Cass. Sez. III n. 30905 del 9 luglio 2018 (Ud 5 apr 2018)
Presidente: Di Nicola Estensore: Gai Imputato: De Lucia
Rifiuti.Discarica abusiva e responsabilità proprietario dell’area
 
Sebbene il proprietario  di un terreno non risponde in quanto tale dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, non potendosi configurare una posizione di garanzia in capo al medesimo e non potendosi configurare una responsabilità di posizione non di meno, la responsabilità sussiste in presenza di condotta di partecipazione agevolatrice



RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 marzo 2017, il Tribunale di Trani ha condannato De Lucia Teresa, alla pena di € 4.000,00 di ammenda, per il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. b) del d.lgs 3 aprile 2006, n. 152 del 2006, in relazione allo smaltimento di rifiuti speciali provenienti da demolizione, senza autorizzazione, per circa 20 mc. materiale depositato e utilizzato per la realizzazione di un vialetto e compattato e livellato per colmare un dislivello sul terreno dell’imputata ove vi era una costruzione abusiva in corso di realizzazione. Accertato in Terlizzi l’08/04/2013.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputata, a mezzo del difensore, di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’erronea applicazione dell’art. 192 cod.proc.pen. e 256 d.lgs n. 152 del 2006 e il vizio di illogicità della motivazione.
Il Tribunale avrebbe affermato la responsabilità penale della ricorrente senza verificare l’ipotesi che ignoti terzi avessero potuto riversare i materiali provenienti dalla demolizione sul terreno di sua proprietà e motivare della possibilità sul rilievo che gli stessi erano stati utilizzati in modo ordinato per creare un vialetto e colmare un dislivello, mentre dalle fotografie risulterebbe smentita la circostanza. Il Tribunale, in altri termini, avrebbe affermato la responsabilità penale della De Lucia perché proprietaria del fondo rustico non recintato, su cui erano stati depositati i rifiuti, fondo rustico sul quale era stata realizzata una costruzione abusiva successivamente condonata. Illogica sarebbe la motivazione secondo cui l’ordinato riutilizzo dei rifiuti equivarrebbe alla condotta punita dall’art. 256 cit.
2.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di cui all'art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione al trattamento sanzionatorio non nei minimi edittale e senza applicazione delle circostanze attenuanti generiche e il beneficio della sospensione condizionale della pena.

3. Il Procuratore Generale, in udienza, ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per la proposizione di un motivo di natura prettamente fattuale (primo) e manifestamente infondato (secondo).
Il primo motivo di ricorso con cui la ricorrente si duole della erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 256 comma 1 lett. a) del d.lgs 152/2006 e del vizio di motivazione sotto il profilo della illogicità e carenza motivazionale è diretto a prospettare una ricostruzione alternativa in punto ascrivibilità del deposito di rifiuti alla ricorrente, che non è consentita in questa sede in presenza di una congrua e per nulla illogica motivazione della sentenza impugnata che ha dato atto che i rifiuti, inerti provenienti dalla demolizione di opere edilizie, erano stati depositati e sistemati per creare il vialetto di accesso all’immobile, in corso di costruzione, e per livellare un dislivello del terreno. Dunque i rifiuti erano stati utilizzati per creare opere funzionali all’utilizzo della costruzione dalla medesima realizzata. Motivazione a fronte della quale la ricorrente invoca una ipotesi ricostruttiva alternativa (terzi estranei che avrebbero depositato i rifiuti sul terreno), incompatibile con la ricostruzione del giudice del merito che, a tacer d’altro, ha dato atto che l’ingresso sul fondo era impedito da un filo di acciaio.
Quanto alla attribuibilità del fatto di reato, deve ricordarsi che le attività di gestione comportanti la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio dei rifiuti se effettuate in assenza di titolo abilitativo, configurano il reato di cui al d.lgs n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 che la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, indicato come reato comune, che può essere commesso anche da chi esercita attività di gestione dei rifiuti in modo secondario o consequenziale all'esercizio di una attività primaria diversa. La corte, ha infatti, ha escluso la natura di reato proprio, la cui commissione sia possibile solo da soggetti esercenti professionalmente una attività di gestione di rifiuti (Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013, Ruggeri, Rv 256737; Sez. 3 n. 7462, 19 febbraio 2008; Sez. 3 n. 24731, 22 giugno 2007; Sez. 3 n. 16698, 8 aprile 2004; Sez. 3 n. 21925, 14 maggio 2002). E se è pur stato affermato il principio secondo il quale il proprietario  di un terreno non risponde in quanto tale dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, non potendosi configurare una posizione di garanzia in capo al medesimo e non potendosi configurare una responsabilità di posizione (Sez. 3, n. 40528 del 10/06/2014, Cantoni, Rv 260754), non di meno, la responsabilità sussiste in presenza di condotta di partecipazione agevolatrice (Sez. 3, n. 12342 del 11/02/2014, Limongi, richiamata dal ricorrente, Sez. 3, n. 21966 del 15/03/2005, Nugnes, Rv. 231645), ricorrenza che deve ritenersi sussistente nel caso in esame, per la realizzazione di opere funzionali all’utilizzo della costruzione dalla medesima realizzata.

5. Manifestamente infondata è anche la censura sul trattamento sanzionatorio nella misura di € 4.000,00 di ammenda, ritenuta “equa e adeguata” in ragione, si legge nel provvedimento impugnato, della quantità e tipologia dei rifiuti.
Deve rammentarsi che l’obbligo della motivazione in ordine alla entità della pena irrogata deve ritenersi sufficientemente osservato qualora il giudice dichiari di ritenere "adeguata" o "congrua" o "equa" la misura della pena applicata o ritenuta applicabile nel caso concreto, la scelta di tali termini, infatti, è sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall'art. 133 cod. pen., principio che deve essere riaffermato nel caso in cui, come quello in esame, la misura della pena irrogata è stata esplicitamente applicata in misura inferiore alla mediana (la pena pecuniaria è da € 2.600,00 al € 26.000,00) situazione che consente di ritenere adeguata la motivazione mediante richiamo ad espressioni del tipo "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravita del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv 256197; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356).
Quanto al diniego di riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod.pen. e di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, sono stati motivati in ragione dalla gravità del fatto (ampia area interessata dai rifiuti) e assenza di bonifica, motivazione a fronte della quale la ricorrente oppone una generica censura di dissenso.

6. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 05/04/2018