Cass. Sez. III n. 1158 del 14 gennaio 2016 (Cc 29 mag 2015)
Pres. Mannino Est. Gentili Ric. Casentini
Rifiuti.Gestione e smaltimento
In materia di gestione e smaltimento dei rifiuti, il proprietario del sito ove i rifiuti son stati illecitamente depositati, o a fine di abbandono o a fine di smaltimento, non risponde, per la sola ragione della sua qualifica dominicale rispetto al terreno o comunque al sito in questione, dei reati dì realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti stessi, in quanto tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento lesivo, il che potrebbe verificarsi solo nell'ipotesi in cui il proprietario abbia compiuto autonomi atti di gestione o di movimentazione dei rifiuti
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame del provvedimento di sequestro preventivo avente ad oggetto un terreno, ubicato in agro di (OMISSIS), sul quale insiste un fabbricato ed all'interno del quale risultano essere stati depositati rifiuti diversi, pericolosi e non pericolosi.
Il Tribunale, nel rigettare la richiesta di riesame formulata dalla proprietaria del terreno in questione, tale C.L., ha rilevato che non vi è dubbio che il reato in contestazione provvisoria, rimanendo il bene incustodito, potrebbe essere portato ad ulteriori e più gravi conseguenze.
Aggiunge il Tribunale che le giustificazioni addotte dalla istante, secondo la quale la responsabilità di quanto sopra sarebbe ascrivibile al coindagato M.M., possessore sine titulo del terreno in questione, non apparirebbero convincenti posto che esse non tengono conto della posizione di responsabilità della C., la quale avrebbe omesso di svolgere i doverosi controlli onde evitare che si realizzasse la situazione di illiceità a lei contestata.
Tale valutazione, ha aggiunto il Tribunale, è confermata dalla assenza di una formalizzazione del rapporto negoziale idoneo a giustificare il possesso del terreno da parte dell'indagato M..
Ha proposto ricorso per cassazione la C., tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo la illogicità della motivazione della ordinanza impugnata in ordine alla ricorrenza a suo carico dei gravi indizi di colpevolezza.
Posto, infatti, che non vi è dubbio che il terreno sia nella disponibilità del M., cui la ricorrente aveva concesso la permanenza su di esso (singolarmente definita dalla stessa ricorrente, non ostante quanto appena prima dichiarato in ordine ad un'avvenuta concessione, sine titulo), ha rilevato la difesa della C. che il reato per cui si indaga è tale che può essere realizzato solo con una condotta commissiva e non anche con condotta omissiva, consistente nel venire meno ad un obbligo di vigilanza, come più volte escluso dalla Corte di legittimità.
La deducente difesa ha comunque aggiunto che la C. si era comunque attivata per fare liberare il terreno dai rifiuti ivi depositati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, con le precisazioni che saranno di seguito svolte, è, comunque, infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Rileva, infatti, il Collegio come il ragionamento svolto dal Tribunale del riesame sia - ancorchè solo in parte ed in modo tale da non pregiudicarne, data la perspicuità delle restanti argomentazioni, la correttezza del dispositivo - erroneo e illogico.
Invero, erra il Tribunale di Roma nell'attribuire a carico della C., in quanto proprietaria del fabbricato e del terreno ove è stato rinvenuto un deposito incontrollato di rifiuti, pericolosi e non pericolosi, una posizione definita di responsabilità rispetto alla condotta criminosa ivi in corso di realizzazione.
Invero, questa Corte ha precisato in più occasioni che in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti, il proprietario del sito ove i rifiuti son stati illecitamente depositati, o a fine di abbandono o a fine di smaltimento, non risponde, per la sola ragione della sua qualifica dominicale rispetto al terreno o comunque al sito in questione, dei reati di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata commessi da terzi, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti stessi, in quanto tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento lesivo, il che potrebbe verificarsi solo nell'ipotesi, che non risulta essere stata riscontrata nel presente caso a carico della C., in cui il proprietario abbia compiuto autonomi atti di gestione o di movimentazione dei rifiuti (Corte di cassazione Sezione 3 penale, 1 ottobre 2014, n. 40528; idem Sezione 3 penale, 19 dicembre 2013, n. 49327).
In assenza, pertanto, di un obbligo giuridico di impedire l'evento ed in assenza di alcuna prova in ordine alla sua cooperazione nella determinazione dello stesso (cooperazione che, peraltro, potrebbe, in linea di principio, realizzarsi anche laddove vi sia in capo al proprietario del terreno la consapevolezza di aver ceduto la disponibilità di quello ad un terzo acciocchè costui vi realizzi una discarica abusiva), nessuna responsabilità può essere attribuita al titolare del terreno che ometta di vigilare sulle condotte, tanto più se abusive dal punto di vista civilistico, di chi, in assenza di un valido titolo ovvero sulla base di un titolo finalizzato ad un uso non illecito della cosa, abbia la materiale disponibilità del terreno in questione.
Del tutto illogico è il rilievo svolto dal Tribunale del riesame nella parte in cui ravvisa un titolo di responsabilità a carico della C. nel fatto che questa non abbia formalizzato in base ad un titolo negoziale la situazione possessoria del terreno in favore del M.; al riguardo infatti non può non rilevarsi che l'eventuale assenza di un valido titolo che legittimi il possesso del terzo costituirebbe, semmai, elemento scriminante rispetto alla condotta del proprietario del terreno, il quale non avrebbe neppure cooperato col terzo tramite la messa a disposizione dell'area da questo destinata alla realizzazione della discarica.
Rileva, tuttavia, questa Corte che la fallacia sul punto del ragionamento del Tribunale del riesame non è comunque fattore idoneo a privare per il resto di legittimità l'ordinanza impugnata.
Questa, infatti, si fonda essenzialmente non sulla esigenza di assicurare i futuri effetti della eventualmente disponenda confisca del terreno ai sensi dell'art. 240 c.p. (il che presupporrebbe l'esistenza di elementi tali da consentire la ravvisabilità nella condotta ipotizzata a carico del titolare del bene sequestrato dei profili dell'illecito penale), ma sul fine di sottrarre il terreno ove in maniera indiscussa è in corso di realizzazione la attività illecita oggetto della provvisoria imputazione mossa alla ricorrente ed a tale M.M., possessore del terreno de quo, alla libera disponibilità di quest'ultimo onde rimuovere il pericolo che il reato in provvisoria contestazione possa protrarsi o, comunque, essere portato a conseguenze ulteriori.
Tanto riscontrato, va, perciò, ribadito, come questa Corte ha in passato puntualizzato, che oggetto del sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p.p., comma 1, può ben essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purchè esso sia, sebbene indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti (Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 24 marzo 2010, n. 11287; idem Sezione 4 penale, 12 agosto 2009, n. 32964).
Ricorrendo le predette condizioni nel caso in esame la ordinanza del Tribunale di Roma va ritenuta, fatta la precisazione di cui alla parte iniziale della presente sentenza, pienamente legittima ed il ricorso proposto dalla C. avverso si essa deve essere rigettato, con le derivanti conseguenze, precisate in dispositivo, in tema di regolamento delle spese processuali a carico della medesima.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2015.