Consiglio di Stato Sez. IV n. 7085 del 19 agosto 2025
Rifiuti.Sito di interesse nazionale e bonifica
L’inclusione di un’area in un SIN non fa sì che essa sia “sottoposta a bonifica” in via automatica, ma si pone solo come equivalente normativo del verificarsi di un evento di possibile contaminazione che l’abbia interessata, restando poi tutto da accertare se l’area stessa sia o no appunto da sottoporre a bonifica
Pubblicato il 19/08/2025
N. 07085/2025REG.PROV.COLL.
N. 09722/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9722 del 2024, proposto dalla società Pv Ichnosolar S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dagli avv. ti Andrea Sticchi Damiani e Giuseppe Carlomagno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della cultura, la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna ed il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;
la Regione autonoma della Sardegna ed il Comune di Uta, non costituiti in giudizio
per la riforma ovvero l’annullamento
previa cautela
della sentenza T.a.r. Sardegna, sez. I, 1 ottobre 2024 n. 671, che ha pronunciato sul ricorso n. 733/2022 R.G. integrato da motivi aggiunti proposto per l’annullamento dei seguenti atti e provvedimenti, relativi al progetto definitivo ID VIP 7536, concernente la realizzazione di un impianto fotovoltaico denominato “Macchiareddu”, della potenza di picco di 41,758 MW, situato in Comune di Uta (CA) all’interno dell’area industriale Macchiareddu, nella parte in cui essi esprimono parere tecnico istruttorio parzialmente contrario alla valutazione di impatto ambientale- VIA positiva e considerano l’area interessata non idonea ai sensi dell’art. 20 comma 8 del d. lgs. 8 novembre 2021 n.199:
(ricorso principale)
a) dell’atto 14 settembre 2022 prot. n.3380-P, pubblicato il giorno 26 settembre 2022 sul portale VIA del Ministero della transizione ecologica, ora dell’ambiente e della sicurezza energetica, con il quale il Ministero della cultura ha espresso il parere in parte contrario;
(motivi aggiunti, depositati il giorno 13 marzo 2024)
b) del decreto 11 gennaio 2024 n.3, notificato il successivo 15 gennaio, con cui il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica ha emesso VIA in parte negativa;
c) della nota 1 marzo 2024 prot. n.40167 del predetto Ministero, con cui lo stesso ha respinto la richiesta di riesame del decreto suddetto;
d) delle note 2 febbraio 2024 prot. n.3859 e 1 marzo 2024 prot. n.7302 del Ministero della cultura, che considerano non idonea l’area interessata, segnatamente in dipendenza dall’intervenuta dichiarazione di interesse culturale archeologico particolarmente importante del “Nuraghe in località Sa Mitza de S''Acqua Bella”, situato in Comune di Uta sul terreno distinto al relativo catasto al foglio 26 mappale 186p;
e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente.
In particolare, la sentenza ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale e respinto il ricorso per motivi aggiunti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti suindicate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2025 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per la parte appellante gli avvocati Sticchi Damiani e Carlomagno, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente appellante, impresa attiva nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con istanza all’allora Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 18 ottobre 2021 prot. n.112499, ha chiesto ai sensi dell’art. 23 del d. lgs 3 aprile 2006 n.152 la valutazione di impatto ambientale – VIA positiva ai sensi dell’art. 23 del d. lgs. 3 aprile 2006 n.152 per un proprio progetto, inteso a realizzare in Comune di Ute, nei pressi di Cagliari, un impianto fotovoltaico denominato “Macchiareddu”, della potenza di picco di 41,758 MW, situato all’interno dell’omonima area industriale e costituito da circa 75 mila moduli in silicio monocristallino, installati su inseguitori solari monoassiali a loro volta posizionati su pali infissi nel terreno in filari paralleli con interasse ad oltre 4 metri (doc. 2 ricorrente in I grado, domanda).
2. Così come si precisa per chiarezza, per un progetto di questo tipo la VIA è richiesta dall’art. 8 comma 2 bis del d. lgs. 152/2006 citato, in relazione al punto 2 dell’allegato 2 alla parte II e al § 1.2.1. dell’allegato 1 bis del decreto citato, che lo fanno rientrare nel PNIEC- Piano nazionale integrato energia e clima e sottopongono la VIA stessa alla competenza di un organo collegiale particolare, la Commissione tecnica PNRR- PNIEC.
3. Sull’istanza della società, hanno espresso parere favorevole, nell’ordine, l’Assessorato ai lavori pubblici della Regione Sardegna, con atto 25 marzo 2022 prot. n.11334 (doc. 4 ricorrente in I grado), la Commissione tecnica citata, con atto 3 agosto 2022 n.37 (doc. 5 ricorrente in I grado, cfr. in particolare a p. 32 del file) e la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna, con atto 12 agosto 2022 prot. n.30215 (cit. nel doc. 1 ricorrente in I grado, parere 14 settembre 2022 di cui subito, alle pp. 10-12).
4. Peraltro, con atto 14 settembre 2022 prot. n.3380-P, il Ministero della cultura ha dato invece parere contrario alla valutazione di compatibilità ambientale del progetto quanto ad alcune parti di esso. In particolare, quanto ai lotti A, B e C, perché ricadenti “all'interno delle fasce di tutela paesaggistica di cui all'art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell'art. 17, comma 3, lett. h) delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano paesaggistico regionale — primo ambito omogeneo del Riu S'Isca de Arcosu e del Gora S'Acqua Frisca” e quanto al lotto A — UR 1 e a parte del lotto C — UR 7 perché interessati da saggi archeologici (doc. 1 ricorrente in I grado, pp. 35-36 del file). In concreto, ciò comporta (cfr. appello, p. 38, fatto non contestato) che sia installabile una potenza di soli 14 MW sui 41 MW circa previsti.
5. Contro questo parere 14 settembre 2022, l’impresa ha proposto il ricorso principale di I grado.
6. Parallelamente, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, nuova denominazione del Ministero competente, con nota 3 marzo 2022 prot. n.31170 (doc. 22 ricorrente in I grado), ha sollecitato il Ministero della cultura a indicare se le aree interessate dal progetto ricadessero o no nelle aree idonee ai sensi dell’art. 20 del d. lgs. 8 novembre 2021 n. 199, senza nell’immediato ricevere risposta.
7. A fronte di quest’inerzia, la società ha promosso il ricorso T.a.r. Sardegna n.614/2023 R.G. qualificandolo silenzio inadempimento, e il T.a.r., con sentenza sez. I 10 gennaio 2024 n. 22, lo ha accolto, ordinando al Ministero della cultura di provvedere nel senso richiesto.
8. Peraltro, lo stesso Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, con proprio D.M. 11 gennaio 2024 n.3 (doc. 19 ricorrente in I grado) ha rilasciato VIA solo parzialmente favorevole, recependo in tutto le indicazioni del parere 14 settembre 2022 di cui sopra.
9. In ottemperanza alla sentenza T.a.r. Sardegna 22/2024, il Ministero della cultura si è comunque espresso, con la nota 2 febbraio 2024 prot. n.3859 (doc. 20 ricorrente in I grado), con la quale, dato comunque atto di avere “già provveduto a rilasciare il concerto previsto dall’art. 25, comma 2-bis, del d, lgs. n. 152 del 2006 con il provvedimento di VIA dell’11 gennaio 2024 sopra richiamato”, rende noto che le aree interessate non sono idonee né “ai sensi della lett. c-quater del comma 8 dell’art. 20 del d. lgs. n. 199 del 2021, in quanto soggette a tutela per legge quali bene paesaggistici (art. 142, comma 1, lett. c, del d. lgs. n. 42 del 2004) e beni paesaggistici tipizzati ed individuati dal Piano paesaggistico regionale (art. 134, comma 1, lett. c, del d. lgs. n. 42 del 2004, quale vigente al 2006”, e quindi per le stesse ragioni di cui al parere 14 settembre 2022, né ai sensi della lettera b dello stesso comma 8 dell’art. 20 d. lgs. 199/2021, perché, pur trattandosi, come non controverso in causa, di aree ricomprese nel sito di interesse nazionale- SIN Sulcis-Iglesiente-Guspinese, si tratterebbe in concreto di aree non sottoposte né a messa in sicurezza permanente né a bonifica.
10. Nel frattempo, a fronte della VIA parziale, la società ha presentato un’istanza di autotutela 13 febbraio 2024 prot. n.27239 al Ministero dell’ambiente, il quale ha risposto con la nota 1° marzo 2024 prot. n.40167 (doc. 28 ricorrente in I grado), in cui ritiene di non discostarsi dalla propria precedente determinazione, che richiama.
11. Per parte sua, il Ministero della cultura, con l’ulteriore nota 1° marzo 2024 prot. n.7302 (doc. 29 ricorrente in I grado), ha comunicato un “aggiornamento”, ovvero ha reso noto che la locale Soprintendenza, con nota 27 febbraio 2024 prot. n. 3357, ha comunicato dichiarato di interesse culturale archeologico particolarmente importante l’immobile denominato “Nuraghe in località Sa Mitza de S’Acqua Bella”, venendo così a determinare un’ulteriore ragione di inidoneità delle aree, “ai sensi della lett. c-quater del comma 8 dell’art. 20 del d. lgs. n. 199 del 2021 per quanto riguarda il relativo Lotto C”, dato che la norma citata esclude dalle aree idonee quelle vincolate.
12. Contro il decreto di VIA parziale, e contro gli altri atti citati ed indicati in epigrafe, ovvero la nota 1° marzo 2024 prot. n.40167 del Ministero dell’ambiente e le note 2 febbraio 2024 prot. n.3859 e 1 marzo 2024 prot. n.7302 del Ministero della cultura (doc. ti 28, 20 e 29 ricorrente in I grado) l’impresa ha proposto motivi aggiunti di I grado, in particolare riproponendo le censure già fatte valere con il ricorso principale contro l’originario parere.
13. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il T.a.r. ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso principale e respinto nel merito il ricorso per motivi aggiunti. In motivazione, in estrema sintesi, ha ritenuto che l’area interessata dal progetto per la parte non assentita non si potesse qualificare area idonea all’installazione di impianti di questo tipo ai sensi dell’art. 20, comma 8, del d. lgs. 8 novembre 2021 n.199 e che il diniego fosse comunque congruamente motivato.
14. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene quattro complessi motivi, così come segue.
14.1 Con il primo di essi, alle pp. 7-11 dell’atto, deduce propriamente violazione degli artt. 25 commi 2 bis e 7 del d. lgs. 152/2006 e dell’art. 17 bis della l. 7 agosto 1990 n.241.
14.1.1 L’art. 25, comma 2 bis, dispone che, per i progetti di cui all’art. 8 comma 2 bis sopra citato, nei 30 giorni successivi all’adozione del parere della Commissione tecnica PNRR-PNIEC di cui si è detto “il Direttore generale del Ministero della transizione ecologica adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente Direttore generale del Ministero della cultura entro il termine di 20 giorni”; per il successivo comma 7, questo termine si considera perentorio.
14.1.2 Ciò posto, non è controverso in causa che il parere della Commissione tecnica (doc. ricorrente in I grado, cit.) sia intervenuto il 3 agosto 2022 e che il Ministero della cultura abbia invece espresso il suo parere fuori termine, ovvero il 14 settembre 2022.
14.1.3 Secondo parte appellante, il parere in questione si dovrebbe allora considerare inutilmente espresso, perché ai sensi dell’art. 17 bis della l. 241/1990 si dovrebbe considerare formato un silenzio assenso, e quindi un parere favorevole. Sempre secondo la parte, che critica sul punto quanto affermato in contrario dal Giudice di I grado, si tratterebbe di un silenzio assenso di applicazione del tutto generale, che non potrebbe dirsi derogato dalle norme particolari dell’art. 25 d. lgs. 152/2006, di cui si dirà, le quali costituirebbero un rimedio meramente interno all’amministrazione.
14.2 Con il secondo motivo, alle pp. 11-20 dell’atto, si deduce violazione dell’art. 22 d. lgs. 199/2021 e si sostiene che il Ministero dell’ambiente avrebbe dovuto, sulla base della norma citata, considerare il parere del Ministero della cultura come non vincolante, in quanto, a suo dire, l’area interessata dal progetto sarebbe area idonea ai sensi dell’art. 20, comma 8, lettera b) del medesimo d. lgs. 199/2021, ovvero farebbe parte delle “aree dei siti oggetto di bonifica individuate ai sensi del Titolo V, Parte quarta, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Così come si è detto sopra al § 9, non è infatti controverso in causa che le aree di cui si tratta siano ricomprese nel SIN Sulcis-Iglesiente-Guspinese, e secondo la parte sarebbe irrilevante che esse non siano in concreto sottoposte a messa in sicurezza permanente ovvero a bonifica.
14.3 Con il terzo motivo, alle pp. 20-26 dell’atto, si deduce la violazione dell’art. 20, comma 3, e comma 8, lettere c) ter e c) quater del d. lgs. 199/2021 e sostiene in sintesi che per tre distinte ragioni le aree interessate dal progetto si dovrebbero considerare aree idonee ai sensi delle norme in questione.
14.3.1 In primo luogo, le aree interessate, come non è controverso in causa, sono classificate come industriali dallo strumento urbanistico generale del Comune di Uta e secondo parte appellante non sarebbe rilevante quanto affermato dal Giudice di I grado, ovvero che il piano in questione (motivazione, p. 33 § 5.1) non sarebbe adeguato al piano paesaggistico regionale, che comporterebbe una classificazione diversa. Ciò posto, ai sensi dell’art. 20 comma 3, le aree con destinazione industriale si dovrebbero considerare di per sé idonee.
14.3.2 In secondo luogo, l’art. 20, comma 8, lettera c) ter, per gli impianti fotovoltaici come quello per cui è causa considera idonee “le aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale”, nonché le “aree interne agli impianti industriali”. Secondo la parte, ciò comporterebbe a più forte ragione che debbano essere considerate idonee le aree classificate come industriali come quelle per cui è causa.
14.3.3 In terzo luogo, la classificazione dell’area come idonea ai sensi dell’art. 20, comma 8, lettera c) ter, comporterebbe che essa vada considerata idonea anche ai sensi della successiva lettera c) quater, per cui sono idonee “fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 , incluse le zone gravate da usi civici di cui all'articolo 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, né ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'articolo 136 del medesimo decreto legislativo”. Ciò renderebbe quindi irrilevante il vincolo valorizzato dal Ministero della cultura nel parere negativo.
14.4 Con il quarto motivo, alle pp. 26-38 dell’atto, deduce infine eccesso di potere per carenza di motivazione, e sostiene, in sintesi estrema, che il Ministero dell’ambiente avrebbe dovuto motivare congruamente il diniego, tenendo conto di tutti i precedenti pareri favorevoli di cui si è detto, già espressi nel procedimento.
15. Le amministrazioni statali hanno resistito, con atto 8 gennaio 2025, e chiesto che l’appello sia respinto.
16. Con ordinanza 17 gennaio 2025 n.213, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito.
17. Con memoria 16 maggio 2025, la ricorrente appellante ha ribadito le proprie tesi.
18. Alla pubblica udienza del giorno 19 giugno 2025, fissata in base all’ordinanza di cui sopra, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
19. L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni di seguito esposte.
20. È infondato il primo motivo, secondo il quale un parere favorevole del Ministero della cultura dovrebbe ritenersi formato per silenzio assenso.
20.1 Così come correttamente affermato dal Giudice di I grado, nel caso di specie vale la previsione del silenzio devolutivo di cui al comma 2 quater dell’art. 25 d. lgs. 152/2006, per cui “In caso di inerzia nella conclusione del procedimento da parte del direttore generale del ministero della transizione ecologica ovvero in caso di ritardo nel rilascio del concerto da parte del direttore generale competente del Ministero della cultura, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, provvede al rilascio degli atti di relativa competenza entro i successivi trenta giorni”. Questa previsione, come ancora rilevato dal Giudice di I grado, sarebbe però priva di significato, se nella fattispecie valesse, così come sostenuto dalla parte appellante, il silenzio assenso di cui all’art. 17 bis della l. 241/1990, che come norma generale cede di fronte ad una norma speciale.
20.2 Non vale in contrario affermare, così come fa la parte appellante, che si tratterebbe di mero rimedio interno all’amministrazione (p. 10 terzo rigo dell’atto), perché secondo logica, se si ammette che si sia formato il silenzio assenso, prevedere un potere sostitutivo sarebbe inutile.
20.3 La giurisprudenza citata dalla parte appellante a sostegno della propria tesi non è poi pertinente: C.d.S. sez. IV 4 febbraio 2025 n.867, come si ricava a lettura della motivazione riguarda dichiaratamente una diversa ipotesi, quella del silenzio della Soprintendenza, che riceve dallo stesso testo normativo una disciplina a sé. La sentenza T.a.r. Sicilia Palermo sez. V 17 ottobre 2024 n.2882, non appellata e pure citata dalla parte, è invece nel senso qui sostenuto, e risulta per implicito, ma inequivocabilmente, condivisa nell’impianto dall’ordinanza cautelare d’appello C.G.A.R.S. 24 aprile 2024 n.145.
21. Il secondo motivo, che sostiene, in sintesi, trattarsi di area idonea sol perché compresa nel perimetro di un SIN, è inammissibile e comunque infondato.
21.1 Il motivo va in primo luogo considerato inammissibile ove interpretato come rivolto contro la nota 2 febbraio 2024 prot. n.3859 (doc. 20 ricorrente in I grado, cit.), che è all’evidenza un atto endoprocedimentale non impugnabile in via autonoma e inoltre - dichiaratamente, in quanto puntualizza di avere già reso il “concerto” sull’istanza della parte - si pone al di fuori del procedimento di VIA che ha portato ai provvedimenti di diniego parziale qui impugnati.
21.2 Il motivo sarebbe poi comunque infondato ove lo si volesse interpretare come rivolto verso i provvedimenti impugnati, nel senso che i dinieghi in essi contenuti avrebbero dovuto tener conto di questa presunta idoneità. Infatti, l’inclusione di un’area in un SIN non fa sì che essa sia “sottoposta a bonifica” in via automatica, ma si pone solo come equivalente normativo del verificarsi di un evento di possibile contaminazione che l’abbia interessata, restando poi tutto da accertare se l’area stessa sia o no appunto da sottoporre a bonifica: sul punto, Cass. pen. sez. III 2 febbraio 2018 n.5075 imp. Buglisi ed altri, nonché T.a.r. Lazio Roma sez. I 15 ottobre 2008 n.8920 e T.r.g.a. Trento 20 novembre 2013 n.382, sentenze di I grado non appellate e passate in giudicato, che si citano in mancanza di precedenti di questo Giudice negli esatti termini.
22. Il terzo motivo, che sostiene per diverse ragioni l’idoneità dell’area ai sensi dell’art. 20 d. lgs. 199/2021, è solo parzialmente fondato.
22.1 In primo luogo, la classificazione come industriale dell’area interessata dall’impianto – che deve ritenersi, perché prevista dal PUC vigente, al quale fino a modifica si deve secondo logica far riferimento - non comporta la sua idoneità ai sensi del comma 3 dell’art. 20. È invece uno soltanto dei parametri che secondo la norma sono da tener presente in sede di attuazione del decreto 199/2021 con i decreti ministeriali di attuazione previsti dal comma 1.
22.2 In secondo luogo, il fatto che l’area sia industriale comunque non fa sì che essa sia anche area “interna a impianti industriali o a stabilimenti” e quindi idonea ai sensi del comma 8 lettera c) ter n. 2. Si tratta poi comunque di area diversa dall’area agricola limitrofa ad area industriale idonea ai sensi del comma 8 lettera c) ter n. 1: come risulta anche in base a comune logica, infatti, le aree agricole di regola sono libere, mentre un’area industriale potrebbe avere, in concreto, destinazioni molto diverse e quindi non può essere assimilata alla prima, non essendo di per sé impiegabile per installarvi impianti come quello per cui è causa.
22.3 In terzo luogo, quanto appena detto dimostra che le aree per cui è causa non sono riconducibili alle aree idonee di cui alla lettera c) ter, e ciò rende rilevante il vincolo su di esse esistente, ai sensi della lettera c) quater dello stesso art. 20 comma 8, anche se si volesse interpretare la norma come valida per le aree diverse da quelle contemplate nelle lettere a), b), c), c) bis e, appunto, c) ter.
22.4 Le aree quindi non possono considerarsi idonee ai sensi della lettera c) quater in quanto interessate da vincolo. Ciò però vale appunto ove un vincolo vero e proprio, quindi per le aree dei lotti A, B e C in quanto ricadenti “all'interno delle fasce di tutela paesaggistica di cui all'art. 142, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 42 del 2004 e dell'art. 17, comma 3, lett. h) delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano paesaggistico regionale — primo ambito omogeneo del Riu S'Isca de Arcosu e del Gora S'Acqua Frisca” Non vale però per l’altra ragione di diniego manifestata, quella relativa al lotto A — UR 1 e a parte del lotto C — UR 7 perché interessati da saggi archeologici (doc. 19 ricorrente in I grado). Ciò non integra un vincolo, tant’è vero che, come si è detto sopra al § 11, il vincolo archeologico vero e proprio è stato imposto posteriormente. Prima dell’imposizione del vincolo, quindi, queste aree erano idonee ai sensi della lettera c) quater.
23. È invece fondato il quarto motivo di appello, centrato sull’asserita illogicità del diniego.
23.1 In termini astratti è corretto quanto sostiene il Giudice di I grado, ovvero che nel caso di specie l’amministrazione dispone di un’ampia discrezionalità tecnica, sindacabile da questo Giudice amministrativo di legittimità - secondo una massima giurisprudenziale pacifica, che come tale non richiede puntuali citazioni - nei soli casi di esiti abnormi, ovvero manifestamente illogici. Contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di I grado, il Collegio ritiene però che nel caso di specie l’illogicità manifesta sussista.
23.2 Come si è detto, il parere contrario del Ministero della cultura, recepito nel diniego parziale 11 gennaio 2024 e ribadito nella conferma 1 marzo 2024, è molto scarno, limitandosi a richiamare i vincoli, reali e solo presunti, gravanti sulle aree.
23.3 In questo modo, l’amministrazione arriva ad un risultato illogico in primo luogo per un rilievo di carattere generale: il fatto che un’area sia soggetta a vincolo paesaggistico non la rende di per sé inedificabile e inutilizzabile, essendo pacificamente autorizzabile un uso che non confligga con gli interessi tutelati dal vincolo stesso.
23.4 Nel caso di specie poi, così come ricordato sopra al § 3, si è in presenza di tutta una serie di precedenti pareri favorevoli resi nel corso dell’istruttoria, anche dalla Soprintendenza, che è organo periferico del Ministero, pareri che danno atto di come la parte abbia dedicato cura particolare all’inserimento paesaggistico del progetto: si vedano in particolare il doc. 5 ricorrente in I grado, già citato, ovvero il parere della Commissione tecnica 3 agosto 202, alle pp. 7 e ss. del file, e il parere della Soprintendenza 14 settembre 2022, interno al doc. 1 ricorrente in I grado a p. 12 del file. Si deve allora ritenere all’evidenza illogico l’operato dell’amministrazione centrale, che non ha considerato tutta questa precedente istruttoria.
24. L’appello va quindi accolto, con le conseguenze ora illustrate.
24.1 In riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di I grado, con annullamento dei provvedimenti di diniego impugnati, indicati in dispositivo. Nel riesaminare la vicenda amministrativa, l’amministrazione dovrà tenere conto del fatto che i vincoli imposti sulle aree non ne comportano di per sé assoluta inedificabilità e inutilizzabilità, e ciò anche nel caso del vincolo archeologico successivamente imposto, di cui pure dovrà tener conto perché posteriore al giudicato e non impugnato; ciò posto, l’amministrazione nell’esprimersi dovrà anche tenere specifico conto dei precedenti pareri favorevoli e adottare una congrua motivazione se ritenga di disattenderli.
24.2 Va aggiunto per chiarezza che l’annullamento non si riferisce alle note 2 febbraio 2024 prot. n.3859 e 1 marzo 2024 prot. n.7302 (doc. ti 20 e 29 ricorrente in I grado, cit.), in primo luogo perché si tratta di atti endoprocedimentali non impugnabili in via autonoma, ciò che già si è detto per la nota 2 febbraio 2024. In particolare, la nota 1° marzo 2024 è atto diverso dal successivo decreto di vincolo archeologico vero e proprio, che invece non risulta impugnato) è comunque posteriore alla chiusura del procedimento e non risulta nemmeno censurata con motivi specifici.
25. La particolare complessità della fattispecie e l’accoglimento solo parziale dei motivi dedotti sono giusto motivo per compensare per intero fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.9722/2024 R.G.), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso I grado (T.a.r. Sardegna n. 733/2022 R.G.) e annulla i provvedimenti del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica impugnati, ovvero il provvedimento di VIA parziale 11 gennaio 2024 n.3 e la conferma del diniego 1 marzo 2024 prot. n.40167, entrambi nella parte in cui rendono VIA negativa per una parte del progetto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Lopilato, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere