Consiglio di Stato Sez. IV n. 2494 del 25 marzo 2025
Urbanistica.Classificazioni urbanistiche e tutela per l’affidamento dei proprietari
Le scelte di classificazione urbanistiche dei fondi non sono condizionate dalla pregressa indicazione di destinazioni d'uso diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico o con le varianti, con il solo limite dell'esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione in presenza di posizioni di legittimo affidamento, che però sono riservate ai casi eccezionali di superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, di pregresse convenzioni edificatorie già stipulate, di giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi) recanti il riconoscimento del diritto di edificare e di destinazione a zona agricola di lotti interclusi da fondi edificati in modo non abusivo
N. 02494/2025REG.PROV.COLL.
N. 05162/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5162 del 2023, proposto da Arturo Cimaglia e Andrea Cimaglia, rappresentati e difesi dall'avvocato Giampaolo Torselli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, via Cosseria 5/8, presso lo studio del difensore;
contro
il Comune di Bracciano, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Venettoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, via Fracassini 18, presso lo studio del difensore;
la Regione Lazio, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) per il Lazio, sede di Roma, Sez. II, 20 marzo 2023, n. 4842, che ha respinto il ricorso n. 1510/2010 R.G. integrato da motivi aggiunti, proposto per l'annullamento dei seguenti atti, concernenti la variante al piano regolatore generale (PRG) del comune di Bracciano:
- ricorso principale e primo atto di motivi aggiunti, depositato il giorno 10 marzo 2011:
a) della deliberazione 22 ottobre 2009 n.789, pubblicata sul bollettino ufficiale della regione del 7 dicembre 2009 n. 45, con la quale la giunta regionale del Lazio ha approvato la variante;
b) della deliberazione 4 dicembre 1999 n. 96 del consiglio comunale, di adozione di essa;
c) del parere 26 marzo 2009, trasmesso con nota 6 aprile 2009 prot. n. 63901, della commissione tecnica regionale;
d) della deliberazione 6 luglio 2009 n. 52 del consiglio comunale, di presa d'atto del parere;
e) della deliberazione 21 maggio 2009 n. 39 del consiglio comunale, di ricognizione dello stato giuridico e della fase di attuazione dei piani attuativi;
- secondo atto di motivi aggiunti, depositato il giorno 22 luglio 2011:
f) della deliberazione 26 aprile 2011 n. 157 della giunta comunale, di richiesta di modifica della perimetrazione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR); e delle seguenti deliberazioni del Consiglio Comunale di Bracciano;
- terzo atto di motivi aggiunti, depositato il giorno 20 gennaio 2012:
g) della deliberazione 25 ottobre 2011 n. 44, di richiesta di modifica della perimetrazione del PTPR;
h) delle deliberazioni 25 ottobre 2011 nn. 45-48, di segnalazione di contrasto fra il PTPR e la variante;
i) della deliberazione 25 ottobre 2011 n. 49, recante proposta di modifica al PTPR;
l) della deliberazione 25 ottobre 2011 n. 43, di perimetrazione della zona "Conca del Lago";
- quarto atto di motivi aggiunti, depositato il giorno 9 maggio 2012:
m) della deliberazione 22 dicembre 2011 n. 63, di perimetrazione dei comparti di PRG;
n) della deliberazione 22 dicembre 2011 n. 75, di osservazioni al PTPR;
- quinto atto di motivi aggiunti, depositato il giorno 13 luglio 2012:
o) della nota 19 aprile 2012 prot. n. 174169 della Regione Lazio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bracciano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2025 il Cons. Martina Arrivi e uditi per le parti gli avvocati presenti di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente notificato il 19 maggio 2023 e depositato il 14 giugno 2023, gli odierni appellanti hanno impugnato la sentenza del T.A.R. Lazio n. 4842 del 20 marzo 2023, nella sola parte in cui ha respinto le censure relative alla qualificazione urbanistica di un'area di loro proprietà.
1.1. Gli appellanti, proprietari di diversi immobili nel comune di Bracciano, alla via del Sassone e alla via di San Celso, insistenti su un terreno di oltre 18.000 mq, avevano impugnato, unitamente ad altri atti connessi, la variante al piano regolatore generale (PRG), adottata dal Comune di Bracciano il 4 dicembre 1999 e approvata dalla Regione il 22 ottobre 2009, che aveva collocato il lotto in zona F (per impianti e attrezzature collettive). Tra i vari motivi di gravame, i ricorrenti avevano addotto che la zona che comprende il terreno, formalmente classificata dal previgente PRG come zona C (di espansione), fosse stata riconosciuta giudizialmente, con la sentenza del T.A.R. Lazio n. 8437 del 2002, come avente le caratteristiche proprie della zona B (di completamento), poiché il lotto era ormai intercluso in un comparto pienamente edificato e urbanizzato, e, per una parte, era financo equiparabile a un lotto saturo (B1). Alla sentenza avrebbero fatto seguito numerosi atti e documenti amministrativi attestanti l'inserimento del lotto in zona B e in parte B1. Alla luce di ciò, oltre a impugnare per tale ragione la nuova variante urbanistica, i ricorrenti avevano anche domandato l'accertamento della reale classificazione dell'area.
1.2. Con la sentenza appellata, il T.A.R., pur accogliendo, per altri profili, la domanda di annullamento dell'atto di approvazione della variante, ha respinto le censure relative alla effettiva classificazione del lotto in zona B e la correlata domanda di accertamento, osservando che:
- la sentenza n. 8437 del 2002 non aveva accertato lo stato di urbanizzazione dell'area di interesse, ma aveva solo annullato un atto di diniego di un'istanza di sanatoria edilizia per difetto di motivazione, lasciando impregiudicata ogni altra valutazione amministrativa: «La piana lettura della motivazione della sentenza, invero, non lascia spazio ad alcuna interpretazione che consenta di ritenere compresa nel giudicato un'efficacia di accertamento della qualità dell'area e del comprensorio nel senso che il ricorrente vorrebbe attribuirle»;
- parte ricorrente non aveva fornito alcuna dimostrazione dell'assunto relativo alla classificazione del lotto in zona B, «limitandosi a trarne il presupposto dalla sentenza del TAR nr. 8437/2002 (che non lo accerta) e da documenti istruttori (che non sono stati però esaminati dagli organi deliberanti)»;
- il lotto non poteva considerarsi intercluso, poiché, ai sensi della normativa regionale, i lotti interclusi devono avere dimensioni non superiori a 1.500 mq, mentre il terreno per cui è causa si estende oltre 18.000 mq.
1.3. Gli appellanti criticano la sentenza per i seguenti profili.
In primis, gli esponenti ritengono insuperabile il tenore letterale della pronuncia n. 8437 del 2002 (doc. 1 ricorrente, depositato in primo grado), laddove afferma che «nella specie, il ricorrente ha fondatamente dedotto che, essendo l'area già urbanizzata con destinazione C3 e presentando tutti i parametri per il suo completamento ed essendo il lotto intercluso, neppure era necessario un piano attuativo».
In secondo luogo, il giudice di primo grado non avrebbe tenuto in considerazione che, dal 2002 al 2009, tutti gli atti amministrativi adottati dalla Regione Lazio e dal Comune di Bracciano si fossero allineati al giudicato portato dalla sentenza n. 8437 del 2002. In particolare:
- nell'integrare una autorizzazione paesaggistica rilasciata per alcune opere insistenti sul fondo, il Comune di Bracciano, con provvedimento n. 30 del 2004, aveva precisato di aver «sentito il competente Assessorato all'Urbanistica e Casa - Tutela Ambientale - della Regione Lazio che ritiene, a seguito della sentenza T.A.R. Lazio del 04.02.2002 n" 8437/2, sez. 2 bis - che l'area su cui insiste il fabbricato realizzato dal Sig. Arturo Cimaglia, è da equiparare alla zona B e che pertanto la già citata determinazione n" 39/2003 rientrava nei poteri del Comune di Bracciano» (doc. 2 ricorrente, depositato in primo grado);
- in relazione a un procedimento di rilascio di un permesso di costruire (pratica 76/05), il Comune aveva emesso, il 18 giugno 2007, un certificato di destinazione urbanistica, recante la seguente certificazione: «si allega la sentenza del T.A.R. Lazio n. 8437/2002, relativo alle aree oggetto della richiesta di certificato di destinazione urbanistica e che per detti terreni non occorre né Piano Attutivo, né piano di Lottizzazione» (doc. 6 ricorrente, depositato in primo grado);
- uguale certificazione era contenuta nei certificati di destinazione urbanistica rilasciati l'8 luglio 2008 e il 25 agosto 2008;
- nell'ambito di un procedimento di verifica avviato dalla Regione Lazio, lo sportello unico dell'edilizia del Comune di Bracciano inviava una nota del 15 gennaio 2009, nella quale si attestava che «il Dott. Cimaglia, ricorrendo al Tar del Lazio, ha ottenuto con sentenza 8437 del 2002, passata in giudicato, per il suo terreno, pur essendo ricompreso in zona C3 di P.R.G., edificazione possibile con strumenti attuativi, che non necessita di strumenti attuativi, in quanto è da considerarsi completamente urbanizzato e presenta tutti i parametri per il suo completamento, essendo la proprietà interclusa ed equiparandola a zona B di P.R.G.»;
- in seno al procedimento di approvazione della variante urbanistica al PRG di Bracciano, la Regione aveva chiesto al Comune un supplemento istruttorio, che era stato fornito con la "variazione 104", con la quale si confermava che l'area in questione era da considerarsi C3 equiparata a zona B, per effetto della sentenza già citata (doc. 19 ricorrente, depositato in primo grado);
- nell'ambito di una procedura concordata volta all'acquisizione comunale di un tratto della via del Sassone insistente sul lotto dei ricorrenti, si era svolta una riunione in data 2 aprile 2009, durante la quale la responsabile dell'ufficio dello sportello unico comunale si era impegnata «a relazionare e certificare […] le intervenute modifiche comunicate alla Regione Lazio da parte di questo Ufficio relative al lotto oggetto di edificazione di cui alla pratica 76/05 relative all'approvanda Variante di PRG; tali comunicazioni si riferiscono alla necessità di modificare in variante le suddette aree riclassificandole da F2 a C3, fatta salva l'applicazione dei principi giurisprudenziali di cui alle allegate sentenze del TAR che equiparano tale area a zona B» (doc. 20 ricorrente, depositato in primo grado).
In terzo luogo, gli appellanti adducono l'omesso riscontro, da parte del giudice di primo grado, di una contraddittorietà tra l'atto di approvazione della variante e le planimetrie e cartografie proprie del procedimento urbanistico. In particolare, nel 2017 è stato rinvenuto il "grafico di coordinamento" delle opere di urbanizzazione e infrastrutturali del comparto d'interesse, il cui contenuto sarebbe stato "trasfuso" nella variante urbanistica, dal quale si evincerebbe che l'atto di adozione della variante aveva classificato l'area degli appellanti in C3 (ma con equiparazione a zona B) e che, quindi, vi sarebbe stata una inedita variazione di tale destinazione, in F2, nella successiva fase di approvazione della variante. Stando alla relazione ricognitiva predisposta dal capo dell'area urbanistica in sede di ritrovamento del documento (doc. 34 ricorrente, primo grado), il grafico di coordinamento avrebbe la funzione di "piano quadro" e, quindi, avrebbe dovuto essere rispettato in sede di approvazione della variante. Inoltre, la delibera di giunta comunale n. 85 del 2019 ha stabilito di avviare una procedura per la progettazione di un piano attuativo relativo al comparto per cui è causa, recependo quanto stabilito nel grafico di coordinamento (doc. 41 ricorrente, depositato in primo grado).
In quarto luogo, la fattuale equiparazione dell'area alla zona B risulterebbe anche da una consulenza tecnica d'ufficio disposta nell'ambito di un giudizio civile successivo alla procedura di variante (doc. 77 e 78 depositati dal ricorrente in primo grado).
In definitiva, tutti gli atti e i documenti citati dimostrerebbero che l'area, già formalmente destinata a zona C, era divenuta, a seguito di una progressiva edificazione del comparto, un lotto intercluso e urbanizzato, da collocare de facto in zona B.
Infine, gli appellanti contestano la statuizione giurisdizionale per cui la legislazione regionale vieterebbe l'istituzione di lotti interclusi di dimensioni pari o superiori a 1.500 mq. La sentenza appellata, infatti, avrebbe citato la l.r. 28/2000, che nulla dispone a riguardo. In ogni caso, il Comune di Bracciamo avrebbe rilasciato moltissimi permessi di costruire in lotti interclusi con superfici maggiori di 1.500 mq.
2. Si è costituito il Comune di Bracciano, deducendo l'infondatezza del gravame.
3. La causa è passata in decisione all'udienza pubblica del 13 marzo 2025.
4. L'appello è infondato, non essendo convincenti le critiche mosse alla sentenza appellata.
4.1. Correttamente, il giudice di primo grado ha escluso che la sentenza n. 8437 del 2002 del T.A.R. Lazio recasse il riconoscimento della sostanziale assimilazione della destinazione del fondo di proprietà dei ricorrenti a quella propria della zona B di completamento e, in parte, a un lotto saturo B1.
Detta pronuncia ha annullato un parere negativo, reso dalla commissione edilizia comunale, su una istanza di permesso di costruire in sanatoria, con il quale l'intervento edilizio, realizzato sul lotto per cui è causa, era stato considerato non assentibile per mancanza di strumenti attuativi, invece previsti dal PRG per la sottozona C3 in cui era compresa l'area. La sentenza ha reputato il diniego illegittimo per due ordini di ragioni:
- per la intervenuta decadenza del vincolo conformativo che subordinava l'edificazione all'approvazione di strumenti attuativi, ed è in tale pilastro motivazionale che si riscontra il passaggio su cui gli appellanti fondano la loro pretesa; la sentenza così si esprime: «la cessazione di efficacia del vincolo urbanistico di inedificabilità comporta il venir meno non semplicemente della sua esecutorietà, bensì della sua esistenza quale previsione urbanistica, come postulato della necessaria riespansione delle ordinarie facoltà dominicali di utilizzazione del bene da parte del suo titolare. Pertanto, nella specie, il ricorrente ha fondatamente dedotto che, essendo l'area già urbanizzata con destinazione C3 e presentando tutti i parametri per il suo completamento ed essendo il lotto intercluso, neppure era necessario un piano attuativo»;
- per difetto di motivazione, osservando che «la mancanza di un piano particolareggiato o di altro strumento attuativo(anche se previsto dal P.R.G.) non può essere legittimamente invocata ad esclusivo fondamento di un eventuale diniego di concessione edilizia, potendosi giustificare la reiezione soltanto nel caso in cui l'A.ne possa dimostrare che di tali strumenti attuativi vi sia effettiva necessità a causa di insufficiente urbanizzazione primaria e secondaria della zona, non potendo l'assenza degli strumenti urbanistici attuativi costituire ragione idonea, da sola, a sorreggere l'impugnato diniego».
Pertanto, come correttamente rilevato dal T.A.R. nella sentenza quivi appellata, la pronuncia n. 8437 del 2002 non reca un accertamento della effettiva urbanizzazione e interclusione del fondo, avendo, piuttosto, demandato all'amministrazione tale verifica, peraltro ai soli fini della definizione della specifica pratica di sanatoria oggetto di controversia e non anche ai fini della futura pianificazione urbanistica. Il passaggio valorizzato dagli appellanti («il ricorrente ha fondatamente dedotto che, essendo l'area già urbanizzata con destinazione C3 e presentando tutti i parametri per il suo completamento ed essendo il lotto intercluso, neppure era necessario un piano attuativo») non fa che riportare la tesi allora perorata nel ricorso e, comunque, costituisce un obiter dictum inserito in un capo dedicato alla decadenza del vincolo conformativo.
4.2. È parimenti condivisibile la statuizione del giudice di primo grado circa l'irrilevanza dei pregressi atti amministrativi che si sarebbero allineati al dictum della sentenza appena analizzata.
Gli atti, citati nel ricorso in appello, laddove riconoscono che la sentenza del T.A.R. Lazio n. 8437 del 2002 abbia sancito l'assimilazione della destinazione urbanistica del lotto a zona B e in parte B1, contengono un travisamento del giudicato, che non contiene una statuizione di tal fatta.
Ad ogni modo, tali atti non dispiegano influenza sul procedimento di variante urbanistica, essendo estranei ad esso e afferendo, per lo più, a singole pratiche edilizie inidonee a vincolare l'amministrazione nelle decisioni pianificatorie. Per costante orientamento della giurisprudenza, infatti, le scelte di classificazione urbanistiche dei fondi non sono condizionate dalla pregressa indicazione di destinazioni d'uso diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico o con le varianti, con il solo limite dell'esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione in presenza di posizioni di legittimo affidamento, che però sono riservate ai casi eccezionali di superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, di pregresse convenzioni edificatorie già stipulate, di giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi) recanti il riconoscimento del diritto di edificare e di destinazione a zona agricola di lotti interclusi da fondi edificati in modo non abusivo (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24; Id., Sez. III, 6 ottobre 2009, n. 1610; Id., Sez. IV, 11 settembre 2024, n. 7527). Ebbene, nessuno degli atti menzionati dagli appellanti – né la sentenza n. 8437 del 2002, che, come visto, non riconosce il diritto di edificare sul fondo – sono idonei a fondare una aspettativa qualificata alla conservazione della pregressa destinazione urbanistica dell'area.
Quali atti interni al procedimento di variante urbanistica, gli appellanti menzionano la "variazione 104" e il "grafico di coordinamento". Tuttavia tali documenti non attestano la collocazione del fondo in zona B né l'intenzione di apporvi detta destinazione urbanistica.
La "variazione 104" (doc. 19 ricorrente, primo grado), in realtà, è l'estratto di una tavola illustrativa delle modifiche intervenute nel quinquennio precedente al 2009 nei vari comparti del Comune di Bracciano, la quale è stata acquisita dalla Regione Lazio in vista dell'approvazione della variante urbanistica. Il numero 104, corrispondente all'area di proprietà degli appellanti, si limita a indicare che il lotto era classificato in C3 nel precedente PRG e che è stato destinato alla zona F2 con l'atto di adozione della variante urbanistica. Viene, invero, annotata a margine la dicitura "osservazione a R.L.", come a significare che è stata fatta o avrebbe dovuto essere fatta una osservazione alla Regione Lazio, ma non si hanno tracce di documenti ufficiali attestanti la presentazione di osservazioni o di proposte di modifica della destinazione impartita al terreno in sede di adozione della variante. In ogni caso, nella "variazione 104" non vi è alcun riferimento alla fattuale classificazione del fondo in zona B.
Il "grafico di coordinamento", in realtà intitolato "Stato di attuazione della sottozona C3 sottoposta a vincolo paesaggistico" è un documento, apparentemente rinvenuto nel 2017, che illustra l'andamento delle lottizzazioni nel comparto in cui si trova la proprietà degli appellanti, comparto, per l'appunto, in precedenza classificato in zona C3 e non in zona B (cfr. doc. 16 e 34 ricorrente, primo grado). È fallace il tentativo degli appellanti di far assurgere detto grafico a "piano quadro" in modo da attribuirgli una forza vincolante sull'atto di approvazione della variante, poiché non risulta, da alcun atto interno al procedimento di variante, che il grafico di coordinamento abbia assunto tale funzione direttiva. Non resta che concludere, quindi, che il documento in esame si limitasse a riportare la classificazione C3, che il fondo, in effetti, aveva prima dell'adozione della variante.
Gli appellanti attribuiscono, inoltre, particolare importanza al verbale, datato 2 aprile 2009, di una riunione tenutasi in relazione a una procedura concordata volta alla acquisizione comunale di un tratto della via del Sassone, nell'ambito della quale la responsabile dello sportello unico dell'edilizia del Comune di Bracciano si sarebbe impegnata a comunicare alla Regione che il fondo era stato giudizialmente riconosciuto come fattualmente collocato in zona B e della correlata «necessità di modificare in variante le suddette aree riclassificandole da F2 a C3, fatta salva l'applicazione dei principi giurisprudenziali di cui alle allegate sentenze del TAR che equiparano tale area a zona B» (doc. 20 ricorrente, primo grado). Nondimeno, non può attribuirsi a tale documento alcuna diretta influenza sull'esito del procedimento di variante, in quanto formato in un contesto estraneo all'istruttoria pianificatoria e, per di più, neppure recante una formale determinazione degli organi comunali, ma soltanto un impegno assunto da una funzionaria dell'ente.
Infine, nessuna rilevanza possono spiegare la delibera di giunta comunale n. 85 del 2019 (di avvio di una procedura di pianificazione attuativa del comparto, con ricezione del contenuto del grafico di coordinamento) o le osservazioni contenute nella CTU disposta in una causa civile, essendo atti estranei al procedimento di variante e addirittura successivi alla sua conclusione.
In definitiva, prima del procedimento di variante o in seno ad esso non si sono formati atti che impartiscono al fondo una classificazione in zona B o che, comunque, accertino l'assimilazione del terreno a un lotto intercluso.
4.3. Quanto sopra osservato è sufficiente a sorreggere una statuizione di rigetto dell'appello, potendosi, pertanto, assorbire l'ultima censura, relativa all'esistenza di eventuali limiti legislativi regionali alla qualificazione di fondi di ampie dimensioni come lotti interclusi.
5. Le spese del giudizio di impugnazione seguono la soccombenza nei confronti dell'amministrazione costituita e sono liquidate in dispositivo, conformemente ai parametri di cui al d.m. 147/2022 per una causa di valore indeterminabile di media complessità.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello (R.G. 5162/2023), come in epigrafe proposto, lo rigetta e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna parte ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Bracciano, delle spese del secondo grado di giudizio, liquidate in euro 5.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere
Martina Arrivi, Consigliere, Estensore