Consiglio di Stato Sez. IV n. 4035 del 24 giugno 2020
Rifiuti.Tariffa di smaltimento rifiuti
Il Consiglio di stato rimette al giudizio della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 comma 2 della l. r. Lazio 9 luglio 1998 n. 27, nella parte in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la “quota percentuale della tariffa” in questione “dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell'impianto o della discarica a favore del comune sede dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”. La norma in esame prevede un tributo regionale in modo non conforme ai “principi di coordinamento della finanza pubblica”, istituendo un tributo regionale senza che la legge dello Stato lo abbia consentito.
Pubblicato il 24/06/2020
N. 04035/2020 REG.PROV.COLL.
N. 02388/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 2388 del 2018, proposto dalla Centro Servizi Ambientali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Leopoldo Di Bonito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, piazza dei Martiri di Belfiore 2;
contro
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefania Ricci e Teresa Chieppa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna 27;
il Comune di Castelforte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Enrico Morigi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, via dei Condotti 9;
nei confronti
dei Comune di San Vittore del Lazio, Roccasecca, Formia e Gaeta e della Provincia di Latina, non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
della R.I.D.A. Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Harald Bonura, Francesco Fonderico e Giuliano Fonderico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, corso Vittorio Emanuele II 173;
del Comune di Aprilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Naccarato e Massimo Sesselego, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione I quater, 17 novembre 2017 n.11362, che ha respinto il ricorso n.3973/2016 R.G. proposto per l’annullamento:
a) del provvedimento 1 febbraio 2016 prot.n. GR/02/16/52283, trasmesso lo stesso giorno, con il quale la Regione Lazio - Direzione territorio, urbanistica, mobilità e rifiuti, Area ciclo integrato dei rifiuti ha disposto che l'impianto polifunzionale di trattamento e stoccaggio rifiuti della C.S.A. S.r.l. situato a Castelforte (Lt) sia soggetto all'applicazione del c.d. benefit ambientale ai sensi del punto 9.3.6.2 del decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Lazio 11 marzo 2005 n. 15;
b) della nota 16 febbraio 2016 prot. n.1369, trasmessa il giorno 17 febbraio 2016, con la quale il Comune di Castelforte, preso atto della nota regionale di cui sopra, ha chiesto alla C.S.A. S.r.l. i dati relativi ai Comuni conferenti e alla quantità di rifiuti conferiti presso l’impianto suddetto a partire dal 14 agosto 2013;
e di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e del Comune di Castelforte;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e udito per la parte appellante l’avvocato Leopoldo Di Bonito ai sensi dell'art. 4 d.l. 28/2020;
1. La ricorrente appellante è titolare di un impianto di trattamento rifiuti che si trova a Castelforte (Lt). Si controverte del provvedimento 1 febbraio 2016 prot.n. GR/02/16/52283 della Regione Lazio, indicato in epigrafe, che ha dichiarato quest’impianto soggetto all’applicazione del cd benefit ambientale, e della nota 16 febbraio 2016 prot. n.1369 del Comune di Castelforte, il quale, preso atto del provvedimento regionale citato, ha richiesto alla ricorrente appellante i dati relativi ai Comuni conferenti e alla quantità di rifiuti conferiti presso l’impianto suddetto a partire dal 14 agosto 2013, con lo scopo ultimo di chiedere le somme corrispondenti al benefit ambientale asseritamente dovuto e non versatogli a partire da quella data (doc. ti 16 e 17 in I grado ricorrente appellante, provvedimenti citati).
2. Per chiarezza, va delineata in sintesi la normativa che prevede il benefit in questione.
2.1 Il benefit ambientale è previsto in via generale dall’art. 29 della l.r. Lazio 9 luglio 1998 n.27, per cui “La Regione o la Provincia … autorizzano l'esercizio degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e delle discariche… (comma 1). Il provvedimento di autorizzazione all'esercizio degli impianti e delle discariche di cui al comma 1 deve contenere, tra l'altro, la determinazione delle tariffe e della quota percentuale della tariffa dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell'impianto o della discarica a favore del comune sede dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa (comma 2)”. Si tratta quindi, come condivisibilmente afferma la difesa della ricorrente appellante (appello, p. 2) di un ristoro, inteso in senso non tecnico, che a certe condizioni i Comuni i quali conferiscono i rifiuti ad un impianto devono pagare, per tramite del gestore, al Comune nel quale l’impianto ha sede.
2.2 La disposizione citata è stata attuata dapprima con decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel Lazio 11 marzo 2005 n. 15, avente ad oggetto “Approvazione metodologia di calcolo delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani della Regione Lazio”, decreto poi recepito nella deliberazione della Giunta regionale 18 luglio 2008 n.516.
2.3 Per quanto qui interessa, il decreto prevede anzitutto, in via generale, che tutti i titolari impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti urbani debbano attivare la procedura di determinazione della relativa tariffa di accesso (allegato A § 2). Prevede poi, per quanto di interesse più specifico, al § 9.3.6.2 che il benefit ambientale, secondo certe percentuali della tariffa, spetti ai “comuni sede di discarica, di impianti di preselezione, di impianti di termovalorizzazione e di stazioni di trasferenza … da parte dei comuni conferenti”, tenuti a corrisponderlo “al gestore dell'impianto di preselezione che provvederà a restituirlo ai comuni, con cadenza quadrimestrale, nel rispetto di quanto dì seguito riportato”.
3. Ciò premesso, la ricorrente appellante, nell’ambito dell’impianto di cui si è detto, dispone di una linea denominata R2, che produce combustibile solido secondario – CSS, ovvero un combustibile derivato dai rifiuti, ed è stata autorizzata con provvedimento regionale 6 agosto 2013 prot. n. A6397, che però non le consentiva di impiegare i rifiuti contraddistinti dai codici CER 20 03 02 e 20 03 02, corrispondenti ai rifiuti urbani indifferenziati e agli altri rifiuti urbani non biodegradabili, in attesa che fosse determinata la relativa tariffa (doc. 9 in I grado ricorrente appellante).
4. Conformandosi ai citati decreto del Commissario 15/2005 e delibera di Giunta 516/2008, l’impresa ha allora chiesto la determinazione della tariffa in questione, con istanza 5 agosto 2013 prot. n.558, presentata seguendo le istruzioni previste dal decreto commissariale per gli impianti diversi da quelli che scontavano l’applicazione del benefit ambientale (doc. 10 in I grado ricorrente appellante).
5. A quest’istanza, l’impresa ha ricevuto risposta con due successivi provvedimenti -14 agosto 2013 prot. n. A6688, di determinazione della tariffa in via provvisoria, e 26 marzo 2015 prot. n. G33468, di determinazione della tariffa in via definitiva- che fissano entrambi un certo importo dichiaratamente “al netto di ecotassa, benefit ed IVA (qualora dovuti)” (doc. ti 11 e 12 in I grado ricorrente appellante).
6. Di conseguenza, l’impresa ha incominciato a ricevere anche i rifiuti CER 20 03 02 e 20 03 02 di cui sopra, ed ha sempre operato senza esigere il benefit ambientale, e ovviamente senza riversare nulla a tal titolo al Comune di Castelforte, sino a quando, a causa di voci correnti, secondo le quali ella avrebbe omesso di corrispondere qualcosa che era invece dovuto, ha chiesto chiarimenti alla Regione, con nota 9 novembre 2015 prot. n.639, in cui ha evidenziato che a proprio avviso non rientrava in nessuno dei casi di applicazione del benefit previsti dal citato § 9.3.6.2 del decreto commissariale (doc. 14 in I grado ricorrente appellante).
7. La Regione ha invece risposto con il provvedimento 1 febbraio 2016 di cui si è detto, che l’ha dichiarata soggetta all’applicazione del benefit; in motivazione, il provvedimento ricorda come, nei termini sopra illustrati, l’impianto riceva anche rifiuti urbani indifferenziati CER 20 03 01, e per conseguenza, ad avviso dell’amministrazione, non possa essere classificato altro che come impianto di preselezione di tali rifiuti indifferenziati, così classificati dal produttore (doc. 16 in I grado ricorrente appellante). Di conseguenza, il Comune ha emesso la nota 16 febbraio 2016 di cui pure si è detto, intesa a recuperare l’importo dei benefit ritenuti dovuti e non corrisposti (doc. 17 in I grado ricorrente appellante).
8. Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il ricorso proposto dalla società contro tali provvedimenti. In sintesi estrema, ha considerato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma della l.r. Lazio che prevede il benefit ed ha poi ritenuto che l’impianto della ricorrente sia ad esso soggetto come impianto di preselezione: il rifiuto da esso ricevuto sarebbe un rifiuto che necessita di un pretrattamento, dato che a sua volta proviene non da un altro impianto di preselezione, ma direttamente dai Comuni conferenti.
9. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene sette motivi. Qui rileva in particolare il settimo di essi, con il quale essa deduce l’incostituzionalità dell’art. 29 della l.r. 27/1998, perché a suo avviso prevede in sintesi un tributo regionale non autorizzato dalla legge statale, necessaria in base all’art. 119 Cost.
10. Hanno resistito la Regione, con atto 11 aprile 2018 e memoria 5 aprile 2018, e il Comune, con atto 30 aprile 2018 e memoria 12 aprile 2019, ed hanno chiesto che l’appello sia respinto, negando in particolare che il benefit sia un tributo, dato che si tratterebbe di un corrispettivo per l’uso del territorio comunale.
11. Con memoria 24 aprile 2019, la ricorrente appellante ha in particolare insistito sull’incostituzionalità della norma che prevede il benefit.
12. Con ordinanza 23 maggio 2019 n.3357, la Sezione ha disposto verificazione, per accertare come in concreto funzioni l’impianto per cui è causa.
13. Il verificatore nominato ha depositato una prima relazione il 21 gennaio 2020, alla quale ha fatto seguito per ciascuna parte il deposito di controdeduzioni, il 23 gennaio 2020 per la Regione, il 14 febbraio 2020 per il Comune e il 20 febbraio 2020 per la ricorrente appellante.
14. Con atto 28 febbraio e memoria 10 marzo 2020, ha fatto intervento ad opponendum un’impresa del settore, che opera con un impianto similare in Comune di Aprilia ed incassa il benefit; ha chiesto pertanto che l’appello sia respinto, insistendo però sull’incostituzionalità della norma che prevede il benefit stesso.
15. Il verificatore ha depositato la relazione definitiva il giorno 17 aprile 2020 ed il 6 maggio successivo la ricorrente appellante ha depositato proprie controdeduzioni.
16. Con memorie 15 maggio 2020 per il Comune, 17 maggio 2020 per la ricorrente appellante e 18 maggio 2020 per la Regione, le parti hanno insistito sulle proprie tesi.
17. Con atto 21 maggio 2020, ha fatto intervento ad opponendum anche il Comune di Aprilia, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello e la legittimità costituzionale della norma che prevede il benefit.
18. Hanno depositato replica il 27 maggio 2020 la ricorrente appellante e l’impresa interveniente, e il 28 maggio 2020 il Comune.
19. Da ultimo, con note del giorno 15 giugno 2020, la ricorrente appellante ha chiesto che la causa passi in decisione.
20. All’udienza del 18 giugno 2020, la Sezione ha quindi trattenuto in decisione il ricorso stesso.
21. All’esito, la Sezione ritiene di accogliere l’eccezione di legittimità costituzionale della norma istitutiva del benefit ambientale di cui si è detto, ovvero dell’art. 29 comma 2 della l.r. Lazio 9 luglio 1998 n.27, nella parte in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la “quota percentuale della tariffa” in questione “dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell'impianto o della discarica a favore del comune sede dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”.
22. In proposito, il Collegio osserva anzitutto che la questione è rilevante, perché la norma citata è certamente applicabile alla fattispecie oggetto del giudizio, nel senso voluto, per tutte, dalle sentenze di codesta Corte 15 giugno 2016 n.174 e 29 marzo 1983 n.77.
22.1 La norma dell’art. 29 comma 2 della l.r. 27/1998, come si ripete per chiarezza, prevede in via generale che la tariffa dovuta dal Comune che conferisce i propri rifiuti ad un impianto di smaltimento ovvero ad una discarica sia maggiorata di una quota percentuale, il benefit ambientale di cui si tratta, che il gestore incassa e riversa al Comune sede del proprio impianto. La disciplina di dettaglio di questo benefit è stata successivamente stabilita con i due provvedimenti di cui si è detto, ovvero il decreto del Commissario straordinario 15/2005 e la successiva deliberazione della Giunta regionale 516/2008, che lo ha recepito. Tali provvedimenti, che hanno l’evidente natura di regolamenti di attuazione della legge, hanno individuato più specificamente gli impianti per i quali il benefit è dovuto, che sarebbero le discariche, gli impianti di preselezione, quelli di termovalorizzazione e le stazioni di trasferenza, restando poi da stabilire – ma la questione ovviamente presuppone la legittimità della normativa- l’esatto significato di questi termini.
22.2 Ciò posto, il primo provvedimento impugnato, il provvedimento regionale 1 febbraio 2016, afferma in sintesi che l’impianto della ricorrente appellante è un impianto di preselezione e quindi è soggetto all’applicazione del benefit; il secondo provvedimento impugnato, il provvedimento comunale 16 febbraio 2016 intende conseguentemente calcolare il benefit in ipotesi dovuto e non versato per la precedente attività dell’impianto, per poi all’evidenza esigerlo. Entrambi i provvedimenti si fondano sui regolamenti di attuazione della legge, e questi come è evidente, a loro volta sulla legge.
22.3 In questi termini, è evidente che se la norma di legge che il benefit prevede fosse dichiarata incostituzionale, il motivo di appello corrispondente dovrebbe essere accolto. Il motivo in questione ha poi carattere assorbente, perché gli altri motivi di appello dedotti presuppongono invece la costituzionalità della legge: dal suo accoglimento conseguirebbero l’accoglimento dell’impugnazione per intero, e l’accoglimento del ricorso di I grado. Il provvedimento regionale e quello comunale impugnato verrebbero infatti a mancare della relativa base giuridica, non esistendo più la norma istitutiva del benefit che si intendeva esigere.
23. La questione di legittimità costituzionale di che trattasi risulta altresì non manifestamente infondata, in base alle argomentazioni esposte da codesta Corte nelle sentenze 28 ottobre 2011 n.280 e 11 marzo 2015 n.58, pronunciate su casi analoghi, argomentazioni alle quali ci si richiama, nei termini che seguono.
24. Questo Giudice dubita anzitutto della conformità della norma denunciata all’art. 119 comma 2 seconda parte della Costituzione, per cui le Regioni “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”. La norma stessa infatti, ad avviso di questo Giudice, istituisce un tributo regionale in modo non conforme ai “principi di coordinamento della finanza pubblica” nell’interpretazione che codesta Corte ha dato di questa formula con la sentenza 26 gennaio 2004 n.37, ovvero in sintesi istituisce un tributo regionale senza che la legge dello Stato lo abbia consentito.
24.1 In primo luogo, questo Giudice ritiene che il benefit ambientale abbia la natura di tributo sulla base dei criteri fissati da codesta Corte per definirlo, in particolare nelle sentenze 280/2011 e 58/2015 sopra citate, nonché più in generale, nelle sentenze 8 maggio 2009 n°141 e 11 febbraio 2005 n°73 che si citano per tutte. Ritiene quindi che si tratti di una prestazione: a) doverosa, perché non dipendente da un qualche rapporto sinallagmatico fra le parti; b) collegata alla spesa pubblica in relazione ad un presupposto economicamente rilevante.
24.2 Sotto il primo profilo, si osserva che il benefit in questione è dovuto esclusivamente in base alla legge regionale e non trova la sua fonte in un rapporto sinallagmatico tra parti, derivante da un contratto, da una convenzione o da atti negoziali simili, in modo del tutto analogo a quanto prevedeva la norma dichiarata incostituzionale dalla sentenza 280/2011. La difesa della Regione (memorie 5 aprile 2019 p.3 e 18 maggio 2020 p.5) e quella del Comune (memoria 12 aprile 2019 p.3) hanno sostenuto che si tratterebbe invece di un corrispettivo, dovuto al Comune per il disagio dovuto all’insediamento sul proprio territorio dell’impianto, ma tale ordine di idee appare non condivisibile.
24.3 Codesta Corte ha già respinto un’argomentazione di tal tipo sempre nella sentenza 280/2011, là dove ha affermato che un contributo così concepito “non costituisce remunerazione né dell’uso in generale di beni collettivi comunali, come il territorio e l’ambiente, né di servizi necessari per la gestione o la funzionalità dell’impianto forniti dal Comune”. Sotto il primo profilo, codesta Corte ha osservato che il Comune può disporre dietro corrispettivo di singoli beni compresi nel suo demanio o patrimonio, ma non può certo far ciò rispetto al territorio e all’ambiente nel loro complesso, perché si tratta di beni collettivi, rispetto ai quali è non proprietario, ma ente esponenziale dei relativi interessi della cittadinanza. Sotto il secondo profilo, sempre codesta Corte ha osservato che a fronte del contributo il gestore dell’impianto non riceve dal Comune alcuno specifico servizio che si debba remunerare.
24.4 Non è ovviamente decisiva in contrario l’opinione dell’Agenzia delle entrate, nella risposta ad un quesito formulato dalle amministrazioni resistenti nella quale si afferma che il benefit sarebbe un corrispettivo, come tale soggetto ad IVA. Per costante giurisprudenza, infatti, le risposte di questo tipo, contenute in circolari e simili atti, rappresentano soltanto l’opinione degli uffici finanziari, come tale non vincolante per il giudice allorchè si tratta di stabilire la natura ( tributaria o meno) della prestazione: sul principio, per tutte, Cass. civ. S.U. 2 novembre 2007 n°23031.
24.5 Sotto il secondo profilo, il contributo è certamente collegato alla spesa pubblica: sebbene la norma nulla dica al riguardo, è evidente che il Comune che lo incassa deve destinarlo al finanziamento delle attività di propria competenza, alle quali appunto corrisponde la spesa pubblica.
24.6 Si tratta poi di un contributo collegato alla spesa pubblica in ragione di un presupposto economicamente rilevante, ovvero la capacità economica del gestore dell’impianto, come si ricava ad interpretazione della norma che lo prevede, nei termini che seguono.
24.7 Il soggetto passivo del benefit, in primo luogo, è il gestore dell’impianto, che incassa la tariffa e deve riversare la percentuale corrispondente al benefit. Si potrebbe ritenere il contrario obiettando che secondo la norma il benefit è dovuto “dagli eventuali comuni utenti”, e quindi, sembrerebbe, non dal gestore, ma l’obiezione non è fondata. Il fatto che il benefit in questione sia una percentuale della tariffa significa che è commisurato ad essa chiunque sia il soggetto che la tariffa corrisponde, e che il gestore lo deve riversare per ogni somma che a titolo di tariffa egli incassi, sia o no corrisposta da un Comune. In tal senso è esplicito anche l’ultimo paragrafo del § 9.3.6.2. del decreto commissariale 15/2005, per cui “il suddetto benefit dovrà essere riconosciuto anche da privati che conferiscono rifiuti presso i suddetti impianti” dato che anche in questo caso la tariffa è dovuta. Che poi l’onere economico corrispondente sia sopportato da chi l’impianto utilizza risponde al ben noto fenomeno della traslazione di imposta, fenomeno che però ha valenza solo interna o economica: il gestore rimane obbligato a pagare il benefit al Comune anche in tutti i casi in cui la traslazione non abbia per qualsiasi ragione avuto luogo, ad esempio perché, come nel caso per cui è processo, abbia omesso di esigerlo per il passato.
24.8 Sussistono poi gli altri elementi che codesta Corte nella sentenza 280/2011 ha valorizzato per parlare di contributo correlato alla capacità economica del gestore dell’impianto. Nell’ordine, il soggetto attivo del tributo è il Comune nel quale l’impianto ha sede, il presupposto economicamente rilevante è la gestione dell’impianto stesso, e la base imponibile è il quantitativo di rifiuti conferiti.
24.9 Ciò posto, ad avviso di questo Giudice il tributo così configurato contrasta con l’art. 119 comma 2 seconda parte della Costituzione. La giurisprudenza di codesta Corte, in particolare nella sentenza 26 gennaio 2004 n. 37, ha infatti affermato che pur dopo la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, di cui alla l. cost. 18 ottobre 2001 n.3 gli enti locali, e in particolare le Regioni, non sono liberi di istituire in via autonoma nuovi tributi senza una previa legislazione statale di coordinamento, la quale ne determini i principi fondamentali. In tal senso, si può allora ripetere la conclusione alla quale era giunta la sentenza 280/2011 riferendosi alla normativa precedente la riforma, ovvero che “la potestà legislativa tributaria regionale … non può essere legittimamente esercitata in mancanza di una previa disposizione di legge statale che definisca, quanto meno, gli elementi essenziali del tributo”. Infatti, la legislazione ordinaria di coordinamento, in particolare il d. lgs. 6 maggio 2011 n.68, non prevede la possibilità di istituire alcun tributo ambientale del tipo in esame.
25. Questo Giudice dubita poi anche della conformità della norma denunciata all’art. 117 secondo comma lettera s) della Costituzione, in quanto interviene in una materia, la “tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali” la cui disciplina è riservata alla legge dello Stato.
25.1 Come è del tutto evidente, la norma denunciata concerne la materia dei rifiuti, che secondo quanto affermato da codesta Corte in particolare nella sentenza 58/2015 rientra appunto nella “tutela dell’ambiente”, e per quanto detto sopra istituisce un tributo sul conferimento degli stessi.
25.2 Ciò posto, si ricorda come la costante giurisprudenza di questa Corte abbia ritenuto che la tutela dell’ambiente costituisca materia di esclusiva competenza statale, anche se interferisca con altri interessi e competenze, di modo che resta riservato allo Stato stesso il potere di fissare livelli uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale: in tal senso la ricordata sentenza 58/2015, nonché le sentenze 4 dicembre 2009 n.314 e 14 novembre 2007 n.378, da essa citate, relative anch’esse al particolare ambito dei rifiuti.
25.3 In tali termini, anche ritenendo che essa le spettasse in via generale, la Regione non potrebbe esercitare in materia la propria potestà istitutiva di tributi propri. Infatti, in casi come il presente, in cui interferiscono competenze ed interessi di tipo diverso, si applica il principio di prevalenza, ovvero prevale l’esigenza di garantire l’azione unitaria dello Stato che assicuri livelli adeguati e non riducibili di tutela, in questo caso di tutela ambientale, su tutto il territorio nazionale, In particolare, si garantisce che il bene giuridico «ambiente» sia protetto dai possibili effetti distorsivi derivanti da incentivi o disincentivi imposti in modo differenziato in ciascuna Regione, tenuto conto che ognuno di essi influisce sulle decisioni di investimento delle imprese del settore dei rifiuti, scelte che si ripercuotono sugli equilibri ambientali.
25.4 La norma denunciata contrasta quindi per la materia sulla quale incide con la riserva di potestà legislativa statale in materia, anche se, si noti, il benefit che essa prevede non andasse qualificato come tributo, ma semplicemente come corrispettivo aggiuntivo, che si paga nel Lazio e non altrove.
26. Alla luce delle considerazioni che precedono, appare pertanto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 comma 2 della l. r. Lazio 9 luglio 1998 n.27, nella parte in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la “quota percentuale della tariffa” in questione “dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell'impianto o della discarica a favore del comune sede dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”.
27. Ai sensi dell’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, il presente giudizio davanti al Consiglio di Stato è sospeso fino alla definizione dell’incidente di costituzionalità.
28. Ai sensi dell’art. 23, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sarà comunicata alle parti costituite e notificata al Presidente della Giunta regionale del Lazio, nonché comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Lazio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.2388/2018), così provvede:
a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata ai sensi e sotto i profili di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 comma 2 della l. r. Lazio 9 luglio 1998 n.27, nella parte in cui prevede che la tariffa per conferire rifiuti agli impianti di smaltimento e alle discariche vada determinata prevedendo la “quota percentuale della tariffa” in questione “dovuta dagli eventuali comuni utenti al soggetto gestore dell'impianto o della discarica a favore del comune sede dell'impianto o della discarica stessi, che deve essere compresa tra il dieci ed il venti per cento della tariffa”;
b) dispone la sospensione del presente giudizio davanti al Consiglio di Stato e ordina alla Segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
c) ordina che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza sia comunicata alle parti costituite e notificata al Presidente della Giunta Regionale del Lazio nonché comunicata al Presidente del Consiglio regionale del Lazio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2020 costituita ai sensi dell’art 84 comma 5 d.l. 17 marzo 2020 n.18 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere