e preordinati ad una utilizzazione stabile e duratura (che “associate alle caratteristiche costruttive e dimensionali, determinano una trasformazione del territorio rilevante sul piano urbanistico” prevalente sulla loro funzione servente al fondo principale e tale da parificarli ad una “costruzione”), avrebbe arbitrariamente escluso la caratteristica di “pertinenza” nei due manufatti distinti alle lettere “C” e “D”, attribuendo loro la qualifica di “costruzioni”, senza specificare assolutamente quali siano tali caratteristiche e limitandosi ad un generico e apodittico riferimento al concetto di costruzione edilizia, senza alcun riscontro pratico e concreto nel caso di specie.
Rileva inoltre l’appellante principale che il problema delle distanze non sarebbe mai stato sollevato da nessuno se non dal Commissario ad acta, mentre i controlli effettuati su richiesta del sig. Mancini da parte di Roma Capitale avrebbero sempre evidenziato la regolarità dei manufatti presenti, senza mai sollevare il problema delle distanze e vedute e senza ritenere necessario emettere ulteriori determinazioni dirigenziali di abbattimento. Lo stesso Commissario ad acta sarebbe incorso in una contraddizione, avendo egli nella sua ordinanza di demolizione definito il gazebo distinto alla lettera “C” come manufatto pienamente rientrante nell’ipotesi di edilizia libera (sempre se singolarmente inteso), ma violativo dell’art. 907 c.c. relativo a distanze e vedute, mentre nella sua relazione finale avrebbe definito il gazebo distinto alla lettera “D” come manufatto pienamente rientrante nell’ipotesi di edilizia libera, ma violativo dell’art. 907 c.c. relativo a distanze e vedute.
Il Collegio di prime cure si sarebbe limitato a disporre la demolizione dei due manufatti “C” e “D”, dichiarando per entrambi la violazione dell’art. 907 c.c., formulando una unica motivazione in merito alla violazione di tale normativa rispetto ad entrambi i manufatti. Tramite il concetto di “costruzione” il TAR avrebbe disposto la demolizione dei due Gazebo in oggetto, giustificandola attraverso la violazione dell’art. 907 c.c. ritenendo che i due Gazebo C e D godrebbero di una loro autonoma rilevanza e consistenza che, insieme ad altri criteri, permetterebbero di collocarli nella definizione di “costruzione”, senza con ciò fornire alcuna spiegazione giuridica o prova che possa determinare tale conclusione.
3.1. Le deduzioni poste a fondamento del secondo motivo di appello possono essere condivise. Secondo il Collegio non sussiste, ai fini della definizione giuridica dei manufatti “C” e “D” una differenza degli stessi rispetto ai manufatti “A” e “B”, onde non poter assoggettarli alla c.d. edilizia libera. In particolare, il Giudice di prime cure non specifica in che cosa consista esattamente la differenza nei due manufatti “C” e “D” rispetto ai manufatti “A” e “B” al fine di assoggettare i manufatti “C” e “D” all’obbligo della richiesta di un titolo edilizio.
3.2. Infatti, contrariamente dall’assunto del Giudice di primo grado, dalla documentazione versata in atti, ed in particolare dalla descrizione dei quattro manufatti come contenuta nell’ordinanza di demolizione “ A. Manufatto in aderenza con due lati del fabbricato in corrispondenza della porta-finestra della cucina. Tale manufatto di dimensioni pari a 4,00 x 4,00 ml, è costituito da n. 4 pilastri di ferro aventi sezione 5,00 x 5,00 cm, altezza al colmo pari a 2,80 ml e alla gronda pari a 2,20 ml. La copertura è realizzata con telo in PVC e sottostanti pannelli tipo polistirolo. Il manufatto è semplicemente poggiato a terra. Su tre pilastri sono presenti dei carter metallici in lamiere forate, collegati alle strutture orizzontali. Sono inoltre presenti dei fazzoletti in lamiera di irrigidimento. A terra è presente una pavimentazione in quadrotti di legno.
B. Pergotenda di dimensioni pari a 5,00 x 1,00 ml a copertura delle scale di accesso al piano interrato, più 2,20 x 1,00 ml di collegamento al manufatto appena descritto. La tenda è retraibile. La struttura è collegata alla parete del fabbricato ed in parte alla ringhiera delle scale.
C. Gazebo in legno di dimensioni 3,00 x 3,00 ml sito nel giardino in fondo al lotto di proprietà, avente altezza alla gronda pari a 2,60 ml e al colmo 3,25 ml. Sono presenti n. 8 pilastri in legno aventi sezione pari a 9,00 x 9,00 cm. La copertura è realizzata in telo di PVC. Sul fondo, collegato al gazebo, è installata una tenda retraibile di dimensioni pari a 3,00 x 1,80 ml. .
D. Manufatto di dimensioni pari a 4,10 x 3,06 ml, sito lungo la via Federico Cammeo in angolo con l'accesso al condominio, costituito da n. 4 pilastri in ferro aventi sezione pari a 5,00 x 5,00 cm e un aggetto di dimensioni pari a 3,06 x 1,30 ml. Tale aggetto è fissato su uno spigolo con il muro del fabbricato. Presenta un'altezza minima pari a 2,36 ml e altezza al colmo pari a 2,70 ml. L'aggetto invece ha un'altezza massima pari a 2,60 ml. La copertura è costituita da un'orditura in piatti e tondi di metallo con sovrastante telo in PVC. Tale manufatto è semplicemente poggiato a terra. Inoltre è presente una pavimentazione in quadrotti di legno posati a terra” non è possibile ricavare la caratteristica di costruzione e dimensionale nonché di impatto sul territorio che distinguerebbe i manufatti “C” e “D”, anche con riferimento alla loro “autonoma rilevanza e consistenza”, dai manufatti “A” e “B”.
3.3. Anche dalla descrizione dei manufatti contenuti nella documentazione della Regione Lazio (doc. 2: allegato grafico; doc. 3: relazione finale del commissario ad acta) non è possibile rinvenire i connotati per i quali il Giudice di prime cure ritiene poter individuare per i manufatti sub “C” e “D”, entrambi di dimensioni minori rispetto al manufatto “A”, differenze dal punto di vista della costruzione e dei materiali usati (sia il manufatto “A” che il manufatto “D” sono costituiti da n. 4 pilastri di ferro aventi sezione 5,00 x 5,00 e copertura realizzata in telo PVC e sono privi di chiusure laterali; il manufatto “C” è costituito da n. 8 pilastri in legno aventi sezione pari a 8,00 x 8,00 cm e la copertura è realizzata in telo di PVC; nella parte finale del lotto è posizionata una tenda retraibile di dimensioni pari a 3,00 x 1,80 ml.)
3.4. Il Collegio aggiunge a questo proposito che anche l’ordinanza di demolizione n. 1/2019 del Commissario ad acta, impugnata in primo grado, è contraddittoria, laddove da un lato riconosce che “ i manufatti individuati alle lettere A, B, e C, se presi singolarmente, potrebbero ricadere all’interno della fattispecie prevista all’art. 6 – attività edilizia lib l testo unico”, giungendo però, con motivazione non coerente ed illogica alla conclusione che tali manufatti “tuttavia, considerati insieme, per la loro consistenza dimensionale, sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’immobile sul quale sono inseriti e quindi, non possono essere considerati come accessori dell’edificio principale; necessitano pertanto per la loro installazione del Permesso di costruire ex art. 10 del D.P.R. 380/2001 e smi in quanto sono inquadrabili tra quelli di Ristrutturazione Edilizia come definiti dall'art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. 380/2001 e s.m.i. per la cui realizzazione è necessario idoneo titolo abilitativo”.
3.5. Tale conclusione del Commissario ad acta, oltre ad essere priva di una motivazione logicamente comprensibile sul piano dell’affermata alterazione dell’immobile presso il quale sono collocati i 4 manufatti A, B, C e D, sembra anche essere basata su un’istruttoria non adeguata e non approfondita con riferimento all’ulteriore rilievo secondo il quale “ il manufatto D si pone in contrasto con l’art. 907 del Codice Civile che vieta di costruire ad una distanza inferiore a 3 (tre) metri dalla veduta del vicino”, senza indicare e specificare adeguatamente a quale vicino si riferisce.
3.6. Questa Sezione, con decisione n. 3393 del 27 aprile 2021, la quale viene condivisa dal Collegio, ha sancito la natura di «manufatti leggeri» annoverabili nell’edilizia libera, di tende o gazebo che non hanno autonomia funzionale e non realizzano uno spazio chiuso stabile. Tali elementi, pertanto, non necessitano di permessi per la loro installazione “Oltretutto, la copertura e la parziale chiusura perimetrale, derivanti dalla realizzazione delle opere in questione, non si rivelano stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende. Non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio. Allo stesso modo, deve escludersi che si sia realizzata una ristrutturazione edilizia in senso tecnico, dato che l'art. 3, lettera d), del D.P.R. n. 380 del 2001, riconduce tale tipologia di intervento edilizio agli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere, tra cui il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi e impianti. Le opere in questione, dunque, non necessitavano di alcuna autorizzazione a costruire, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati”
3.7. Nello specifico, esaminando da vicino la fattispecie, anche alla luce della documentazione fotografica in atti (cfr. foto n. 5 depositata dalla ricorrente in primo grado il 17.4.2020), per quanto riguarda la realizzazione del gazebo (manufatto “C”) - sulla base della giurisprudenza ormai prevalente che ritiene che per “gazebo” si intende, nella sua configurazione tipica, una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili - si ritiene che lo stesso, come anche il manufatto “D”, il cui compito consiste nel “valorizzarne la funzione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all’esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall’umidità e dai connessi fenomeni di condensazione”, non essendoci un vero e proprio spazio chiuso e tanto meno una copertura o una tamponatura di costruzione, ovvero una sostanziale trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, non necessitano di permesso per la loro installazione.
3.8. La sentenza impugnata, come rilevato dall’appellante principale, è comunque carente di motivazione con riferimento all’affermata violazione delle distanze in quanto non indica, quale dei due manufatti “C” e “D” viola in concreto le disposizioni di cui all’art. 907 C.C.
In tale contesto si ritiene peraltro viziata per difetto di istruttoria e motivazione contraddittoria l’ordinanza di demolizione n. 1/2019, la quale indica il manufatto “D” in relazione all’asserita violazione del divieto di costruire ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta del vicino (senza indicare a quale vicino si riferisce la limitazione della veduta costituita dal manufatto), mentre la relazione finale del commissario ad acta identifica nel manufatto “C” l’opera che “si pone in contrasto con l’art. 907 del Codice Civile che vieta di costruire ad una distanza inferiore a 3 (tre) metri dalla veduta del vicino”.
3.9. Per le predette considerazioni il Collegio ritiene che - in accoglimento del secondo motivo dell’appello principale in parziale riforma della sentenza impugnata - deve essere accolto il ricorso in primo grado con conseguente annullamento dei provvedimenti di ingiunzione di demolizione dei quattro manufatti, impugnati in primo grado.
4. Il Collegio passa all’esame dell’appello incidentale del sig. Mancini.
È infondato il primo motivo con il quale si sostiene l’illegittimità del gazebo, cd. “A”, adiacente alla cucina, nonché’ l’illegittimità della pergotenda, cd. “B”, posta a copertura delle scale.
4.1. Il sig. Mancini, per quanto attiene il gazebo ”A” asserisce che questo, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di prime cure, non possa essere considerato una semplice pertinenza. Secondo l’appellante incidentale, le riproduzioni fotografiche prodotte, ed in particolare il doc. 7 depositato nel giudizio di I grado, dimostrerebbero come i gazebo siano dotati di grondaie esterne per lo scolo delle acque piovane, dei relativi discendenti, di impianti di illuminazione e di una struttura metallica imponente (e non leggera) che renderebbe inamovibile la struttura nonostante la mancanza di fissazione a terra con bulloni. Il ricorrente Di Gaetano, attraverso un escamotage avrebbe di fatto creato una veranda utilizzando la struttura di un gazebo per soddisfare ben altre esigenze; sarebbe evidente che il ricorrente abbia aggirato le normative vigenti installando dei gazebo che, tuttavia, assolvono la funzione di incrementare in maniera persistente lo spazio utilizzabile del proprio appartamento. Nel presente caso sarebbero insussistenti quei presupposti richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza amministrativa idonei a qualificare le opere presenti nel giardino di Via F. Cammeo 29 come pertinenze urbanistiche.
Anche la pergotenda “B” sarebbe stata erroneamente considerata legittima dal Collegio di primo grado, laddove la sentenza n. 12151/2020 afferma che “la tenda di tale struttura… non è fissa ma retraibile e l’opera assolve ad una funzione di copertura delle scale di accesso al piano interrato… Al riguardo, peraltro, non va trascurato che la copertura che la pergotenda in questione non presenta elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda, onde…non può parlarsi di organismo edilizio integrante la creazione di un nuovo volume o superficie”.
Secondo il sig. Mancini, la pergotenda “B” non sarebbe retraibile, in quanto i ricorrenti ancorando la struttura sia al muro che alla ringhiera condominiale, oltreché imbullonando la tenda in PVC alla struttura metallica di sostegno, avrebbero di fatto, reso impossibile la possibilità di riavvolgere la tenda su sé stessa e, seppure fosse riavvolta, come sopra evidenziato, la parte di sinistra rimarrebbe sempre all’esterno del rullo avvolgitore ed a copertura delle scale. Così facendo, i ricorrenti hanno soddisfatto una propria esigenza permanente, ovverosia quella di dotare le scale di una stabile copertura, per cui la “tenda” non può essere in alcun modo definita retraibile.
4.2. Le doglianze non hanno pregio, in quanto il Giudice di primo grado, per quanto concerne i due manufatti “A” e “B” ha evidenziato correttamente e con una motivazione logicamente ripercorribile che questi due manufatti sono riconducibili agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell'art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001.
4.3. Il Collegio ritiene che dalla documentazione fotografica in atti, per quanto riguarda l’opera indicata come pergotenda “B”, di dimensioni pari a 5,00 x 1,00 ml, emerga che questa, seguendo la giurisprudenza del Consiglio di Stato sulle tende retrattili, non si presta ad una qualificazione in termini di nuova costruzione necessitante del permesso di costruire, in quanto la tenda è completamente ritraibile e l’opera assolve ad una funzione di copertura delle scale di accesso al piano interrato, con ancoraggio alla parete del fabbricato ed in parte alla ringhiera delle scale, connotandosi in termini di accessorietà. A questo proposito il Collegio per economia processuale e per evitare ripetizioni si riporta a quanto rilevato al precedente punto 3.6. in merito alla decisione n. 3393 del 27 aprile 2021 di questa Sezione con riferimento alla natura dei «manufatti leggeri» quali tende o gazebo, annoverabili nell’edilizia libera.
4.4. Nel caso concreto, il manufatto “B”, in ragione del carattere retrattile delle tende e alla funzione di copertura che le tende realizzano, non presenta elementi di fissità, stabilità e permanenza.
4.5. Anche le doglianze concernenti il manufatto “A” non colgono nel segno. Il Collegio condivide la statuizione del Giudice di primo grado che nel caso concreto “assume rilievo, al fine di escludere la sottoposizione al regime del permesso di costruire, la realizzazione in aderenza a due lati del fabbricato in corrispondenza della portafinestra della cucina, in assenza di chiusure laterali, sicché la relativa consistenza può ritenersi assorbita ovvero ricompresa in ragione dell’accessorietà alla parte dell’unità immobiliare alla quale accede”.
Dalla documentazione fotografica in atti emerge che il manufatto è funzionalmente inserito al servizio dell’edificio principale e che è sfornito di un autonomo valore di mercato; siccome esso esaurisce la sua finalità nel rapporto funzionale con l'edificio principale, non comporta un cosiddetto "carico urbanistico" proprio.
4.6. Per le suesposte considerazioni va respinto il primo motivo dell’appello incidentale.
5. Con il secondo motivo l’appellante incidentale sostiene che la sentenza n. 12151/2020 avrebbe errato nel non considerare che ogni manufatto presente nel giardino di Via F. Cammeo 29 è stato realizzato in pieno contrasto del disposto ex art. 907 c.c.., in quanto tutti i manufatti realizzati violano tali distanze, essendo collocati in adiacenza del perimetro del palazzo condominiale (violando, pertanto, il limite “verticale” di veduta), ovvero in adiacenza alla recinzione del giardino, posto che i due manufatti la superano anche in altezza.
5.1. Le doglianze sono inammissibili introducendo un nuovo tema del decidere (che avrebbe richiesto un ricorso incidentale) ed altresì infondate il Collegio, per economia processuale e per evitare ripetizioni, rinvia alle ragioni indicate al precedente punto 3.8. ove si evidenzia che la violazione delle distanze nel provvedimento di demolizione è riferita solo al manufatto D e nella relazione tecnica al manufatto C.
5.2. Si rileva inoltre, per quanto concerne la doglianza che tutti i manufatti avrebbero leso le disposizioni di cui all’art. 907.c.c., che questa doglianza viene proposta per la prima volta nel presente grado di giudizio, rivelandosi pertanto inammissibile.
5.3. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
5.4. Concludendo, per quanto esposto e ritenendo assorbiti tutti gli ulteriori argomenti di doglianza non espressamente esaminati, che il Collegio ha ritenuto irrilevanti ai fini della decisione o comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso da quella assunta, l’appello principale del sig. Di Gaetano Michele in proprio e quale legale rappresentante della AFM di Michele di Gaetano SAS va accolto, mentre l’appello incidentale del sig. Mancini Carlo contro la sentenza n. 12151/2020 va respinto per i motivi indicati, con assorbimento di ogni altra questione.
7. Sussistono ragionevoli motivi per dichiarare compensate le spese del presente grado tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l’appello principale e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso in primo grado e annulla i provvedimenti impugnati.
Respinge l’appello incidentale.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 24 novembre 2022, 20 giugno 2023, con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Ulrike Lobis, Consigliere, Estensore