Cass. Sez. III n. 11030 del 16 marzo 2015 (Ud 5 feb 2015)
Pres. Squassoni Est. Ramacci Ric. Andreoni
Rifiuti.Veicoli fuori uso rifiuti pericolosi

In tema di gestione di rifiuti, la natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso non necessita di particolari accertamenti quando risulti, anche soltanto per le modalità di gestione, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi e delle altre componenti pericolose

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con sentenza del 22/11/2013 ha parzialmente riformato la decisione in data 3/2/2012 del Tribunale di Monza, dichiarando non doversi procedere nei confronti di A. S. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, commi 1, lett. b) e comma 3 (capo A della rubrica), per avere, nella qualità di titolare di una ditta abilitata all'affidamento di veicoli sottoposti a sequestro, con deposito autorizzato in (OMISSIS), effettuato un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi costituiti da 250 autoveicoli e 150 motocicli e ciclomotori, nonchè materiali inerti provenienti da demolizioni edilizie, su un'area recintata scoperta ubicata nel medesimo comune, in (OMISSIS) (acc. il 27/5/2005, data del sopralluogo. Fatto contestato anche in continuità con il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2). La Corte territoriale ha pure confermato le statuizioni civili di cui alla sentenza appellata, mentre l'ulteriore imputazione, relativa alla contravvenzione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255, comma 3, (capo B della rubrica), era stata già dichiarata l'improcedibilità conseguente all'estinzione del reato per intervenuta prescrizione dal primo giudice.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, limitatamente alle statuizioni concernenti la contestazione di cui al capo A) dell'imputazione.

2. Premessa l'indicazione delle ragioni per le quali permane il suo interesse all'impugnazione, deduce, con un primo motivo di ricorso, la inosservanza di norme processuali e la violazione del diritto di difesa, nonchè la nullità dell'ordinanza emessa all'udienza del 19/2/2010 e ribadita nella successiva udienza del 16/7/2010.

Rileva, a tale proposito, che il giudice di primo grado avrebbe indebitamente ammesso la tardiva produzione, da parte del Pubblico Ministero, di 4 "faldoni" contenenti documentazione di attività investigativa svolta durante le indagini preliminari, giacenti presso l'ufficio della polizia giudiziaria che aveva proceduto agli accertamenti ma non presenti nel fascicolo depositato nella Procura della Repubblica dopo la notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen..

Tale evenienza, osserva, avrebbe determinato la nullità della sentenza impugnata, che aveva ritenuto valide le determinazioni sul punto espresse dal Tribunale.

3. Con un secondo motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta natura di rifiuto dei mezzi rinvenuti, osservando, altresì, che per l'attività svolta non era richiesta alcuna autorizzazione inerente alla gestione di rifiuti, svolgendo egli un'attività di deposito giudiziario e che l'individuazione dei mezzi quali rifiuti sarebbe stata data per presupposto senza alcuno specifico accertamento.

Aggiunge che il difetto di motivazione riguarderebbe anche la natura di rifiuto pericoloso attribuita ai mezzi depositati, non preceduta, anche in questo caso, da alcuna particolare verifica.

4. Con un terzo motivo di ricorso deduce la mancanza di motivazione in ordine al risarcimento del danno, difettando qualsiasi dato probatorio attestante la sussistenza di un danno ambientale.

Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

5. In data 14/1/2015 la difesa della parte civile, Comune di Cologno Monzese, ha prodotto memoria con allegata documentazione nella quale si conclude per il rigetto del ricorso, la conferma delle statuizioni civili e la rifusione delle spese di giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che il ricorrente, pur diffondendosi a lungo sulle ragioni poste a sostegno dell'eccezione di nullità, omette di indicare specificamente la natura e tipologia della documentazione che assume indebitamente depositata nel corso del giudizio di primo grado, che si limita ad indicare come relativa a non meglio indicata attività di indagine.

Inoltre, pur riproducendo testualmente la memoria difensiva presentata al Tribunale ed una parte del verbale della deposizione testimoniale nel corso della quale si è appresa l'esistenza dei documenti, non prende in considerazione il contenuto delle ordinanze che richiama, nè specifica se la documentazione abbia mai fatto parte del fascicolo del Pubblico Ministero o la sua esistenza altrove fosse nel medesimo fascicolo attestata, oppure se dell'esistenza di tale documentazione presso gli uffici della polizia giudiziaria che aveva proceduto alle indagini si sia appreso solo a seguito delle dichiarazioni del teste escusso.

Ed ancora, pur facendo riferimento, richiamando le dichiarazioni del teste, ad un non meglio specificato provvedimento del Pubblico Ministero che disponeva la custodia dei documento presso la polizia giudiziaria, il ricorrente afferma che lo stesso, richiesto dal giudice, non è stato mai versato in atti, ma non specifica se fosse presente o meno nel fascicolo delle indagini preliminari.

Infine, pur risultando dalla sentenza di primo grado, da quella impugnata e dal ricorso che alla difesa era stato concesso un termine per esaminare detta documentazione, il ricorrente afferma di non essere in grado di indicare quali tra i documenti siano stati utilizzati nel giudizio di merito ai fini della decisione, attribuendone le cause alla laconicità delle motivazioni.

2. La doglianza, così come formulata, appare del tutto generica, risultando peraltro inverosimile che il ricorrente, che ha avuto modo di esaminare la documentazione, pur affermando (pag. 19 del ricorso) che la stessa "non era un verbale e/o un atto di indagine riassuntivo di quanto contenuto nel fascicolo depositato in sede di chiusura indagini, ovvero un riferimento all'attività espletata da un teste, ma era l'indagine vera e propria" dimostrando, così, di avere piena cognizione dei contenuti, non sia in condizione di specificarne meglio in ricorso la natura, nè di indicare se e quali atti siano stati effettivamente utilizzati per la decisione.

Nè pare credibile che il Pubblico Ministero, conoscendo l'esistenza di documentazione così importante, non l'abbia acquisita agli atti e, ciò nonostante, sia riuscito comunque a formulare un'imputazione e richiedere il rinvio a giudizio.

In realtà, già da quanto indicato nella sentenza di primo grado ed in quella impugnata, nonchè dallo stralcio di verbale allegato al ricorso, appare evidente che gli atti acquisiti altro non sono se non un elenco/inventario redatto dalla polizia giudiziaria e la relativa documentazione riguardante i mezzi depositati, mezzi già in precedenza individuati ed indicati nel capo di imputazione (cfr.sentenza di primo grado, pag. 6).

3. Dall'esame del fascicolo del dibattimento, consentito a questa Corte in ragione della natura processuale della censura, tale evenienza sembra trovare conferma, in quanto non emerge la presenza di alcun atto tipico di indagine e di una sua eventuale utilizzazione ai fini della decisione.

Dal verbale di udienza del 19/2/2010 risulta inoltre come il Pubblico Ministero abbia specificato che sono stati depositati gli allegati alla comunicazione cui aveva fatto riferimento il teste P. all'udienza del 30/10/2008. Alla successiva udienza del 16/7/2010, il difensore ha formulato le sue eccezioni, chiedendo termine per esame degli atti, mentre la difesa di parte civile ha fatto riferimento ad un non meglio precisato CD-ROM che avrebbe consentito una rapida consultazione.

Dall'esame delle dichiarazioni del teste P., invero di difficile comprensione nella parte che qui interessa, perchè connotate da frequenti interruzioni e riferimenti a fatti, documenti e persone ignoti a questa Corte, sembra potersi ricavare che la documentazione di cui si tratta riguardava effettivamente i veicoli in deposito ed era costituita da una sorta di inventario i cui risultati erano stati comunque portati a conoscenza dell'autorità giudiziaria.

Tale assunto pare trovare conferma nella presenza, all'interno del fascicolo processuale, di alcuni raccoglitori che, ad un sommario esame, risultano contenere verbali di trasferimento di veicoli e autorizzazione alla radiazione e demolizione, visure del P.R.A., foto del veicolo, certificati di rottamazione e formulari di rifiuti.

Si tratta, dunque, della documentazione originale relativa ai singoli veicoli e non anche di specifici atti di indagine.

4. In ogni caso, come già detto, non risulta che tale documentazione sia stata effettivamente utilizzata dai giudici del merito ai fini della decisione, nè il ricorrente ha posto in evidenza a questa Corte significative e concrete circostanze che possano condurre ad una simile conclusione.

Del resto, unica conseguenza per l'omissione del deposito di atti dell'indagine preliminare, contestualmente alla notifica dell'avviso di conclusione prescritto dall'art. 415 bis cod. proc. pen., è l'inutilizzabilità degli atti stessi (Sez. 4, n. 7597 del 8/11/2013 (dep. 2014), Stuppia, Rv. 259121; Sez. 5, n. 21593 del 22/4/2009, Abbruzzese, Rv. 243899; Sez. 3, n. 8049 del 11/1/2007, Santagata, Rv.

236102 ed altre prec. conf.), mentre nessuna invalidità deriva dal mero deposito di tali atti in sede dibattimentale.

Ne consegue la manifesta infondatezza del motivo di ricorso appena esaminato.

5. A conclusioni non dissimili deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo di ricorso.

I giudici di merito hanno accertato, in fatto, le caratteristiche dei mezzi depositati presso la struttura dell'imputato e le condizioni in cui venivano mantenuti.

Evidenzia infatti il Tribunale che si trattava, nella fattispecie, di veicoli in disuso, in parte incidentati, incendiati, mancanti di parti e di targhe o giacenti da anni, consegnati direttamente dai proprietari per la demolizione o già radiati dal PRA su richiesta presentata da autoscuole o demolitori.

Detti mezzi risultavano, inoltre, abbandonati senza alcuna cautela o preventivo trattamento, su un'area priva di impermeabilizzazione del terreno, esposti agli agenti atmosferici ed al dilavamento senza alcun sistema per il convogliamento e lo smaltimento dei reflui.

Non si trattava, dunque, di soli mezzi ricevuti in qualità di custode giudiziario, ma di autoveicoli e motocicli pacificamente qualificabili come rifiuti, così come è indubbia la natura di rifiuto dei residui provenienti da demolizione, pure depositati sull'area nella disponibilità del ricorrente.

La gestione di tali rifiuti richiedeva, pertanto, il possesso dei titoli abilitativi richiesti dal D.Lgs. n. 152 del 2006 - e, anteriormente alla sua entrata in vigore, dal D.Lgs. n. 22 del 1997, di cui occorre comunque tener conto, avuto riguardo alla data di commissione dei fatti indicata nell'imputazione - mentre l'abbandono o il deposito incontrollato degli stessi resta soggetto, così come l'illecita gestione, alle sanzioni previste dal medesimo decreto (e da quello previgente).

6. Va aggiunto che, con riferimento alla natura di rifiuto dei veicoli fuori uso, occorre prendere in considerazione il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 227, comma 1, lett. c) il quale richiama espressamente il D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso ed, inoltre, non avendo la disciplina comunitaria contemplato tutte le categorie di veicoli a motore, anche il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231, il quale costituisce un necessario complemento della particolare normativa introdotta dal D.Lgs. n. 209 del 2003, in quanto tratta dei veicoli fuori uso non disciplinati dal quest'ultimo decreto.

L'art. 15 del decreto medesimo, contenente disposizioni transitorie e finali, ne regola il coordinamento con allora vigente D.Lgs. n. 22 del 1997 ed, in particolare, il comma 10 dispone che "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto le disposizioni del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46 non si applicano ai veicoli individuati all'art. 1, comma 1, e definiti all'art. 3, comma 1, lett. a)". Il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46 riguardava, infatti, i veicoli a motore ed i rimorchi (ed è stato sostanzialmente riprodotto nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231).

L'art. 3, comma 1, lett. a) individua come "veicoli" i "i veicoli a motore appartenenti alle categorie M1 ed N1 di cui all'allegato II, parte A, della direttiva 70/156/CEE, ed i veicoli a motore a tre ruote come definiti dalla direttiva 2002/24/CE, con esclusione dei tricicli a motore". Rientrano nella categoria M1 i veicoli, destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente, mentre appartengono alla categoria N1 i veicoli destinati al trasporto di merci, aventi peso massimo non superiore a 3,5 tonnellate. Gli altri veicoli sono quindi presi in considerazione, attualmente, dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231 ed, in precedenza, se ne occupava il D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46.

In base all'art. 3, comma 1, lett. b) deve intendersi come "veicolo fuori uso" un veicolo, tra quelli individuati dalla lettera a), "a fine vita, che costituisce un rifiuto ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 6, e successive modifiche".

Il successivo comma 2 del medesimo art. stabilisce che un veicolo è classificato fuori uso ai sensi del comma 1, lett. b) nelle seguenti ipotesi: a) consegna ad un centro di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso, oppure con la consegna al concessionario o gestore dell'automercato o della succursale della casa costruttrice che, accettando di ritirare un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni del decreto 209/2003, rilascia il relativo certificato di rottamazione al detentore; b) nei casi previsti dalla vigente disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici e non reclamati; c) a seguito di specifico provvedimento dell'autorità amministrativa o giudiziaria;

d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorchè giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono. Fanno eccezione (D.Lgs. n. 203 del 2009, art. 3, comma 3) i veicoli d'epoca ed i veicoli di interesse storico o collezionistico o destinati ai musei, conservati in modo adeguato, pronti all'uso ovvero in pezzi smontati.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231 riguarda, come si è detto, i veicoli a motore e rimorchi soggetti a demolizione e parti di essi (diversi da quelli in precedenza indicati e di cui si occupa il D.Lgs. n. 209 del 2003) che devono essere consegnati dal proprietario ad un centro di raccolta autorizzato, secondo le disposizioni generali in materia di rifiuti, per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione ovvero, in caso di cessione o nuovo acquisto, ai concessionari o alle succursali delle case costruttrici per la consegna successiva a tali centri.

Alla ricezione viene rilasciata apposita certificazione (comma 4) da parte del gestore del centro di raccolta o del concessionario, dalla quale risulta, tra l'altro, l'assunzione dell'impegno, da parte di tali soggetti, a provvedere direttamente alle pratiche di cancellazione dal Pubblico registro automobilistico (PRA). Il possesso di tale certificazione libera il proprietario del veicolo dalla responsabilità civile, penale e amministrativa connessa con la proprietà dello stesso.

Il comma 9 sottopone i responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 159 nel caso di demolizione del veicolo ai sensi del predetto D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 215, comma 4 agli stessi obblighi previsti dai precedenti commi 7 ed 8 per i gestori dei centri di raccolta, i concessionari e i titolari delle succursali delle case costruttrici.

7. La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che le richiamate disposizioni considerano sia il veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi, sia quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonchè quello che risulti in evidente stato di abbandono, ancorchè giacente in area privata (Sez. 3, Sentenza n. 40747 del 2/4/2013, De Mariani, Rv. 257283; Sez. 3, n. 22035 del 13/4/2010, Brilli, Rv. 247625; Sez. 3, n. 23790 del 15/5/2007, Macciomei, Rv. 236953 ; Sez. 3, n. 33789 del 23/6/2005, Bedini, Rv. 232480; Sez. 3, n. 21963 del 4/3/2005, D'agostino, Rv. 231639. V. anche Sez. 3 n. 27074 del 20/5/2008, Nicoli, non massimata).

Tale condizione di rifiuto, inoltre, non può essere del tutto esclusa neppure con riferimento ai veicoli sottoposti a sequestro quando questi, per le modalità con le quali sono detenuti, siano da considerare obiettivamente destinati all'abbandono (Sez. 3, n. 41775 del 5/10/2004, Castiglia, Rv. 230335; Sez. 3, n. 16249 del 20/3/2002, Camposano, Rv. 221568; Sez. 3, n. 414 del 27/1/2000, Cavagnoli, Rv.216451. V. anche Sez. 6, n. 36809 del 8/4/2008, Pace, Rv. 241525).

8. Dunque correttamente, nel caso in esame, i giudici hanno attribuito la natura di rifiuto ai veicoli depositati dal ricorrente, rientranti, per tipologia, tanto tra quelli considerati dal D.Lgs. n. 203 del 2009 quanto tra quelli di cui al D.Lgs. n. 162 del 2006, art. 231 (e, prima, disciplinati dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 46).

Le condizioni del deposito dei veicoli di cui danno conto i giudici del merito, in precedenza descritte, evidenziano, inequivocabilmente, una obbiettiva condizione di abbandono che esclude ogni dubbio sulla loro condizione di rifiuto.

9. Per le stesse ragioni risulta corretta anche la loro qualificazione come rifiuti pericolosi.

Il previgente D.Lgs. n. 22 del 1997 classificava anch'esso, all'art. 7, i rifiuti in pericolosi e non pericolosi, individuando questi ultimi, al comma 4, come "i rifiuti non domestici precisati nell'elenco di cui all'allegato D sulla base degli allegati G, H ed I". Il medesimo art. individuava, al comma 1, lett. I), tra i rifiuti speciali, i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184, comma 4, attualmente specifica che: "sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all'allegato I della Parte Quarta del presente decreto".

Anch'esso individuava, in precedenza, tra i rifiuti speciali, al comma 3, lett. I) "i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti" (il periodo è stato poi soppresso con l'intervento correttivo ad opera del D.Lgs. n. 205 del 2010) Inoltre il comma 5 del medesimo art. chiarisce ora, dopo plurime modifiche, che l'elenco dei rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta include i rifiuti pericolosi e tiene conto della loro origine e composizione e, quando necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose.

L'allegato D individua con il codice CER (OMISSIS) e, quindi, quali rifiuti pericolosi, i veicoli fuori uso in generale e, con il codice CER (OMISSIS), i veicoli fuori uso, non contenenti liquidi nè altre componenti pericolose, che sono dunque rifiuti non pericolosi (analoga classificazione era prevista sotto la vigenza del D.Lgs. n. 22 del 1997).

Questa Corte ha già avuto modo di precisare, a tale proposito, che affinchè un veicolo dismesso possa considerarsi rifiuto pericoloso è necessario non solo che esso sia fuori uso, ma anche che contenga liquidi o altre componenti pericolose, perchè altrimenti esso rientra nella categoria classificata con il codice CER 16.01.06 (Sez. 3, n. 29973 del 21/6/2011, Rigotti, Rv. 251020, V. anche Sez. 3, n. 30554 del 15/7/2011, Nobile, Rv. 251259).

10. Alla luce di tali premesse, pare opportuno formulare alcune precisazioni. E' evidente che un veicolo funzionante contiene una serie di elementi e sostanze che ne consentono la normale utilizzazione e che sono normalmente riconducibili nel novero dei liquidi e delle componenti cui il catalogo dei rifiuti attribuisce rilievo ai fini della classificazione del veicolo fuori uso come rifiuto pericoloso.

Si pensi, ad esempio, al combustibile, alla batteria, all'olio motore, alle sospensioni idrauliche, all'olio dell'impianto frenante, ai liquidi refrigeranti o antigelo, ai detergenti per i cristalli, ad alcune parti dell'impianto elettrico o del motore.

Tali componenti, normalmente presenti in tutti i veicoli marcianti, richiedono, per essere rimossi, operazioni oggettivamente complesse, le quali comportano non soltanto la previa selezione dei singoli elementi da eliminare, ma anche la disponibilità di particolari attrezzature per lo smontaggio.

Si tratta, inoltre, di attività che, per essere eseguite, richiedono una minima competenza tecnica ed il rispetto di specifiche norme di sicurezza o, quanto meno, di una certa prudenza al fine di evitare danni alle persone o alle cose.

Tali interventi di "bonifica" risultano, peraltro, ancor più complessi quando le condizioni del veicolo, a causa di precedenti eventi, come, ad esempio, nel caso di danni ingenti alla carrozzeria a seguito di sinistro stradale, rendono meno agevole le operazioni di movimentazione e di smontaggio delle singole componenti.

Inoltre, una volta rimossi, i liquidi e le componenti non più utilizzabili vanno pure trattati come rifiuti e sono, pertanto, soggetti alla disciplina prevista per la loro gestione, cosicchè attività quali, ad esempio, il deposito, il trasporto o lo smaltimento richiedono specifici titoli abilitativi e dovrebbero risultare comunque tracciabili perchè documentate.

E' dunque evidente che le effettive modalità di conservazione del veicolo e la presenza o meno dei mezzi necessari per l'espletamento delle attività di cui si è appena detto costituiscono dati obiettivi di valutazione e che l'esclusione dal novero dei rifiuti pericolosi dei veicoli fuori uso non può essere presunto, essendo al contrario pacifico che un veicolo non sottoposto ad alcun preventivo trattamento volto ad eliminarne il liquidi e le componenti pericolose le contenga ancora, considerando la complessità delle operazioni di rimozione.

11. Una simile affermazione, peraltro, non si pone in contrasto con le decisioni richiamate in precedenza.

Infatti la sentenza 29973/2011 non esclude che possa presumersi, nei veicoli avviati alla demolizione, la presenza di liquidi o altre componenti pericolose ed inoltre, considerando la fattispecie esaminata, concernente il trasporto di due veicoli incidentati, che il giudice del merito aveva accertato essere ancora funzionanti e muniti di targa, si osservava che essi avrebbero potuto anche non essere consegnati al centro di raccolta e rimessi in circolazione, cosicchè mancava "la prova della sussistenza degli elementi richiesti perchè le due autovetture oggetto del giudizio possano normativamente qualificarsi come "veicoli fuori uso"".

Nell'altra decisione citata (n. 30554/2011) viene invece censurata, in quanto ritenuta apodittica ed apparente, la motivazione con la quale la Corte territoriale aveva sostanzialmente ritenuto che qualsiasi veicolo fuori uso sia, solo per tale sua caratteristica, da qualificarsi rifiuto pericoloso, rilevando che la stessa non era fondata "su alcun indizio o elemento di prova", ed era anche manifestamente illogica "perchè, nella specie, la polizia aveva invece accertato che dai veicoli erano state tolte le batterie, ossia che i veicoli stessi erano stati bonificati, sicchè si sarebbe dovuto semmai presumere, in mancanza di prova contraria, che essi non contenessero liquidi o altre componenti pericolose". Per tali veicoli, dunque, un preventivo trattamento era stato pur sempre effettuato.

Altrettanto non potrebbe dirsi quando si tratti di veicoli, incidentati e non, semplicemente collocati in un'area destinata ad accoglierli priva degli impianti e attrezzature occorrenti all'espletamento delle attività di rimozione delle parti e sostanze pericolose o, comunque, non sottoposti ad alcuna preventiva manipolazione destinata a tale scopo.

12. Va conseguentemente affermato il principio secondo il quale "in tema di gestione di rifiuti, la natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso non necessita di particolari accertamenti quando risulti, anche soltanto per le modalità di gestione, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi e delle altre componenti pericolose".

13. Nella fattispecie in esame, peraltro, la presenza di liquidi e sostanze pericolose nei veicoli, che già avrebbe potuto essere ritenuta sulla base delle considerazioni dianzi svolte, risulta effettivamente accertata dal giudice del merito, laddove (pag. 3 della sentenza di primo grado) viene richiamato il contenuto del verbale di sopralluogo, corredato da fotografie, nella parte in cui si evidenzia l'opportunità, dopo la rimozione dei veicoli "...di effettuare un'indagine per accertare l'eventuale contaminazione dei suoli a causa del percolamento di liquidi (oli, benzina, refrigeranti) e del dilavamento da parte delle piogge di parti meccaniche arrugginite...".

Ricorda inoltre il Tribunale che la situazione riscontrata aveva comportato (cfr. pag. 9 della sentenza di primo grado) anche l'emissione, da parte del Comune di Cologno Monzese, di un ordinanza (n. 7 del 23/12/2005) con la quale si ordinava al ricorrente di procedere ad un piano di caratterizzazione riferito all'area di deposito in quanto "sito potenzialmente inquinato".

Della "perdita di liquidi ed oli minerali degli automezzi", oltre che delle generali condizioni di degrado dell'area, viene dato atto in altra parte della decisione di primo grado (pag. 13), osservando come tale situazione fosse stata comprovata dalle dichiarazioni di un teste.

Le osservazioni del primo giudice vengono ribadite anche nella sentenza di appello, sebbene in maniera meno approfondita, richiamando, ai fini della qualificazione dei rifiuti come pericolosi, i verbali in atti (pag. 6 della sentenza impugnata) e le dichiarazioni testimoniali già valorizzate dal primo giudice (pag.7).

14. Per ciò che concerne, infine, il terzo motivo di ricorso, rileva il Collegio che la Corte territoriale ha proceduto ad un esaustivo apprezzamento sulla responsabilità dell'imputato come impostogli dall'art. 578 cod. proc. pen., dando atto dei fatti accertati e della loro riconducibilità alla persona dell'imputato pur trattandosi di reato estinto per prescrizione.

Va inoltre ricordato che questa Corte ha ripetutamente precisato come l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose legittimi la pronuncia della sentenza di condanna generica al risarcimento dei danni, senza che il danneggiato provi l'effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l'azione dell'autore dell'illecito (v. Sez. 5, n. 45118 del 23/4/2013, Di Fatta, Rv. 257551; Sez. 6, Sentenza n. 14377 del 26/2/2009, Giorgio, Rv. 243310; Sez. 5, n. 36657 del 5/6/2008, Ballandi, Rv. 241344 ed altre prec. conf.).

Non si rileva, conseguentemente, la lacuna motivazionale lamentata in ricorso.

15. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione, in favore della parte civile, Comune di Cologno Monzese, delle spese sostenute nel grado, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila) oltre ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2015