Cons. Stato Sez. IV n.4151 del 6 agosto 2013
Rifiuti. Fresato d'asfalto come sottoprodotto

La fresatura d’asfalto riveste i requisiti indicati dalla norma di cui all’art. 184 bis per essere considerata sottoprodotto e non rifiuto speciale (segnalazione Avv. U. Grella)

N. 04151/2013REG.PROV.COLL.

N. 07893/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7893 del 2012, proposto da:
Comune di Arcore, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Orlandi, con domicilio eletto presso Riccardo Parboni in Roma, via Caposile N. 10;

contro

Doneda F.Lli Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Umberto Grella e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria N. 5;

nei confronti di

Provincia di Monza e Brianza, rappresentata e difesa dagli avv. Luciano Fiori, Elisabetta Baviera e Piero D'Amelio, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via della Vite, 7; Regione Lombardia;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Siteb- Associazione Italiana Bitume Asfalto Strade, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri N. 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 02182/2012, resa tra le parti, depositata in Segreteria il 10 agosto 2012 e notificata il 7 settembre 2012 variante strumento urbanistico.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Doneda F.Lli Srl e di Provincia di Monza e Brianza;

Visto l’appello incidentale della Provincia di Monza e Brianza,

Visto l’appello incidentale della Doneda F.lli;

Visto l’atto di intervento della Siteb;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2013 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Orlandi, Grella, Bardelloni, per delega dell'Avv. D'Amelio, e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La società ricorrente , operante nel campo dell’estrazione di materiali inerti naturali e della fornitura di calcestruzzi nel settore dei lavori pubblici, a seguito dell’approvazione del progetto per la realizzazione dell’Autostrada Pedemontana nel tracciato tra Varese e Bergamo, ha deciso di spostare il proprio impianto, acquisendo una nuova area in Comune di Arcore, destinata a zona agricola.

In data 3 agosto 2009, ha presentato istanza per la realizzazione del nuovo insediamento produttivo ed il Comune , con deliberazione n.200 del 9 dicembre 2009, valutata l’assenza di zone adeguate per il complesso produttivo in base allo strumento urbanistico, ha giudicato procedibile l’istanza ai sensi dell’art. 5 D.P.R. n. 447/1998, ai fini della variazione dello strumento urbanistico.

Il progetto veniva sottoposto alla procedura di VAS che, dopo l’acquisizione dei pareri favorevoli delle autorità coinvolte in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza, si concludeva con provvedimento favorevole del 14.5.2010 circa la compatibilità ambientale del SUAP a condizione del rispetto delle prescrizioni ed indicazioni contenute nel parere motivato.

Per l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto e dell’attività, la Provincia Monza Brianza giudicava non necessario l’espletamento della procedura di V.I.A. regionale.

Il Sindaco, con nota 11.12.2009, nel comunicare all’impresa il buon esito della prima conferenza di servizi per la valutazione ambientale strategica della SUAP, la invitava a provvedere al versamento in conto anticipazione degli oneri di urbanizzazione per euro 150.000.

La conferenza di servizi si concludeva il 25 gennaio 2011 con valutazione positiva del progetto per la realizzazione del nuovo insediamento industriale, con varie prescrizioni.

La Provincia di Monza e Brianza, con nota del 27 gennaio 2011, nel dare atto del parere favorevole espresso dal proprio rappresentante in sede di Conferenza di servizi, segnalava, tuttavia, sotto il profilo ambientale, l’incompatibilità dell’attività di trattamento di rifiuti con l’attuale Piano provinciale dei rifiuti e, considerato che il progetto comprendeva l’attività di fresa di asfalto, da considerarsi alla stregua di un rifiuto, diffidava, in quanto titolate della funzione ambientale, il Comune di Arcore dall’autorizzare tale attività.

Il Comune di Arcore, con deliberazione n. 35 del 21.7.2011, richiamando il contenuto della Relazione allegata alla delibera, respingeva l’istanza.

Dalla Relazione emerge un giudizio di inadeguatezza rispetto alla Rete Ecologica Regionale , al corridoio primario della rete ecologia definita dal P.T.C.P. della Provincia di Monza e della Brianza, alla dorsale verde Nord prevista dal Piano strategico della mobilità ciclistica della Provincia, ad aspetti di naturalità e valenza ambientale, alla connessione della strada di accesso prevista dal progetto con la green way che utilizza percorsi vicinali, alla vicinanza dell’intervento con l’abitato.

La società Doneda ha impugnato dinanzi al Tar Lombardia l’atto negativo comunale nonché il parere parzialmente negativo espresso dalla Provincia di Monza e Brianza nella parte in cui ritiene incompatibile con il PPGR il progetto di impianto per l’impiego di fresato d’asfalto.

Il Tar ha accolto il ricorso, giudicando erronea la qualificazione del fresato di asfalto alla stregua di un rifiuto anzicchè di un sottoprodotto, con conseguente illegittimità dell’ingiunzione della Provincia nei confronti del Comune di Arcore a non autorizzare l’impianto volto alla sua riutilizzazione , e considerando illegittimo il diniego opposto dal Comune per valutazioni di tipo paesistico-ambientale, in quanto contrastanti con la già effettuata VAS conclusasi positivamente. Ha altresì rilevato che il provvedimento negativo, oltre a discostarsi senza un’adeguata motivazione dalle conclusioni raggiunte in sede di conferenza di servizi, lederebbe il principio di legittimo affidamento ingenerato dallo stesso Comune che, precedentemente, aveva ritenuto possibile la realizzazione dell’impianto al punto tale da esigere anticipatamente il versamento di un consistente anticipo (150.000 euro) sugli oneri di urbanizzazione e che non aveva mai manifestato , nel corso del procedimento, le esigenze, marginalmente presenti nella motivazione del provvedimento, di carattere urbanistico, quali la vicinanza a zona residenziale.

Ha quindi annullato il diniego stabilendo l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi tenendo conto delle ragioni accolte ed ha dichiarato improcedibile la domanda di risarcimento del danno, essendo questa subordinata alla nuova determinazione del Comune.

Ha proposto appello il Comune di Arcore, non costituitosi in primo grado, affidando il gravame ai seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 5 DPR 447/1998, 13 L.R.Lombardia n. 12/2005, 8 L n. 1150/1942, omessa motivazione sulla mancata tempestiva impugnazione D.G.R. Lombardia n. 8/8837 del 30.12.2008 : nel procedimento di variante urbanistica disciplinato dall’art. 5 DPR 447/1998 la determinazione della conferenza di servizi costituirebbe una mera proposta, atta a valutare la compatibilità della richiesta con i profili ambientali, sanitari e di sicurezza del lavoro, mentre non influirebbe sul potere esclusivo e discrezionale del Consiglio comunale di prendere la decisione finale, nella specie esercitato attraverso la valutazione discrezionale di non variare una zona agricola in zona produttiva;

2) carente valutazione degli aspetti di carattere paesistico ambientale posti a base della decisione del Consiglio Comunale direttamente correlate alla attività pianificatoria urbanistica del comune;

3) erronea considerazione della visione restrittiva circa l’uso del territorio agricolo da parte del Comune;

4) mancata considerazione delle norme di salvaguardia relative alle linee guida che l’amministrazione comunale ha assunto nel processo redazionale del nuovo Piano di governo del territorio (PGT) di cui alla deliberazione n. 22 del 7 aprile 2010;

5) carenza di motivazione con riferimento all’aspetto concernente la vicinanza con zona residenziale;

6) carenza di istruttoria in ordine alla domanda di risarcimento , essendo il danno derivante dall’impossibilità di utilizzazione del vecchio impianto correlato unicamente al procedimento di espropriazione per la realizzazione dell’Autostrada pedemontana;

7) erronea applicazione del principio del legittimo affidamento;

8) erronea valutazione della scelta dell’amministrazione in termini di volontà politica;

9) erroneità di valutazione sull’insufficiente motivazione del diniego;

10) erronea valutazione della VAS rispetto alle competenze del Consiglio Comunale.

Ha proposto appello incidentale la Provincia di Monza e della Brianza, limitatamente al capo della sentenza con cui è stato parzialmente annullato il parere della provincia del 24/1/2011 sostenendo la natura del fresato di bitume come rifiuto e non come sottoprodotto, con la conseguenza che l’impianto sarebbe in contrasto con il Piano dei rifiuti provinciale all’epoca vigente.

Si è altresì costituita la società Doneda F.lli resistendo agli appelli del Comune e della Provincia, eccependo l’inammissibilità del deposito di documenti nuovi da parte del Comune e proponendo appello incidentale riguardo al mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno da affidamento e da ritardo in relazione alle spese sostenute per l’acquisto del terreno e per l’anticipo degli oneri di urbanizzazione.

E’ intervenuta in giudizio la SITEB Associazione Italiana Bitume Asfalto Strada per sostenere la posizione della ricorrente in primo grado quanto alla natura del bitume come sottoprodotto , chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

Con ordinanza n. 4717/2012 del 4.12.2012, è stata respinta l’istanza di sospensione della esecuzione della sentenza di primo grado.

All’ udienza del 21.5.2013, in vista della quale le parti hanno depositato ampie memorie, l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L’infondatezza dell’appello del Comune, nei termini che di seguito si espongono, esime il Collegio dall’esaminare l’eccezione pregiudiziale relativa all’inammissibilità della produzione di documenti nuovi in grado di appello.

2. Nel merito, l’appello del Comune è da respingere.

2.1. L’art. 5 del D.P.R. 20.10.1998, n. 447 prevede una procedura semplificata per la variazione di strumenti urbanistici preordinati all’autorizzazione di insediamenti produttivi contrastanti con il vigente strumento urbanistico, allorchè il progetto sia conforme alle norme in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza sul lavoro e lo strumento urbanistico non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi ovvero questi siano insufficienti rispetto al progetto presentato.

Il procedimento si conclude con una conferenza di servizi la cui determinazione costituisce proposta di variante urbanistica sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte ed opposizioni formulate, il Consiglio comunale si pronuncia entro sessanta giorni.

2.2. La proposta di variazione dello strumento urbanistico assunta dalla Conferenza di servizi, da considerare alla stregua di un atto di impulso del procedimento volto alla variazione urbanistica, non è vincolante per il Consiglio comunale che conserva le proprie attribuzioni e valuta autonomamente se aderirvi.

Si conviene, quindi, con il Comune sul fatto che la speciale procedura semplificata di cui al cennato art. 5 DPR n. 447/1998 non comporta abdicazione della istituzionale potestà pianificatoria del Comune, tale da rendere la proposta della Conferenza di servizi come obbligatoria, ma lascia integra la possibilità per l’Ente territoriale di discostarsene , sulla base di valutazioni urbanistiche (Cons. St. Sez. IV, n.2170/2012; .n. 4498/2012; n. 5471/2007).

2.3. Occorre, tuttavia, osservare che, quando la stessa amministrazione comunale abbia, con una serie univoca di atti, considerato procedibile il ricorso allo strumento dell’approvazione della variante per l’insediamento di impianti produttivi ex art. 5 DPR n. 447/98 – che ha lo scopo di semplificare l’acquisizione dei pareri tecnici dei soggetti preposti alla tutela dei diversi interessi coinvolti – e, nel corso del procedimento, siano stati espressi i favorevoli pareri culminati nella proposta di tutte le autorità pubbliche e dei soggetti interessati, compreso lo stesso Comune, riuniti in conferenza di servizi, vadano valutate attentamente, e con particolare pregnanza sul versante motivazionale, le scelte del Comune, richiedendosi, nell’ambito delle valutazioni urbanistiche, anche una ponderazione degli opposti interessi, in considerazione delle aspettative sorte in capo agli istanti e delle particolari situazioni di affidamento (cfr. sulla necessità di motivazione in materia di varianti agli strumenti urbanistici incidenti su situazioni di affidamento, Cons. St. Sez. IV, 26.10.2012, n. 5492; 13.10.2010, n. 7478).

Sotto questo profilo, non vi è dubbio che lo spiegarsi del procedimento, iniziato sull’ istanza della Donadi di spostamento del proprio impianto colpito dalla procedura espropriativa per effetto della realizzazione dell’Autostrada Pedemontana, abbia mostrato ampie aperture del Comune , sia nella fase iniziale, dove la deliberazione di procedibilità dell’istanza è stata accompagnata da un parere favorevole dell’Ufficio tecnico non solo circa la sussistenza dei presupposti per l’avvio del procedimento semplificato ex art. 5 DPR n. 447/1998, ma anche sull’opportunità della conservazione dell’impianto produttivo per i vantaggi all’occupazione ed allo sviluppo industriale dell’area, sia dopo l’acquisizione della favorevole valutazione ambientale strategica, all’esito della quale è stato richiesto dal Comune ed ottenuto dall’impresa il versamento di un congruo anticipo sugli oneri di urbanizzazione.

3. Né vale la considerazione per cui, essendo il Consiglio Comunale l’unico organo competente a deliberare in ordine alla variante, gli atti compiuti ed i comportamenti tenuti da organi diversi, in vista della finale determinazione, non avrebbero potuto avere l’effetto di ingenerare alcun affidamento.

Occorre invero distinguere tra l'operatività del principio di tutela del legittimo affidamento che presuppone, sul piano soggettivo, l’affidamento ragionevole generato dal comportamento univoco di una amministrazione pubblica, unitariamente considerata, dalla competenza dell’organo che eserciti la potestà pubblica, rilevante, sul piano oggettivo, ai fini della legittimità dell’atto emanato.

4. Una volta accertata, quindi, la necessità di una puntuale motivazione sotto il profilo delle scelte urbanistiche oppositive alla realizzazione dell’impianto, deve convenirsi con il primo giudice che le ragioni poste a base del diniego , fondate quasi esclusivamente su valutazioni di carattere paesaggistico- ambientale, da un lato si pongano in contrasto con accertamenti già positivamente raggiunti in sede di procedimento di VAS, divenuti inoppugnabili, e, dall’altro, non rivelino precise scelte di tipo urbanistico idonee a supportare il rifiuto di variante.

4.1. Sotto il primo profilo, va osservato che la valutazione ambientale strategica (VAS) è lo strumento volto a garantire gli effetti sull’ambiente dei piani e dei programmi, così da anticipare la valutazione della compatibilità ambientale ad un momento anteriore alla loro elaborazione ed adozione, in una prospettiva globale di sviluppo sostenibile idonea a conciliare, anche attraverso soluzioni alternative, l’utilizzazione del territorio e la localizzazione degli impianti con la tutela dei valori ambientali (Cons. St. Sez. IV, 6.5.2013, n. 2446; 13.11.2012, n. 5715).

La valutazione favorevole compiuta in sede di VAS non può, quindi, essere rimessa in discussione per i profili attinenti alla compatibilità con l’ambiente del piano.

4.2. Inoltre, nella fattispecie, anche la Provincia, deputata, ex art. 3 ter L.R.Lombardia n. 86/1983 , a controllare la compatibilità dei piani con la Rete Ecologica Regionale, ha espresso parere favorevole in sede di conferenza di servizi, come attestato nella nota 27 gennaio 2011, pur avendo posto un diverso ostacolo circa la compatibilità dell’attività di fresatura dell’asfalto con il piano rifiuti.

4.3. Deve notarsi che le valutazioni contenute nella Relazione allegata alla delibera impugnata fanno riferimento alla Rete ecologica regionale – alla quale occorre riconoscere prevalenza su difformi previsioni contenute in altri piani (Cons. St. Sez. IV, 16.4.2012), ai sensi della L.R. n. 86 del 1983 - senza tuttavia chiarire se l’area d’intervento vi ricada interamente o se, come si afferma in un passaggio, risulti “localizzata nelle immediate vicinanze del tracciato infrastrutturale della Pedemontana lombarda”, a 200 metri dal suo limite, rilevando solo come zona di rispetto; parimenti, la c.d. Greenway, consistente in una misura di mitigazione su paesaggi caratterizzati da vulnerabilità paesistico ambientale, delimita, ma non attraversa il terreno oggetto dell’intervento.

Tali incongruità non paiono allora idonee, conformemente a quanto ritenuto dal primo giudice, a rimettere in discussione la compatibilità dell’intervento con la tutela dei valori ambientali e naturalistici, accertata in sede di VAS.

4.4. Sotto il prfilo urbanistico, quanto alla vicinanza all’abitato, si condivide l’argomento della resistente, non smentito dall’appellante, secondo cui il nuovo impianto, sebbene realizzato su diversa area, manterrebbe la stessa distanza dall’abitato del vecchio impianto, con la conseguenza che le condizioni dal punto di vista urbanistico rimarrebbero immutate.

5. In merito alla valutazione compiuta dal Comune circa la conservazione dell’area a destinazione agricola, l’affermazione del Tar è corretta nel senso che una simile scelta avrebbe dovuto essere operata al termine di una ponderata valutazione circa le implicazioni dell’insediamento produttivo (quindi , anche valutando le opportunità di sviluppo che erano state tenute in considerazione al momento dell’avvio del procedimento), nella specie del tutto mancata.

6. In merito, poi, al richiamo contenuto nella Relazione alle misure che potrebbero essere messe in atto in esecuzione della deliberazione del Consiglio Comunale n. 22/10 nella zona oggetto di richiesta di variante, non si rinvengono precise previsioni di PGT da cui discenda un obbligo per il Comune nei sensi indicati nella Relazione, che non contengono vere e proprie scelte pianificatorie, ma idee progettuali dalla scarsa concretezza e non verificata fattibilità.

7. Concludendo sull’appello del Comune, si ritiene che gli argomenti portati dall’Amministrazione comunale a sostegno del diniego non integrino quella puntuale motivazione richiesta in un caso in cui la completezza dei pareri favorevoli acquisiti sotto i plurimi aspetti richiesti dalla normativa (ambientale, sanitario, di sicurezza sul lavoro) e la condotta tenuta dallo stesso Comune in tutte le fasi antecedenti quella della determinazione finale, anche sotto il profilo della compatibilità dell’intervento con le scelte urbanistiche, hanno ingenerato un legittimo affidamento in capo all’interessato (Cons. st. Sez. IV, 13.10.2010, n. 7478) e che, pertanto, la sentenza del Tar vada confermata.

8. Va, a questo punto, esaminato l’appello incidentale della Provincia di Monza e della Brianza, con cui è stata censurata la sentenza di primo grado per avere annullato la sua nota del 27 gennaio 2011, nella parte in cui diffida formalmente il Comune di Arcore a non procedere all’autorizzazione dell’impianto essendo l’attività di fresa di asfalto in contrasto con il Piano provinciale di gestione dei rifiuti che ne esclude la localizzazione.

9. La Provincia, muovendo dalla classificazione del fresato d’asfalto come rifiuto speciale (codice CER 17.0.002- materiale di demolizione) e considerando che la caratteristica del “sottoprodotto” di cui all’art. 184 bis del d. lgs. n. 152/2006 è costituita dall’essere la sostanza originata da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante , pur non essendone lo scopo primario, ritiene che il fresato d’asfalto non sia prodotto originato da un processo produttivo bensì materiale di risulta ricavato dalla demolizione di fondi stradali e, conseguentemente, rifiuto speciale recuperabile, come tale non utilizzabile nell’impianto di cui si chiede l’autorizzazione alla realizzazione.

10. In ordine a tale questione ha proposto intervento la SITEB Associazione Italiana Bitume Asfalto Strade che, vantando l’interesse dei propri associati allo svolgimento della propria attività conformemente alla normativa in tema di rifiuti, ha illustrato sia la natura del ciclo di riutilizzazione dell’asfalto, che non prevede trasformazione e non viene, quindi, riciclato, e può essere recuperato in situ senza operazioni di stoccaggio e deposito. Sostiene, alla luce dell’art. 183 del Codice dell’ambiente, che caratteristica del rifiuto è che di esso il detentore intenda disfarsi, mentre del fresato d’asfalto il detentore non si disfa, ma le sue caratteristiche permettono un immediato ed integrale reimpiego. Considera quindi che, conformemente a quanto deciso dal Tar, il materiale in parola rivesta tutte le caratteristiche indicate dall’art. 184 bis per i sottoprodotti.

11. Occorre a riguardo osservare che il Tar, pur riconoscendo che il fresato d’asfalto viene generalmente classificato come rifiuto in quanto come tale disciplinato dal DM 5.2.1998 e contemplato dal codice europeo dei rifiuti, nondimeno possa essere trattato alla stregua di un sottoprodotto quando venga inserito in un ciclo produttivo e venga utilizzato senza nessun trattamento in un impianto che ne preveda l’utilizzo nello stesso ciclo di produzione senza operazioni di stoccaggio a tempo indefinito. Considerato che nell’impianto in questione l’asfalto verrebbe quotidianamente fresato e riutilizzato, nell’ambito dell’ordinario ciclo produttivo, esso deve essere considerato sottoprodotto e non rifiuto speciale, con la conseguenza che non soggiacerebbe alle regole del Piano gestione rifiuti che ne impedirebbero la localizzazione.

12. Ai sensi dell’art. 183, n. 1 lett. a) del codice dell’ambiente (d. lgs. n. 15272006), costituisce «rifiuto» qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi.

Ai sensi dell’art. 184, comma 3 lett. b), sono rifiuti speciali i rifiuti derivanti da attività di demolizione,costruzione o derivanti dall’attività di scavo.

Ai sensi dell’art. 184 bis, aggiunto dal comma 1 dell’art. 12 d. lgs. 3.12.2010, n. 205, è sottoprodotto e non rifiuto qualsiasi prodotto che soddisfi tutte (cumulativamente) le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale.

La norma delinea le caratteristiche essenziali del sottoprodotto consistenti nell’appartenenza della sostanza ad un ciclo di produzione di cui non costituisce scopo principale e nella consapevolezza, al momento della sua produzione, della sua riutilizzazione senza alcun trattamento diverso dalla normale pratica industriale. Il sottoprodotto nasce, quindi, con la certezza di essere riutilizzato senza particolari interventi manipolativi e non disfatto , non divenendo per questo mai rifiuto.

13. Data la novità della classificazione del sottoprodotto rispetto a quella contenuta nel codice CER, la giurisprudenza amministrativa ha già considerato non vincolante la classificazione recata dal codice CER anteriore alla definizione dei sottoprodotti alla stregua dei criteri sostanziali dell’art. 184 bis giungendo , per alcune sostanze classificate come rifiuto, al riconoscimento come sottoprodotto ( quali la pollina, Cons. St. Sez. IV, 28.2.2013, n. 1230).

Anche la Cassazione penale (Sez. III, 14.6.2012, n. 28609) giudica essenziale ai fini della qualificazione di una sostanza come sottoprodotto la sussistenza contestuale di tutte le condizioni richieste e l’assenza di trasformazione preliminare ai fini del riutilizzo, oltre alla circostanza che il materiale sia destinato con certezza e non come mera eventualità ad un ulteriore utilizzo.

Si tratta dunque di verificare, dal punto di vista sostanziale e fattuale, se la fresatura d’asfalto rivesta i requisiti indicati dalla norma di cui all’art. 184 bis per essere considerata sottoprodotto e non rifiuto speciale.

14. Alla luce di tali criteri, che il Collegio non può che condividere, deve ritenersi corretto il metodo di verifica utilizzato dal Tar, che ha tenuto conto delle seguenti circostanze: che il bitume d’asfalto si inserisse nel processo produttivo dell’impianto; che venisse rimosso con la certezza di essere integralmente riutilizzato; che non venisse sottoposto ad un processo di trasformazione; che venisse riutilizzato in tempi ravvicinati (quotidianamente) rispetto al prelievo, senza particolari operazioni di stoccaggio; che non si potesse porre a priori in senso assoluto il problema di doversene disfare, essendo esso sempre riutilizzabile e riutilizzato.

15. Le conclusioni cui è giunto il Tar sono in linea non solo con la normativa interna, ma anche con la giurisprudenza comunitaria secondo cui, quando oltre che riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, “la sostanza non può essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di disfarsi, bensì un autentico prodotto” (CGCE sent. 18 aprile 2002, causa C9/00 Palin Granit) . Secondo la giurisprudenza europea “E’ ammesso, alla luce degli obeittivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera disfarsi ai sensi dell’art. 1, lett. a) della Direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione” (sent. 11 settembre 2003, causa C114/01, Avesta Potarit Chrome).

16. Alla stregua di tali considerazioni, l’appello della Provincia deve essere respinto.

17. Parimenti da respingere è, infine, l’appello incidentale della Donati per non avere il Tar accolto la sua domanda di risarcimento del danno da affidamento e da ritardo in relazione alle spese sostenute per l’acquisto del terreno e per l’anticipo degli oneri di urbanizzazione.

18. Anche in ordine a tale punto, il Collegio ritiene di dover confermare la sentenza di primo grado con cui la domanda è stata dichiarata improcedibile, sul principale rilievo che dovendo il Comune di Arcore tornare a pronunciarsi conformandosi alle coordinate espresse nella decisione del Tar, non sussistono, al momento , i presupposti sia per accertare, nell’an, il danno subito dalla ricorrente, sia per quantificare il pregiudizio sofferto, che evidentemente non può che dipendere dall’esito finale del procedimento ex art. 5 D.P.R. 447/1998.

19. In conclusione, tutti gli appelli vanno respinti, con conferma della sentenza di primo grado.

20. La reciproca soccombenza non può che indurre il Collegio a compensare le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello principale e gli appelli incidentali e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Marzio Branca, Presidente FF

Nicola Russo, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

Giulio Veltri, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)