Cass. Sez. III n. 12462 del 24 marzo 2016 (Ud 17 feb 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Mocci Imputato: Elefante
Rifiuti.Inottemperanza del proprietario dell'area all'ordinanza sindacale di rimozione

In tema di smaltimento dei rifiuti, integra il reato omissivo punito dall'art. 255, comma terzo, del D. Lgs. n. 152 del 2006, la mancata ottemperanza dell'ordinanza sindacale emanata ai sensi dell'art. 192, comma terzo, del decreto medesimo, con la quale si intima, al proprietario (o possessore) dell'area ove risulta giacente un deposito incontrollato di rifiuti, la rimozione degli stessi, senza che possa avere rilevanza il fatto che l'accumulo dei rifiuti non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione o risalga a tempi antecedenti l'acquisto dell'immobile stesso.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 dicembre 2013, la Corte d'Appello di Napoli confermava la decisione di primo grado del Tribunale di Torre Annunziata sez. distaccata di Castellamare di Stabia, che aveva condannato Mario Elefante alla pena di mesi due di arresto, per il reato di cui agli artt. 14 e 50 comma 2° legge n. 22/97. La sentenza della Corte territoriale sottolineava come l'imputato non avesse ottemperato alle prescrizioni dell'ordinanza n°41044 del 26 settembre 2003, che gli imponevano l'immediato ripristino dello stato dei luoghi

2. Ricorre per cassazione l'Elefante, mediante un'unica doglianza [art. 606 comma 1° lett. e) c.p.p].

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col il motivo dedotto, l'imputato lamenta di essere stato condannato per non aver ottemperato ad un'ordinanza sindacale, riguardante rifiuti che erano stati abbandonati da terzi. Pertanto, egli sarebbe stato condannato per il solo fatto di essere proprietario del fondo. Sarebbe stato pertanto paradossale che il proprietario di un fondo adibito a discarica possa rispondere non del corrispondente reato, ma di omessa ottemperanza all'ordinanza sindacale, il che fra l'altro creerebbe un contrasto con l'art. 3 della Carta costituzionale.

2. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
Anche nella presente sede di legittimità, il ricorrente mostra di confondere i due piani - già esaustivamente delibati dalla Corte d'Appello - della commissione del reato di discarica abusiva (o di deposito incontrollato di rifiuti) e della mancata ottemperanza all'ordine di bonifica dello stato dei luoghi.
Oggetto di contestazione penale era ovviamente quest'ultimo, rivolto al proprietario del terreno in quanto tale, a prescindere da chi fossero gli autori dell'abbandono dei rifiuti. La diversa prospettiva delle due fattispecie esclude, fra l'altro, in radice la possibilità di qualunque dubbio di costituzionalità. In ogni caso, in tema di smaltimento dei rifiuti, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte con riguardo alla previgente disciplina, attraverso argomentazioni riferibili anche all'attuale normativa di settore, integra il reato omissivo punito dall'art. 50, comma secondo del D.Lgs. n.22 del 1997, la mancata osservanza dell'ordinanza sindacale emanata ai sensi dell'art. 14, comma terzo del citato decreto, con la quale si intima al proprietario (o possessore) dell'immobile, ove risulta giacente un deposito incontrollato di rifiuti, la rimozione degli stessi, senza che possa avere rilevanza il fatto che l'accumulo dei rifiuti non sia ascrivibile al comportamento del destinatario dell'intimazione o risalga a tempi antecedenti l'acquisto dell'immobile stesso [Sez. 3, n. 22791 del 02/04/2004 (dep. 14/05/2004), Armani, Rv. 228615; Sez. 3, n. 2853 del 12/12/2006 (dep. 25/01/2007), Lefebre, Rv. 235876].
Sempre in ordine alla condotta dell'imputato, occorre aggiungere che l'Elefante non risulta aver impugnato in via giurisdizionale l'ordinanza di cui sopra, né ha indicato elementi in qualche modo valorizzabili dal giudice. Benché il ricorrente non ne abbia fatto motivo specifico di doglianza, è bene chiarire che il reato di mancata ottemperanza all'ordine sindacale di rimozione dei rifiuti, di cui all'art. 255, comma terzo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha natura permanente e lo scadere del termine per l'adempimento non indica il momento di esaurimento della fattispecie, bensì l'inizio della fase di consumazione che si protrae sino al momento dell'ottemperanza all'ordine ricevuto [Sez. 3, n. 33585 del 08/04/2015 (dep. 30/07/2015), Rosano, Rv. 264439]

In applicazione dell'art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - in mancanza di elementi che possano far ritenere incolpevole la causa di inammissibilità del ricorso (cfr. Corte Cost., sent. n. 186 del 2000) - al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si stima equo fissare in C 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 17/02/2016