Cass. Sez. III n. 3582 del 24 gennaio 2019 (Ud 24 ott 2019)
Pres. Lapalorcia Est. Gai Ric. Ferrari
Rifiuti.Legittimità costituzionale legislazione emergenziale
Deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, D.L. 6 novembre 2008, n. 172 per violazione dell'art. 3 Cost., poiché non lede i principi di uguaglianza e ragionevolezza la scelta normativa del legislatore di differenziare, con la previsione di una disciplina eccezionale e temporanea, l'applicazione della norma penale, apparendo oggettivamente più grave la violazione della disciplina normativa dei rifiuti nelle zone ove vige lo stato di emergenza rispetto alle altre zone del territorio nazionale dove l'emergenza non sussista o sia cessata. Parimenti manifestamente infondato è l’ulteriore profilo di violazione del principio della riserva di legge, ex. art. 25 Cost, in materia penale poiché la durata ed estensione dello stato di emergenza costituisce mero fatto presupposto da cui dipende l’applicazione della legge penale di cui all’art. 6 del citato decreto e non è elemento costitutivo del reato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21 novembre 2017, la Corte d'appello di Messina in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Patti con la quale Massimiliano Ferrari era stato condannato in relazione all’art. 6 comma 1 lett. d), della legge n. 210 del 2008, art. 56 cod.pen., per avere effettuato, in assenza di autorizzazione, a mezzo autocarro, attività di trasporto rifiuti, costituiti da materiale inerte, nonché per aver compiuto atti idonei diretti modo non equivoco ad abbandonare in modo incontrollato e a depositare i suddetti rifiuti sul terreno di terzi, ha ridotto la pena inflitta, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, a mesi quattro di reclusione ed euro 7000 di multa.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo du emotivi di ricorso.
- Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 3 e 25 Cost. art. 2 cod.pen. Questione di legittimità costituzionale.
Secondo il ricorrente l’applicazione in Sicilia della normativa di cui all’art. 6 del decreto-legge 172 del 2008, misure urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, convertito in legge n. 210 del 2008, sarebbe dipesa esclusivamente da una fonte di rango secondario (DPCM del 9 luglio 2010) e non, come sarebbe dovuto avvenire, in base ad una legge o di un atto avente forza di legge, giusto quanto dispone disposto dall’articolo 25 della Costituzione e l’art. 2 cod.pen. Trattandosi di materia penale, ossia di materia ove vige la riserva di legge, si sarebbe verificata delimitazione dell’ambito spaziale temporale efficacia della normativa derogatrice in materia di rifiuti con una mera fonte di grado secondario. Chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale.
- Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 131 bis cod.pen. in presenza di una condotta che non desterebbe allarme sociale e in presenza di soggetto incensurato.
3. In udienza, il Procuratore generale ha l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso non è fondato in forza e sulla base delle seguenti considerazioni.
5. Manifestamente infondata è la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 del decreto-legge 172 del 2008, misure urgenti per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania, convertito in legge n. 210 del 2008, per contrasto con l’art. 3 e 25 Cost.
Va ricordato che, il d.l. 6 novembre 2008, n. 172, rubricato "Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale", ha introdotto una disciplina eccezionale e temporanea diretta a fronteggiare il "concreto ed attuale stato di emergenza" dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania.
Per la Regione Sicilia, all’epoca di commissione del reato, nell’intera regione vigeva, in tema di gestione dei rifiuti, lo stato di emergenza, proclamato fino al 31 dicembre 2012, in forza del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 luglio 2010 (pubblicato il 22 luglio 2010 sulla Gazzetta Ufficiale), emesso ai sensi dell’art. 5 comma 1 della legge n. 225/1992 istitutiva del Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Quando sussiste una situazione emergenziale, l'art. 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 attribuisce al Consiglio dei Ministri il potere di deliberare lo stato di emergenza, determinandone la durata e l'estensione temporale per cui "(...) al verificarsi degli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera c, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'art. 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi (...)".
Questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi sia sulla legittimità di tale declaratoria dello stato di emergenza, in quanto rispettosa delle prescrizioni contenute nell’art. 5 della legge n. 225/1992, che disciplina il potere di ordinanza in relazione a situazione di emergenza (Sez. 3, n. 25049 del 25/05/2011, Geraci, Rv. 250619), sia sulla conseguente configurabilità della previsione di cui all’art. 6 del decreto-legge n. 172/2008, convertito dalla legge n. 210/2008, applicandosi la disposizione richiamata, ai sensi del comma 1, “nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225”, costituendo la relativa dichiarazione di emergenza il presupposto di fatto integrante il precetto penale (Sez. 3, n. 38044 del 27/06/2013, Messina, Rv. 256290).
Lo stato di emergenza costituisce, quindi, il necessario presupposto di fatto per l'adozione di norme derogatorie alle ordinarie disposizioni legislative che giustificano un trattamento differenziato e non è elemento normativo della fattispecie che ne delimita l’ambito di applicazione.
Ed invero, la fattispecie penale è prevista dall’art. 6 del d.l. n. 172 del 2008, conv. dalla legge n. 210 del 2018 che punisce, quanto alla condotta tipica, le condotte ivi descritte che riprendono in larga misura quelle condotte già ricomprese nell’art. 256 del d.lgs n. 152 de 2006, condotte che se poste in essere nei territori dove vige la dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti, sono punite più severamente. La dichiarazione dello stato di emergenza, a sua volta, trova i suoi presupposti nella legge n. 252 del 1992 che attribuisce al DPCM la competenza a determinare la durata del medesimo e l’ambito spaziale in vige, cossichè l’atto diviene elemento integrativo della fattispecie penale costituendone un presupposto di fatto dal quale dipende l’applicazione dell’art. 6 del d.l. 172 del 2008.
Conseguentemente deve ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, D.L. 6 novembre 2008, n. 172 per violazione dell'art. 3 Cost., poiché non lede i principi di uguaglianza e ragionevolezza la scelta normativa del legislatore di differenziare, con la previsione di una disciplina eccezionale e temporanea, l'applicazione della norma penale, apparendo oggettivamente più grave la violazione della disciplina normativa dei rifiuti nelle zone ove vige lo stato di emergenza rispetto alle altre zone del territorio nazionale dove l'emergenza non sussista o sia cessata. Parimenti manifestamente infondato è l’ulteriore profilo di violazione del principio della riserva di legge, ex. art. 25 Cost, in materia penale poiché la durata ed estensione dello stato di emergenza costituisce mero fatto presupposto da cui dipende l’applicazione della legge penale di cui all’art. 6 del citato decreto e non è elemento costitutivo del reato.
6. Il secondo motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità dell’art. 131 bis cod.pen. non è fondato.
In primo luogo, non rileva lo stato di incensuratezza atteso che i parametri di valutazione di cui all'art. 131-bis cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo.
In secondo luogo, la sentenza impugnata ha ben argomentato la gravità della condotta posta in essere dal ricorrente e l’allarme sociale derivato anche dal fatto che scaricava i rifiuti su terreni altrui. Da cui l’infondatezza del motivo di ricorso.
8. Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/10/2018