Cass. Sez. III n. 12667 del 2 aprile 2025 (UP 20 mar 2025)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Insalata
Rifiuti.Trasporto illecito

Ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il carattere non occasionale della condotta di trasporto illecito di rifiuti può essere desunto anche da indici sintomatici, quali la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l'abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito.

RITENUTO IN FATTO 

    1. Con sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Forlì condannava Insalata Antonio in ordine al reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) del Dlgs. 152/06 per avere svolto attività di raccolta e trasporto di rifiuti non autorizzata. 

    2. Avverso la predetta sentenza Insalata Antonio ha proposto ricorso per cassazione mediante il suo difensore, deducendo cinque motivi di impugnazione. 

    3. Con il primo motivo deduce il vizio di violazione di legge osservando che la norma contestata punirebbe delle specifiche attività da intendersi come complesso di atti di gestione e organizzazione, per cui non vi rientrerebbe il singolo trasporto operato dal ricorrente. 

    4. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza di una attività professionale rispetto ai rifiuti, siccome fondata sulla valorizzazione della presenza, sull’autocarro usato per il trasporto, di varia attrezzatura quale chiavi inglesi, martelli cacciaviti ed altro. Oggetti invece di uso comune neppure considerati corpo del reato a fronte poi di un soggetto che all’epoca dei fatti sarebbe risultato pensionato. 

    5. Con il terzo motivo deduce la mancanza di motivazione circa la attribuzione della qualità di rifiuto ai beni rinvenuti sull’autocarro, siccome essi non sarebbero stati descritti dal giudice né in termini quantitativi che qualitativi.

    6. Con il quarto motivo rappresenta vizi di motivazione per omessa valutazione di circostanze decisive quale la ordinanza n. 4 del 2021 del Comune di Civitella di Romagna, atteso che il trasporto effettuato conseguiva alla esecuzione della predetta ordinanza di rimozione di rifiuti che non sanciva la necessità di provvedervi secondo procedure regolari e autorizzate ma solo il trasporto in discarica. Né emergerebbe dagli atti una previa conservazione in magazzino dei rifiuti rispetto al trasporto, avendo il ricorrente solo affermato di avere iniziato a caricare i rifiuti due giorni prima. Si sarebbe omesso di valutare anche la buona fede dell’imputato seppur evocata dalla difesa alla luce dell’adempimento della ordinanza comunale. 

    7. Con il quinto motivo deduce il vizio di motivazione in rapporto all’art. 131 bis cod. pen. pur evocato dalla difesa in sede di conclusioni. Disposizione non applicata nonostante l’occasionalità della condotta, le modalità del fatto e l’inoffensività. Non vi sarebbe neppure abitualità. Neppure sarebbe stato valutato il comportamento successivo, avendo il ricorrente adempiuto alle prescrizioni impartite dalla Polizia Provinciale. Smaltendo quanto in sequestro. 

CONSIDERATO IN DIRITTO


1. Il primo motivo è inammissibile: questa corte ha precisato che ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 256 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il carattere non occasionale della condotta di trasporto illecito di rifiuti può essere desunto anche da indici sintomatici, quali la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l'abusiva gestione, la eterogeneità dei rifiuti gestiti, la loro quantità, le caratteristiche del rifiuto indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito. (Sez. 3, n. 36819 del 04/07/2017, Ricevuti, Rv. 270995 - 01). In linea con tale indirizzo il giudice ha evidenziato, nel quadro della motivazione che, come noto, va esaminata complessivamente, che si trattava di rifiuti raccolti e conservati già alcuni giorni prima e trasportati per adempiere, per giunta,  ad una ordinanza comunale di rimozione, come tale anche essa significativa quanto alla non occasionalità della condotta  (né vale l’obiezione di infondatezza di tale ricostruzione, di cui al quarto motivo, sia perché fondata su uno stralcio di dichiarazione tuttavia non allegata, sia perché il senso di tale stralcio, per cui il ricorrente avrebbe dichiarato di avere “iniziato a caricare due giorni prima “ e’ conforme alla ricostruzione del giudice descrittiva di una previa raccolta, tale da consentire appunto una attività di carico alcuni giorni prima e nel quadro in sostanza di una attività non occasionale ed estemporanea). Così dandosi atto, in sostanza, sia di plurime attività (nel capo di imputazione si contestava la raccolta e trasporto) sia di una specifica organizzazione della attività svolta dall’imputato, come tale escludente l’occasionalità dell’evento; laddove, si noti bene, l’occasionalità, idonea ad escludere il reato, quale evenienza del tutto improvvisa e priva di ogni organizzazione e predeterminazione, sia pur minime, non va confusa con la singolarità dell’attività. Invero la non occasionalità, pur necessaria a fini penali, del trasporto, nei termini prima delimitati quanto agli elementi che ne possono esemplificativamente consentire la rilevabilità, non è incompatibile con il singolo trasporto: il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma primo, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ha natura di reato istantaneo e non abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice (Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605 – 01). Consegue da tali rilievi anche l’infondatezza della tesi per cui il termine di “attività” presupporrebbe plurime condotte di gestione, laddove, piuttosto, esso fa riferimento alle plurime condotte alternative e integrative della fattispecie, che lo seguono, quali le “attività”  “ di raccolta, trasporto, recupero smaltimento commercio ed intermediazione.,..”. 

2. Anche il secondo motivo è inammissibile, avendo il giudice valorizzato i dati essenziali per rilevare le condotte criminose contestate, quali plurimi elementi, obiettivi, oltre che dichiarativi, provenienti dello stesso imputato, da cui emerge una iniziativa nient’affatto occasionale ma preordinata e organizzata, per la raccolta e trasporto. Senza che sia necessario che il soggetto agente agisca professionalmente in tal senso. Si ribadisce in proposito che il reato di trasporto abusivo di rifiuti (art. 256, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) è configurabile anche quando l'attività illecita sia svolta in maniera non professionale o in forma non imprenditoriale (Sez. 3, n. 24431 del 25/05/2011, Rv. 250614 - 01) e che, più ampiamente, il reato di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall'art. 256, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non ha natura di reato proprio, realizzabile dai soli soggetti esercenti professionalmente un'attività di gestione di rifiuti, ma costituisce un'ipotesi di reato comune, che può essere commesso da chiunque svolga tale attività di fatto o in modo secondario, purché non del tutto occasionalmente, e che, per la sua natura istantanea, si perfeziona anche con una sola delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice. (Fattispecie relativa a rifiuti speciali, in cui la Corte ha escluso l'occasionalità dell'attività per la natura e la quantità dei rifiuti, destinati ad essere interrati con un mezzo meccanico in un fondo preso in affitto, nonché per il coinvolgimento nell'attività di due persone) (Sez. 3 - n. 4770 del 26/01/2021 Rv. 280375 – 01).

3. Inammissibile è il terzo motivo, essendo dirimente il dato citato dal giudice, incontestato e, piuttosto, ammesso dallo stesso ricorrente, per cui costui stava trasportando rifiuti, e dunque non altro, in adempimento di apposita ordinanza. Va aggiunto che lo stesso giudice definisce rifiuti i beni sequestrati, rimandando l’emersione di tali caratteristiche alla visione di fotografie, senza che in ricorso si confuti tale rilevazione e quindi il significato attribuito al dato fotografico, così emergendo sul punto anche la genericità del motivo, che, come noto, deve essere specifico, ovvero essere sempre accompagnato dalla illustrazione del “perché” (in fatto e/o in diritto) si formula la censura dedotta. La censura non argomentata nello specifico. Si ricorda, quindi, anche, che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).  

4. Circa il quarto motivo, inammissibile, si rimanda a quanto osservato in ordine al primo motivo quanto alla carenza di fondamento della deduzione per cui sarebbe erronea la tesi di cui in sentenza, circa la previa raccolta in magazzino dei rifiuti. Quanto poi alla tesi per cui la ordinanza comunale di rimozione avrebbe esonerato da un trasporto effettuato secondo i dettami di legge, essa non solo è stata già confutata dal giudice, che ha evidenziato il persistente vigore della disciplina di settore, ma neppure trova conforto in deduzioni difensive, assenti, che spieghino le ragioni, in ossequio al noto principio di specificità degli atti di impugnazione,  per cui una mera ordinanza comunale, per il solo fatto di non avere ribadito la necessità di effettuare il disposto smaltimento secondo legge, avrebbe di converso autorizzato, implicitamente, una operazione contra legem. Ciò che spiega anche la assoluta infondatezza della tesi della buona fede del ricorrente, siccome non fondata su alcuno degli eventuali elementi o circostanze che secondo il giudice delle leggi potrebbero supportarla e tantomeno neppure fondata su un comportamento della P.A., posto che nessuna autorizzazione, come sopra già spiegato,  è stata rilasciata nel senso vanamente prospettato dalla difesa. Laddove gli ulteriori dati dalla stessa citati (l’essere un pensionato di 73 anni, l’esser un privato cittadino, l’assenza di guadagno), oltre ad essere meramente asseriti, neppure astrattamente rientrano nel novero di quelli che la giurisprudenza delinea  come idonei a superare in materia contravvenzionale il principio per cui ignorantia legis non excusat. 

5. Riguardo all’ultimo motivo, esso è inammissibile, atteso che implicitamente la fattispecie invocata appare esclusa dal giudice, laddove si afferma che a carico del ricorrente ricorrono precedenti contravvenzioni in materia di rifiuti, senza che il ricorrente abbia specificamente opposto l’erroneità del dato. Così emergendo elementi ostativi, posto che in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente, con esclusione, tuttavia, di quelli estinti ai sensi dell'art. 460, comma 5, cod. proc. pen., conseguendo all'estinzione del reato anche l'elisione di ogni effetto penale della condanna. (Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, Campana, Rv. 286175 - 02). Quanto al comportamento successivo valorizzato in ricorso, da una parte è solo asserito ma non dimostrato, dall’altro attiene a comportamenti doverosi per i quali opera il principio, a maggior ragione valevole per attività meramente esecutive di prescrizioni dell’autorità,  per cui in tema di causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, la condotta dell'imputato successiva alla commissione del reato, ove sia meramente anticipatoria di un effetto necessitato dalla legge, non può giustificare, di per sé sola, l'applicabilità dell'esimente agli effetti dell'art. 131-bis, comma primo, cod. pen., come novellato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, potendo essere valorizzata solo come ulteriore criterio, accanto tutti quelli di cui all'art. 133, comma primo, cod. pen., nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa. (Fattispecie relativa al reato di realizzazione e gestione di discarica abusiva in cui i ricorrenti avevano dedotto la circostanza dell'aver provveduto, "post factum", alla bonifica dello stato dei luoghi effettuata a mezzo ditta specializzata). (Sez. 3, n. 46231 del 14/11/2024, Nesca, Rv. 287336 - 01). Peraltro dal certificato penale del ricorrente del 17.3.2025 risultano a suo carico precedenti penali tra cui una contravvenzione per abbandono di rifiuti di cui a decreto penale esecutivo del 31.10.2017, per fatti del 16.3.2017 e un’altra per gestione abusiva di rifiuti di cui a decreto penale esecutivo del 17.10.2022 per fatti del 15.12.2020. 

6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il  ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. 
                    
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro seimila in favore della Cassa delle Ammende 
Così deciso in Roma, il 20.3.2025.