Cass. Sez. III n. 20248 del 14 maggio 2009 (Ud. 7 apr. 2009)
Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Belmonte
Rifiuti. Scarti vegetali costituiti da resti di agrumi
Gli scarti vegetali costituiti da resti di agrumi non sono qualificabili come ammendante vegetale semplice se sono in fermentazione, né ammendante vegetale compostato qualora manchi l\'effettuazione di un preliminare processo di trasformazione e stabilizzazione. In tal caso costituiscono rifiuto anche ai sensi della nuova definizione di rifiuto contenuta nell’art.183 comma 1 lettera a) del d.lgs. 152/2006
Proponevano ricorsi per cassazione gli imputati denunciando
• violazione degli art. 491 e 415 bis c.p.p., per omessa notifica ai difensori di fiducia, nominati con atto depositato in Procura il 13 marzo 2005, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione a giudizio. La nullità, a regime intermedio, era stata tempestivamente eccepita all’udienza del 19 novembre 2007 donde l’erroneità della ritenuta tardività dell’eccezione, del resto insussistente perché il rinvio della prima udienza di comparizione - dopo la declaratoria di contumacia - non aveva esaurito la discussione sulle questioni preliminari [solo Belmonte];
• violazione degli art. 62, 63, 191 c.p.p. per l’utilizzazione delle dichiarazioni rese ai verbalizzanti nel corso delle indagini, successivamente riportate in dibattimento dal teste Aldo Tesi secondo cui gli imputati avevano detto di non essere in possesso di autorizzazione;
• violazione di legge sulla configurabilità del reato perché non era stato scientificamente accertato se gli scarti costituissero effettivamente rifiuto. Gli stessi erano stati forniti da una ditta specializzata ed era irrilevante che fossero in stato di putrefazione o che necessitassero di pretrattamento. Inoltre, tali scarti erano impiegati come mangime;
• mancanza di motivazione sulla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
Chiedevano l’annullamento della sentenza.
La prima eccezione del Belmonte è fondata.
Risulta dagli atti che il predetto ha nominato con atto depositato in Procura in data 10 marzo 2005, come difensori di fiducia gli avvii Gioacchino e Alberto Sbacchi e che l’avviso di deposito ex art.415 bis è stato notificato all’avv. Maccarone, già nominato difensore d’ufficio, in data 21 ottobre 2005.
E’stata, quindi, omessa la notifica ai difensori di fiducia dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari pur in presenza di un atto di nomina precedente a quella del difensore d’ufficio nei cui confronti l’adempimento è stato eseguito.
Dalla nullità, a regime intermedio, tempestivamente eccepita all’udienza del 19 novembre 2007 consegue quella dei precedenti giudizi di merito, sicché va annullata la sentenza emessa nei confronti del Belmonte e va disposta la trasmissione degli atti al PM.
Il ricorso di Giambrone Ninfea non è puntuale avendo i giudici di merito individuato gli elementi probatori emersi a suo carico e confutato ogni obiezione difensiva con logica e corretta motivazione che non può essere censurata.
E’ stato accertato, in fatto, che scarti vegetali costituiti da resti di agrumi sono stati accumulati su un fondo di proprietà della predetta; che gli stessi si presentavano in putrefazione e che non era stata seguita la procedura prescritta per il recupero del materiale al fine di ottenere un ammendante agricolo.
Premesso che non è ravvisabile la dedotta violazione degli art. 62, 63, 191 c.p.p. perché il teste Tesi non ha riportato alcuna dichiarazione indiziante ma ha solo riferito il fatto obiettivo della mancata esibizione dell’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti, donde la piena utilizzabilità dell’atto, va osservato che, sulla base di tali elementi, il giudice di merito ha correttamente escluso che tali scarti possano rientrare nella disciplina degli ammendanti organici utilizzabili in agricoltura ai sensi della legge n.748 del 1984 non rientrando nella classificazione prevista nell’allegato 1C della legge, come modificato dal decreto ministeriale 25 marzo 1998.
Gli scarti non sono qualificabili come ammendante vegetale semplice perché riscontrati in fermentazione, né ammendante vegetale compostato per la mancata effettuazione di un preliminare processo di trasformazione e stabilizzazione.
Nella specie, poiché lo stato di putrefazione del prodotto deponeva inequivocabilmente per l’irreversibilità del processo fermentativo, la sostanza de qua, non potendo essere qualificati ammendante, costituisce rifiuto anche ai sensi della nuova definizione di rifiuto contenuta nell’art. 83, comma 1 lettera a) del d.lgs. n. 152/2006 [cfr. Cassazione Sezione III n. 12366/2005, Fatta, RV. 231074: “il cosiddetto “pastazzo di agrumi”, composto da buccia e polpa di agrumi residuati dalla loro lavorazione, allorché siano ancora presenti processi fermentativi non e’ qualificabile quale ammendante vegetale semplice utilizzabile in agricoltura ai sensi dell’allegato IC della Legge 19 ottobre 1984 n. 748. come modificato dal D.M. amb. 25 marzo 1998 e rientra nella disciplina del D.Lgs. 3 febbraio 1997 n. 22 atteso che per la esclusione dalle disposizioni sui rifiuti deve trattarsi di prodotto non fermentato”].
La qualificazione dei residui agrumari come rifiuto [che, come tale, non poteva essere qualificato come mangime per bovini] è, quindi, basata su obiettive emergenze, essendosi l’imputata effettivamente disfatta dei rifiuti effettuando un’attività di smaltimento mediante deposito incontrollato al suolo per un prolungato periodo.
La sussistenza del reato non può essere esclusa sotto il profilo soggettivo per errore sulla qualificazione degli scarti fatti depositare sul proprio fondo, nemmeno in virtù del criterio della ignoranza inevitabile teorizzato nella sentenza Corte Costituzionale del 1988 n. 364: non è possibile scusare chi effettua smaltimento di rifiuti senza informarsi delle leggi penali che disciplinano la materia, incombendo agli interessati l’onere di verificare la conformità della condotta alle norme ambientali di cui è presunta la conoscenza ex art. 5 cod. pen.
Nella specie, infatti, non poteva ritenersi che l’ignoranza della legge penale fosse incolpevole a cagione della sua inevitabilità, poiché non è stato assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, il c.d. dovere d’informazione, attraverso l’espletamento di ogni utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia, né era emerso un comportamento positivo degli organi amministrativi o un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale da cui l’agente avesse potuto trarre il convincimento della correttezza dell’interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto.
Grava sulla ricorrente l’onere delle spese processuali.