Cass. Sez. III n. 5319 del 8 febbraio 2007 (ud. 7 dicembre 2006)
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Sanfilippo
Rifiuti. Veicoli fuori uso

Per quel che attiene specificamente ai veicoli fuori uso, vi è una disciplina specifica contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 ( non modificato sul punto dall’art. 2 del successivo decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 149 disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209”) che considera il veicolo fuori uso appartenente ad una delle categorie indicate nello stesso articolo un rifiuto,sicché l'attività del soggetto che provvede allo smantellamento dei veicoli altrui non più funzionanti rientra sempre nell'ambito dello smaltimento e del recupero e non può essere esercitata senza autorizzazione. Ugualmente, ai sensi dell’art. 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, non può procedersi alla demolizione, al recupero dei materiali e alla rottamazione dei veicoli non facenti parte delle categorie indicate nell'art. 3 del decreto legislativo n. 209 del 2003, comunque definiti rifiuti dall'art. 184 lettera 1 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 senza l’autorizzazione di cui agli artt. 208, 209 e 210 del medesimo decreto.

 

 

 

Fatto e diritto

Francesco Sanfilippo, indagato, unitamente a Marino Salvatore, in ordine al reato di cui all’art. 53 bis D.Lgs. 22 del 1997 in relazione all’art. 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dalla sezione per il riesame del Tribunale di Palermo l’11 luglio 2006 che aveva confermato il decreto di sequestro preventivo emesso il 23 giugno 2006 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, avente ad oggetto l’impianto di autodemolizione “3S” di Sanfilippo Francesco, sito in Isola delle Femmine (PA), viale delle Industrie n. 155.

Con un unico articolato motivo il Sanfilippo lamenta l’erronea applicazione della legge penale e la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti il provvedimento di sequestro di cui chiede l’annullamento.

Deduce il ricorrente che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto sussistente la violazione delle prescrizioni previste dall’art. 3) lettere g) h ed i) del D.lqs. n. 209 del 2003, - omessa bonifica di veicoli - ed il reato di cui all’art. si del D.Lgs. n 22 del 1997.

Secondo il Sanfilippo le conclusioni cui era giunto il Tribunale erano inesatte, in quanto una compiuta analisi della normativa di settore, e più specificatamente del D.Lgs. n. 209 del 2003, avrebbe dovuto indurre il decidente a valutare come regolare l’attività svolta nell’impianto sequestrato.

Ritiene il ricorrente che la bonifica e la messa in sicurezza dei mezzi da demolire si realizzi grazie alla rimozione dei componenti pericolosi classificabili con il codice CER 160104 del c.d. Decreto Ronchi (accumulatori, filtri, olii e benzina, blocchi motore, airbags, climatizzatori, etc.) e che la rimozione di elementi classificabili come non pericolosi, in quanto riferibili al codice CER 160106 (pneumatici, paraurti, cruscotti in plastica, componenti in vetro e taluni componenti metallici) sia obbligatoria soltanto qualora detti componenti non vengano separati nel processo di frantumazione (come da allegato 1, n. 7 , art. 6 del D.Lgs. n. 209 del 2003).

Nel caso in esame era stato accertato che le carcasse compattate dalla 3S venivano regolarmente conferite alla s.r.l. Acciaierie di Sicilia in Catania, che procedeva alla c.d. frantumazione e alla separazione del cd. fluff: rifiuto (i cui componenti sono costituiti da plastica, fibre tessili, gomme, particelle varie) che, a sua volta, veniva smaltito presso l’impianto della s.r.l. Servizi Industriali, discarica di seconda categoria, tipo B autorizzata al trattamento di rifiuti non pericolosi.

Il Giudice per le indagini preliminari aveva ignorato tali acquisizioni investigative che attestavano la regolarità delle operazioni compiute dalla “3S di Sanfilippo Francesco” ma, pur escludendo la fattispecie prevista e punita dall’art. 53 bis del D.Lgs. n. 22 del 1997, avente ad oggetto le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, aveva immotivatamente ritenuto sussistente la fattispecie di cui all’art. 51 del. citato decreto legislativo.

Il richiamo a questa norma era errato in quanto nella specie non ricorreva l’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento di rifiuti e in tal caso, avrebbe dovuto essere precisato se la condotta fosse riferibile alla violazione descritta dalla lettera A) o dalla lettera B) del citato articolo che prevedono due diverse ipotesi: trattamento di rifiuti non pericolosi (lettera A), trattamento di rifiuti pericolosi (lettera B).

Siccome, a tutto voler concedere, la “3S Sanfilippo” avrebbe, al più, smaltito rifiuti non pericolosi, il giudice avrebbe dovuto giungere a diverse conclusioni anche in ordine al periculum in mora.

Il motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

L’art. 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, avente ad oggetto l’Attuazione delle direttive CEE sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio, noto come “decreto Ronchi”, (sostituito ora dall’art. 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006), prevede che chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito:

a) con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi;

b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

Peraltro, per quel che attiene specificamente ai veicoli fuori uso, vi è una disciplina specifica contenuta nel decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209.

Questa Corte rileva che tale decreto legislativo, all’art. 3, - definizioni - (non modificato sul punto dall’art. 2 del successivo decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 149 - disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 24 giugno 2003, n 209) considera il veicolo fuori uso appartenente ad una delle categorie indicate nello stesso articolo un rifiuto (v. Cass. sez. III, 4 marzo 2005, n. 21963, D’Agostino), sicché l’attività del soggetto che provvede allo smantellamento dei veicoli altrui non più funzionanti rientra sempre nell’ambito dello smaltimento e del recupero e non può essere esercitata senza autorizzazione.

Ugualmente, ai sensi dell’art. 231 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, non può procedersi alla demolizione, al recupero dei materiali e alla rottamazione dei veicoli non facenti parte delle categorie indicate nell’art. 3 del decreto legislativo n. 209 del 2003, comunque definiti rifiuti dall’art. 184 lettera l) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, senza l’autorizzazione di cui agli artt. 208, 209 e 210 del medesimo decreto.

Pertanto il Tribunale del riesame di Palermo, nel valutare l’impugnazione avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, avrebbe dovuto chiarire se la condotta contestata rientrasse nell’ipotesi prevista dall’art. 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (già art. 51 del decreto legislativo n. 22 del 1997), con conseguente applicazione delle sanzioni indicate in detta norma, ovvero fosse applicabile la normativa di cui all’art. 6 del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, avente ad oggetto le prescrizioni relative al trattamento dei veicoli fuori uso, anche con riferimento al n. 7 dell’allegato I all’art. 6, con la conseguente applicabilità delle sanzioni penali previste dall’art. 13 del citato decreto legislativo.

Inoltre il Tribunale del riesame, una volta ritenuta sussistente la fattispecie di cui all’art. 256 del decreto n. 152 del 2006 (già art. 51 del decreto legislativo n. 22 del 1997), avrebbe dovuto verificare se, nella specie, si fosse in presenza di rifiuti di cui alla lettera a) del suddetto articolo (rifiuti non pericolosi),ovvero di rifiuti di cui alla lettera b) (rifiuti pericolosi).

La mancata chiarificazione dei due punti dianzi precisati rende il provvedimento impugnato privo di motivazione, sia per quanto attiene al fumus del reato da esso ravvisato, sia soprattutto in ordine al periculum in mora, il quale va diversamente valutato a seconda che la condotta criminosa abbia ad oggetto rifiuti pericolosi ovvero non pericolosi.

Va, quindi, disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo perchè provveda ad una nuova decisione sulla richiesta di riesame del decreto che ha disposto il sequestro preventivo alla luce dei principi su esposti.