Cass. Sez. III n. 22763 del 15 giugno 2010 (Ud.29 apr. 2010)
Pres. Onorato Est. Lombardi RIC. Sfrecola
Rifiuti.Deposito in luogo diverso da quello autorizzato

La condotta di deposito di rifiuti in luogo diverso da quello previsto dalla autorizzazione integra il reato di cui all'art. 51, comma quarto, D.Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 256, comma quarto, D.Lgs. n. 152 del 2006 (inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione) e non già il reato di cui all'art. 51, comma secondo, D. Lgs. n. 22 del 1997, ora art. 256, comma secondo, D. Lgs n. 152 del 2006 (deposito di rifiuti in mancanza di autorizzazione).

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente - del 29/04/2010
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere - N. 862
Dott. MARINI Luigi - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 46474/2009
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avv. Carpagnano Luigi, difensore di fiducia di Sfrecola Cosimo Damiano, n. a Barletta il 17.3.1973;
avverso la sentenza in data 27.4.2009 del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, con la quale venne condannato alla pena di Euro 8.000,00 di ammenda, quale colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2;
Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. LOMBARDI Alfredo Maria;
Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. VOLPE Giuseppe, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza, per violazione dell'art. 521 c.p.p., con trasmissione degli atti al P.M. trattandosi di fatto diverso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, ha affermato la colpevolezza di Sfrecola Cosimo Damiano in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2, a lui ascritto per avere realizzato presso l'area costituita da un capannone di circa 2000 mq ed un cortile di circa 1000 mq siti in Barletta alla via Foggia 47 un deposito di rifiuti speciali non pericolosi senza la prescritta autorizzazione.
Il giudice di merito ha accertato in punto di fatto che la ditta di cui è titolare l'imputato, autorizzata alle operazioni di recupero di rifiuti non pericolosi presso il capannone di via Foggia n. 127, indicato nei formulali di identificazione dei rifiuti, aveva depositato i predetti rifiuti presso il capannone ed il cortile di via Foggia 47, per il quale non era stato autorizzato. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione. MOTIVI DELLA DECISIONE
Dopo avere esposto i dati fattuali in ordine alla documentazione prodotta dinanzi al giudice di merito, con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia il travisamento delle risultanze probatorie e mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Si osserva, in sintesi, che l'imputato è stato condannato per avere effettuato attività di deposito di rifiuti senza la prescritta autorizzazione, mentre la ditta del ricorrente era munita della autorizzazione provinciale all'esercizio dell'attività di recupero di rifiuti non pericolosi. Si osserva, poi, che i predetti rifiuti, costituiti da materiale plastico che doveva essere recuperato mediante triturazione, erano stati depositati nel capannone ubicato in via Foggia 47, immobile nella disponibilità della ditta Sfrecola, in attesa di essere sottoposti alle operazioni di recupero presso gli impianti ubicati in via Foggia 127. Si deduce, quindi, che l'attività posta in essere dall'imputato non integra l'ipotesi di reato di cui alla contestazione e che, tra l'altro, ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 5, le disposizioni relative all'autorizzazione all'esercizio di attività di smaltimento e recupero dei rifiuti non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall'art. 6, comma 1, lett. m), del medesimo decreto legislativo. Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione della L. n. 22 del 1997 e mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza.
In estrema sintesi, sulla base delle già esposte argomentazioni, si deduce che nella specie doveva essere ravvisata un'ipotesi di deposito temporaneo di rifiuti, che non necessita di alcuna autorizzazione.
Con l'ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione della L. n. 22 del 1997, dell'art. 133 c.p., nonché mancanza o manifesta illogicità della motivazione della sentenza. Si osserva che la sentenza impugnata è totalmente priva di motivazione in ordine alle ragioni in base alle quali è stata determinata la pena inflitta all'imputato e si aggiunge che nell'ipotesi di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 4, le pene sono ridotte della metà. Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito vengono precisati.
Preliminarmente la Corte osserva che nel caso in esame non è affatto ravvisabile la dedotta, dal P.G. in udienza, violazione dell'art. 521 c.p.p., comma 2, in quanto il fatto accertato dal giudice di merito corrisponde in termini assolutamente puntuali a quello che ha formato oggetto di contestazione nel capo di imputazione.
L'imputazione, invero, contiene il riferimento al fatto che lo Sfrecola è munito di autorizzazione al recupero dei rifiuti di cui si tratta, ma ha effettuato il deposito degli stessi in un luogo diverso da quello previsto dalla autorizzazione medesima. Si tratta, invece, della necessità di attribuire una diversa qualificazione giuridica a tale fatto, consentita ai sensi dell'art. 521 c.p.p., comma 1.
Deve essere, però, in primo luogo escluso che nella specie possa ravvisarsi un'ipotesi di deposito temporaneo di rifiuti, che non necessita di autorizzazione, così come dedotto dal ricorrente con il primo e secondo motivo di gravame.
Il deposito temporaneo di rifiuti, disciplinato dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, comma 1, lett. m), ed attualmente dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. m), per il quale non occorre munirsi di autorizzazione, riguarda esclusivamente il deposito dei rifiuti da parte delle aziende che li producono nel luogo in cui sono prodotti e nel rispetto delle altre condizioni indicate dalla norma. Nella specie, pertanto, non ricorre certamente un'ipotesi di deposito temporaneo, trattandosi di stoccaggio dei rifiuti da parte di un'azienda autorizzata al recupero degli stessi effettuato in un luogo diverso da quello indicato nei formulari.
Nè può trovare applicazione il disposto di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 28, comma 5, riferendosi la norma al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle prescrizioni contenute nella autorizzazione e, quindi, al deposito di rifiuti effettuato nel luogo di operatività dell'azienda secondo l'autorizzazione medesima. È, invece, fondato l'ultimo motivo di gravame con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto.
Il fatto ascritto all'imputato, invero, non rientra nell'ipotesi di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2, così come indicato in imputazione e ritenuto dal giudice di merito, essendo l'imputato munito di autorizzazione al trattamento dei rifiuti di cui si tratta ed alle necessarie operazioni preliminari di stoccaggio degli stessi, ma deve essere inquadrato nell'ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 4, attualmente D.Lgs n. 152 del 2006, art. 256, comma 4, e, cioè, dell'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione.
In tale ipotesi di reato, ad esempio, è stato inquadrato il fatto analogo del trasporto di rifiuti effettuato con mezzi diversi da quelli originariamente comunicati in sede di iscrizione all'Albo delle imprese esercenti attività di raccolta e trasporto di rifiuti (cfr. sez. 3, 1 aprile 2005 n. 12374, Rosario, RV 231078; sez. 3, 4 luglio 2000 n. 1492, P.M. in proc. Pantano; sez. 3, 5 febbraio 2004 n. 4373; sez. 3, 4 febbraio 2008 n. 5342, RV 217180).
Attribuita al fatto la indicata qualificazione giuridica, rileva la Corte che non occorre rimettere gli atti al giudice di merito per una nuova determinazione della pena, potendo questa Corte provvedere direttamente ai sensi dell'art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l). Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4, stabilisce, infatti, che nell'ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione le pene di cui ai primi tre commi sono ridotte della metà, sicché non occorre effettuare una nuova valutazione di merito in ordine alla misura della pena da applicarsi, stante la già avvenuta determinazione da parte del giudice di merito in ordine alla ipotesi di reato ritenuta; determinazione che, in quanto contenuta in misura ben lontana dal massimo edittale della pena pecuniaria, alternativamente prevista con quella detentiva, si sottrae alle ulteriori censure del ricorrente.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla misura della pena che va rideterminata in Euro 4.000,00 di ammenda. Il ricorso deve essere rigettato nel resto. P.Q.M.
La Corte, qualificato il fatto come reato ai sensi dell'art. 256, comma 4, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena che ridetermina in Euro 4.000,00 di ammenda. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, nella udienza pubblica, il 29 aprile 2010. Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2010